#AldoMoro

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2025-10-22

Investigación revela posibles vínculos del Mossad con el asesinato de Aldo Moro en 1978

Una investigación periodística de Kit Klarenberg y Wyatt Reed, publicada en The Grayzone, expone la presunta relación del Mossad israelí con el secuestro y asesinato del ex primer ministro italiano Aldo Moro en 1978, perpetrado por las Brigadas Rojas. Según el veterano periodista Eric Salerno, autor... [Ver más]

2025-09-14

Il passato un po’ scomodo ed enigmatico del " meno implicato di tutti" 🇬🇧 translation on site (orange tab)

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#storiaitaliana #aldomoro #fascismo #antifascismo #democraziacristiana #storia #italia

boomerissimo.it/2025/09/14/ald

2025-07-27

Aldo Moro, dov’era veramente? La verità di chi ha visto
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Una ricostruzione inedita del caso Moro attraverso testimonianze oculari dimenticate che svelano il vero percorso seguito dai sequestratori.

#aldomoro #16marzo1978 #viafani #casomoro #brigaterosse #viagradoli

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2025-07-18

una recensione a cui rubo alcune righe, per sintesi

[…] Ma è soprattutto l’azione della P2 a bloccare l’Italia: rileggendo il Piano di Rinascita Democratica trovato nei documenti della figlia di Licio Gelli, è chiaro che l’egemonizzazione da parte degli USA della società italiana si afferma in questi anni e produce l’Italia in cui viviamo. Com’è ormai noto per le sentenze e le ricostruzioni dei movimenti di capitali che transitano per i conti di Gelli, la P2 agisce orchestrando una campagna di terrore con manovalanza neofascista che da Piazza Fontana all’omicidio di Aldo Moro segue una strategia che è stata studiata ormai in molti dettagli […]
il Piano di Rinascita Democratica ha vinto: siamo governati da eredi di Gelli e della destra fascista […].
Affermazione degli Usa in Italia: Le bombe da noi le han messe negli anni ‘70. Se le prospettive che erano ancora reali negli anni settanta sono diventate oggi utopiche, è perché la nostra vita sociale, collettiva, è rientrata nell’amministrazione ordinaria di una provincia americana […]

da https://www.doppiozero.com/il-male-gli-anni-al-contrario
(Enrico Palandri, doppiozero, 16 lug. 2025)

