#multiling%C3%BCismo

Foncu 🐞🌹foncu@neopaquita.es
2025-05-09

El #Multilingüismo tiene sus cosas graciosas cuando el cerebro pone el piloto automático.

Ayer estaba hablando, en inglés, con un amigo cuya lengua materna es el alemán, sobre lo difícil que me resulta a mí hablar alemán. Reproduzco la conversación más o menos.
- but you speak French, on peut parler français.
- bien sûr, je trouve le français beaucoup plus facile que l'allemand parce que la grammaire est plus proche de l'espagnol. Avec l'allemand j'ai toujours des problèmes avec le "Satzbau" -y al decir esta palabra, lo siguiente que quería decir me salió en alemán, de forma automática.

Hoy estaba hablando con un par de compañeros de trabajo, en inglés, durante el café. Recibo un mensaje en el móvil, en español, preguntándome algo y contesto afirmativamente. Al rato me doy cuenta de que había contestado a una pregunta en español "Yes".

Otra vez hoy, voy andando por el pasillo y abro una puerta y se la sujeto a un compañero para que pueda pasar, lo cual me agradece con "Merci" que es como dicen gracias algunas veces en Zúrich cuando no dicen "Danke". Sin darme cuenta contesté "de rien" en vez de "bitte".

Una la vez que estaba hablando francés sobre un viaje que iba a hacer a China y dije una de las pocas palabras que estaba aprendiendo en mandarín, y luego seguí hablando en inglés en vez de francés, porque el curso de mandarín lo estaba haciendo en inglés.

O aquella vez que estaba viendo con mi hermana Kill Bill doblada pero en una escena empiezan a hablar japonés con la mala suerte de que los subtitulos que teníamos estaban en inglés, así que mi hermana me pidió que le fuera traduciendo los subtítulos. Terminó la escena, siguieron hablando en castellano, y durante un rato no me di cuenta de que estaba repitiendo lo que decían, con otras palabras, como si hubiera activado el modo "detectar idioma" y traducir siempre al castellano.

En fin. 🤷‍♂️

Foncu 🐞🌹foncu@neopaquita.es
2025-05-01

@jo_jsp supongo que tiene su explicación, pero comprendo que resulte molesto que te pidan siempre adaptarte. Yo vivo con frecuencia la experiencia contraria, que hago el esfuerzo de hablar (mal) la lengua local pero me contestan en otra lengua que podemos hablar con más fluidez. Entiendo que lo hacen con buena intención, pero me dificulta el aprendizaje. El #multilingüismo es una cosa.

Mix Mistress Alice💄MixMistressAlice@todon.eu
2025-04-18

Non partecipo alle Olimpiadi dei (a)social network, ma posso solo supporre che si ottengano meno follower quando un singolo profilo pubblica in diverse lingue, come spesso si dice: "Oh, è in catalano o in olandese; non lo capisco, non fa per me", il che è paradossalmente l'atteggiamento opposto di una mente curiosa necessaria per imparare una lingua.

#lingua #benefici_cognitivi #multilinguismo

2025-03-04

[2025-03-05] Attraversate: crossing linguistico letterario al femminile. Giornata della lingua madre @ Centro delle donne balotta.org/event/attraversate #multilinguismo #letteratura #linguamadre #poesia #talk

2025-03-03

Attraversate: crossing linguistico letterario al femminile. Giornata della lingua madre

Centro delle donne, mercoledì 5 marzo alle ore 18:00 CET

Donne migranti che scrivono e performano in lingua italiana emergono nello spazio culturale dell’italiano. Nella loro eterogeneità e singolarità di scrittrici e artiste, tutte hanno nel loro bilinguismo (plurilinguismo e translinguismo) un vantaggio a livello creativo, stilistico e culturale. Ma spesso i pregiudizi etnici e linguistici, e lo sguardo patriarcale della società portano a disconoscere la loro produzione letteraria e artistica.

