#israeleStatoTerrorista

2025-10-29

Netanyahu ordina "massicci raid" su Gaza: "Hamas viola i patti sugli ostaggi". Vance: "Scaramucce, la tregua tiene. #IsraeleStatoTerrorista #NetanyahuAWarCriminal ilfattoquotidiano.it/live-post

2025-10-15

Italia-Israele, Antinelli con un fiocco nero sulla giacca "per i giornalisti morti durante il genocidio". #CriminiSionisti #IsraeleStatoTerrorista ilfattoquotidiano.it/2025/10/1

2025-10-06

Tutto ciò che non sappiamo, su cos'è successo dopo l'abbordaggio dele milizie del IDF alle barche della Global Sumud Flottilia. #IsraeleStatoTerrorista #dirittinegati

2025-10-05

Ecco la faccia brutale del sionismo ebraico. Ebrei! Ma non vi vergognare di condividere la professione religiosa con questi esseri osceni?
#gretatorture #israeleStatoTerrorista #israeleStatoTorturatore #gretathumberg
#sionistinazisti

@attualita @attualita@diggita.com

Greta sottoposta a sevizie e crudeltà con metodi degni dei nazistiGreta sottoposta a sevizie e crudeltà con metodi degni dei nazisti
Paolo "grad" 🌳🐝 🐛♻️🌞🌐grad@mastodon.uno
2025-10-03

DAY OF THE GENERAL STRIKE for Palestine.
Inmates workers at the Dozza prison in Bologna who work for "Fare Imprese in Dozza," a company within the prison, have also decided to join the general strike called by the CGIL for Gaza and the Global Sumud Flotilla.

ilfattoquotidiano.it/live-post

#Gaza #Palestine #SumudFlottilla #GeneralStrike #Italy #IsraelTerroristState #IsraeleStatoTerrorista

Paolo "grad" 🌳🐝 🐛♻️🌞🌐grad@mastodon.uno
2025-10-03

DAY OF THE GENERAL STRIKE for Palestine
Squares packed: marches reached ring roads, ports, and stations. CGIL (Italian General Confederation of Labour): More than 2 mln people in 100 cities.
In Milan a 4-kilometer-long march.
In Rome more than 300.000.
In Pisa protesters enter airport runaway.
In Turin protesters at Leonardo HQ italian company of defence and armaments

ilfattoquotidiano.it/live-post

#Gaza #Palestine #SumudFlottilla #GeneralStrike #Italy #IsraelTerroristState #IsraeleStatoTerrorista

2025-09-29

Il presidente di #israeleStatoTerrorista ha avuto la faccia come il culo nel definire quello che avviene come uno scontro tra civiltà e barbaria…
Con 20.000 bambini uccisi, migliaia di morti, una carestia indotta per il blocco di cibo, scuole ed ospedali bombardati, giornalisti uccisi, e chissà quanto altro, io non vedo nessuna civiltà.
Mezzo mondo ha smesso di vedere l’occidente come un esempio di civiltà.
#netanyahu
#IlTramontodellOccidente
#IsraelTerroristState

ilmanifesto.it/trump-detta-la-

2025-09-25

La più grande flottiglia umanitaria della storia sta navigando verso Gaza per rompere l’assedio. Meloni dice che è contro il governo Meloni. Tradotto: se chi porta aiuti a Gaza è ‘contro il governo italiano’, allora questo governo si rivela per quello che è: una protuberanza fedele dei criminali israeliani. #GovernodellaVergogna
#gaza #FlottigliaUmanitaria #Palestina #NoAlGenocidio #globalsumudflotilla #israeleStatoTerrorista

Potere al popolo Bari e prov.PapBariepv@sociale.network
2025-09-18

Il 22 Settembre #blocchiamotutto l'Italia si ferma per Gaza, perché davanti all'inazione dei governi del mondo compreso quello nostro non possiamo continuare ad indignarci restando immobili. Scioperiamo, scendiamo in piazza, blocchiamo il paese! Esprimiamo forte il nostro disprezzo verso chi sostiene il terrorismo di Stato israeliano. #Gaza #GazaResisti #Genocidio #israeleStatoTerrorista