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2025-07-13

Aldo Moro lasciò la corrente dorotea della Dc

L’Autunno caldo era solo la miccia della bomba presente nella polveriera italiana. Il resto dell’ordigno, che avrebbe dato il via ad anni di terrore, scoppiò poco dopo. Il 12 dicembre del 1969 all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana a Milano, si verificò un attentato nel quale rimasero uccise 16 persone e ferite oltre ottantotto. Del fatto furono frettolosamente incolpati gli anarchici, quando in realtà si scoprì seppur con ritardo che la mano dietro il detonatore era quella dei neofascisti e delle forze reazionarie del paese. La strage di Piazza Fontana, come scrive Salvadori, “aprì un capitolo tragico della storia italiana, segnato dal gonfiarsi sia di gruppi terroristici di destra sia di quelle extraparlamentari di sinistra votatisi entrambi all’eversione delle istituzioni” <196. Due movimenti anti-stato <197 presentatisi con ambizioni diverse, uno mirante all’instaurazione di uno stato autoritario e l’altro alla rivoluzione del proletariato, ma che finirono entrambi a condividere l’attacco al cuore dello stato, che avrebbe dovuto mettere al bando un sistema politico e partitico che non aveva saputo più rispondere all’esigenze di un paese insofferente sotto il profilo sociale ed economico.
Il secondo governo Rumor chiuse la sua esperienza nel febbraio del ‘70 circa due mesi dopo la strage di Milano. Il democristiano fu però reincaricato di formare un terzo esecutivo che guidò il paese fino al luglio dello stesso anno: vi parteciparono democristiani, repubblicani, socialisti e socialdemocratici. Le quattro forze politiche sottoscrissero in quei mesi una sorta di preambolo <198, redatto dal nuovo segretario Dc Forlani, che prevedeva l’allargamento della formula del centrosinistra anche alle amministrazioni locali. Una linea che ribadiva come obiettivo delle alleanze del centro-sinistra l’esclusione dal dialogo politico del Pci. Una scelta quella di escludere i comunisti che non apparve più accettabile agli occhi di Aldo Moro. L’ex segretario democristiano lasciò la corrente dorotea parlando di “tempi nuovi” <199 che dovevano mirare ad affrontare i problemi che avevano condotto operai e studenti a non sentirsi più veramente partecipi nella società. E fu su questa scia che Moro varò la “strategia dell’attenzione” <200 verso i comunisti al fine di aprire “un impegnativo confronto con il Partito comunista in ordine ai problemi vitali della società” <201.
Dopo Piazza Fontana, primo atto della “strategia della tensione”, una serie di azioni eversive iniziarono a farsi largo nel paese complici anche le incapacità di intervento dei governi. Nel dicembre del 1970, Junio Valerio Borghese già comandante della X Mas nella Repubblica di Salò insieme ad alcuni neofascisti, guardie forestali e con la complicità dei servizi segreti tentò l’occupazione del Viminale per dare luogo ad un golpe che però non riuscì. L’eversione della destra si fece ulteriormente sentire nelle rivolte di Reggio Calabria e dell’Aquila tra l’estate del 1970 e gli inizi del 1971 e al contempo andava sempre più rafforzandosi l’arcipelago di organizzazioni <202 della sinistra extraparlamentare che, complice anche l’erronea valutazione della loro pericolosità da parte dei vertici comunisti e socialisti, finirono ben presto per divenire un vero e proprio partito armato <203 che iniziò a macchiarsi di rapimenti e omicidi.
Nell’estate del 1970 a Rumor successe, alla guida di Palazzo Chigi, Emilio Colombo che diete vita a una “versione sempre più stanca del centro sinistra”204 che riuscì, nonostante le fortissime ostilità delle gerarchie democristiane, ad approvare la legge sul divorzio che era stata proposta dal socialista Fortuna e dal liberale Baslini e sostenuta da Pri, Psi, Psiup e Pci. L’approvazione della sola legge sul divorzio non appariva comunque sufficiente per valutare positivamente le esperienze dei governi di centro-sinistra succedutisi a partire dal 1968. A non sostenere affatto gli esecutivi furono anche i partiti che al loro interno, dopo l’avvio della V legislatura, registrarono scontri e situazioni difficili. Primi tra tutti i socialisti i quali dopo la sconfitta del Psu e la mancata partecipazione al governo di Giovanni Leone tornarono a sciogliere il partito ricostituendo il Psi e Psdi. La faticosa tela <205
intessuta da Nenni e Saragat iniziò a lacerarsi dopo meno di un anno proprio perché i socialisti e i socialdemocratici avevano voglia di tornare di nuovo alle urne – le amministrative e le regionali del 1970 – con i vecchi simboli e assetti politici. “Non è però possibile cancellare con un tratto di penna un percorso politico e fingere che nulla sia successo” <206 scrive la Colarizi a proposito del ritorno alle vecchie bandiere del Psi e Psdi. I socialdemocratici decisero di virare verso “destra” convinti che fosse giunto il momento di frenare la corsa delle sinistre più radicali e di ricostruire un argine al comunismo con un percorso diametralmente opposto alla nuova “strategia dell’attenzione” <207 varata da Moro e sposata dal Psi. Ovviamente lo scontro tra socialdemocratici e socialisti si consumava all’interno del governo determinando così “l’instabilità permanente della coalizione” <208.
