#arminucleari
In questi giorni sui cieli europei viene simulata la #guerra #nucleare. La #NATO fa volare 71 jet per simulare l’apocalisse atomica. Coinvolta anche l’Italia. Ma i #pacifisti non lo sanno. E neanche i parlamentari.
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▶ STAND UP FOR NUCLEAR arriva al SENATO!... - da win.italy
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STAND UP FOR NUCLEAR arriva al SENATO!
Quest'anno promosso da tantissime realtà diverse: il Comitato Nucleare e Ragione, GiovaniBlu, Liberi Oltre le Illusioni, Amici della Terra, Women in Nuclear Italy e Riforma & Progresso.
Zero Emissioni, Infinite Ambizioni: il Nucleare per le Prossime Generazioni!
volete il nucleare?
ok a patto che la centrale la facciamo vicino a palazzo chigi e il deposito di scorie di fianco a casa del ministro
📰 In caso di attacco atomico non ci sono bunker per le alte cariche dello Stato: «Dobbiamo pensare al peggio»
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Guido Oldani, “Il coperchio”, edito da Palingenia, Venezia (2025) – Il linguaggio poetico oldaniano de-storicizzato e de-psicologizzato. Lettura di Giorgio Linguaglossa
Abstract
Il libro di Guido Oldani, Il coperchio, edito da Palingenia (2025), riprende il testo del suo esordio poetico cambiandone il titolo, da Stilnostro, del 1985, che fu prefato da Giovanni Raboni nell’attuale Il coperchio. Il libro contiene anche un nugolo di versi inediti, come dire, scacciabrighe e scansapensieri intitolato “Quattordicesima ripresa”, che riprende la procedura del realismo terminale della verosimiglianza rovesciata (vedi la prefazione di Oldani al libro). Si tratta di una traccia di un percorso mai interrotto, che va da Stilnostro a metà degli anni ottanta fino ad arrivare al nostro disgraziatissimo e scombiccherato 2025. Un percorso che, volente o nolente e obtorto collo, abbiamo compiuto tutti insieme dalla spensierata epoca della affluent society degli anni ottanta ai matti e disperatissimi anni del mondo post-global. Il tracciato si condensa in quattro tappe, i quattro snodi principali (linguistici/stilistici) posti in corrispondenza con i nodi storici/ontologici che li hanno generati.
E c’è da dire che Guido Oldani (1947) è stato un poeta non-allineato, che ha creato presso i circoli letterari milanesi e non superciliosi distinguo e mottetti di spirito circa i suoi testi che sono stati archiviati dalla poesia accademica nella vasta area della poesia, diciamo così, ludica. Era un tentativo di tacitare in chiave minoritaria una poesia che platealmente usciva fuori dagli schemi collaudati e condivisi dal circolo polare milanese e delle sue adiacenze lombarde.
Il percorso poetico di Guido Oldani si snoda, all’incirca, attraverso quattro tappe. La prima che mette in mostra un già peculiarissimo carattere linguistico: sintassi estremamente scorciata, uso massiccio di participi/gerundi/infiniti; neologismi e grande impiego di parole-valigia; una economia lessicale che trasforma il linguaggio in strumento d’urto verso un «oltre» semantico sempre più dis/locato e imprendibile.
L’esordio poetico si situa nella stagione post-68 e nel decennio della “affluent society” , dove il testo poetico già percepisce la propria impotenza o la propria inidoneità ad inglobare una realtà che percepisce istintivamente di non essere in sintonia sulla via della rappresentazione poetica. Oldani percepisce, tra i primissimi, quel fenomeno che ho designato di de-psicologizzazione del testo poetico. Ovvero, il non essere, il testo poetico, più in grado di operare per via del realismo mimetico e psicologico fino allora imperante nella prassi poetica italiana (ed europea) e di dover ricorrere, necessariamente, ad un nuovo meccanismo di trasvalutazione del Reale in irrealismo linguistico e stilistico, mi si passi il termine, arcigno.
Ecco alcuni esempi di de-psicologizzazione del testo poetico (da Stilnostro- 1985)):
“In tasca”
Un giardino di ruote
locomosse
e pascoli rettangoli
in città
d’asfalto e caviinfissi.