2025-08-15

l’anti-sionismo censurato, come sempre (stavolta da youtube)

i video di #karemfromhaifa sono sempre documentati, chiari, e direi essenziali per la lettura e la critica al sempiterno e fondativo #colonialismo razzista e genocida di #israele .
 
il video fermato nello #screenshot che qui mostro è stato rimosso da un evidentemente occhiuto e filosionista #youtube, proprio perché coglieva nel segno, in tutta evidenza.

individuava ed esponeva assai bene l’illegittimità e la #criminalità di un #regime che colpisce a morte e devasta una popolazione che esso stesso – il regime stesso – tiene prigioniera in un #campo di concentramento da decenni, attribuendo tutte le colpe di qualsiasi cosa a quella #resistenza (costituitasi dopo i primi 40 anni di #deportazioni e massacri e pulizia etnica) che, SEMPRE ALL’INTERNO DI UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO noto come Gaza, si è costituita per contrastare l’occupazione, i furti, gli omicidi, le vessazioni quotidiane operate dai sionisti e dal loro stato=milizia.

è una resistenza che l’occidente unilateralmente marchia con l’etichetta-mantra di “terrorismo”, sempre, tout court, qualsiasi cosa accada, col fine di rovesciare come un calzino la realtà di un  #israelestatoterrorista storico, riconosciuto e condannato praticamente da qualsiasi entità raziocinante del mondo, non solo occidentale (tribunali, ong, istituzioni internazionali, stati, università, associazioni laiche e religiose, prelati, imam e rabbini, popolazioni intere, ebrei di mezzo pianeta, organi di stampa non al soldo di #telaviv , social media, medici, operatori umanitari, relatori indipendenti, storici del genocidio, studiosi ebrei e non ebrei, …)

israele, specie nella sua forma etno-religiosa, e come entità colonialista, razzista e genocida, non è (ora e per storia) uno dei fantasiosissimi “due stati” che magicamente riporterebbero il medio oriente alla pace, ma un esercito.
punto.
nato e nutrito per devastare e rubare.

  

#Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento #famearmadiguerra

#bambini #campo #censura #children #colonialism #colonialismo #concentramento #deportazione #deportazioni #famearmadiguerra #Gaza #genocide #genocidio #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #Israele #israelestatocriminale #israelestatoterrorista #israelterroriststate #izrahell #KaremFromHaifa #karemfromhaifa #massacri #Palestina #Palestine #regime #Resistenza #screenshot #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #telaviv #video #warcrimes #youtube #zionism

2025-06-24

l’opzione nucleare: un elemento cardine della strategia di israele (giorgio s. frankel, 2010)

sulle tematiche delle guerre in corso nel Medio Oriente
pubblichiamo un testo del 2010 di Giorgio S. Frankel
(
Settanta/Milieu, 23 giu. 2025) :

