Se si intende sottovalutare il golpe Borghese
Quando si vuole a tutti i costi sminuire i rischi corsi dalla democrazia italiana con il progetto di golpe di Junio Valerio Borghese ci si arrampica sugli specchi come fa in questa parte della sua tesi Filippo Augusto Albarin, del resto in buona compagnia con Pansa, il quale sembrava proprio anticipare nell’intervista con il Principe Nero, dallo studente ampiamente menzionata, lo spregiudicato e qualunquistico revisionismo storico, che caratterizzò i suoi ultimi anni.
Sul tentativo di colpo di stato di Borghese è sufficiente una elementare considerazione per denunciarne la pericolosità: l’indubbio coinvolgimento di Licio Gelli, che nell’occasione fece quantomeno una prova generale dei suoi ben noti piani eversivi.
Nota del redattore
Il periodo degli “anni di piombo” in Italia è stato caratterizzato da una crescente tensione politica e sociale, con conflitti tra gruppi estremisti di destra e sinistra, oltre a interferenze da parte di servizi segreti e organizzazioni criminali. Questo contesto ha generato una diffusa paura nella popolazione, inclusa quella di poter trovare carri armati per strada al risveglio.
Durante questo periodo, si assistette a un confronto violento tra estremisti di destra, che miravano a instaurare un regime autoritario ispirato a modelli sudamericani come quelli del Cile e dell’Argentina, e forze di sinistra, che lottavano per una trasformazione sociale e politica radicale, inclusa la presa del potere attraverso una rivoluzione operaia.
Le attività di gruppi estremisti, organizzazioni criminali e interferenze dei servizi segreti crearono un clima di instabilità e diffidenza all’interno della società italiana, con la minaccia costante di violenza politica e azioni terroristiche. Questo periodo oscuro della storia italiana è stato caratterizzato da una serie di attacchi, omicidi politici e violenze che hanno avuto un impatto duraturo sul tessuto sociale e politico del paese.
E nella cronaca che seguiva questi eventi abbiamo visto che il modus operandi era sempre lo stesso: compiere un atto e accusare la parte opposta; ed è per questo che è fortemente credibile che anche l’evento in analisi, il presunto tentativo di golpe [Borghese], possa essere frutto di un invenzione, o meglio di una retorica di voluta esagerazione, messa in atto dalle forze di sinistra.
Per dovere di cronaca, ma anche per un’oggettiva convinzione che la storia che abbiamo raccontato fino ad adesso sia influenzata da una retorica fortemente complottista e di parte, presenteremo i punti in favore della teoria che vede questa storia come una grossa montatura.
Un primo esempio di quanto appena detto risiede in un’intervista che il Principe ha rilasciato il 5 dicembre [1970], quindi poco più di 24h prima del presunto golpe, a Gianluca Pansa; se riletta, questa intervista, conoscendo le accuse che sono state successivamente rivolte a Borghese, queste dichiarazioni hanno del paradossale. Vengono trattati temi che, se effettivamente fosse accaduto tutto quello raccontato da lì a poche ore, non avrebbe avuto senso trattare in un’intervista; in particolare, ritengo opportuno riportare uno stralcio dell’intervista, la parte in cui Pansa chiede al Principe la sua visione su un eventuale colpo di Stato:
P: Come vi comportereste di fronte ad un colpo di Stato? Cioè il vostro giudizio su un eventuale colpo di Stato?
B: Se il colpo di Stato dovesse partire da della gente che noi riteniamo nociva alle sorti del paese, il nostro atteggiamento sarebbe del tutto negativo. Se il colpo di Stato partisse da qualche organizzazione politica e noi lo ritenessimo soddisfacente per le finalità che ci proponiamo, potremmo anche considerarlo come un avvenimento positivo.
Poi l’intervento del fedelissimo Carlo Guadagni: “E sarebbe sempre, però, l’attuazione di quel secondo articolo del nostro Statuto che parla del ripristino dei massimi valori della civiltà italica.
B: sì, non ci interessa il colpo di Stato come colpo di Stato: non ci fermiamo di fronte alla drammaticità del fenomeno, che del resto non vedo come potrebbe svolgersi perché la nostra finalità non è quella del colpo di Stato: la nostra finalità è quella della creazione di uno Stato, cioè il nostro deve essere un apporto positivo e non negativo alla nazione.
P: Ma che giudizio da di un colpo di Stato tipo quello greco?
B: In Italia un colpo di Stato come quello greco mi sembra molto difficile.
[…]
P: Ma se oggi, per esempio, un gruppo di militari facesse in Italia un colpo di Stato e mettesse al governo, non per forza un generale, ma un governo “tecnico”?