L’incontro verte sull’importanza delle pratiche letterarie e la scrittura di donne italofone e/o italiane di seconda generazione (bilingui e discendenti da emigrati) nell’odierno panorama letterario italiano. Un talk tra poete, scrittrici e esperte che si inserisce nella Giornata internazionale della lingua madre e da seguito al progetto “Attraversate” lanciato nel 2024 con 4 podcast letterari sulla propria visione della lingua madre.

Saluti, Anna Pramstrahler, Biblioteca delle donne

Presenta il progetto e modera

Lina Scarpati Manotas, poeta/giornalista italo-colombiana

Intervengono

Rocío Bolaños, poeta e traduttrice, italo salvadoregna
Barbara Herzog, poeta, multilingue, italo svizzera
Rosanna Crispim d’Acosta, poeta, italo-brasiliana
Fernanda Minuz, esperta in multilinguismo, Associazione Orlando

Evento promosso dalla Biblioteca delle donne e Gruppo Mondialità, Associazione Orlando

https://centrodelledonne.women.it/evento/attraversate-crossing-linguistico-letterario-al-femminile-giornata-della-lingua-madre/

balotta.org/event/attraversate

Unión Europea en GuatemalaUEGuatemala@respublicae.eu
2025-02-24

🌎🗣 El #multilingüismo es un vinculo infinito que nos permite estar unidos en la diversidad.

La #UE🇪🇺, al igual que 🇬🇹, comparten la riqueza de la diversidad lingüística, permitiendo que cada cultura se exprese, participe y comparta su visión del mundo.

#DíaDeLaLenguaMaterna
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nitter.privacydev.net/UEGuatem

Unión Europea en GuatemalaUEGuatemala@respublicae.eu
2025-02-24

Lagom, Załatwić, Dépaysement...

Algunas palabras tienen un significado que no se puede traducir.

En el #DíaDeLaLenguaMaterna, recordamos que uno de los principios fundadores de la #UniónEuropea es el #multilingüismo.

#MotherLanguageDay
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nitter.privacydev.net/UEGuatem

2024-12-17

[In ogni parte del mondo gli esseri umani, da sempre, parlano del loro rapporto con ciò che li circonda, e di cui fanno parte.
Un percorso gioioso ed emozionante alla scoperta del nostro legame con la Natura e delle parole per dirlo.]

Delle quattordici parole presenti ho scelto Gluggavedur, quella in islandese.

Biofilia, di Cathy Eliot - Storiedichi Edizioni 2024

#samalegge #plurilinguismo #multilinguismo #intercultura #educazioneinterculturale #libri #libriperlinfanzia

Parola inslandere: GluggavedurImmagine di persona anziana e giovane in una serra che piantano dei semiSpiegazione parola precedente: tempo da trascorrere a casa, guardando fuori. Rispettiamo il limite
2024-09-22

Llevo un rato siguiendo a @geotdf porque Mastodon necesita más #deportes y más frikis de cualquier cosa que no sea Linux. Pero hoy es la primera vez que exploro su web más allá de leer el artículo dedicado a la carrera ciclista del día y me flipa que sea una iniciativa de la Universidad de #Utrecht con artículos traducidos al 🇳🇱 🇫🇷 🇮🇹 🇪🇸 🇩🇰.

Divulgación cientifica, #ciclismo y #multilinguismo en el fediverso, con botón :mastodon: y todo. 👏

geo-sports.org/es/2024/zurich-

#ciencia #geologia #eurocultura

Di Antonio Zoppetti

Sono rimasto molto colpito da un libro appena uscito – Daniele Vitali: Il fenomeno lingua. Manuale informale di linguistica su italiano, dialetti e lingue europee (GoWare 2024) – che spicca nel panorama editoriale per almeno tre motivi: la piacevolezza e la scorrevolezza nella lettura, il taglio e la gran mole di dati che contiene.