L’opzione nucleare: un elemento cardine della strategia di Israele

Israele si è dotato di un complesso strategico nucleare davvero formidabile (e quasi incredibile per un così piccolo paese) che certamente non corrisponde all’idea di arma di ultima istanza, di «bomba nello scantinato» da tirare fuori e usare quando la situazione rischia di farsi disperata o già lo è.
A posteriori, sembra proprio che la scelta nucleare, fatta più di sessant’anni fa e da allora sempre avvolta nel segreto o comunque nell’opacità, sia stata una delle decisioni più importanti che Israele abbia preso nel corso della sua storia, una decisione assolutamente prioritaria, fondamentale e sulla quale la leadership politica di Israele ha sempre rifiutato qualsiasi cedimento, anche a rischio di un difficile scontro con gli Stati Uniti […]
L’opzione nucleare è stata anche sostenuta, nel corso di mezzo secolo, dal consenso incondizionato del paese. Il giornalista e scrittore israeliano Michael Karpin ha scritto che nella storia di Israele ci sono stati pochissimi casi in cui «la leadership politica in tutte le sue incarnazioni e l’opinione pubblica hanno avuto un approccio così unito e armonioso come nel caso del programma nucleare». Un importante aspetto di questo «consenso» è la pressoché totale assenza, in Israele, di un vero dibattito nazionale sulle questioni nucleari. Ciò deriva non tanto dalla censura imposta dal governo quanto da un’autocensura (spontanea) del paese, che costituisce l’aspetto sociale della «opacità» nucleare di Israele.
La decisione di Israele ha contribuito alla sicurezza del paese nel contesto mediorientale grazie alla «deterrenza nucleare», ma ha pure trasformato Israele in una sorta di «mini-superpotenza» in Medio Oriente e, ultimamente, anche e sempre più a livello globale, riducendo le propensioni a una politica di compromesso in Medio Oriente e rafforzando la tendenza a una politica inflessibile.
Israele e l’atomica
Il politologo israeliano Zeev Maoz ha osservato che «Israele è passato da una strategia nucleare basata sulla deterrenza a una strategia maggiormente orientata in chiave offensiva con anche un intreccio, forse, di volontà imperialista».
L’armamento nucleare consente a Israele in primo luogo, naturalmente, di dissuadere paesi ostili dallo scatenare attacchi militari volti alla sua distruzione. Questo dovrebbe essere in teoria il suo scopo primario, quello della deterrenza e dell’arma di ultima istanza. A fini di deterrenza potrebbe però bastare una forza nucleare ben più ridotta rispetto a quella attuale.
Nella seconda metà degli anni Settanta, dopo la Guerra del Kippur (1973) e in un contesto internazionale relativamente difficile, il politologo Steven J. Rosen scrisse che «un deterrente capace di colpire cinque capitali arabe sarebbe [stato] più che sufficiente per costituire un livello di danni “inaccettabile” [per le potenze avversarie]».
Più recentemente, un rapporto elaborato da un gruppo di esperti israeliani e americani ha suggerito che, per garantire la propria deterrenza, Israele deve mantenere una forza di risposta nucleare («second strike») capace di distruggere 10-20 città nemiche, con una potenza esplosiva tale da compromettere definitivamente la possibilità, per l’eventuale aggressore, di continuare a esistere come Stato. «Tutti gli obiettivi nemici dovrebbero essere scelti in base al criterio che la loro distruzione costringerebbe prontamente il nemico a cessare ogni attacco nucleare o biologico o chimico contro Israele».
Su un piano più politico-strategico, il deterrente nucleare, e soprattutto il fatto di detenerne il monopolio nel Medio Oriente, consente tra l’altro a Israele di imporre la propria supremazia militare nella regione e mantenere uno status quo vantaggioso (l’occupazione dei territori arabi conquistati nel 1967) senza correre grandi rischi di pressioni o vere minacce militari da parte dei paesi arabi. Inoltre, la forza nucleare ha fornito a Israele, sicuramente a partire dalla guerra del 1973, un potente mezzo di pressione sugli Stati Uniti per ottenere aiuti economici e soprattutto militari giustificati dalla necessità di garantire che Israele mantenga il proprio vantaggio militare sui paesi arabi e non si trovi «costretto» a usare le armi atomiche.
Forte del suo status nucleare, Israele può premere ancora sugli Stati Uniti, con altre richieste, oltre che sull’Europa e sulla Russia; e può anche far fronte a eventuali pressioni politiche di questpotenze, per esempio per quanto riguarda la questione palestinese. Questa capacità può essere definita come una sorta di «deterrenza globale».
[…]
L’ipotetica «deterrenza globale» che Israele sarebbe in grado di esercitare con la sua forza nucleare potrebbe consistere in questa «dottrina» operativa: se Israele subisce un attacco nucleare, o se comunque rischia di soccombere di fronte ad altra minaccia esistenziale, la sua risposta nucleare colpirà non solo il paese responsabile di tale minaccia ma anche, direttamente o indirettamente, le altre potenze mediorientali, oltre a un certo numero di paesi islamici e, ancora, numerose potenze non del Medio Oriente.
In un’intervista a un periodico olandese, poi ripresa da molti, lo storico militare israeliano, Martin van Creveld, spiegò in termini semplici e diretti la strategia israeliana:
Abbiamo centinaia di testate atomiche [che] possiamo lanciare contro obiettivi in tutte le direzioni, forse anche Roma. La maggior parte delle capitali europee sono obiettivi per la nostra aviazione. Come disse il generale Moshe Dayan: “Israele deve comportarsi come un cane rabbioso, troppo pericoloso perché qualcuno voglia rischiare di infastidirlo”. […] Le nostre forze armate non sono certo al trentesimo posto nella graduatoria mondiale, bensì al secondo o al terzo. Possiamo trascinare il mondo nell’abisso insieme a noi. E vi assicuro che è quello che accadrà prima che Israele precipiti nell’abisso.
Il punto chiave di quello che dice van Creveld sta nelle due ultime frasi che è il caso di ripetere: «Possiamo trascinare il mondo nell’abisso insieme a noi. E vi assicuro che è quello che accadrà prima che Israele precipiti nell’abisso».
Un articolo apparso nel 2006 sul giornale online «Israeli Insider», e poi ripreso da altri siti, esprime gli stessi concetti di van Creveld in termini più crudi ma assai eloquenti:
[S]e lo Stato ebraico si trova di fronte al genocidio e all’annientamento, i nostri nemici non hanno più alcun diritto di sopravvivere, e questo vale anche per i paesi “neutrali” che hanno lasciato che le cose arrivassero a quel punto. […] Non permetteremo che Israele precipiti […] senza trascinare il mondo con noi. […] L’arsenale nucleare israeliano deve essere puntato […] contro i centri simbolici [religiosi] dei nostri nemici [islamici]. Lo stesso principio deve valere per quei paesi non islamici che aiutano coloro che cercano di sradicare Israele […] non permetteremo che si ripeta la storia di Vichy e di Mussolini, di papa Giovanni [sic] e di Stalin.
[…]