B: Se questo dovesse essere un fenomeno a breve termine e inteso per il ristabilimento dell’ordine, che oggi manca totalmente in Italia, o per impedire l’avvento dei comunisti al governo, poteremmo giustificarlo. Non lo giustificheremmo in linea politica perché un governo siffatto si presenta fin d’ora con le caratteristiche di un governo conservatore e noi non siamo conservatori, siamo dei progressisti. <54
Sarebbe una mossa sensata pronunciare queste parole a poche ore da un tentativo di colpo di Stato? Bisogna effettuare anche altre considerazioni su questa ipotesi; è di fondamentale importanza il contesto nazionale, che appariva molto deteriorato, almeno agli occhi della parte conservatrice del paese: scioperi, violenza, senso di insicurezza, insoddisfazione con il sistema politico (i governi in quel periodo spesso non duravano più di pochi mesi). Si aveva inoltre l’impressione che le sinistre, guidate dal PCI controllato da Mosca, volessero sovvertire con le loro manifestazioni l’ordine democratico.
L’idea che “qualcuno facesse qualcosa” non era quindi lontana da molti cuori. Quanto allo specifico del Golpe Borghese – che indubbiamente fu pianificato, con vari contatti cercati nei militari e in altri soggetti – vi sono diverse osservazioni sull’efficacia della sua pianificazione, per tacere della “realizzazione”. In particolare: – Numero limitato dei partecipanti; livello dei vertici (Borghese a parte) non particolarmente significativo; esiguità delle forze in campo (200 guardie forestali…); – Localizzazione geografica delle azioni molto limitata (Roma, qualcosa in Centro Italia, quasi niente al Nord, alleanze con la Mafia solo presunte al Sud: non proprio un’organizzazione capillare); – Non possibile realizzare il golpe (voleva essere un “golpe bianco”, ossia guidato dalle istituzioni, o no?) senza il coinvolgimento effettivo di almeno un corpo militare diffuso in tutto lo Stato: di fatto, si legge che “reparti” dell’esercito o dei Carabinieri avrebbero partecipato; di fatto, il referente dei Carabinieri sparì al momento dell’azione, segno evidente che l’Arma non era disponibile; – Colpisce l’improvvisazione del piano, in particolare per il “dopo”: anche ammettendo che i leader di sinistra e sindacali fossero catturati e deportati (li avrebbero trovati tutti? Il PCI sapeva…), cosa sarebbe successo in caso di manifestazioni di piazza? Spari sulla folla? Borghese disse
chiaramente che non voleva spargimenti di sangue… – Come si poteva pensare che PCI, PSI e sindacati, in grado in quegli anni di mobilitare grandi folle, non avrebbero reagito? – L’impressione è che gli USA (che in quegli anni non disdegnavano di rovesciare governi a loro nemici, ma non era il caso dell’Italia, anche aperta a sinistra) giocassero attraverso la CIA ad un gioco di “wait and see”, ma non fossero convinti della fattibilità del piano, e avessero comunque informato il Governo italiano; – Andreotti, il cui nome incontrava comunque l’ostilità di Israele, e quindi all’atto pratico probabilmente anche degli USA, probabilmente sapeva, e ha “dato corda” ai congiurati, per vedere
fin dove sarebbero arrivati. Non appare credibile l’ipotesi del rapimento del Capo dello Stato, a meno che i corazzieri non fossero parte del piano; – Non va poi dimenticato che fu proprio Andreotti (insieme a Moro) il fautore dell’apertura a sinistra, con il coinvolgimento sempre maggiore del PCI nei governi locali (per un coinvolgimento diretto dei comunisti a livello di appoggio al Governo, bisognerà aspettare ancora qualche anno); senza dimenticare la posizione assolutamente apicale ricoperta da Andreotti stessi in quegli anni nella politica Italia, quindi perché avrebbe dovuto cambiare una situazione in una difficilmente più vantaggiosa? – Appaiono poi totalmente trascurati gli aspetti economico-finanziari del Golpe: chi avrebbe remunerato i partecipanti? Soprattutto, se fossero emerse rivolte successive, con una evidente divisione e lotta tra diversi poteri dello Stato, con quali mezzi sarebbe stata finanziata la continuazione dell’esperienza golpista? Non si sa. Anche questo aspetto fa parte della pianificazione un po’ improvvisata, basata più sui “contatti” con i potenziali partecipanti che sugli aspetti pratici; – Da ultimo, non si può dimenticare che la Corte di Cassazione stabilì nel 1986 che un vero e proprio golpe non fu in effetti realizzato.
Insomma, per concludere, ci sono diversi punti interrogativi su questa vicenda, a cui difficilmente riusciremo a rispondere in questa sede; quella che ripetiamo essere solo la nostra opinione è semplice: qualcosa c’è stato, ma non nei termini quasi fantascientifici di molti degli autori che hanno trattato il tema.
[NOTA]
54 G. Pansa, op. cit., pp. 114-115
Filippo Augusto Albarin, Il Golpe Borghese, Tesi di laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2023-2024
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