Nonostante il titolo faccia pensare a un lavoro di manualistica, si tratta di una raccolta di scritti di saggistica brillante che non si configurano come un manuale organico, che spesso può rivelarsi impegnativo o noioso. Sono brevi trattatelli composti in varie occasioni che costituiscono un esempio di divulgazione che arriva a tutti e sa incuriosire. L’autore scrive con un rigore e una competenza che non si trovano spesso, e riesce perfettamente nell’intento di raccontare

la storia dell’italiano e delle lingue dei nostri vicini europei, cercando di divertirci, di sfatare un po’ di luoghi comuni e di prendere finalmente consapevolezza del fatto che la lingua è anche una questione politica”.

Questa dimensione politica – nella sua accezione più nobile, e dunque non legata alle ideologie di partito – viene troppo spesso negata o sottovalutata da una schiera di linguisti che hanno mitizzato la retorica dell’uso e l’idea per cui le lingue siano espressione del popolo e arrivino dal basso. Le cose, andando un po’ più in profondità, non stanno affatto così e l’enorme ricchezza degli argomenti presentati lo dimostra in modo eccellente.

Daniele Vitali è un valido studioso di dialettologia (autore tra l’altro di un dizionario del bolognese), ma è anche un traduttore esperto di lingue caucasiche e di russo che lavora all’Unione europea in Lussemburgo e a Bruxelles. La sua formazione non si limita perciò alla conoscenza della lingua italiana, parte da un punto di vista molto più ampio che guarda contemporaneamente a tutte le lingue (e non solo all’inglese) sul piano internazionale, e soprattutto ai dialetti, sul piano interno. La questione dell’italiano viene perciò trattata attraverso la comparazione da questa prospettiva attentissima al plurilinguismo, che dovrebbe essere più spesso al centro dei libri di linguistica che hanno invece di solito orizzonti ben più limitati.

La regolamentazione degli anglicismi: una questione politica

L’intellettuale medio italiano è di solito pronto a sostenere che la pianificazione linguistica è un assurdo concettuale che non può funzionare – perché non riesce a vedere oltre al proprio naso e sa solo guardare alla politica linguistica del fascismo come se non esistessero altri esempi – ma leggendo questo libro questo impianto ideologizzato crolla davanti ai fatti.

La questione degli anglicismi trova un largo spazio nella pubblicazione, sia da un punto di vista storico, dove c’è un’ottima ricostruzione delle politiche contro i forestierismi del fascismo, sia da quello più attuale, che prende in considerazione la legge Rampelli o alcune recenti dichiarazioni del ministro della cultura Sangiuliano. L’analisi del dibattito è finalmente trattata con un pregevole distacco e taglio critico non ideologizzato, e invece di bollare la guerra ai barbarismi del ventennio in modo manicheo – come il male assoluto o viceversa con nostalgia – analizza con spirito storico i fatti nelle loro implicazioni negative ma anche nei risvolti che hanno portato dei risultati. Con lo stesso spirito, la legge Rampelli, e certe dichiarazioni dei politici dell’attuale governo, sono aspramente criticate attraverso l’analisi degli aspetti più deboli e inapplicabili, ma altrettanto criticate sono le prese di posizione aprioristiche di certi loro detrattori:

A me pare chiaro che giudizi così duri contro Rampelli e gli altri firmatari (più duri di quelli riservati agli estensori delle norme che salvano gli evasori fiscali) non siano frutto di una riflessione giuridica, ma di un riflesso condizionato: forse per sviluppata allergia al purismo fascista, forse per anglo(americano)filia inveterata, forse per indisciplina (anche) linguistica, fatto sta che l’italiano medio risponde da sempre la lingua si evolve’ a qualunque discorso critico relativo alla qualità della lingua che parliamo ogni giorno, come se di una riflessione sul tema non ci fosse bisogno.”

