#ScaviArcheologici

2025-11-28

Grecia, ecco la “Signora dal diadema capovolto”: nuove tombe del VII secolo a.C. con straordinari corredi riemergono in Beozia

Elena Percivaldi

Una vasta ricognizione archeologica preventiva condotta dalla Eforia delle Antichità di Ftiotide ed Evritania ha messo in luce, nei pressi del sito di “Spitia–Katavothra”, in Beozia (Grecia), un complesso funerario di età arcaica e classica e i resti di un piccolo insediamento fortificato coevo presso le rive del lago Copaide. L’area si trova circa sei chilometri a nord dell’antica Acrefia e del celebre Santuario di Apollo Ptoo citato da Erodoto (Storie, VIII, 135, 1).

(©Ministero della Cultura della Grecia)

La ricerca, diretta da Maria Papageorgiou con il coordinamento della soprintendente Efthymia Karantzali, rientra nelle indagini connesse alla realizzazione di un grande parco fotovoltaico della società METKA ATE. Come previsto dalla legislazione greca, la costruzione ha attivato un protocollo di tutela che si è rivelato decisivo: il progetto industriale ha infatti finanziato quasi integralmente lo scavo, consentendo un intervento capillare su un territorio ancora poco esplorato.

La necropoli: tombe a inumazione, cremazioni e corredi di prestigio

Finora sono state indagate quaranta sepolture, disposte in piccoli raggruppamenti. Si tratta di tombe a inumazione, cremazioni e sepolture con copertura in tegole, tipologie pienamente coerenti con l’evoluzione funeraria della Beozia tra VII e V secolo a.C.

Tomba della “Signora del Diadema capovolto” (©Ministero della Cultura della Grecia)

Il quadro che emerge dai ritrovamenti è quello di una comunità rurale prospera, probabilmente formata da proprietari terrieri commercialmente e culturalmente legati all’Acrefia arcaica. I ricchi corredi, composti da vasellame dipinto, oggetti in bronzo, osso e avorio, ambra e ornamenti metallici, confermano l’alto livello economico e sociale della comunità.

Corredo della Signora (©Ministero della Cultura della Grecia)

La “Signora”: il potere delle donne

La scoperta più eclatante è la tomba della cosiddetta “Signora dal diadema capovolto”, una sepoltura del secondo quarto del VII secolo a.C. appartenente a una giovane donna tra i 20 e i 30 anni. Il suo corpo era deposto in una fossa insieme a un eccezionale diadema bronzeo costituito da una larga lamina decorata con la tecnica a sbalzo, ornata da leoni affrontati e culminante in un grande rosetta solare al centro della fronte.

La decorazione con leoni del diadema (©Ministero della Cultura della Grecia)

In un gesto simbolico di grande forza, il diadema era stato collocato rovesciato, con i leoni in posizione capovolta. Un’inversione che, nelle letture antropologiche moderne, rievoca il tema della sospensione o della perdita del potere, della fine dell’autorità o della caduta del rango. Nella Grecia del VII secolo a.C., in una fase segnata dalla crisi della monarchia gentilizia e dall’ascesa delle aristocrazie locali, questo gesto rituale potrebbe aver voluto significare un cambiamento drastico avvenuto a livello dinastico o comunitario.

La kylix: al centro sono raffigurati dei galli 𝗚𝗿𝗲𝗰𝗶𝗮❟ 𝘀𝗰𝗼𝗽𝗲𝗿𝘁𝗮 𝗶𝗻 𝗕𝗲𝗼𝘇𝗶𝗮 𝗹𝗮 𝘁𝗼𝗺𝗯𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 “𝗦𝗶𝗴𝗻𝗼𝗿𝗮 𝗱𝗮𝗹 𝗱𝗶𝗮𝗱𝗲𝗺𝗮 𝗰𝗮𝗽𝗼𝘃𝗼𝗹𝘁𝗼”

La defunta era accompagnata da un corredo composto da numerosi monili in bronzo, due grandi fibule decorate con cavalli stilizzati, un grande pendente, elementi in ambra, avorio e osso, bracciali e anelli spiraliformi.

Una delle spettacolari fibule di bronzo (©Ministero della Cultura della Grecia)

A poca distanza è stata individuata anche la sepoltura di una bambina di circa quattro anni, anch’essa deposta con un piccolo diadema ornato da rosette. La ricchezza del corredo suggerisce un possibile legame familiare con la “Signora”.

Il cranio con il diadema della bambina (©Ministero della Cultura della Grecia)

Altri reperti di rilievo

Tra le altre tombe rinvenute, spicca quella di una donna del VI secolo a.C., deposta con una kylix “tipo Siana” decorata con figure di galli, e una oinochoe (vaso per vino) trilobata con figure mitologiche e con il dio Hermes rappresentato come psicopompo (guida e accompagnatore delle anime). Preziosi frammenti di coppe a vernice nera, recipienti bronzei e ceramiche di produzione acrefia completano il quadro.

L’oinochoe trilobata (©Ministero della Cultura della Grecia)

Fonte: Ministero della Cultura della Grecia

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signora dal diadema rovesciato beoziaScavo archeologico di una sepoltura contenente scheletro umano e oggetti funerari in un contesto di necropoli antica.Reperti archeologici in metallo e ceramica, tra cui un anfora, frammenti decorativi e altri oggetti, disposti su un fondo bianco con un righello per scala.
2025-11-21

Egitto | L’antica Tani svela nuovi segreti: scoperti 225 ushabti di Sheshonq III. Risolto il mistero del sarcofago reale?

Elena Percivaldi

La regione di San el-Hagar (Tani), nel Delta orientale, continua a riservare sorprese sui faraoni dell’antico Egitto. La missione francese, diretta da Frédéric Payraud della Sorbona in collaborazione con il Consiglio Supremo delle Antichità d’Egitto, ha annunciato una scoperta che potrebbe riscrivere parte della storia della XXII dinastia.

foto ©Ministry of Tourism and Antiquities

Durante le operazioni di pulizia della camera settentrionale della tomba di Osorkon II (… – 850 a.C.), gli archeologi hanno rinvenuto 225 ushabti – le statuette che sostituivano i defunti nell’Aldilà – perfettamente conservati e attribuiti a Sheshonq III (… – 798 a.C. ?), uno dei faraoni più influenti della dinastia libica, noto per importanti interventi architettonici proprio nella capitale Tani.