● Giorgio S. Frankel, scomparso nel 2012, è stato analista di questioni internazionali e si è occupa di Medio Oriente e Golfo Persico. Ha collaborato con «Il Sole 24 Ore», il «Corriere del Ticino», «il Mulino» e «Affari Esteri».
● Il brano è tratto da L’Iran e la bomba. I futuri assetti del Medio Oriente e la competizione globale, DeriveApprodi (prima gestione), 2010.

in evidenza:

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2025-04-16

mozione congiunta per la palestina, di avs, pd e m5s + petizione per tenere lo yankee fuori da gaza

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LE RICHIESTE DELLA MOZIONE

1. Riconoscere lo Stato di Palestina come stato democratico e sovrano

2. Promuovere il riconoscimento della Stato di Palestina anche da parte di tutta l’Unione Europea

3. Esigere in tutte le sedi internazionali e multilaterali il cessate il fuoco immediato in Palestinala liberazione degli ostaggi, la fornitura di aiuti umanitari, il rispetto della tregua in Libano e il pieno rispetto del diritto internazionale

4. Sostenere il cosiddetto “Piano arabo” per la ricostruzione e la futura amministrazione di Gaza, condannando qualsiasi piano di espulsione dei palestinesi da Gaza e Cisgiordania

5. Sospendere immediatamente, dove ancora in essere, forniture e autorizzazioni di vendita nonché l’importazione di armi allo Stato di Israele

6. Sostenere in sede europea l’adozione di sanzioni nei confronti del Governo israeliano per la sistematica violazione del diritto internazionale

7. Esigere la fine dell’occupazione militare illegale dei territori palestinesi in Cisgiordania e l’illegale creazione e sostegno di insediamenti israeliani

8. Promuovere la sospensione dell’accordo di associazione EU-Israele, per le ripetute violazioni del diritto internazionale

9. Dare piena attuazione ai mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale nei confronti di Netanyahu e Gallant

10. sostenere, in tutti i consessi europei ed internazionali, la legittimità della Corte Penale Internazionale

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*

è inoltre possibile chiedere al Parlamento Europeo di calciare via dall’orbita EU – insomma rifiutare e condannare – le farneticazioni dello svitato yankee. 
qui:

    A: Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea

    Nella Sua qualità di Presidente della Commissione Europea esigiamo:

1. L’immediata condanna da parte della Commissione europea delle dichiarazioni e dei piani di Trump sul futuro di Gaza.

2. Che i Paesi dell’Unione Europea facciano pressione per una dichiarazione congiunta che respinga in toto le intenzioni dell’amministrazione Trump riguardo a Gaza.

3. Di rafforzare gli aiuti umanitari dell’UE all’UNRWA e richiedere formalmente il ripristino degli aiuti umanitari statunitensi.