L’insopportabile banalità che “le lingue si evolvono” invocata per giustificare qualunque cosa — soprattutto ciò che fa comodo — è ben ridimensionata. E di fronte all’idea di intervenire davanti all’abuso dell’inglese, Vitali precisa:

Non si tratta, dunque, di dettare dall’alto come si deve parlare, ma di esprimersi in un modo comprensibile a tutti utilizzando il lessico esistente o, se necessario, coniando neologismi chiari ed efficaci come autista e regista. Si tratta cioè di un’operazione di cultura linguistica, o se vogliamo di rigore espressivo, in definitiva di parlar chiaro e con un minimo di buon gusto. Poi qualche proposta nuova si radicherebbe, altre no e dunque le odiate (da alcuni) e amate (da altri) parole straniere in vari casi entrerebbero lo stesso nella nostra lingua. Ma cerchiamo di renderci conto che, aldilà della polemica politica spicciola, una lingua che non sa dare un nome alle cose nuove e deve ricorrere a uno pseudotermine tecnico inglese che in realtà è una parola di tutti i giorni non è una lingua viva, allegramente scoppiettante e pronta allo scambio internazionale: è una lingua malconcia, a cui i suoi parlanti non vogliono poi tutto quel bene.”

L’ingegneria linguistica

Una delle parti più interessanti, raramente trattata e spesso volutamente trascurata nei testi dei linguisti italiani, riguarda l’ingegneria linguistica, e cioè “l’intervento consapevole dell’uomo sulla lingua”, che si è affacciato durante il romanticismo con due diversi approcci dai

risultati gravidi di conseguenze fino ai giorni nostri. Da un lato, con Humboldt nacque l’idea che la lingua fosse l’emanazione dello spirito di un popolo, e come tale sacra, dall’altro proprio il romanticismo dette inizio all’epoca di quella che possiamo chiamare ingegneria linguistica. (…) Col risveglio dei popoli, i poeti e gli scrittori cominciarono a ‘purgare’ le proprie lingue dai forestierismi”.

E così in Italia,

dobbiamo all’ingegneria linguistica (impersonata dal linguista Bruno Migliorini) se oggi in italiano diciamo autista, regista, calcio anziché chauffeur, régisseur, football.”

Ma questo esempio non si può limitare alla parentesi (soprattutto negativa, ma non solo negtiva) del fascismo, e infatti attraverso l’ingegneria linguistica

serbi e croati presero a interrogarsi sul dialetto da elevare a lingua comune, gli intellettuali romeni studiarono un’ortografia italianeggiante per abbandonare l’alfabeto cirillico e gli albanesi organizzarono il Congresso di Monastir (1908) per la riforma della lingua albanese e l’adozione ufficiale dell’alfabeto latino. (…) Grazie all’ingegneria linguistica l’ebraico è tornato a essere una lingua viva, e sono venuti alla luce il neonorvegese e l’irlandese moderno. Senza un intervento attivo con fini precisi, il finnico, il bulgaro, lo sloveno, l’ungherese, l’islandese sarebbero diversi da come oggi li conosciamo; in estone furono persino introdotte parole inventate totalmente a priori per ‘riestonizzare’ la lingua. Lo swahili e il vietnamita sono passati all’alfabeto latino nell’epoca coloniale, il somalo nel 1973 e ancora dopo, a URSS caduta, hanno fatto altrettanto l’Aserbaigian o la Cecenia semi-indipendente nello spazio di un mattino, mentre le autorità di Zagabria hanno tentato di riportare all’antico la lingua croata per riscoprire un passato diverso da quello dei serbi.”

Invece di affermare che gli interventi sulla lingua non funzionano – il che è un falso storico – Vitali analizza le cose caso per caso con grande competenza, e le riflessioni sulla lingua ebraica e anche sull’ucraino davanti al russo durante la guerra sono attualissime e illuminanti.
Questa visione attenta al plurilinguismo e alla storia spazza via una serie di stereotipi tipici italiani perché:

“L’ingegneria linguistica è uno strumento in sé valido che, al pari del telefono, può servire a fare la pace oppure la guerra a seconda dell’intelligenza di chi lo usa. Del resto, è stata l’ingegneria linguistica a permettere la nascita dell’esperanto, lingua pacifista per eccellenza”.