Nel Psi l’uscita di scena di Nenni lascerà spazio a due nuovi leder: Mancini e De Martino i quali ritenevano necessario un nuovo percorso per far ripartire il partito senza però uscire dalla dimensione del governo che assicurava posizioni di potere <209 anche se queste non si rivelarono fruttuose al livello di voti. Per quanto concerneva l’area nella quale rintracciare nuovi consensi le idee di Mancini e De Martino sembrarono distanziarsi seppur mai entrare in contraddizione. Il primo riteneva che si dovesse guardare alle spinte moderne che arrivavano per lo più dall’elettorato giovanile, mentre il secondo guardava ai settori “più marcatamente politicizzati della sinistra” <210. Mancini e De Martino erano infatti convinti di riuscire a ottenere vantaggi politici ed elettorali dagli umori trasgressivi delle piazze con l’obbiettivo di “abbattere la barriera del centro-sinistra delimitato e apre il dialogo con il Pci” <211. La “strategia dell’attenzione” non sembrava lasciar dubbi sul fatto che l’isolamento del Partito comunista fosse ormai destinato a concludersi.
Il ritrovato spirito di collaborazione tra socialisti e comunisti giunse in un momento davvero cruciale per le vicende del partito-chiesa comunista il quale si trovava a dover fronteggiare la sempre più ampia radicalizzazione violenta della sinistra extraparlamentare che lo gettò, per tutta la V legislatura, nell’occhio del ciclone <212. Le scomuniche <213 non apparvero sufficienti a bloccare e riassorbire i fronti deviazionisti interni alla sinistra e per questo il riavvicinamento del Psi e la sempre più vicina fine dell’isolamento, dettata anche dall’inizio del dialogo con la sinistra cattolica, apparvero di fondamentale importanza per i vertici di via delle Botteghe Oscure che erano forti anche della costante crescita elettorale che gli proponeva come interlocutori ideali <214 seppur impossibilitati dal sedersi tra i banchi dell’esecutivo.
Simona Colarizi a questo proposito scrive: “La conventio ad excludendum resta insormontabile per i comunisti legati a Mosca […]. È però possibile ricercare intese sul programma, come sembra suggerire Moro con la fumosa formula della strategia dell’attenzione; governare attraverso preventivi accordi con l’opposizione che garantiscono alle leggi e ai provvedimenti varati dal centrosinistra un consenso o quanto meno un gradimento di quel 27% della popolazione controllato dal Pci <”215. Un’idea quella di Moro che troverà sponda nel mondo comunista dopo il 1972 quando, al XIII Congresso del Pci, venne eletto segretario Enrico Berlinguer che si presentò al mondo politico affermando: “In un paese come l’Italia una prospettiva nuova può essere realizzata solo con la collaborazione tra le grandi correnti popolari: comunista, socialista, cattolica. Di questa collaborazione l’unità di sinistra è condizione necessaria ma non sufficiente. […] Noi siamo disposti ad assumerci le nostre responsabilità” <216.
La Dc riteneva ben accetti <217 i voti comunisti seppur non tutti i vertici del partito condividessero la linea della sinistra cattolica e questo perché era sempre più evidente e forte la preoccupazione per i fermenti che si registravano all’interno del paese e la tensione crescente anche nell’estrema destra interna ed esterna al partito cattolico. Nel 1971 la Democrazia Cristiana aveva portato a casa l’importante risultato dell’elezione al Quirinale di Giovanni Leone che, scrive Gervasoni, “non era mai stato un grande sostenitore del centro-sinistra” <218. Leone introdusse nel dibattito politico temi importanti come quello della “saldatura tra coscienza morale e istituzioni” <219 ma la sua ascesa al Colle non diede nuova linfa né una ritrovata stabilità al governo Colombo. Proprio per queste ragioni nel febbraio del 1972 Giulio Andreotti venne chiamato a formare un nuovo governo che però non ottenne la maggioranza al Senato e costrinse Leone a sciogliere le camere e indire elezioni anticipate “diventando il primo presidente a far terminare una legislatura prematuramente” <220.
La fine non naturale della V legislatura, unitamente alle proteste sempre più violente e incontrollate interne al Paese, mise in evidenza la crisi di un sistema politico incapace, nonostante i reiterati tentativi del centro-sinistra, di dare risposte ad una società in continuo mutamento. Il terrore degli anni di piombo e gli eventi internazionali, verificatesi in luoghi molto lontani dalla penisola durante gli anni ‘70, posero i partiti dinanzi alla necessità, non più procrastinabile, di dare una svolta politica in grado di rinvigorire la democrazia italiana e mettere al riparo il sistema dal terrorismo nero e rosso.
[NOTE]
196 M. L. SALVADORI, Storia d’Italia, cit., p. 402.
197 Ibidem.
198 M. L. SALVADORI, Storia d’Italia, cit., p. 415.
199 Ibidem.
200 Ibidem.
201 Ibidem.
202 Ivi, p. 417.
203 Ibidem.
204 Ivi, p. 418.
205 S. COLARIZI, Storia politica, cit., p. 99.
206 Ibidem.
207 Ivi, p. 100.
208 Ibidem.
209 Ibidem.
210 Ibidem.
211 Ivi, p. 101.
212 S. COLARIZI, Storia politica, cit., p. 103.
213 Ibidem.
214 M. L. SALVADORI, Storia d’Italia, cit., p. 103.
215 Ibidem.
216 II testo della relazione in D. e O. PUGLIESE (a cura di), Da Gramsci a Berlinguer. La via italiana al socialismo attraverso i congressi del Partito Comunista Italiano, Edizioni del Calendario-Marsilio, Venezia, 1985, pp. 275-314.
217 S. COLARIZI, Storia politica, cit., p. 104.
218 M. GERVASONI, op. cit., p. 85
219 Ivi, p. 84.
220 Ibidem.
Marco Martino, Italia, Cile: destini politici e percorsi partitici alla base del Compromesso Storico tra PCI e DC
, Tesi di Laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno accademico 2019-2020