Ushabti in situ e un sarcofago rimasto senza nome

Le piccole statue funerarie sono state trovate nel loro contesto originale, immerse in strati di limo e disposte accanto a un sarcofago di granito non decorato, il cui proprietario non era stato mai identificato. Ora però, grazie a questi nuovi ritrovamenti, sembra possibile attribuire il sarcofago proprio a Sheshonq III, risolvendo un mistero durato decenni.

Gli ushabti di Tani (foto ©Ministry of Tourism and Antiquities)

Il ritrovamento è stato definito dal segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità, Mohamed Ismail Khaled, come “la scoperta più significativa, nelle tombe reali di Tani, dal 1946”, quando appunto nel sito furono scoperti alcuni importanti tesori.

L’enigma della sepoltura

Re Sheshonq III riposa davvero nella tomba di Osorkon II?

Gli ushabti al momento del ritrovamento (foto ©Ministry of Tourism and Antiquities)

La scoperta riapre il dibattito sulle pratiche funerarie della Terzo Periodo Intermedio (dal 1070 a.C. al 656 a.C.). Non è ancora chiaro se il re Sheshonq III fosse realmente sepolto nella tomba di Osorkon II o se le sue statuette funerarie e il suo sarcofago siano stati trasferiti lì in un secondo momento, forse per metterli al riparo da eventuali saccheggi.

Per gli studiosi la presenza degli ushabti associati al sarcofago di granito indica che le vicende relative alla deposizione sono più complesse di quanto finora immaginato.

foto ©Ministry of Tourism and Antiquities

Nuove iscrizioni e un grande progetto di tutela

Oltre agli ushabti, la missione ha identificato nella stessa camera alcune incisioni inedite, preziose per comprendere evoluzione e riuso delle tombe reali.

Secondo Mohamed Abdel-Badii, capo del settore Antichità egiziane del Consiglio supremo delle Antichità, queste nuove testimonianze permetteranno di ricostruire modalità e trasformazioni del culto funerario tra la XXII e la XXIII dinastia.

foto: ©Ministry of Tourism and Antiquities

Il sito è oggetto di un progetto di tutela e conservazione che prevede l’installazione di una nuova copertura protettiva, interventi di desalazione, pulizia e consolidamento delle strutture architettoniche.

Il direttore della missione, Frédéric Payraud, ha sottolineato che la prossima fase sarà dedicata allo studio dettagliato delle nuove iscrizioni e alla prosecuzione delle operazioni di riassetto, che potrebbero rivelare ulteriori elementi sulla “misteriosa” deposizione di Sheshonq III.

Fonte: Ministry of Tourism and Antiquities

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ushabtiGruppo di archeologi che camminano tra obelischi e rovine nel sito di San el-Hagar, Egitto, con cielo nuvoloso sullo sfondo.Ushabti, statuette funerarie, disposte in un contesto archeologico, rinvenute nella tomba di Osorkon II, Egitto.Un gruppo di archeologi e studiosi discute presso un sito archeologico nel Delta orientale dell'Egitto, con rovine antiche visibili sullo sfondo e un cielo parzialmente nuvoloso.
2025-11-20

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storiearcheostorie.com/2025/11

2025-11-17

🏛️❓ Un monumentale (ed enigmatico) tumulo romano riaffiora in Baviera: perché al suo interno non c'è una tomba?

🌟 La scoperta, avvenuta a Wolkertshofen, apre nuove prospettive sulla presenza romana in Germania e sui rapporti con le locali popolazioni celto-germaniche.

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Foto: ©Archäologiebüro Dr. Woidich GmbH / BLfD

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storiearcheostorie.com/2025/11

2025-11-17

Germania | Un monumentale tumulo romano riaffiora in Baviera: ma perché al suo interno non c’è una tomba?

Elena Percivaldi

Un cerchio di pietra perfetto, di 12 metri di diametro e con una piccola struttura quadrata addossata al margine sud. È questa la sorprendente scoperta effettuata dagli archeologi nei pressi di Wolkertshofen, villaggio appartenente al comune di Nassenfels, nell’Altopiano dell’Altmühltal in Baviera. Secondo gli esperti, si tratta del basamento di un tumulo funerario romano, ma c’è un mistero: all’interno non è stata trovata nessuna sepoltura. Nessun resto umano, né corredo.

L’enigmatico ritrovamento è avvenuto durante i lavori per la realizzazione di un bacino di raccolta delle acque piovane avviati nell’autunno 2024. La zona, ricca di testimonianze archeologiche che datano dalla Preistoria al Medioevo, si trova lungo la via di comunicazione romana che collegava Nassenfels all’Altmühltal.

Cerchio di pietre di Wolkertshofen, vista dall’alto, foto: Archäologiebüro Dr. Woidich GmbH

Un tumulo raro per la provincia della Raetia

Gli archeologi ritengono che la struttura sia il basamento di un grande tumulo in pietra (Steinkreis) di circa dodici metri di diametro. Fu costruita con cura e con pietre lavorate a regola d’arte: tutte caratteristiche che rimandano ai modelli architettonici tipici dei monumenti funerari romani. A sud si trova un piccolo vano quadrato di circa 2×2 metri, probabilmente il basamento di una stele commemorativa o di una statua.

Secondo il BLfD, il Bayerisches Landesamt für Denkmalpflege, tumuli di questa tipologia sono estremamente rari nella provincia romana di Raetia, che comprendeva l’odierna Baviera, parte della Svizzera e del Tirolo.

«Non ci aspettavamo un monumento funerario di tali dimensioni e qualità in questa zona. È un elemento di prestigio, pensato per essere visto da lontano», ha spiegato Mathias Pfeil, conservatore generale del BLfD. «La sua posizione lungo una strada romana sottolinea il ruolo commemorativo e sociale del monumento».

La struttura quadrata di due metri per due addossata al cerchio di pietre. Foto: Archäologiebüro Dr. Woidich GmbH

Tradizioni mediterranee e memoria delle tombe protostoriche

Le sepolture a tumulo erano piuttosto diffuse in Italia e nel Mediterraneo sin dall’epoca preromana e sono attestate anche in età repubblicana e augustea. Dall’I secolo d.C., si diffusero parzialmente anche nelle province nord-occidentali, spesso sovrapponendosi a tradizioni funerarie locali precedenti.

In Germania meridionale i grandi tumuli erano già presenti nell’età del Bronzo e nella prima età del Ferro: basti pensare all’imponente tomba del principe celtico di Hochdorf (prima metà del VI secolo a.C.), scoperta nel 1977 a Hochdorf an der Enz, nel Baden-Württemberg, dotata di un eccezionale corredo, o agli oltre 50 tumuli di Heuneburg, solo in parte scavati, alcuni dei quali datati al periodo Hallstatt (ma probabilmente afferenti al periodo La Tène).