Certo, a volte gli interventi sulla lingua, e anche le riforme ortografiche, sono imposte con la forza (il che non fa parte dell’ingegneria linguistica, ma delle politiche autoritarie) e a volte non funzionano affatto, come è accaduto nel 1991 nel caso della riforma ortografica francese pensata dall’Académie Française per intervenire “su stranezze come la h muta o i plurali in x”; in altri casi hanno invece funzionato, per esempio la riforma ortografica del tedesco, nonostante le grandi polemiche e le feroci opposizioni:

La riforma dell’ortografia tedesca è stata a lungo meditata e poi scientificamente organizzata: a metà degli anni Settanta, i paesi di lingua tedesca (BRD, DDR, Austria, Svizzera, con osservatori da Belgio, Danimarca, Francia, Liechtenstein, Lussemburgo, Romania, Sudtirolo e Ungheria), formarono una Commissione interstatale per l’ortografia tedesca allo scopo di riformare il complesso di regole pragmaticamente costituito dalla redazione del Duden e ufficializzato dalla Seconda conferenza ortografica tenutasi a Berlino nel 1901. Il 1° luglio 1996, dopo 25 anni di lavoro e a DDR scomparsa, i vari paesi hanno firmato la Dichiarazione di Vienna, con la quale s’impegnavano a introdurre la riforma il 1° agosto 1998: da questa data la nuova ortografia è usata in tutte le scuole dei paesi di lingua tedesca, in un periodo di transizione che terminerà soltanto il 1° agosto 2005. Il 1° agosto del 1999 anche i giornali hanno iniziato a usare la nuova ortografia, e i germanofoni hanno scoperto con sollievo che intere frasi, non fosse stato per il daß trasformato in dass, rimanevano immutate (le cifre: da 212 regole si è passati a 112)”.

Leggere queste ricostruzioni storiche basate appunto sulle lingue – declinate al plurale, invece di guardare solo alla realtà italiana o a quella anglofona come se fosse l’unico parametro di riferimento – spazza via una serie di sciocchezze che da noi vanno per la maggiore, per esempio che la lingua sarebbe come un fiume che va dove vuole e non è possibile controllare. Il che non è un’analisi logica o storica, ma una presa di posizione politica e ideologica, e un assioma piuttosto discutibile.

Il libro non tratta solo questo aspetto che ho provato a riassumere, questo è solo uno degli innumerevoli argomenti, sempre affrontati con rigore e piacevolezza. La lingua italiana è presentata come un tema attualissimo, e anche la questione della femminilizzazione delle cariche o dello scevà sono trattate con altrettanta lucidità. C’è una bella storia della lingua italiana, ma accanto a questa ci sono le storie delle lingue europee, c’è la questione politica delle lingue nell’Ue ricostruita in modo storico; e accanto all’italiano ci sono i “ritratti linguistici” con la storia e le caratteristiche del francese, dello spagnolo, del tedesco, dell’inglese, del rumeno, del russo e di tantissime lingue, dal polacco all’albanese, compreso l’esperanto. E non solo, c’è anche la storia dei dialetti italici – e la questione delle differenze tra lingue e dialetti – oppure delle lingue minoritarie non solo in Italia, ma anche all’estero, dal catalano al basco e a tanti altri idiomi che non hanno uno Stato.

È davvero impossibile riassumere la miniera di informazioni che si trovano in questo libro di oltre 300 pagine, che scorrono leggere, invece di essere un mattone. Ma un corposissimo indice analitico facilita proprio le letture trasversali, invece che lineari.

https://diciamoloinitaliano.wordpress.com/2024/06/24/il-fenomeno-lingua-italiano-dialetti-lingue-europee-e-anglicismi/

#interferenzaLinguistica #libri #linguaInglese #linguaItaliana #lingueStraniere #linguisti #linguistica #multilinguismo #plurilinguismo #politicaLinguistica

Di Antonio Zoppetti

Mi sono arrivate varie segnalazioni indignate a proposito di un intervento sul Corriere della scorsa settimana di Federico Rampini intitolato “Gli italiani non sanno l’inglese”.