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Altri due elementi contribuiscono a mettere in crisi l’egemonia democristiana e la sua capacità di governo negli anni settanta

Consapevole della necessità di rompere l’impasse – considerato anche il peggioramento della situazione economica -, è Aldo Moro a prendere l’iniziativa e, a poco più di un mese da un Congresso democristiano (il XII, svoltosi tra il 6 e il 10 luglio 1973) che prevede difficile, con un’iniziativa personale giunge a un accordo – il “patto di Palazzo Giustiniani” – con l’allora presidente del Senato ed esponente di spicco del suo partito, Amintore Fanfani, che prevede per quest’ultimo la segreteria della Dc, per Rumor la designazione a presidente del Consiglio, per Moro stesso un ruolo di garante dell’operazione <97.
Altri due elementi contribuiscono a mettere in crisi l’egemonia democristiana e la sua capacità di governo negli anni settanta: la sconfitta, determinata dalla decisione di Fanfani di schierare il proprio partito compattamente sul fronte del Sì, al referendum sul divorzio del 1974 e l’esito dirompente delle elezioni amministrative del 1975 e delle politiche del 1976 <98. In entrambe le consultazioni il dato più significativo è costituito dall’avanzata del Pci, che in prima battuta giunge al governo di un buon numero di amministrazioni regionali (Emilia, Toscana, Umbria, Piemonte, Liguria) e delle principali città italiane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Firenze, Roma, Napoli, oltre alla storicamente rossa Bologna) e sfiora, nel secondo appuntamento elettorale, il temuto sorpasso sulla Democrazia cristiana – la quale, comunque, mostra un recupero rispetto alle consultazioni amministrative, attestandosi al 38,7% a fronte del 34,4% di consensi attribuiti ai comunisti. Si delinea un inedito scenario bipolare, che necessita di una risposta politica.
Tra il 1976 e il 1979 si consuma l’esperienza dei governi di solidarietà nazionale <99, in cui allo sforzo di avvicinamento del Pci all’area di governo (l’esecutivo Andreotti III è quello “delle astensioni”, un monocolore democristiano che ottiene la fiducia alla Camera con il solo voto di parlamentari Dc; l’Andreotti IV vede l’ingresso del Pci e degli altri partiti nella maggioranza) corrisponde un’opera di dilazione posta in essere dalla Democrazia cristiana, che logora le attese di quanti avevano sperato che un cambiamento potesse derivare dalla nuova situazione politica <100. In mezzo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, punto apicale e simbolico insieme della parabola critica della democrazia italiana <101.
All’approdo della solidarietà nazionale si è giunti attraverso una lunga stagione di elaborazione politica da parte dei due principali partiti, e in particolar modo del Pci che, nel 1973, inaugura la strategia del compromesso storico. Note sono le vicende (il golpe cileno principalmente e il timore della radicalizzazione conservatrice dei ceti medi italiani) che ispirano il neosegretario Berlinguer a bocciare l’ipotesi di un governo delle sinistre in Italia. Ne nasce la proposta di convergenza tra le due principali forze popolari, quella cattolica e quella comunista, che ha il fine di permettere al partito che tende a rappresentare un terzo dell’elettorato di uscire dalla condizione di perenne opposizione radicata nello scenario internazionale della guerra fredda.
“It [il compromesso storico] provided the party with a seemingly realistic way to achieve power, avoiding a definite rupture with the Soviet Union and communist ideology that, it was feared, would produce a crisi of identity among the militants […]. But the higher realism of the “historical compromise was also its main limitation. It was in fact based on the awareness (and the acceptance) of that very bipolar framework which structurally prevented the communist party from fully entering the government. The strategy of the “historical compromise” therefore became a function of (and subordinated to) Moro’s strategy of “national solidariety”, giving a new shape to the historical subordination of the Pci to the Dc’s hegemony and political centrality” <102.
La circostanza della sostanziale, riconfermata dipendenza della politica comunista da quella democristiana contribuisce in certa misura a spiegare le secche in cui si dibatte – al netto dell’approvazione di alcune riforme, peraltro contestate – l’esperienza del Pci a latere del governo. Collegato a essa è l’altro aspetto, non meno centrale, dell’utilizzo da parte della Dc dell’avvicinamento comunista per stemperare le tensioni prodotte nel paese dall’incedere della crisi economica, dalla ristrutturazione industriale, dall’inesausta conflittualità politico-sociale, che produce il progressivo scollamento del partito della classe operaia dal suo referente sociale.
