Altri due elementi contribuiscono a mettere in crisi l’egemonia democristiana e la sua capacità di governo negli anni settanta
Consapevole della necessità di rompere l’impasse – considerato anche il peggioramento della situazione economica -, è Aldo Moro a prendere l’iniziativa e, a poco più di un mese da un Congresso democristiano (il XII, svoltosi tra il 6 e il 10 luglio 1973) che prevede difficile, con un’iniziativa personale giunge a un accordo – il “patto di Palazzo Giustiniani” – con l’allora presidente del Senato ed esponente di spicco del suo partito, Amintore Fanfani, che prevede per quest’ultimo la segreteria della Dc, per Rumor la designazione a presidente del Consiglio, per Moro stesso un ruolo di garante dell’operazione <97.
Altri due elementi contribuiscono a mettere in crisi l’egemonia democristiana e la sua capacità di governo negli anni settanta: la sconfitta, determinata dalla decisione di Fanfani di schierare il proprio partito compattamente sul fronte del Sì, al referendum sul divorzio del 1974 e l’esito dirompente delle elezioni amministrative del 1975 e delle politiche del 1976 <98. In entrambe le consultazioni il dato più significativo è costituito dall’avanzata del Pci, che in prima battuta giunge al governo di un buon numero di amministrazioni regionali (Emilia, Toscana, Umbria, Piemonte, Liguria) e delle principali città italiane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Firenze, Roma, Napoli, oltre alla storicamente rossa Bologna) e sfiora, nel secondo appuntamento elettorale, il temuto sorpasso sulla Democrazia cristiana – la quale, comunque, mostra un recupero rispetto alle consultazioni amministrative, attestandosi al 38,7% a fronte del 34,4% di consensi attribuiti ai comunisti. Si delinea un inedito scenario bipolare, che necessita di una risposta politica.
Tra il 1976 e il 1979 si consuma l’esperienza dei governi di solidarietà nazionale <99, in cui allo sforzo di avvicinamento del Pci all’area di governo (l’esecutivo Andreotti III è quello “delle astensioni”, un monocolore democristiano che ottiene la fiducia alla Camera con il solo voto di parlamentari Dc; l’Andreotti IV vede l’ingresso del Pci e degli altri partiti nella maggioranza) corrisponde un’opera di dilazione posta in essere dalla Democrazia cristiana, che logora le attese di quanti avevano sperato che un cambiamento potesse derivare dalla nuova situazione politica <100. In mezzo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, punto apicale e simbolico insieme della parabola critica della democrazia italiana <101.
All’approdo della solidarietà nazionale si è giunti attraverso una lunga stagione di elaborazione politica da parte dei due principali partiti, e in particolar modo del Pci che, nel 1973, inaugura la strategia del compromesso storico. Note sono le vicende (il golpe cileno principalmente e il timore della radicalizzazione conservatrice dei ceti medi italiani) che ispirano il neosegretario Berlinguer a bocciare l’ipotesi di un governo delle sinistre in Italia. Ne nasce la proposta di convergenza tra le due principali forze popolari, quella cattolica e quella comunista, che ha il fine di permettere al partito che tende a rappresentare un terzo dell’elettorato di uscire dalla condizione di perenne opposizione radicata nello scenario internazionale della guerra fredda.
“It [il compromesso storico] provided the party with a seemingly realistic way to achieve power, avoiding a definite rupture with the Soviet Union and communist ideology that, it was feared, would produce a crisi of identity among the militants […]. But the higher realism of the “historical compromise was also its main limitation. It was in fact based on the awareness (and the acceptance) of that very bipolar framework which structurally prevented the communist party from fully entering the government. The strategy of the “historical compromise” therefore became a function of (and subordinated to) Moro’s strategy of “national solidariety”, giving a new shape to the historical subordination of the Pci to the Dc’s hegemony and political centrality” <102.
La circostanza della sostanziale, riconfermata dipendenza della politica comunista da quella democristiana contribuisce in certa misura a spiegare le secche in cui si dibatte – al netto dell’approvazione di alcune riforme, peraltro contestate – l’esperienza del Pci a latere del governo. Collegato a essa è l’altro aspetto, non meno centrale, dell’utilizzo da parte della Dc dell’avvicinamento comunista per stemperare le tensioni prodotte nel paese dall’incedere della crisi economica, dalla ristrutturazione industriale, dall’inesausta conflittualità politico-sociale, che produce il progressivo scollamento del partito della classe operaia dal suo referente sociale.