L’autore si mostra scandalizzato e affranto di fronte a questo fatto. Ma la cosa più imbarazzante del suo resoconto è la modalità con cui sembra scoprire l’acqua calda.

La rivelazione gli è arrivata durante un convegno a Gorizia, mentre uno storico israeliano a quanto pare appoggiava le ragioni dell’attuale sterminio dei palestinesi suscitando le reazioni di protesta e i fischi degli spettatori. A colpire Rampini non sono state le tesi del suo interlocutore – che in fondo è un “progressista” che parla così solo per lo choc del 7 ottobre, chiosa il giornalista – bensì un piccolo dettaglio marginale che fa ben capire cosa si agita nella testa di simili prezzemolini televisivi che si presentano come progressisti ma sono invece l’espressione delle idee più reazionarie della nostra intellighenzia. Questo particolare a margine è che le grida della folla imbestialita non arrivavano in diretta, immediatamente dopo le parole che lo storico pronunciava in lingua inglese, ma in differita, cioè solo dopo la traduzione.

Questo è ciò che ha colpito Rampini, che si è reso conto improvvisamente che il vero problema è che gli italiani non capiscono l’inglese! Un grave problema davanti al quale gli oltre 30.000 morti palestinesi (senza contare i feriti o i mutilati che spesso sono donne e bambini) passano evidentemente in secondo piano (almeno nella sua scatola cranica).

Il giornalista sembra ignorare i dati Istat che ci dicono che in Italia la conoscenza dell’inglese appartiene a una minoranza della popolazione. Evidentemente non conosce nemmeno i rapporti come quelli di Eurostat che mostrano che anche in Europa l’inglese non è affatto compreso dalla maggioranza dei cittadini. E non è neppure a conoscenza delle statistiche di Ethnologue che spiegano che nel mondo l’inglese è conosciuto da meno del 20% dell’umanità (cfr. “Dal bilinguismo territoriale a quello virtuale della globalizzazione“). La sua consapevolezza arriva più empiricamente davanti a un bagno di folla: a Gorizia, “una delle città più ricche, moderne, evolute d’Italia, l’inglese ancora lo parlano e lo capiscono in pochi.” Eppure gli astanti erano gente colta – precisa stupito Rampini – tutta gente che legge persino i libri di storia!

La parola “ancora” dice tutto: l’inglese – cioè la lingua naturale dei popoli dominanti che non studiano altre lingue perché impongono la propria a tutti gli altri – prima o poi trionferà, e finalmente tutta l’umanità si inchinerà alla sua dittatura. È solo questione di tempo.

Questo è il nuovo colonialismo del Duemila, il nuovo imperialismo culturale difeso da chi ha come obiettivo l’imposizione dell’inglese dall’alto con cui educare il mondo intero. I Paesi già anglicizzati sono presentati come un modello aureo e avanzato, gli altri sono considerati “Terzo mondo”, un’espressione politicamente scorretta che si tende ormai a sostituire con “Paesi in via di sviluppo”. E a quale sviluppo li si deve condurre? A quello del modello occidentale, ovviamente, che viene fatto coincidere con quello statunitense, ci mancherebbe altro.

Eppure l’Italia, pur essendo di fatto una provincia americana dal punto di vista sociale, politico, militare, economico e culturale è “ancora” arretrata sul piano linguistico. Ancora una volta, per Rampini, le fonti sulla conoscenza dell’inglese non sono le statistiche ma altre che ricordano i discorsi da bar: “Mi è stato detto che questa cosa cambia improvvisamente se uno, a poche centinaia di metri dalla sede di quel convegno, si reca Nova Gorica. È la città gemella, l’altra metà di Gorizia, in Slovenia, dove l’inglese lo sanno tutti.” E a questo punto sbotta: possibile che una nazione – che probabilmente considera sottosviluppata rispetto a noi sotto altri punti di vista – sia più avanti di noi nella conoscenza della lingua dei padroni?
Al giornalista non viene neppure in mente che forse le persone di cultura della città conoscono il tedesco, o il francese, o altre lingue. Per lui il plurilinguismo non è un valore, e le altre lingue sono fuori dai parametri della neocultura che ha in mente, non contano niente. Nella sua testa c’è solo l’opzione inglese, la Novalingua da imporre orwellianamente a tutte le altre inutili e dannose Veterolingue.