Collaudato è garanzia
il pagomese
e si rosicchia in pizzeria
e si ridacchia fra
i rialzati baveri
badando lungamente
a un depliant
di un nuovo mondo
in tasca.
Poesia in frammenti che mostrano la congiunzione di immagini con punteggiatura scarna, verbo implicito e raccordi per via metonimica; parole del mondo urbano che condensano l’esperienza dell’epoca che sta per annunciarsi (telefono, pizzerie, asfalto, depliant).
Scrive nella prefazione al volume l’autore: “la raccolta, che Giovanni Raboni definì opera di un esordiente « sui generis », contiene verbi coniugati al participio passato, gerundio e infinito. Ora, come tutti sappiamo, la natura si esprime nel tempo: le stagioni, le maturazioni, l’appassimento… Ciò che invece non è riferito al tempo sono gli oggetti: un tavolo o un carretto restano tali e quali con il passare delle ore o delle stagioni. Ecco le radici del Realismo Terminale: avevo cominciato a trattare la natura coniugando i verbi relativi come se si occupassero di oggetti; avevo avvertito che la natura stava ponendo le basi per artificializzarsi progressivamente, per oggettificarsi come accade ora.”
Restano pur sempre valide le osservazioni di Giovanni Raboni contenute nella prefazione a Stilnostro: “Oldani organizza la sua poesia come se avesse (come se ci fosse) una quantità di cose da dire e pochissimo spazio – intendo proprio spazio fisico, non metaforico – per dirle. Eccolo, allora, il nostro autore, spremere da ciascun aggettivo (mai più di uno per volta, se non sbaglio) il massimo di senso, e assegnargli anche, se possibile, qualche funzione in più: di raccordo o ponte verso un’altra parte del discorso, di suggestione o memoria di un’azione verbale non nominata… Eccolo far ricorso a una sintassi scorciata, allusiva, ricca di ellissi, di ablativi (e participi, e gerundi) assoluti, di infiniti nei quali si contrae ogni tempo narrativo… Eccolo coniare neologismi, parole-valigia nei quali sostantivo e aggettivo, avverbio e verbo si incastrano o giustappongono nella più economica delle positure… Una andatura, dunque, una allure, quella della poesia di Oldani, che non solo ammette ma presuppone il predominio del senso nella misura in cui il senso è posto oltre il testo, è un punto di fuga sempre mirato e sempre da raggiungere. La realtà, dunque, va di continuo interrogata, riconsiderata; e occorre, per questo, descriverla, renderla corpo presente – ma per segni veloci, magri, scompiacenti, petrosi. Dire, insomma, non per l’in sé del dire (né, tanto meno, descrivere per l’in sé dell’oggetto descritto), ma per l’in sé di ciò che il dire sollecita e incalza; dire per capire, per essere. E c’è sempre poco tempo, anzi, non c’è mai abbastanza tempo per farlo”.
Parole quanto mai appropriate. Ne conseguono alla lettura una serie di effetti, un sovraccarico di toni, un linguaggio che sembra affaticato ma invece è attentissimo, una esigenza perlustrativa che cerca di tradurre l’ esperienza profana ancora attingibile in segni minimissimi, evanescenti; la strategia formale coincide con l’urgenza storica di «dire in poco» prima che il mondo si trasformi e ci trasformi anche il linguaggio che stiamo impiegando. Quasi una gara a guardia e ladri tra le parole che vengono dal futuro e quelle che vengono dal passato.
Subentra la seconda tappa, una fase di transizione, ovvero, il soggiornare stabilmente alla periferia dell’esperienza del poetico in un mondo sempre più de-storicizzato e de-psicologizzato. Nel frattempo, dagli anni novanta ai duemila si infittiscono i fenomeni del collasso del grande capitale, del collasso dei linguaggi narrativi e poetici che cedono progressivamente alla auto fiction, del collasso delle grandi città con fenomeni di un urbanesimo estremo, la impennata dei consumi, fino alla caduta delle Grandi narrazioni. È questo, in poche parole, l’esaurimento del post-moderno, nonché l’invasione progressiva della realtà cibernetica nel mondo del cosiddetto Reale. Le immagini oldaniane diventano sempre più costipate, sfuggenti, non-consolatorie, sono tratte dal quotidiano, ma non quello dei quotidianisti lombardi che si fregiano di un realismo mimetico ancora debitore delle antiche ontologie linguistiche del novecento (caffè, lampioni, strade, in tasca); un lessico che si apre su oggetti e micro-situazioni telluriche quasi scenografiche. Qui si ha il vero nodo gordiano, il nodo storico/ontologico: l’affermarsi della società dei consumi e dell’abitudine ad un mondo sempre più tecnologizzato; il soggetto poetico si scopre così sempre più de-linguisticizzato che abita le eterotopie, con gli spazi urbani anonimi e con oggetti di consumo dove il rito dello shopping sostituisce il sacro.