Nella Democrazia cristiana l’uomo deputato a instaurare il dialogo con i comunisti è Aldo Moro. Nella sua elaborazione, nelle sue formule, nella sua idea di evoluzione del sistema politico italiano si può intravedere un significativo discostamento dalla proposta del Pci. La risposta alla linea del compromesso storico – che prende le mosse dalla strategia dell’attenzione, fino a configurare l’apertura di una “terza fase” – non si discosta mai dalla concezione della diversità e alternatività dei due partiti <103, ma anzi la ribadisce fino a prefigurare, in termini forse più ideali che concretamente futuribili, l’avvento di un regime democratico di alternanza <104.
Le tappe della costruzione dell’orizzonte politico delle convergenze parallele con i comunisti sono quelle della consunzione della segreteria di Fanfani all’indomani del referendum sul divorzio, dell’elezione come suo successore di Benigno Zaccagnini (fidato moroteo) e, infine, dell’individuazione in Giulio Andreotti del traghettatore dei governi in condominio con il Pci <105. È proprio Moro a investirlo del compito durante una visita ufficiosa nel luglio 1976, adducendo la motivazione che «tutto ciò [l’uscita dall’impasse politica attraverso la non belligeranza comunista] era possibile solo se il governo fosse stato presieduto da un uomo non della sinistra democristiana che fosse conosciuto e visto positivamente sia dagli alleati che dalle autorità religiose» <106.
[NOTE]
97 Cfr. P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, cit., pp. 520-22.
98 Si veda su questo punto Mario Caciaglia, Terremoti elettorali e transizioni fra i partiti, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, cit., vol. 3, F. Malgeri e L. Paggi (a cura di), Partiti e organizzazioni di massa, pp. 143-67, in particolare pp. 151-61. L’autore rileva un aumento della volatilità elettorale nel corso degli anni settanta, in controtendenza con i flussi tutto sommato prevedibili e contenuti registrabili nei decenni precedenti.
99 Malgrado l’unico governo di solidarietà nazionale strictu sensu sia l’Andreotti IV, si ingloba qui nella formula latamente intesa anche l’esecutivo Andreotti III per marcare la novità costituita dall’astensione comunista: cfr. P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, cit., p. 507.
100 Cfr. su questo punto Alessandro Pizzorno, Le trasformazioni de sistema politico italiano, 1976-92, in F. Barbagallo et al. (progetto e direzione), Storia dell’Italia repubblicana, cit., vol. 3, L’Italia nella crisi mondiale. L’ultimo ventennio, 2. Istituzioni, politiche, culture, pp. 301-44, in particolare pp. 303-04.
101 Fra la sterminata letteratura sull’episodio cfr. A. Giovagnoli, Il caso Moro. Una tragedia repubblicana, il Mulino, Bologna 2005 e Marco Clementi, La pazzia di Aldo Moro, Rizzoli, Milano 2006.
102 R. Gualtieri, The Italian political system and détente, cit., p. 441.
103 Cfr. F. De Felice, Nazione e crisi: le linee di frattura, in F. Barbagallo et al. (progetto e direzione), Storia dell’Italia repubblicana, cit., vol. 3, L’Italia nella crisi mondiale. L’ultimo ventennio, 1. Economia e società, pp. 5-127, in particolare p. 47.
104 Si veda la conversazione di Moro con Scalfari, sistemata in intervista e pubblicata postuma da quest’ultimo: E. Scalfari, “Quel che Moro mi disse il 18 febbraio”. L’ultima intervista del leader Dc, «La Repubblica», 14 ottobre 1978.
105 Cfr., sull’evoluzione della politica democristiana in questi anni e sul ruolo svolto da Moro, A. Giovagnoli, Aldo Moro e la democrazia italiana, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, cit., vol. 4, G. De Rosa e G. Monina, Sistema politico e istituzioni, pp.53-77, in particolare pp. 53-57 e F. Malgeri, La democrazia cristiana, in L’Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, cit., vol. 3, F. Malgeri e L. Paggi (a cura di), Partiti e organizzazioni di massa, pp. 37-58, in particolare pp. 51-58.
106 Giulio Andreotti, Governare con la crisi, Rizzoli, Milano 1991, p. 228.
Salvatore Corasaniti, Quando parla Onda Rossa. I Comitati autonomi operai e l’emittente romana alla fine degli anni settanta (1977-1980), Tesi di dottorato, Sapienza – Università di Roma, Anno accademico 2017-2018