4. Il rispetto rigoroso del diritto internazionale e delle risoluzioni ONU sulla Palestina.

Cliccare per firmare

 

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2025-04-15

gaza, 18 minuti per fuggire dall’ospedale. poi i missili e le macerie / chiara cruciati sul “manifesto”, 15 aprile 2025

Gaza, 18 minuti per fuggire dall’ospedale. Poi i missili e le macerie

Chiara Cruciati

il manifesto, 15 aprile 2025

PALESTINA L’attacco israeliano sull’al-Ahli lascia Gaza City senza cliniche, tre pazienti muoiono nel cortile: «Il corpo di mio figlio bruciava, la schiena sanguinava, urlava dal dolore». Stallo nel negoziato al Cairo

A quasi due giorni dal bombardamento israeliano dell’ospedale battista Al-Ahli di Gaza City, i feriti arrivano lo stesso. Se ce li abbiano portati perché non sapevano fosse ormai un cumulo di macerie o perché speravano che qualche reparto fosse ancora funzionante, è difficile dirlo. Non hanno trovato né medici né infermieri, non hanno trovato più l’ospedale.
L’ISTITUTO CRISTIANO è stato colpito dall’aviazione israeliana nella notte tra sabato e domenica, alla vigilia della domenica delle palme. Poco prima l’esercito ne aveva ordinato l’evacuazione immediata. Agli sfollati, i sanitari, i pazienti e i loro familiari ha concesso una manciata di minuti, 18 per l’esattezza, per scappare.
Mentre i missili cadevano sopra il pronto soccorso, chirurgia e radiologia, sopra la farmacia e la stazione dell’ossigeno, mentre l’ultimo ospedale funzionante di Gaza City si accartocciava su se stesso, nel cortile morivano tre pazienti. Un bambino per il freddo, due adulti perché avevano bisogno dell’ossigeno per sopravvivere.
Yousef Abu Shakran, padre di 29 anni, ha stretto tra le braccia il figlioletto Mohammed, cinque anni e ustioni di terzo grado sulla schiena e sulle gambe, subite durante il raid israeliano che la scorsa settimana ha provocato una strage a Shujaeya.
È corso fuori dall’ospedale il più rapidamente possibile: «Il suo corpo bruciava, la schiena sanguinava, urlava dal dolore. Le ferite di tanta gente si sono riaperte, ho visto i familiari di una ragazzina con danni alla spina dorsale che tentavano di alzarla dal letto, ma era pieno di calcinacci». «Siamo usciti dall’ospedale e pochi secondi dopo è stato colpito da due missili, hanno fatto tremare la terra – ha raccontato Abu Shakran ad al-Jazeera – Erano le 2 di notte, non avevamo idea di dove portare nostro figlio. Soffriva e sanguinava. Non ci sono cliniche, non ci sono ospedali».