“Il paradiso si è inverato in un supermercato” “ (da “I prodotti”, sezione di inediti della “Quattordicesima ripresa”), con l’immagine ironico/satirica che traduce il rito religioso in luogo di consumo.
Qui il linguaggio si fa più scenico ma resta pur sempre concretissimo, sintetico; la critica sociale entra per immagini concrete, dall’interno, mai dall’esterno; il linguaggio mantiene la sua carica poetica mentre muta l’oggetto dell’osservazione (dalla natura agli scaffali, dalla memoria ai device).
Terza tappa la si può considerare il progetto di uscita dal novecentismo poetico italiano che procede durante gli anni novanta fino al Realismo terminale del 2010. La nuova prassi poetica rappresenta bene, anche per via indiretta, la avvenuta catastrofe delle ontologie linguistiche del novecento, la loro inutilizzabilità se non come recursus a un serbatoio di rottami, regesti di antichi registri linguistici divelti e de-funzionalizzati.
Specificità linguistica della procedura poetica oldaniana è il ritorno teorico e pratico alla tesi della «similitudine rovesciata», ovvero, alla oggettificazione progressiva del nostro lessico quotidiano, lessico che tratta la natura come oggetto, frasari che ribaltano i registri linguistici tradizionali mediante un mix di registri tecnico, quotidiano, profetico, sacro e laico che si scambiano di posto.
Infine, il nodo storico/ontologico: la crisi ambientale, la pervasività tecnologica e la nascita dell’intelligenza artificiale: la natura si «oggettifica» e il linguaggio non può non rappresentare questa avvenuta inversione di ruoli. È lo stesso Oldani che nella prefazione spiega: “con quella che ho definita una ‘similitudine rovesciata’ … la sfrecciante rondinella a volare come un aeroplano la chiave interpretativa teorica del libro.
“Pioggia d’acido/base” (da “Pioggia”) — immagine che fonde la meteorologia con l’artificio tossico della modernità; la natura come prodotto secondario rispetto ai prodotti dell’artificio.
In questo nuovo contesto ontologico linguistico il linguaggio diventa strumento di mero esserci: non solo descrive, ma registra, come un sismografo attentissimo, la mutazione ontologica e antropologica in corso (ciò che era vivente assume qualità di manufatto, e il verso lo registra con forme ibride, tecniche e immaginifiche).
I versi diventano più diretti, sloganici, le immagini esplicite di rottura (guerra, gelo nucleare, desertificazione semantica) si moltiplicano, il tono diventa spesso satirico, talvolta didascalico, la brevità si fa perentoria. Il nodo storico/ontologico si rivela per accumulo di catastrofi (clima, conflitti, disgregazione sociale, crisi del linguaggio pubblico); è il poeta che reagisce con pugni verbali, brevi colpi che vogliono spingere al risveglio.
Esempi:
“nel giorno dentro al mese di quest’anno / è scoppiata la guerra nucleare”“ (da “Nucleare”) — frase netta, quasi giornalistica, che sancisce la rottura del paradigma ontologico.
“il paradiso è un supermercato”“ e ““le nubi del tramonto sono rosse / come delle bistecche ancora crude”“ (da “Bistecche”) — immagini dirette, spiazzanti, che giocano sulla quotidianità per denunciare l’assurdo.
Qui la forma poetica diventa messaggio politico/morale; la compressione linguistica si converte in «colpi» rapidi che vogliono lasciare il segno — coerente con la metafora pugilistica che Oldani usa per la “Quattordicesima ripresa”.
“Participi/gerundi/infiniti (Stilnostro) esprimono un tempo sospeso: nella prima fase la sospensione è estetica; oggi essa documenta la sospensione della natura stessa (la stagione che non regge più i suoi cicli riproduttivi).
