Il racconto di un muro di Nasser Abu Srour
La prima parte del libro è dedicata alla storia dell’autore e a quella dei profughi palestinesi, ai vari accordi finiti nel nulla, alla vita in prigione. Si torna dunque alla Nakba del 1948, quando il padre dell’autore, scacciato dal suo villaggio, si stabilisce con la sua numerosa famiglia nel campo profughi di Aida, vicino a Betlemme. Divenuto adolescente al tempo della Prima Intifada, Nasser Abu Srour racconta come viene catturato, torturato, costretto a confessare, giudicato colpevole e condannato all’ergastolo. Inizia così il suo lungo viaggio nelle prigioni israeliane, dove sviluppa una sua strategia esistenziale di resistenza, stabilendo un centro di gravità con cui conversare alla fine di ogni giornata: il “Muro”, il muro della sua prigione. Attraverso questi dialoghi filosofici con il muro, l’autore documenta gli eventi politici che hanno portato alla frattura della società palestinese e alla sua resistenza. La seconda parte invece è dedicata alla sua storia d’amore con Nanna, la sua avvocatessa, una storia impossibile ma molto sentita. Su tutto domina la penna dell’autore, il profondo senso poetico delle sue parole che non svanisce neppure nelle descrizioni più dure della realtà politica e che vola nel parlare del sentimento amoroso.
Nasser Abu Srour è un uomo palestinese condannato all’ergastolo e detenuto in una prigione israeliana dal 1993, sembrerebbe in seguito a una confessione estorta con la tortura – il condizionale mi sembra d’obbligo solo perché non ho modo di sapere se la versione di Srour è stata verificata, anche se non faccio fatica a credergli dato lo stato disumano del sistema giudiziario israeliano.
Il racconto di un muro non è uno di quei libri su cui possa dire granché: cosa puoi dire di una testimonianza che sembra contenere tutto il dolore del mondo? È un libro che si legge con umiltà e rispetto, lasciando che il dolore dell’ingiustizia e dell’abuso ci attraversi e ci bruci. Perché questa non è solo la storia di Nasser Abu Srour: lui ha voluto anche essere il testimone di avvenimenti e fatti che travalicano la sua persona e si fanno storia collettiva di un popolo che dalla nakba del 1948 non ha avuto né pace né giustizia.
Non è il tipo di libro che consiglierei con leggerezza perché, sebbene pensi che sia più importante che mai vedere e riconoscere il dolore del popolo palestinese, allo stesso tempo se le notizie dalla Striscia di Gaza già vi fanno stare male, forse non è il caso di aggiungere anche Il racconto di un muro. Se già la condanna e l’ergastolo di Srour appaiono pretestuose, non vi dico quanto sia straziante leggerlo alla luce della guerra e del genocidio che hanno seguito l’attentato del 7 ottobre 2023: con quale logica dovremmo condannare e punire un intero popolo per qualcosa commesso da alcuni esponenti di un gruppo terroristico? Gruppo terroristico che – non dimentichiamolo – è nato nel terreno fertile della disumanizzazione costante portata avanti da Israele nei confronti deə palestinesə.
Nasser Abu Srour ci augura una lettura scomoda nel presentarci il suo libro. Di sicuro riesce molto bene a rappresentarci la privazione di libertà data dal carcere senza possibilità di una via d’uscita e dall’appartenete a un popolo al quale viene sistematicamente negata non solo la possibilità all’autodeterminazione, ma anche il mero diritto a esistere.
#autobiografia #carcere #memoir #nonFiction