Gli studiosi ipotizzano che i Romani, costruendo monumenti come quello di Wolkertshofen, si rifacessero consapevolmente a un linguaggio funerario già molto ben radicato nella memoria del territorio, combinando in tal modo forme architettoniche di derivazione mediterranea con la locale eredità culturale celto-germanica.

Il mistero della tomba vuota: un possibile cenotafio?

Il dettaglio più sorprendente è che, all’interno della struttura, non sono stati trovati resti umani né corredi funerari. L’ipotesi è quindi che il monumento possa essere un cenotafio, un “sepolcro vuoto” eretto per commemorare un defunto sepolto altrove.

A favore di questa idea c’è il fatto che il tumulo sorgeva lungo un’importante arteria romana, una posizione ideale che ne garantiva la visibilità a chiunque transitasse. A chi apparteneva? Con molta probabilità fu eretto da una facoltosa famiglia locale, forse la stessa che possedeva una villa rustica le cui tracce sono riemerse nelle vicinanze.

Una cosa è certa: nell’area, che gravitava intorno ad Augusta Vindelicum (odierna Augsburg), capitale della provincia romana di Raetia, sono attestati diversi monumenti funerari romani. Ma un tumulo di questo tipo, caratterizzato da un cerchio di pietra in muratura (ringmauer) e di notevoli dimensioni, è un unicum senza confronti nella regione.

Nuovi spunti per future ricerche

Il sito di Wolkertshofen, interamente documentato e ora protetto, è quindi di grande interesse. Il suo studio apre molteplici prospettive di ricerca: sulle dinamiche insediative lungo la viabilità romana della regione, ma anche sul rapporto instaurato dalla popolazione “romanizzata” con le preesistenti tradizioni locali nella Raetia tardo-augustea e imperiale

La scoperta offre inoltre nuovi elementi per comprendere come le élite locali — romanizzate o di origine romana — volessero rappresentare se stesse in un territorio situato ai confini dell’Impero, a poche miglia di distanza del limes Reno-danubiano.

Secondo gli archeologi, solo ulteriori analisi del terreno e il confronto con altri tumuli europei potranno aiutare a chiarire meglio la datazione, l’esatta funzione e il contesto culturale del monumento.

Immagine in apertura: Cerchio di pietre di Wolkertshofen, vista dall’alto. Foto: Archäologiebüro Dr. Woidich GmbH.

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tumulo romano bavieraUn gruppo di archeologi sta lavorando su un cerchio di pietre di circa 12 metri di diametro, con una struttura quadrata a sud, in un'area rurale di Wolkertshofen, Baviera.Vista aerea di un cerchio di pietre parzialmente scavato, con resti di pietre disposti su un terreno di terra asciutta.
2025-11-14

🔱 𝗡𝘂𝗼𝘃𝗲 𝘀𝗰𝗼𝗽𝗲𝗿𝘁𝗲 𝗱𝗮𝗹 𝗥𝗲𝗹𝗶𝘁𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗢𝗹𝗹𝗲❟ 𝗶𝗹 𝘁𝗲𝘀𝗼𝗿𝗼 𝘀𝗼𝗺𝗺𝗲𝗿𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗻𝗮 𝗱𝗶 𝗢𝗴𝗻𝗶𝗻𝗮 ❗

Una nave tardoantica riemerge dal passato grazie alle ultime indagini della Soprintendenza del Mare. Reperti intatti, tecnologia avanzata e un potenziale archeologico straordinario.

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👉 Leggi cos'hanno trovato su Storie & Archeostorie:

storiearcheostorie.com/2025/11

2025-11-14

Milano |  L'archeologia alla Statale: una giornata dedicata alla scoperta del passato 

L’Università degli Studi di Milano dedica, il 17 novembre 2025, una giornata per conoscere da vicino l’archeologia della Statale attraverso la presentazione degli scavi universitari attivi in Italia, Grecia, Egitto, Iraq e Turchia.

#archeologia #milano #UniMi #Statale #convegni #scaviarcheologici

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I dettagli su Storie & Archeostorie

storiearcheostorie.com/2025/11

2025-11-13

🏛️ 𝗦𝗮𝗹𝗲𝗿𝗻𝗼 | 𝗥𝗶𝗽𝗮𝗿𝘁𝗼𝗻𝗼 𝗴𝗹𝗶 𝘀𝗰𝗮𝘃𝗶 𝗮𝗿𝗰𝗵𝗲𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗶 𝗮 𝗦𝗮𝗻𝘁’𝗔𝗿𝘀𝗲𝗻𝗶𝗼: 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗶𝗰𝗲𝗿𝗰𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗼𝗿𝗶𝗴𝗶𝗻𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝗩𝗮𝗹𝗹𝗼 𝗱𝗶 𝗗𝗶𝗮𝗻𝗼

Con l’Università Roma Tre e la Soprintendenza, alla ricerca dei villaggi dell’età del Bronzo e delle radici più antiche del territorio

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👉 Scopri di più su Storie & Archeostorie

storiearcheostorie.com/2025/11

2025-11-11

Tre monete d’oro riemergono dal mercato di Aquileia tardoantica

Elena Percivaldi

Nuove e straordinarie scoperte arricchiscono la conoscenza dell’antica Aquileia, una delle più importanti città dell’Impero romano. Durante l’ultima campagna di scavo nell’area del Fondo ex Pasqualis, nel settore sud-orientale della città, un’équipe dell’Università di Verona, diretta da Patrizia Basso in collaborazione con Diana Dobreva, ha rinvenuto tre monete d’oro eccezionalmente conservate.

Il gruppo di lavoro 2025 dell’Università di Verona, con la funzionaria della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia-Giulia Serena Di Tonto, il presidente Roberto Corciulo e il direttore della Fondazione Aquileia Cristiano Tiussi.

Coniate dagli imperatori Valente, Magno Massimo e Arcadio, le monete sono databili alla fine del IV secolo d.C. e rappresentano tre nominali differenti, molto rari. Secondo gli studiosi, non si tratta di monete destinate alla circolazione, ma piuttosto di doni imperiali, forse elargiti a dignitari o membri della corte per celebrare occasioni solenni.