“Gli oggetti quotidiani (supermercato, lampioni, telefono, in tasca), segnano il passaggio dalla lirica del vissuto alla post-lirica dell’oggetto come indice dell’ordine sociale: l’oggetto diventa rivelatore della condizione storica.
Gli slogan e il tono scanzonato in alcuni testi recenti rispecchiano la saturazione mediatica e la perdita del respiro simbolico; il verso adotta allora la parlottio pubblico.
Il percorso che va da Stilnostro (1985) a Il coperchio (2025) con la sua appendice “Quattordicesima ripresa” è coerente con una linea di ricerca che mantiene la medesima ossessione formale — economia del dire e capacità di condensare — ma che cambia oggetto e registro seguendo le trasformazioni storiche: dall’urgenza estetica degli anni ’80, alla rappresentazione della vita da consumatori, fino alla diagnosi e alla denuncia dell’epoca dell’artificializzazione e della possibile catastrofe. Oldani teorizza questa transizione come Realismo terminale: la lingua si adatta (o si ribella?) alle metamorfosi ontologiche che la realtà subisce.
“Labirinto dire” (“Stilnostro”, p. 19)
“Certe volte mi asciugo / di parole, / capitombolando mi slargo / nell’interstizio tessuto / e pocopoi / e doposecolo…”
La poesia d’esordio si apre sull’atto stesso del dire: “mi asciugo / di parole”. La voce si autocensura per eccesso di densità, o di rarefazione linguistica, l’ellissi sarebbe già strategia di sopravvivenza linguistica, ma in questo caso è solo strategia di subsidenza, come quando la placca di un continente si ficca sotto la placca di un altro continente, ma ancora in modo silenzioso, senza fiat o scossoni o rumoresque. L’“interstizio tessuto” diventa traslato del linguaggio umano rivisitato come trama fragile. Già qui si profila il Realismo terminale in nuce: il linguaggio non imita il mondo, ma lo attraversa come residuo, scarto, rifiuto.
“Stilnostro” (“Stilnostro”, p. 27)
“Volontà (lucciola) appisola / negli incisivi persistenti…”
Una delle immagini più citate: la “volontà” che si riduce a una lucciola tra i denti, simbolo minimo e luminoso di subsidenza esistenziale. La corporeità e la luce fioca sono tratti costanti del primo Oldani post-lirico, il verso sembra scaturire da un lessico espressionista che si impasta con neologismi e paratassi franta, un linguaggio in tensione massima tra simbolo e parola.
“Databile” (“Stilnostro”, p. 34)
“La circostanza sessantotto: / andava il giorno a quella / data e si smisura ora / un secolo.”
Qui entra di sguincio e per vie intermesse e ludiche la Storia con la maiuscola. Il “sessantotto” non è evento ma “circostanza”: un punto di misura che si “smisura”. Il tempo collettivo diventa soggettivo e, quindi, poetabile; il secolo, da cronologia, si fa smarrimento di calendari. È una prefigurazione della successiva frattura tra cronaca e ontologia, la perdita della misura del mondo umano.
“Pioggia” (“Corporale”, p. 57–58)
“Si staglia in accaduto / giorno, meridiana l’ombra… / e in dimensione orizzontale / inerpichiamo finalmente / noi monotematici.”
L’immagine della “pioggia” come meridiana rovesciata, un fenomeno naturale che misura il tempo e lo cancella. L’“orizzontale” di “inerpichiamo” è un ossimoro tipico di Oldani: la realtà viene resa visibile se nominata nel suo rovescio percettivo. Qui si annuncia in essere il principio della “similitudine rovesciata”.
“Apparecchiati” (“Petizione”, p. 70)
“O com’è vertiginante il breve / sconsacrato tempo, appena / ieri figli, già mi tutelate / apparecchiati intanto.”
L’età, la filiazione, la vertigine temporale, la subsidenza post-esistenziale; la “tavola apparecchiata” è il simbolo domestico e quasi sacro della successione, ma qui diventa “sconsacrato tempo”. Il tono è intimo e familiare, ma la struttura ritmica e sintattica conserva la concisione espressionista del primo Oldani.