SUHAIB È TORNATO tra le macerie della sua casa nel quartiere di Zeitoun sulle spalle del fratello. Mezz’ora di strada. Non riesce a camminare, ha una gamba spappolata. L’attacco all’Al-Ahli è stato «giustificato» da Israele allo stesso modo: era un centro militare di Hamas. Nessuna prova e l’ennesimo chiodo sulla bara del sistema sanitario gazawi.
L’ospedale battista è uno dei 36 ospedali della Striscia distrutti o danneggiati dall’offensiva israeliana dal 7 ottobre. Ne rimangono in funzione 21, fa sapere l’Organizzazione mondiale della Sanità.
Un ospedalicidio che fa il paio con il blocco totale degli aiuti umanitari (cibo, medicine, tende) in vigore ormai da un mese e mezzo e che sta ammazzando lentamente Gaza.
Un insieme di pratiche che sta provocando reazioni globali. Si fermano però alle dichiarazioni, senza che seguano misure concrete. Tra queste quelle dell’alta rappresentante Ue agli esteri, Kaja Kallas, nota per la sua vicinanza alle posizioni israeliane ma che ieri ha definito le azioni di Tel Aviv sproporzionate. Più di così non riesce a fare, nonostante i massacri siano quotidiani (quasi 51mila i palestinesi uccisi dal 7 ottobre 2023, a cui si aggiungono 14mila dispersi stimati) e negli ultimi giorni in particolare abbiano preso di mira la cosiddetta «zona umanitaria» di al-Mawasi.
IL FAZZOLETTO di terra lungo la costa meridionale, ridotto a tendopoli, non è mai stata risparmiata dall’esercito israeliano. Ma è tanto più odioso che venga bombardata quando è in corso l’ennesimo sfollamento forzato da Rafah e Khan Younis: gli ordini di evacuazione emessi dall’esercito israeliano spingono famiglie prive di tutto verso una zona che sicura non lo è stata mai. Non è una novità nemmeno questa: da mesi esperti e analisti spiegano bene il significato di «zone sicure», aree in cui la popolazione viene concentrata e poi colpita, pratica che molti leggono come volta a rendere Gaza invivibile, senza speranza, dove non esiste altra alternativa che andarsene.
È quanto avviene a Rafah, circondata su ogni lato e per metà – come dimostrano le immagini satellitari – sotto il totale controllo dell’occupazione israeliana, impegnata in queste ore nella costruzione di una nuova strada che – si immagina – dovrà collegare il corridoio Morag a sud con il Netzarim, al centro.
Israele avanza con il chiaro obiettivo di occupare a tempo indeterminato pezzi di Gaza palestinian-free, mentre al Cairo i tavoli del dialogo non producono risultati. A dare conto dello stallo sono stati ieri i negoziatori, Qatar ed Egitto, dopo la partenza del team di Hamas che ha bocciato ieri la proposta egiziana (45 giorni di cessate il fuoco) perché prevede anche il disarmo del gruppo. Un’altra bozza (che sarebbe stata proposta dallo stesso Israele e a cui Hamas aveva dato iniziale consenso) prevede il rilascio di dieci ostaggi israeliani e informazioni certe sugli altri 48 in cambio di 45 giorni di tregua.
Il tutto all’interno di un quadro che resusciti la seconda fase del precedente accordo, stracciata dalla rottura israeliana della tregua, lo scorso 18 marzo, e che avrebbe dovuto condurre alla fine dell’offensiva. Intanto all’Afp, un membro del politburo del movimento islamico rilanciava la proposta iniziale: tutti liberi in cambio del cessate il fuoco permanente, l’ingresso degli aiuti e il ritiro delle truppe israeliane.
A NETANYAHU però non interessa porre fine alla guerra. L’opinione pubblica israeliana lo ha capito, gli ostaggi sono sacrificabili. La reazione monta tanto più dopo il 18 marzo e le prime vere crepe attraversano l’entità che più di altre tiene unito il paese, l’esercito: dopo la lettera di centinaia di riservisti, ieri ne è giunta un’altra a chiedere la fine dell’offensiva, firmata da 1.525 soldati.
È di ieri anche l’appello di 3.500 professori per «il ritorno degli ostaggi anche al costo di porre fine alla guerra». Perché il punto, nella stragrande maggioranza dei casi, non è il genocidio dei palestinesi ma la perdita di fiducia verso la leadership politica.

https://ilmanifesto.it/gaza-18-minuti-per-fuggire-dallospedale-poi-i-missili-e-le-macerie

Un medico palestinese tra le macerie dell’ospedale battista Al-Ahli di Gaza City – Xinhua/Rizek Abdeljawad

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2025-04-14

mail inviata (inutilmente, è ovvio) il 14 gennaio 2024 a governo e opposizioni

I palestinesi devono sopportare migliaia su migliaia di tragedie inimmaginabili, tutte a livello internazionale. Questo livello di violenza orchestrata da una forza occupante è genocidio. Ai leader politici e ai funzionari di alto livello, dobbiamo sottolineare che il sostegno e l’assistenza a Israele sono complici in questo genocidio in corso. Siete stati avvisati
          
(Alice Mogwe, Federazione Internazionale per i Diritti Umani)

Egregio Signore/Gentile Signora,

Nel corso degli ultimi due mesi e mezzo, le forze israeliane hanno ucciso più di 29.000 civili in Palestina, tra cui oltre 11.000 bambini. Scrivo per esprimere la mia profonda preoccupazione riguardo al genocidio in corso e per chiedere urgentemente il vostro aiuto nell’incoraggiare una cessazione immediata delle ostilità e l’invocazione della Convenzione sul Genocidio senza ulteriori indugi.

La Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948, rappresenta uno strumento legale indispensabile per prevenire e sanzionare atti di genocidio. La Convenzione sul Genocidio, sancita dal diritto internazionale e vincolante per tutti gli Stati firmatari, esige risposte immediate e inequivocabili alle situazioni di genocidio, sia per imperativi morali che per mandato legale.

Gli sforzi diplomatici per far rispettare il diritto internazionale e porre fine al genocidio del popolo palestinese sono risultati infruttuosi. La mancata copertura completa da parte dei media occidentali delle atrocità, unita alla diffusione di disinformazione, è profondamente allarmante. La manipolazione intenzionale da parte dei leader politici, pericolosamente vicina all’incitamento al genocidio, richiede una condanna urgente e inequivocabile. Questa urgenza è ulteriormente sottolineata dal triste bilancio di oltre 100 giornalisti uccisi mentre cercavano coraggiosamente di rivelare la verità. L’obbligo di responsabilità immediata è essenziale per affrontare questa crisi e garantire giustizia per le voci e le vittime silenziate.

Attualmente, le forze israeliane stanno commettendo attivamente molteplici crimini di guerra, come definito dall’articolo 8 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. Ciò include tattiche come l’impiego di un blocco totale, attacchi diretti intenzionali alla popolazione civile, mirate aggressioni contro ospedali, scuole dell’ONU e ambulanze. È documentato l’uso di fosforo bianco come arma chimica su infrastrutture civili, così come l’uso di fame e sete come strumenti di guerra. Stiamo assistendo alla punizione collettiva di due milioni di persone, come definito dall’Articolo 33 comune della Quarta Convenzione di Ginevra e dall’Articolo 4 del Protocollo Aggiuntivo II.

La continua mancanza di responsabilità di Israele per la sua occupazione illegale, l’espansione illegale degli insediamenti e il crimine di apartheid ha portato a una preoccupante escalation della violenza che costituisce crimini internazionali legalmente definiti, tra cui genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Date le gravi circostanze, sollecito urgentemente l’invocazione della Convenzione sul Genocidio e azioni immediate per affrontare la crisi. La responsabilità di proteggere le popolazioni vulnerabili incombe sulla comunità internazionale, e credo fermamente che i principi delineati nella Convenzione debbano guidare la nostra risposta collettiva.

Negli ultimi mesi, un notevole numero di esperti di conflitti e genocidi ha lanciato l’allarme sul genocidio in corso a Gaza.

Il 13 ottobre 2023, Raz Segal, professore associato israeliano di studi sull’Olocausto e genocidio presso l’Università di Stockton e professore titolare nello studio del genocidio moderno, ha offerto un’analisi delle atrocità a Gaza nell’articolo “Un caso di genocidio”. Segal ha affermato: “La Convenzione ONU sul genocidio elenca cinque atti che rientrano nella sua definizione. Attualmente, Israele sta perpetrando tre di questi a Gaza.”

Il 15 ottobre 2023, 800 studiosi e professionisti del diritto internazionale, tra cui studiosi dell’Olocausto, hanno emesso un severo avvertimento riguardo a un potenziale genocidio da parte delle forze israeliane contro i palestinesi a Gaza.

Il 19 ottobre 2023, otto Rapporteurs Speciali dell’ONU hanno emesso un avvertimento dichiarando: “Lanciamo l’allarme… c’è anche un rischio di genocidio contro il popolo palestinese.”

Il 27 ottobre 2023, il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale ha attivato la sua procedura di azione urgente per l’allarme precoce, esprimendo profonda preoccupazione per l’incremento di discorsi di odio razziale e disumanizzazione diretti contro i palestinesi.

Il 28 ottobre 2023, Craig Mokhiber, ex Direttore dell’Ufficio di New York dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha descritto ciò che sta attualmente accadendo a Gaza come “un caso di genocidio da manuale”.

Il 2 novembre 2023, otto Rapporteurs Speciali dell’ONU hanno lanciato nuovamente l’allarme dichiarando: “Restiamo convinti che il popolo palestinese sia a grave rischio di genocidio… Il momento per agire è ora. Anche gli alleati di Israele hanno responsabilità e devono agire ora.”