Per approfondire

https://storiearcheostorie.com/2023/11/08/scavi-aquileia-dal-mercato-spunta-un-nuovo-complesso-commerciale-unico-nellimpero-per-monumentalita-e-ampiezza-foto-video/

https://storiearcheostorie.com/2020/12/12/scoperte-aquileia-una-piazza-della-citta-racconta-la-socialita-tardoantica/

Un tesoro nascosto nel mercato antico

Le monete sono state rinvenute sotto il piano pavimentale del portico di uno degli edifici del grande complesso commerciale tardoantico, un’area mai indagata prima. Gli archeologi ipotizzano che siano state nascoste in un momento di pericolo e poi mai recuperate.

Una delle tre monete d’oro portate alla luce con gli scavi del 2025: solido di Valente (367-375 d.C.), coniato nella zecca di Costantinopoli.

Il sito, scavato per oltre 800 metri quadrati, ha restituito dati preziosi anche sulla stratigrafia dell’area. Le ricerche hanno infatti chiarito che la zona era frequentata già prima della costruzione del mercato, alla fine del I secolo d.C., e utilizzata come spazio di stoccaggio e approdo fluviale.

Aquileia, città portuale e mercantile

Le indagini hanno portato alla luce decine di anfore riutilizzate per creare sistemi di drenaggio e rinforzo del terreno, indizio della presenza di magazzini e banchine legate a un porto fluviale più esteso di quanto si pensasse. Questi ritrovamenti confermano che anche il settore meridionale della città partecipava pienamente alle attività commerciali che facevano di Aquileia una porta verso il Mediterraneo.

Particolare da drone della fila di anfore pertinenti a una fase di frequentazione precedente al complesso commerciale.

È stata inoltre completata l’esplorazione della strada acciottolata che attraversava il mercato, percorsa quotidianamente da mercanti e carri carichi di merci. I solchi lasciati dalle ruote sono ancora visibili, testimoniando l’intenso traffico che animava l’area.

La strada acciottolata individuata fra due degli edifici del complesso commerciale.

Vita e continuità dopo l’abbandono

Gli scavi hanno rivelato anche tracce di abitazioni e attività produttive successive alla fine del mercato, a dimostrazione che la vita proseguì nell’area anche nei secoli seguenti. Sono emerse inoltre sepolture di inumati prive di corredo, attualmente in fase di datazione al radiocarbonio, che attestano una frequentazione post-romana del sito.

Uno degli inumati portati alla luce sopra i livelli di crollo del complesso commerciale.

Le analisi sui resti di cariossidi di cereali combuste, recuperate tra i crolli del portico, offriranno nuovi dati sull’alimentazione antica e sull’economia agraria di Aquileia.

Un cantiere aperto al pubblico

Durante i tre mesi di lavori, lo scavo è rimasto aperto ai visitatori, che hanno potuto seguire le ricerche grazie alle visite guidate organizzate dagli studenti. Gli open day del 14 giugno e del 27 settembre 2025, promossi dalla Fondazione Aquileia con la Soprintendenza ABAP del Friuli Venezia Giulia, hanno riscosso grande interesse, confermando il valore della divulgazione archeologica partecipata.

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monete aquileia
2025-11-08

Francia | Officine romane, tombe carolingie e mura medievali: a Troyes riaffiorano 15 secoli di storia

Elena Percivaldi

Quindici secoli di storia di Troyes, dal I secolo a.C. al Medioevo, riemergono dal sottosuolo della città francese. Le scoperte sono arrivate in occasione del recente scavo condotto dall’Inrap (Institut national de recherches archéologiques préventives) su un’area di 500 m² in vista di un progetto edilizio al 76-78 di Mail des Charmilles.

Le tracce più antiche risalgono al periodo La Tène, testimoniando la presenza di un insediamento preromano ben organizzato. Un fossato lineare, scavato a cinque metri di profondità e datato al I secolo a.C. tramite analisi al radiocarbonio, rappresenta una delle rare testimonianze di questa fase all’interno del perimetro urbano. Potrebbe trattarsi di un’opera di drenaggio, indizio dei primi tentativi di rendere abitabile un’area soggetta alle esondazioni della Senna: un segnale precoce dell’importanza strategica del sito.

Veduta generale dello scavo durante lo scavo dei livelli di La Tène e del fossato.© Tristan Verschuère, Inrap

Un quartiere artigianale con 9 fornaci

Con la fondazione di Augustobona Tricassium, nome romano di Troyes, l’area divenne parte di un vivace tessuto urbano. Lo scavo ha interessato un isolato adiacente a un decumano e ha restituito quattro fasi di occupazione comprese tra la fine del I secolo a.C. e il III d.C.

Sorprendentemente, la zona sembra aver ospitato un quartiere artigianale specializzato nella metallurgia. In meno di 40 m² sono state individuate ben 9 fornaci, un dato eccezionale che testimonia un’intensa attività produttiva. Tra i reperti figurano scorie di lavorazione e ossa animali, forse usate come ossidanti nei processi di forgiatura. Questi indizi rivelano una comunità di artigiani attiva e dinamica, integrata nella vita economica della città romana.

Fotogrammetria dell’antico isolotto occupato tra il I e ​​il III secolo e delle fosse funerarie carolingie. © Tristan Verschuère, Inrap

Nonostante l’estensione limitata dell’area indagata, i risultati, confrontati con scavi precedenti condotti nel 2018, contribuiranno a delineare un quadro più ampio dell’artigianato urbano di Troyes in età imperiale.

Dalle officine alle tombe: la necropoli carolingia

Dopo secoli di abbandono, l’area tornò a essere frequentata tra il VII e il IX secolo, nel pieno dell’età carolingia. Sopra gli strati dell’antico quartiere romano si sviluppò infatti una necropoli ricca di inumazioni.

Tombe carolingie installate sugli antichi livelli di abbandono. © Nathalie Daviaud, Inrap

Sono state identificate una quarantina di sepolture prive di corredo, semplici ma ordinate, a testimonianza di un luogo di sepoltura comunitario. Un individuo è stato rinvenuto deposto in posizione flessa sul fianco, una caratteristica piuttosto rara per l’epoca.

Sepoltura carolingia: inumato in posizione flessa su un fianco.© Nathalie Daviaud, Inrap

Complessivamente, tra le indagini condotte dal 2018 al 2023, oltre cinquanta tombe carolingie sono state scoperte in questa parte della città, confermando l’esistenza di un vasto cimitero medievale sorto ai margini nord-orientali delle mura urbane.

Il fossato monumentale e le (possibili) mura del XIII secolo

L’ultima fase documentata dallo scavo risale al XIII secolo. A ovest dell’area è stato individuato un grande fossato dalle pareti svasate, probabilmente collegato alla cinta muraria medievale di Troyes.