L’apologia della dittatura dell’inglese è la premessa e l’assioma di un disegno strisciante che viene fatto passare in modo manipolatorio:

“Qui abbiamo un problema, guardate: perché non è possibile che in Slovenia un paese che è entrato nell’Unione europea molto più tardi, Paese più povero, piccolo tutti sappiano l’inglese e dall’altra parte del confine no.”

In quest’ultima riflessione da temino liceale, la Slovenia è un Paese “inferiore” (piccolo e povero), entrato da poco nell’Ue (e qui si lascia credere che l’inglese sia la lingua dell’Unione Europea, il solito falso). I modelli virtuosi dell’Europa sono i Paesi già colonizzati linguisticamente, quelli “dalla Danimarca alla Svezia, dove le grandi università insegnano ormai corsi solo in lingua inglese e i bambini sono abituati a vedere i film americani in lingua originale quando hanno cinque anni.”

Finalmente il consueto disegno linguicista emerge e prende forma: consiste nel cancellare le lingue nazionali dall’università (meglio omettere che i Paesi del Nordeuropa stanno facendo un passo indietro nell’anglificazione dell’università perché si sono resi conto che i danni sono maggiori dei vantaggi). E per meglio imporre la dittatura dell’inglese non resta che colonizzare i cittadini sin dall’infanzia, attraverso la tv e i film in lingua originale americana. L’apoteosi di questa visione colonialista arriva nel finale: oggi come oggi, “sapere l’inglese è come avere la patente di guida.”

Questo esempio non è innocente: in gioco c’è proprio la “patente”.

Non basta che il globalese sia di fatto la lingua dominante, diventata imprescindibile in alcuni settori come il mondo del lavoro o della scienza, per cui chi non lo usa è penalizzato ed emarginato. L’obiettivo è l’istituzionalizzazione del globish, che si vuole ufficializzare come la lingua dell’Europa. L’inglese è venduto come il requisito della cultura; a che vale leggere i libri di storia se non si sa l’inglese? E allora non resta che imporlo in tutti i modi, attraverso il potere morbido e quello duro. La prima strategia si basa per esempio sulla trasmissione dei film in inglese, oppure avviene attraverso cavalli di Troia come il progetto Erasmus, nato sulla carta per la diffusione degli scambi linguistici tra gli studenti europei, ma trasformato di fatto nella diffusione del solo inglese, la lingua unica che prende il posto di tutte le altre e le cancella. La stessa prassi che nell’Ue – che sulla carta nasce all’insegna del plurilinguismo – porta a di fatto a usare l’inglese come la sola lingua di lavoro o quasi. E grazie alla von der Leyen è sempre più usato anche nella comunicazione istituzionale rivolta agli europei, un’altra prassi illegittima, come quella dei documenti europei concepiti in alcuni Paesi come l’italia in modo bilingue.

Accanto a queste cose c’è poi la politica linguistica europea a fare in modo che l’inglese sia ufficializzato: è stato introdotto nelle scuole sin dai primi anni dell’infanzia in modo da creare le nuove generazioni bilingui, un progetto che ci costa cifre astronomiche che vengono in questo modo convogliate verso i Paesi naturalmente anglofoni che sono fuori dall’Europa e che non hanno questi costi. Da qui nascono poi i provvedimenti come la riforma Madia che ha cancellato il requisito di “conoscere una seconda lingua” nei concorsi nella pubblica amministrazione per sostituirlo con l’obbligo di “conoscere l’inglese”.