“Pini” (“Petizione”, p. 75)
“Sempre perenni verdi / stavolta proni proprio / per l’impreveduta neve… / Anche noi (voi) / si è contenuti in un cortile dentro / e non per gioco / per qual ragione ignota non uscendo.”
È una delle più intense liriche “civili”, la natura (i pini piegati dalla neve) diventa specchio della condizione umana mummificata anzitempo, “contenuti in un cortile dentro”. La similitudine tra alberi e uomini anticipa la fusione simbolica del Realismo Terminale: ciò che era naturale diventa umano e viceversa, ma senza salvezza.
“Due pargoli” (“Petizione”, p. 77)
“Bi e Bo fatti nascere / sbuffi i due disegni / scarabocchi… / e quel po’ coraggiosi / noi ignari all’altomare / si agitava il saluto / sbadigliante il terminato secolo.”
È una poesia di bilancio generazionale: i figli (“Bi e Bo”) come segni d’infanzia e di fine annunciata. “Sbadigliante il terminato secolo”, è una chiusura epocale che unisce biografia e storia, il tono è fintamente elegiaco ma mai sentimentale, la forma chiusa, quasi prosastica, riflette la stanchezza delle sillabe storte che annunciano, derisoriamente, il nuovo mondo.
“Bistecche” (“Quattordicesima ripresa”, p. 87)
“Le nubi del tramonto sono rosse / come delle bistecche ancora crude…”
Qui il rovesciamento è esplicito: il naturale si definisce in termini di artificiale, alimentare, consumistico. La “similitudine rovesciata” diventa legge poetica e ontologica. La visione apocalittica del tramonto è ridotta a immagine da macelleria: ironia tragica del nostro tempo.
“I prodotti” (“Quattordicesima ripresa”, p. 88)
“Il paradiso è un supermercato / con gli angeli carrelli della spesa…”
Il Realismo Terminale si toglie la giacca e indossa la vestaglia, sopravvive, nel mare magnum dei linguaggi, come satira anti teologica. Il consumismo sostituisce l’escatologia. L’aldilà si misura in metri di scaffali; la “concorrenza” e le “risse” degli angeli sono caricature del supermatket terreno. Il tono resta piano, quasi da cronaca, la blasfemia viene annunciata in comodato d’uso, si fa ironia disincantata.
“Zero” (“Quattordicesima ripresa”, p. 97)
“La parola, col suono ed il suo segno, / la leggi un po’ dovunque poi la togli… / un dizionario tutto quanto intero / significa sì e no una parola.”
“La rivolta”
“Il papa, che non spara sui bambini, / è un fiammifero acceso dentro al buio… / è tempo d’inventare un nuovo Dante / o ne avremo un destino disgraziato.”
“Parlare”
“Le parole, una volta pronunciate, / cadono a terra come vetri rotti…”
Siamo arrivati alla crisi finale del nostro viaggio e del linguaggio poetico oldaniano: la parola come stuzzicadenti o stoviglia sporca tolta dalla tavola; il dizionario che vale “una parola”, il segno impresso sulla carta hanno perduto ogni residua possibilità di significazione. Questa è forse la più fedele sintesi ontologica (e oncologica) del percorso poetico oldaniano: il linguaggio che si ritira in sé, forse perché ha detto troppo, o troppo poco, e il mondo resta muto nella sua parete bianca.
Oldani conclude con un’istanza etica: “inventare un nuovo Dante”. È la chiamata finale del poeta come testimone e restauratore di senso o, come io penso, come un subsistente post-esistenzialista che tenta di esistere purchessia e in qualche modo? Le “parole rotte” di “Parlare” suggellano il percorso di un linguaggio che ha ormai consumato la propria forza significazionista ma tenta ancora un ultimo micidiale colpo. Ed ecco la “quattordicesima ripresa” del poeta che è diretta contro la parete bianca del mondo.
Nucleare
nel giorno dentro al mese di quest’anno
è scoppiata la guerra nucleare,
guerra che è un tasto con di sopra un dito.
è allora che la stampa e tutti i social
hanno smesso di dire il mezzo vero
e si sono salvati solo i pochi
già finiti intanati chissà dove,
per noi serve neanche un cimitero.