Sezione trasversale del fossato potenzialmente associato alla cinta muraria di Troyes nel XIII secolo . © Emilie Jouhet, Inrap

Sebbene manchino fonti cartografiche o scritte a conferma, le sue dimensioni e la posizione coincidono con il tracciato noto delle difese cittadine. Non si esclude tuttavia che la struttura fosse in relazione con un antico ramo della Senna, che scorre a pochi metri dal sito.

Un palinsesto urbano di straordinaria continuità

I risultati dello scavo al Mail des Charmilles offrono un’inedita prospettiva sulla continuità di occupazione di Troyes, città che ha saputo reinventarsi nei secoli senza perdere la propria centralità.

Fosso di La Tène risalente al I secolo a.C. © Tristan Verschuère

Dal fossato del I secolo a.C. alle officine romane, dalla necropoli carolingia fino alle fortificazioni medievali, la ricerca dell’Inrap restituisce un racconto complesso e affascinante, dove la storia urbana si intreccia con la memoria materiale di chi ha abitato questo luogo per più di 1500 anni.

Dati e immagini © Inrap / Tristan Verschuère, Nathalie Daviaud, Emilie Jouhet

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Troyes scavi
2025-11-08

🔥 𝗥𝗢𝗠𝗔𝗡𝗜 𝗘 𝗖𝗔𝗥𝗢𝗟𝗜𝗡𝗚𝗜 (𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗼𝗹𝗼) 𝗮 𝗧𝗿𝗼𝘆𝗲𝘀 : 𝗴𝗹𝗶 𝘀𝗰𝗮𝘃𝗶 𝗿𝗮𝗰𝗰𝗼𝗻𝘁𝗮𝗻𝗼 𝟭𝟱 𝘀𝗲𝗰𝗼𝗹𝗶 𝗱𝗶 𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮!

💀 Gli scavi dell' @INRAP svelano la storia della città francese: spuntano anche le (possibili) mura del XIII secolo.

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Foto: ©INRAP Tristan Verschuère, Nathalie Daviaud, Emilie Jouhet

storiearcheostorie.com/2025/11

2025-11-07

Romani in Alto Adige: ritrovato a Egna un edificio con fucina, era lungo l’antica Via Claudia Augusta

Elena Percivaldi

Nuova scoperta in Alto Adige: a Egna, in via Bolzano, gli archeologi dell’Ufficio Beni archeologici della Soprintendenza provinciale ai Beni culturali, insieme alla ditta specializzata SRA, hanno portato alla luce un edificio romano databile ai primi secoli dopo Cristo.

L’abitazione, in muratura legata con calce, misura circa 11 metri per 8 e comprende due ambienti distinti. Uno di questi era chiaramente destinato ad attività produttive: lo testimoniano strati ricchi di carbone, una fossa di combustione con scorie e resti carbonizzati e una notevole quantità di piccoli oggetti in ferro, tra cui numerosi chiodi ancora in fase di restauro. Tutti questi indizi indicano che l’edificio ospitava una fucina, cioè un’officina per la lavorazione dei metalli.

Anfora nel luogo del ritrovamento (Foto: USP/Ufficio Beni archeologici della Soprintendenza provinciale ai Beni culturali)

Tra i reperti rinvenuti figurano anche tegole con bollo “AURESIS”, cinque monete e frammenti di ceramica, vetro e anfore, che permettono di collocare il complesso nei primi secoli dell’Impero romano.

Egna romana: tra la Mansio Endidae e la Via Claudia Augusta

Il sito si trova in posizione strategica, poco sopra via Bolzano, sul versante opposto rispetto al luogo in cui, alcuni anni fa, era stata scoperta la stazione stradale “Mansio Endidae”. Quest’ultima sorgeva lungo la Via Claudia Augusta, arteria imperiale che collegava il nord Italia alla provincia della Rezia, fino ad Augusta Vindelicum (l’attuale Augsburg, in Germania).

Egna: una delle cinque monete rinvenute, una moneta d’argento dell’imperatore romano Decio (249-251 d.C.). (Foto: USP/Ufficio Beni archeologici della Soprintendenza provinciale ai Beni culturali)

Negli ultimi anni, nella stessa area, erano già emerse sepolture a cremazione di epoca romana, a testimonianza della continuità insediativa e dell’importanza di Egna come nodo viario e produttivo.

Gli archeologi ipotizzano che l’edificio appena portato alla luce fosse strettamente collegato alla stazione stradale, forse come officina di servizio per viaggiatori e carri lungo la Via Claudia Augusta.

Il ritrovamento conferma ancora una volta la centralità di Egna in epoca romana, come punto di passaggio, di scambio e di produzione. I reperti — ora in fase di studio e restauro — saranno destinati ai depositi della Soprintendenza, con la prospettiva di un futuro allestimento museale dedicato alla Egna romana.

Immagine in apertura: Nuovo sito archeologico a Egna: veduta dell’edificio (Foto: USP/Ufficio Beni archeologici della Soprintendenza provinciale ai Beni culturali)

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EgnaEgna anforaEgna moneta di Decio
2025-11-04

Camerino, l’antica chiesa di San Michele (demolita nel 1938) riemerge dagli scavi

Elena Percivaldi

Importanti scoperte a Camerino (Macerata), dove le indagini archeologiche in corso nel centro storico stanno restituendo testimonianze di straordinario rilievo. Nell’area compresa tra l’ex Albergo Roma e il Cinema Teatro Ugo Betti, oggetto di demolizione dopo i danni del sisma del 2016, gli archeologi hanno riportato alla luce i resti dell’antica chiesa di San Michele Arcangelo, un edificio di grande importanza religiosa e artistica demolito nel 1938, noto dalle fonti storiche.

Le ricerche, dirette scientificamente dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata e condotte dalle società SAMA e Archeolab Soc. Coop., stanno offrendo una nuova e preziosa chiave di lettura per comprendere la storia urbana di Camerino, città ducale e antica sede vescovile.

La riscoperta della chiesa perduta

I sondaggi preliminari hanno evidenziato che, sebbene la demolizione del 1938 avesse cancellato le strutture in elevato, le fondazioni e le murature perimetrali dell’edificio sacro erano rimaste intatte nel sottosuolo, insieme a diverse strutture funerarie ipogee.

Foto: ©SABAP AP-FM-MC

Gli scavi successivi hanno consentito di ricostruire la planimetria completa della chiesa, individuando ambienti sotterranei voltati e intonacati con decorazioni pittoriche, forse pertinenti a una cripta o ad aree liturgiche di particolare pregio. Le analisi stratigrafiche hanno inoltre documentato più fasi edilizie, segno di una lunga e complessa evoluzione dell’edificio e dell’area circostante.