#1973 #1974 #AldoMoro #AmintoreFanfani #BenignoZaccagnini #DC #divorzio #legge #PCI #referendum #SalvatoreCorasaniti

guerrilla stickers 通信guerrillastickers@mastodon.bida.im
2025-05-22

🚘🥚💥🏴‍☠️ "È lo sponsor, di Renault" / #BrigateRossini in Viale Aldo Moro.

#AldoMoro #Renault #Br #BrigateRossini #BrigateRosse #AnnoneVeneto

2025-03-15

Today, 47 years ago, Aldo Moro was abducted in Via Fani, Rome. His escort was murdered. Moro himself was held captive during 55 days, before being killed.
Never forget.
#AldoMoro

he above art is from a little booklet I did some years ago. It is still avilable here:
imperium-kennedyae.sellfy.stor

Teleblog.itteleblog
2025-03-15

Una serata che ripercorre uno dei misteri più inquietanti e tragici della Prima Repubblica.

magtv.altervista.org/la7-ciclo

Francesco Saittafrasaitta@mastodon.uno
2024-12-03

Eppure anche oggi, se da un lato emotivamente dico che la giustizia ha fatto il suo corso per come doveva, dall'altro penso alle parole di Aldo Moro "l'ergastolo privo com'è di qualsiasi speranza, di qualsiasi prospettiva, di qualsiasi sollecitazione al pentimento e al ritrovamento del soggetto, appare crudele e disumano non meno di quanto lo sia la pena di morte"
#pensieri #ergastolo #carcere #giustizia #AldoMoro

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