#dePsicologizzazione #eterotopie #giorgioLinguaglossa #giovanniRaboni #GuidoOldani #IlCoperchio #nucleare #Palingenia #postModerno #realismoTerminale #Stilnostro
Intelligenza artificiale alimentata dal nucleare avanzato. La svolta negli USA
Un bando per costruire nuovi data center AI alimentati da reattori nucleari avanzati. Una scelta che sembra sempre più inevitabile e che porterà verso un nuovo tipo di “transizione energetica digitale”, dove l’obiettivo non è solo ridurre le emissioni, ma anche garantire un flusso costante di elettricità a infrastrutture che non possono permettersi interruzioni.
https://www.hdblog.it/green/articoli/n633927/us-nucleare-ai-datacenter/
Ritorno del #nucleare, ma l’uranio rischia di non bastare
https://www.metallirari.com/ritorno-nucleare-uranio-rischia-non-bastare/
La domanda di #uranio è attesa in forte crescita, ma le miniere esistenti andranno esaurendosi e i nuovi progetti richiedono tempi lunghi.
La Cina ha completato il primo esperimento al mondo che simula tre testate nucleari sullo stesso bersaglio. I risultati mostrano una devastazione moltiplicata per dodici rispetto a un singolo colpo. Il sistema usa la teoria della similitudine per ridurre mega esplosioni in test controllati da laboratorio.
https://www.futuroprossimo.it/2025/09/la-cina-simula-un-triplo-attacco-nucleare-in-laboratorio
📢 "Comunicazione e Stakeholder Engagement"... - da associazioneitaliananucleare
https://www.instagram.com/p/DOyhsbgAF1W/
📢 "Comunicazione e Stakeholder Engagement"
📅 10 dicembre 2025 (save the date!)
📍 Auditorium Antonianum, viale Manzoni 1, Roma
AIN è lieta di annunciare che il 10 dicembre 2025 si terrà l'annuale giornata di studio dell'associazione, seguiranno ulteriori dettagli.
#SaveTheDate #AIN #INYG #Nucleare #Italia #Comunicazione #Stakeholder
▶ Manca pochissimo all’appuntamento di domenica, ecco qualche anticipazione! ... - da giovaniblu
https://www.instagram.com/p/DOyHKPADBAs/
Manca pochissimo all’appuntamento di domenica, ecco qualche anticipazione!
Se non hai ancora prenotato un posto, trovi il link in bio
Non vediamo l’ora di vedervi il 21 Settembre alla @romefutureweek in Via Nazionale 66!! 🔥🔥
Settimana storica in #MedioOriente
Il #Pakistan, potenza #nucleare, ha firmato con l’#ArabiaSaudita un #patto di mutua #difesa simile all’articolo 5 della #NATO: un attacco a uno dei due Paesi sarà considerato un attacco a entrambi.
#Riyadh ottiene accesso al deterrente nucleare pakistano, rompendo la storica dipendenza dalla protezione #USA.
Nascono due #blocchinucleari nella regione: #USA-#Israele vs #Pakistan-#ArabiaSaudita. 1/n
Un esercizio di onestà intellettuale
https://bluebabbler.it/post/Un_esercizio_di_onesta_intellettuale
“Carriere Nucleari” - da Associazione Italiana Nucleare
https://associazioneitaliananucleare.it/carriere-nucleari/
“Da una parte l’IA generativa può accelerare lo sviluppo dei reattori modulari e rafforzare la competitività grazie a simulazioni e digital twin, dall’altra i data center, sempre più energivori, richiedono fonti stabili e low-carbon a cui il #nucleare sostenibile offre una risposta strategica. Il prossimo appuntamento di “Carriere Atomiche” esplorerà così questa doppia sinergia
🔋Il nucleare ritorna in Italia: un'energia potente e controversa che segnerà il nostro futuro. Restate sintonizzati per saperne di più! #Nucleare #EnergiaFutura
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Kathryn Bigelow torna con A House of Dynamite, un thriller geopolitico che mette sotto la lente la crescente minaccia nucleare. Quanto siamo davvero preparati? #nucleare
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La diabolica complessità del bombardiere che fu impiegato per condannare Hiroshima e Nagasaki
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Enrico Fermi, primo boomer: niente app né di supercomputer. Un regolo calcolatore e qualche foglietto di carta gli bastarono per cambiare la storia.
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