Il 10 novembre 2023, Omer Bartov, uno dei massimi studiosi mondiali di studi sull’Olocausto e il genocidio, ha avvertito che lo spostamento forzato e la pulizia etnica di solito precedono il genocidio.

Il 24 ottobre 2023, è stato rivelato un documento prodotto dal Ministero dell’Intelligence israeliano, che dettaglia un piano per epurare etnicamente Gaza mediante il trasferimento forzato dei suoi abitanti e la deportazione nella Penisola del Sinai in Egitto.

Il 16 novembre 2023, 36 esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite hanno elevato il rischio da un genocidio potenziale a uno imminente.

Il 17 novembre 2023, la Commissione Internazionale dei Giuristi ha esortato gli Stati a “adempiere ai loro obblighi giuridici internazionali, inclusi in particolare quelli sanciti dalla Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948 … e adottare misure immediate per prevenire atti di genocidio a Gaza”.

Il 20 novembre 2023, il Rapporteur Speciale dell’ONU sulla Violenza contro le Donne e le Ragazze ha evidenziato la violenza riproduttiva inflitta dagli israeliani alle donne e ai bambini palestinesi, qualificando queste azioni come violazioni evidenti dei diritti umani e potenziali atti di genocidio secondo il diritto internazionale.

Il 1 dicembre 2023, l’ex Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha dichiarato: “L’assedio di Gaza di per sé… è una forma di genocidio… Le regole affermano che infliggere condizioni per distruggere il gruppo, questo di per sé è un genocidio. Quindi creare l’assedio di per sé è un genocidio, ed è molto chiaro.”

Il 12 dicembre 2023, la Federazione Internazionale per i Diritti Umani ha adottato una risoluzione contenente un avvertimento da Alice Mogwe, Presidente della FIDH. “I palestinesi devono sopportare migliaia su migliaia di tragedie inimmaginabili, tutte a livello internazionale. Questo livello di violenza orchestrata da una forza occupante è genocidio. Ai leader politici e ai funzionari di alto livello, dobbiamo sottolineare che il sostegno e l’assistenza a Israele sono complici in questo genocidio in corso. Siete stati avvisati.”

Con quanto sopra in mente, vi chiedo di dichiarare globalmente le atrocità a Gaza come un genocidio. Delegare tutti gli uffici per esercitare pressione attiva sugli organi governativi per invocare immediatamente la Convenzione sul Genocidio e fermare le massacri in corso.

Un’azione urgente è imperativa. Riconoscimento del comportamento genocida israeliano a Gaza; condanna della retorica genocida israeliana; condanna delle atrocità israeliane a Gaza, inclusa la significativa perdita di vite civili e la distruzione delle infrastrutture civili; appello ai Terzi Stati per adempiere ai loro obblighi ai sensi della Convenzione sul Genocidio; appello agli organi dell’ONU (Assemblea Generale, Consiglio di Sicurezza, Consiglio Economico e Sociale e Corte Internazionale di Giustizia) a adottare le misure necessarie ai sensi della Carta delle Nazioni Unite per prevenire e reprimere atti di genocidio; appello ai Terzi Stati di indagare, arrestare e perseguire le persone sotto la loro giurisdizione che potrebbero aver commesso o contribuito ad atti di genocidio contro il popolo palestinese; e appello a tutti gli Stati di adottare misure per evitare la complicità nel comportamento israeliano, incluso il fornire materiali, armi e sostegno economico o diplomatico a un regime responsabile di violenze in corso e sistematiche contro la popolazione palestinese che costituiscono genocidio.

La Convenzione sul Genocidio è stato il primo trattato sui diritti umani adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite l’9 dicembre 1948, simboleggiando l’impegno della comunità internazionale a dire “Mai più” dopo le atrocità commesse durante la Seconda Guerra Mondiale. Per Gaza, il “Mai più” è ora. 

Con urgenza, vi chiedo di unirvi nel prendere posizione contro questa catastrofe in corso. Uniti, è possibile fare la differenza per garantire che la giustizia prevalga per le molte vite innocenti perdute.

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