Una stratificazione millenaria

Le indagini non si fermano al periodo medievale. I livelli più profondi, ancora in corso di esplorazione, mostrano tracce di frequentazioni romane e preromane, con pavimentazioni in cocciopesto, ceramiche attiche e intonaci dipinti già emersi nei vicini scavi di Piazza Garibaldi.
Secondo la dott.ssa Federica Erbacci della Soprintendenza, “le nuove scoperte rappresentano un tassello fondamentale per la ricostruzione della storia urbana di Camerino”. Le indagini si inseriscono infatti nel più ampio quadro delle ricerche archeologiche condotte in Piazza Garibaldi, dove in precedenza erano già stati rinvenuti muri in pietra, pavimenti in cocciopesto, ceramiche attiche e frammenti di intonaci dipinti, databili dall’età preromana a quella tardoantica, a ulteriore conferma della straordinaria stratificazione storica del cuore urbano di Camerino.

Una città che rinasce dalla memoria

Il Soprintendente Giovanni Issini sottolinea come “le strutture che stanno emergendo nell’area dell’ex Albergo Roma non solo confermano le conoscenze già delineate sul sito, ma forniscono nuovi elementi per comprendere lo sviluppo urbano di Camerino. Le scoperte dimostrano la ricchezza delle stratificazioni insediative e architettoniche del centro storico, che meritano la massima tutela e valorizzazione”.

Foto: ©SABAP AP-FM-MC

Anche il Commissario Straordinario per la ricostruzione post-sisma 2016, Guido Castelli, ha evidenziato il valore simbolico della scoperta: “Questo rinvenimento unisce la ricostruzione materiale con un percorso di identità e memoria, restituendoci frammenti preziosi della storia della comunità camerte”.

Sinergia tra istituzioni e ricerca

Le indagini rientrano nel quadro dell’Ordinanza Speciale emanata per la ricostruzione dell’aggregato edilizio danneggiato dal sisma. L’Ufficio Speciale Ricostruzione Marche (USR), soggetto attuatore dell’intervento, ha garantito il coordinamento operativo e il rispetto delle prescrizioni archeologiche.
Come spiega l’ingegnere Cesare Trovarelli, direttore dell’USR, “l’obiettivo è tutelare gli interessi pubblici e, al contempo, permettere ai privati di ricostruire in modo sicuro e consapevole, integrando le nuove opere con la conoscenza del patrimonio archeologico sottostante”.

Camerino tra passato e futuro

Il Sindaco Roberto Lucarelli ha espresso grande soddisfazione per i risultati: “Gli scavi stanno riportando alla luce importanti testimonianze della storicità e della bellezza di Camerino. Approfondiremo ulteriormente le indagini per comprendere pienamente l’entità della scoperta e definire insieme il percorso più adeguato per valorizzarla”.

Le ricerche proseguiranno nei prossimi mesi, con l’obiettivo di completare la documentazione delle fasi più antiche e integrare i nuovi dati nel progetto di rinascita culturale e urbana della città ducale, simbolo della resilienza dell’Appennino centrale dopo il sisma.

Fonte: SABAP AP-FM-MC

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Fondazione circolare di pietra scoperta durante gli scavi archeologici a Camerino, con una striscia di misurazione in primo piano.Dettaglio dei resti archeologici con tracce di decorazioni pittoriche e fondazioni della chiesa di San Michele Arcangelo, emersi durante gli scavi a Camerino.
2025-11-04

🎭 Scoperta a Policoro: trovato l'antico teatro?

🏛️ Il Parco archeologico di Herakleia continua a svelare tesori che raccontano la storia dell'importante città della Magna Grecia.

⚒️ Le indagini condotte dall’Unibas sembrano fornire conferme sulla scoperta di un edificio pubblico con pianta scenica

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storiearcheostorie.com/2025/11

2025-10-28

Roma, tra l’Appia e l’Ardeatina riemerge una grande basilica costantiniana del IV secolo

Elena Percivaldi

Ancora una straordinaria scoperta a Roma. Tra le vie Appia e Ardeatina, all’interno dell’area delle catacombe di San Callisto, sono riemerse le tracce di una chiesa funeraria circiforme del periodo costantiniano. Si tratterebbe della settima di questo tipo documentata nel suburbio romano, una grande basilica lunga 68 metri e larga 29, affiancata da mausolei e altri ambienti annessi.

I docenti Vincenzo Fiocchi Nicolai e Lucrezia Spera (Università di Roma Tor Vergata) hanno condotto la ricerca con finanziamento PRIN 2022 PNRR, avvalendosi di metodi non invasivi (georadar, magnetometria, tomografia elettrica). I saggi archeologici sono stati autorizzati dal Ministero della Cultura.

Architettura circiforme e identità liturgica

La pianta circiforme – con le navate laterali che si curvano dietro l’abside, in un layout che ricorda il disegno di un circo – richiama tipologie liturgiche rare ma documentate nel IV secolo.

La basilica scavata tra il 1993 e il 2013. Photo credit: professoressa Lucrezia Spera

I primi dati suggeriscono una datazione tra gli anni trenta e quaranta del IV secolo, e la casa liturgica potrebbe identificarsi con quella menzionata dalle fonti come la chiesa sorta sulle tombe di Marco e Marcelliano, meta di pellegrinaggio almeno fino al VII secolo.

Metodi integrati e ricerca multidisciplinare

L’indagine si è basata su un approccio multidisciplinare: i rilevamenti geofisici hanno guidato lo scavo, evitando di distruggere contesti non compromessi. I saggi archeologici hanno poi confermato le anomalie rilevate.

Le due basiliche ‘circiformi’ (quella scavata fino al 2013 -1- e quella ora individuata -2-) tra le vie Appia e Ardeatina. Photo credit: prof. Lucrezia Spera

A completare le indagini è intervenuto il laboratorio di antropologia di Tor Vergata, diretto dalle professoresse Olga Rickards e Cristina Martinez-Labarga, per lo studio degli inumati rinvenuti. Il coinvolgimento dei dottorandi e studenti in queste operazioni sperimentali rinsalda il legame tra formazione didattica e ricerca sul campo.

Due studenti dell’Università di Tor Vergata impegnati nello scavo di una tomba. Photo credit: professoressa Lucrezia Spera

Continuità e prospettive per lo scavo

La zona fa parte di un più ampio complesso di indagini avviate fra il 2000 e il 2013, quando Vincenzo Fiocchi Nicolai aveva individuato un’altra chiesa circiforme probabilmente fondata da Papa Marco (336 d.C.), luogo in cui egli stesso fu sepolto.