Nella Democrazia cristiana l’uomo deputato a instaurare il dialogo con i comunisti è Aldo Moro. Nella sua elaborazione, nelle sue formule, nella sua idea di evoluzione del sistema politico italiano si può intravedere un significativo discostamento dalla proposta del Pci. La risposta alla linea del compromesso storico – che prende le mosse dalla strategia dell’attenzione, fino a configurare l’apertura di una “terza fase” – non si discosta mai dalla concezione della diversità e alternatività dei due partiti <103, ma anzi la ribadisce fino a prefigurare, in termini forse più ideali che concretamente futuribili, l’avvento di un regime democratico di alternanza <104.
Le tappe della costruzione dell’orizzonte politico delle convergenze parallele con i comunisti sono quelle della consunzione della segreteria di Fanfani all’indomani del referendum sul divorzio, dell’elezione come suo successore di Benigno Zaccagnini (fidato moroteo) e, infine, dell’individuazione in Giulio Andreotti del traghettatore dei governi in condominio con il Pci <105. È proprio Moro a investirlo del compito durante una visita ufficiosa nel luglio 1976, adducendo la motivazione che «tutto ciò [l’uscita dall’impasse politica attraverso la non belligeranza comunista] era possibile solo se il governo fosse stato presieduto da un uomo non della sinistra democristiana che fosse conosciuto e visto positivamente sia dagli alleati che dalle autorità religiose» <106.
[NOTE]
97 Cfr. P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, cit., pp. 520-22.
98 Si veda su questo punto Mario Caciaglia, Terremoti elettorali e transizioni fra i partiti, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, cit., vol. 3, F. Malgeri e L. Paggi (a cura di), Partiti e organizzazioni di massa, pp. 143-67, in particolare pp. 151-61. L’autore rileva un aumento della volatilità elettorale nel corso degli anni settanta, in controtendenza con i flussi tutto sommato prevedibili e contenuti registrabili nei decenni precedenti.
99 Malgrado l’unico governo di solidarietà nazionale strictu sensu sia l’Andreotti IV, si ingloba qui nella formula latamente intesa anche l’esecutivo Andreotti III per marcare la novità costituita dall’astensione comunista: cfr. P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, cit., p. 507.
100 Cfr. su questo punto Alessandro Pizzorno, Le trasformazioni de sistema politico italiano, 1976-92, in F. Barbagallo et al. (progetto e direzione), Storia dell’Italia repubblicana, cit., vol. 3, L’Italia nella crisi mondiale. L’ultimo ventennio, 2. Istituzioni, politiche, culture, pp. 301-44, in particolare pp. 303-04.
101 Fra la sterminata letteratura sull’episodio cfr. A. Giovagnoli, Il caso Moro. Una tragedia repubblicana, il Mulino, Bologna 2005 e Marco Clementi, La pazzia di Aldo Moro, Rizzoli, Milano 2006.
102 R. Gualtieri, The Italian political system and détente, cit., p. 441.
103 Cfr. F. De Felice, Nazione e crisi: le linee di frattura, in F. Barbagallo et al. (progetto e direzione), Storia dell’Italia repubblicana, cit., vol. 3, L’Italia nella crisi mondiale. L’ultimo ventennio, 1. Economia e società, pp. 5-127, in particolare p. 47.
104 Si veda la conversazione di Moro con Scalfari, sistemata in intervista e pubblicata postuma da quest’ultimo: E. Scalfari, “Quel che Moro mi disse il 18 febbraio”. L’ultima intervista del leader Dc, «La Repubblica», 14 ottobre 1978.
105 Cfr., sull’evoluzione della politica democristiana in questi anni e sul ruolo svolto da Moro, A. Giovagnoli, Aldo Moro e la democrazia italiana, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, cit., vol. 4, G. De Rosa e G. Monina, Sistema politico e istituzioni, pp.53-77, in particolare pp. 53-57 e F. Malgeri, La democrazia cristiana, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, cit., vol. 3, F. Malgeri e L. Paggi (a cura di), Partiti e organizzazioni di massa, pp. 37-58, in particolare pp. 51-58.
106 Giulio Andreotti, Governare con la crisi, Rizzoli, Milano 1991, p. 228.
Salvatore Corasaniti, Quando parla Onda Rossa. I Comitati autonomi operai e l’emittente romana alla fine degli anni settanta (1977-1980), Tesi di dottorato, Sapienza – Università di Roma, Anno accademico 2017-2018
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