Studenti dell’Università Tor Vergata durante la campagna di scavo 2010 della basilica di papa Marco. Photo credit: professoressa Lucrezia Spera

Ora, con la nuova scoperta, è possibile programmare un cantiere più ampio, offrendo agli studenti la possibilità di operare su scala maggiore: rilievi, restituzioni stratigrafiche, catalogazione dei materiali. Questo rinnova l’impegno di Tor Vergata e delle istituzioni per restituire alla comunità conoscenza archeologica e memoria storica.

Studenti dell’Università Tor Vergata durante la campagna di scavo 2013 della basilica di papa Marco. Photo credit: professoressa Lucrezia Spera

Immagine in apertura: Planimetria della nuova chiesa con i saggi effettuati. Photo credit: professoressa Lucrezia Spera

Per saperne di più:

La basilica «circiforme» della via Ardeatina (Basilica Marci) a Roma. Campagne di scavo 1993-1996

Il volume costituisce l’edizione integrale delle campagne di scavo condotte, dal 1993 al 1996, nella basilica a deambulatorio’ della via Ardeatina a Roma, scoperta casualmente nel 1992, grazie alle tracce rivelate da una coltivazione di “erba medica”, e identificata con la chiesa fatta realizzare da papa Marco, nel 336, al secondo miglio della strada, dove il pontefice venne sepolto. Si presenta in modo completo la complessa sequenza stratigrafica, che si sviluppa dalle preesistenze della primissima età imperiale all’età moderna, sequenza che permette di ricostruire dettagliatamente le fasi di impianto e utilizzo della basilica funeraria fino al VII secolo, la continuità di frequentazione e i tempi della spoliazione e dell’abbandono dell’edificio. Un’introduzione ripercorre le tappe della scoperta e focalizza la questione dell’identificazione. L’edizione è completa di tutti i materiali (monete, iscrizioni, manufatti in marmo, laterizi, oggetti di uso personale, ceramica, vetri), divisi per tipologie, a firma di vari autori; il gruppo di contributi sui reperti ceramici e sui vetri costituisce una sezione omogenea, corredata di tabelle e di tavole.

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Mappa aerea delle catacombe di San Callisto a Roma, evidenziando i contorni di una chiesa funeraria circiforme e altri elementi archeologici.
2025-10-21

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🏛️ Lo scavo riporta in luce un complesso monumentale del III secolo a.C. con vasca sacra

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Foto: ©MiC e ©Gabii Project

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storiearcheostorie.com/2025/10

2025-10-20

Nuove scoperte a Castelseprio: lo scavo riporta in luce una tomba dell’età del Ferro, un’iscrizione romana e i resti di un edificio di epoca gota

Elena Percivaldi

Il Parco Archeologico di Castelseprio, nel Varesotto, continua a riscrivere la propria storia. Le indagini archeologiche condotte nel 2025 dall’équipe dell’Università di Padova, diretta da Alexandra Chavarría Arnau con la consulenza di Gian Pietro Brogiolo, hanno portato a rinvenimenti eccezionali che arricchiscono la conoscenza del sito, già riconosciuto Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO all’interno del sito seriale “Longobardi in Italia: i luoghi del potere”.

Dalla fortezza tardoantica alla chiesa longobarda

Gli scavi, realizzati tra settembre e ottobre nell’ambito del progetto Castelseprio centro di potere, hanno permesso di ricostruire nuove fasi edilizie nella zona della chiesa di San Giovanni, il principale edificio di culto del sito, celebre per la sua monumentalità e per il battistero annesso.
Contrariamente a quanto ritenuto finora, la chiesa non risale al periodo tardoantico ma fu edificata all’inizio del VII secolo, in piena epoca longobarda. Prima della sua costruzione, l’area ospitava un grande edificio civile del V-VI secolo, quindi di epoca gota: di esso sono emersi due muri perimetrali, fosse e tracce di attività artigianali, accompagnate da ceramiche tardoantiche.

Foto: ©Università di Padova

Una sepoltura dell’età del Ferro: Castelseprio più antico di quanto si pensasse

Fra i reperti più sorprendenti emersi durante la campagna 2025 vi è una sepoltura dell’età del Ferro, databile al VI secolo a.C..
La tomba, costituita da una grande fossa con urna funeraria, frammenti ceramici e resti di metallo fuso, rappresenta una scoperta straordinaria: conferma che Castelseprio era frequentato già in epoche protostoriche, ben prima della fondazione della fortificazione tardoantica.

Foto: ©Università di Padova

La stele romana reimpiegata nel Medioevo

Un altro rinvenimento di rilievo è una stele funeraria romana di grandi dimensioni, con iscrizione leggibile, dedicata a un soldato dell’età imperiale. La lastra, oggi esposta nell’Antiquarium del Parco, era stata reimpiegata in epoca altomedievale per coprire una sepoltura, con la scritta rivolta verso il terreno. Il riuso di materiali romani – spolia – è una pratica ben documentata nei siti medievali del territorio di Castelseprio e Torba, dove il passato romano si intreccia simbolicamente con la nuova cultura longobarda.

La professoressa Chavarria con la stele appena scoperta (Foto: ©Università di Padova)

Sepolture e storie di comunità

Gli archeologi di Padova hanno inoltre proseguito l’indagine nel cimitero interno alla chiesa, individuando numerose sepolture che saranno oggetto di analisi antropologiche, isotopiche e paleogenetiche. Questi studi permetteranno di ricostruire le abitudini di vita, la dieta e le origini della popolazione sepolta tra l’Alto e il Basso Medioevo, offrendo un quadro sempre più preciso delle comunità che abitarono il Seprio.

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Una sorpresa continua

«Castelseprio continua a sorprenderci», ha dichiarato il sindaco Silvano Martelozzo. «Ogni scoperta è una finestra sulla nostra storia e un motivo d’orgoglio per tutta la comunità».

Foto: ©Università di Padova

Le nuove ricerche confermano il valore unico del sito, dove tracce protostoriche, romane e medievali convivono in un racconto continuo che attraversa più di duemila anni di storia. Castelseprio si conferma così uno dei laboratori più importanti dell’archeologia medievale italiana, luogo in cui la ricerca scientifica dialoga con la memoria collettiva e con la valorizzazione del territorio attraverso visite aperte alla cittadinanza, turisti e attività con le scuole del Varesotto.

Nelle prossime settimane, la Direzione del Parco organizzerà visite guidate e incontri per illustrare le nuove scoperte, a partire dall’iscrizione del soldato romano, già esposta presso l’Antiquarium.
La prima data sarà domenica 2 novembre, durante le consuete passeggiate con l’archeologo insieme al Direttore del Parco Luca Polidoro (partecipazione gratuita, prenotazione consigliata: parcoarcheologico.castelseprio@cultura.gov.it).

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Scavi archeologici in corso al Parco Archeologico di Castelseerio, con diversi ricercatori che lavorano tra le rovine di un'antica edificazione.Scavi archeologici nel Parco Archeologico di Castelseprio, con una ricercatrice che prende appunti mentre lavora in un'area di scavo.Una donna sorridente posa accanto a una stele funeraria romana con iscrizioni visibili, situata in un'area di scavo archeologico.
2025-10-17

⛪ Cosa c'era a Castiglione Olona prima della Collegiata? Lo svelano gli scavi

Domani ultimo giorno di visita al cantiere che sta riportando alla luce i resti di una rocca e di due chiese medievali. Mentre torna a brillare anche il quattrocentesco portale del Maestro di Gornate.

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storiearcheostorie.com/2025/10

2025-10-14

Armenia / Un volto di pietra di 2500 anni fa racconta i misteriosi culti dell’antico regno di Urartu

Elena Percivaldi

Era ancora nella sua posizione originaria, dopo 2500 anni, appoggiato al fianco di una cassetta litica: il volto inquietante con sopracciglia marcate, occhi ravvicinati e naso prominente, tratti che rimandano a possibili culti degli antenati o a riti ancestrali della fertilità.

L’idolo durante lo scavo (Photo: ©Michalina Andrzejewska / PCMA UW)

Scolpito nel tufo vulcanico e alto circa mezzo metro, il misterioso idolo in pietra è stato ritrovato ad Argištiḫinili, in Armenia, durante l’ultima campagna di scavi del Polish Centre of Mediterranean Archaeology (Università di Varsavia) e dell’Istituto di Archeologia ed Etnografia dell’Accademia Nazionale delle Scienze dell’Armenia, nell’ambito di una missione congiunta armeno-polacca condotta sulle alture del Caucaso meridionale sotto la direzione di Mateusz Iskra e Hasmik Simonyan.

Hasmik Simonyan e Mateusz Iskra, responsabili della spedizione (Photo: ©Tigran Zakyan)

Secondo i ricercatori, si tratta di uno dei ritrovamenti più significativi mai effettuati nella regione, sia per lo stato di conservazione che per il contesto di rinvenimento. Le analisi chimiche del contenuto della cassetta di pietra potrebbero chiarire la funzione rituale dell’oggetto, forse legata a offerte domestiche o a pratiche propiziatorie.

Veduta della necropoli (Photo: ©Adrian Chlebowski / PCMA UW)

Argištiḫinili: una città urartea perfettamente conservata

Le rovine di Argištiḫinili si trovano a una quindicina di chilometri circa dall’odierna città di Armavir. La fortezza faceva parte dell’antico regno di Urartu (o Ararat), tra l’Asia Minore, la Mesopotamia e il Caucaso, che gravitava attorno al lago di Van (oggi nella Turchia orientale). Fiorì tra il IX e l’VIII secolo a.C. e ospitò l’arrivo degli Armeni, prima di soccombere all’invasione degli Sciti intorno al 585 a.C.

Case urartiane scoperte sul sito (Photo: ©Patryk Okrajek / PCMA UW)

Il ritrovamento proviene da una grande casa terrazzata di circa 400 m², datata tra la fine del VII e il VI secolo a.C., nel quartiere residenziale di Surb Davti Blur (“Collina di San Davide”), le cui pavimentazioni in mattoni crudi e pietra risultano ancora in ottimo stato: una circostanza che permetterà di ricostruire la vita quotidiana degli urartei nel delicato periodo di passaggio che precede la caduta del regno.

Lo scavo in corso (Photo: ©Adrian Chlebowski / PCMA UW)

In uno degli ambienti, adibito a magazzino, gli archeologi hanno ritrovato ancora al loro posto molti grandi vasi da stoccaggio, a riprova della complessa organizzazione domestica e del ruolo cruciale della città nel controllo del Caucaso meridionale.

La necropoli a incinerazione: un unicum per l’Armenia

Lo scavo in corso. Sullo sfondo, il monte Ararat (Photo: ©Adrian Chlebowski / PCMA UW)

Ma non è tutto. Durante le indagini la missione ha riportato alla luce anche una vasta necropoli a incinerazione con decine di urne funerarie, molte delle quali accompagnate da corredi. Secondo Hasmik Simonyan si tratta della più grande necropoli a urne finora rinvenuta in Armenia: una vera miniera di informazioni che permetterà di approfondire le credenze sull’aldilà degli abitanti di Argištiḫinili e la loro articolazione sociale.

Urne funerarie del VII secolo a.C. trovate durante lo scavo (Photo: ©Adrian Chlebowski / PCMA UW)

Nuove prospettive per la ricerca sul regno di Urartu

Finanziata dal National Science Centre of Poland, la missione mira a studiare la vita domestica e la trasformazione culturale del territorio dopo la caduta del regno di Urartu.

Le prossime campagne, previste per il 2026, approfondiranno i contesti abitativi e rituali, aprendo nuove prospettive sui culti e le tradizioni della regione nell’età del Ferro.

Fonte notizia: PCMA UW

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Ritrovamento di un oggetto in pietra nella regione di Argištiḫinili, Armenia, con una superficie irregolare e segni di erosione, circondato da terreno secco.Due archeologi discutono sul sito di scavo in Argištiḫinili, Armenia, con un paesaggio di colline e abitazioni sullo sfondo.Scavi archeologici a Argištiḫinili, Armenia, con rocce e strutture antiche visibili sul terreno.Veduta aerea di scavi archeologici che mostrano due aree rettangolari con pietre esposte e terreno arido, situate in un contesto archeologico di Argiștiḫinili, in Armenia.
2025-10-14

💀🏺 A San Marco Argentano (Cosenza) riemerge la tomba di una donna e di un bimbo del IV secolo a.C.

🌟 Durante indagini di archeologia preventiva è stata riportata alla luce una tomba in fossa con i resti di una donna e di un bambino, un ricco corredo in ceramica a figure rosse e monili in bronzo (fine IV sec. a.C.).

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Foto: ©SABAP Cosenza

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