Per quelli come Rampini tutto ciò è rimosso, il loro fine è giustificare la dittatura dell’inglese, costi quel che costi. E un altro esempio riportato dal giornalista la dice lunga sul suo razzismo linguistico e sull’intolleranza e il fondamentalismo con cui guarda chi non parla la lingua dei padroni, quando cita un episodio avvenuto in un cinema ligure dove proiettavano il film Barbie. Per errore l’operatore ha avviato la pellicola in lingua originale invece che nella versione doppiata, e nel pubblico di ragazzine e mamme si è scatenato un putiferio! Quegli ottentotti che non conoscevano l’inglese, secondo Rampini, avrebbero forse dovuto avere un orgasmo davanti alla lingua superiore, invece di pretendere che si parlasse loro nella propria (come previsto all’acquisto del biglietto).

Mentre per Rampini il problema degli italiani è che non sanno l’inglese, per gli italiani il problema sono quelli come Rampini, che non hanno alcun rispetto per la realtà e per la gente, perché hanno in testa solo la propria visione discriminante che vogliono imporre a tutti. L’idea della cultura rampiniana ricorda quella coloniale del generale Gneo Agricola lodato da Tacito perché aveva saputo romanizzare – anche linguisticamente – i Bretoni che aveva assoggettato: i popoli sottomessi chiamavano la romanizzazione “cultura” ma era parte del loro asservimento. Mentre Rampini dichiara di sostenere le sue tesi: “Non perché io abito in America”, la realtà è che quelli come lui si sono asserviti al nuovo impero e agiscono come i collaborazionisti della dittatura dell’inglese, la minoranza oligarchica che vuole prevaricare, sottomettere ed educare tutti gli altri.

Comunque la si pensi, voglio rimarcare un ultimo particolare. Le reazioni alle tesi di questo articolo si sono diffuse in Rete (per esempio sul sito Italofonia.info), ma sui mezzi di informazione – le nuove voci dei padroni dove regna il pensiero unico – tutto tace. Come se queste riflessioni fossero le uniche possibili. E questo è molto grave. Se questa anglomania è la cornice culturale e il presupposto della nuova intellighenzia, poi non c’è da stupirsi dei sempre più numerosi anglicismi che penetrano sui giornali e in ogni settore. Sono solo l’effetto collaterale sul piano interno della dittatura dell’inglese che si vuole legittimare su quello internazionale.

Intanto, alle elezione europee l’astensionismo ha raggiunto livelli mai visti, e mentre alcuni partiti si gongolano dei risultati e gli altri si leccano le ferite, il dato più rilevante mi pare che per la prima volta la maggioranza degli italiani non è andata a votare (se fosse stato un referendum non avrebbe raggiunto il quorum), e se si includono le astensioni questo risultato è ancora più pesante. La nostra classe dirigente, e gli intellettuali alla Rampini, sono una minoranza e un’oligarchia che non rappresenta più il Paese. E forse sono loro che dovrebbero riflettere sulla propria “patente” di giornalisti o politici, non gli italiani.

https://diciamoloinitaliano.wordpress.com/2024/06/10/rampini-e-la-patente-dellinglese-globale/

#anglomania #globalese #globalizzazione #globalizzazioneLinguistica #globish #inglese #linguaItaliana #multilinguismo #plurilinguismo #politicaLinguistica #rassegnaStampa #UnioneEuropea

2023-07-31

#segnalazione

ElleDue - Periodico di informazione e formazione per insegnanti di italiano L2

sestanteedizioni.com/.../ElleD...

Con un articolo e una proposta di attività di #GiuliaDallePezze di @Cestim Verona dal titolo "#Haiku, la natura in tante #lingue"

#samalegge #italianoL2 #italianoperstranieri #facilitazionelinguistica #plurilinguismo #multilinguismo #linguamadre #mammalingua #adaltavoce

Andres Sandoval-Hernandezasandovalh
2023-02-24

📣Échale una mirada 👀a nuestro nuevo artículo en
@Conversation_E
💬 sobre y en la UE: ¿cómo preparar a los docentes?
theconversation.com/multilingu

Josean Pradojoseanprado
2023-02-05

Me llamo Josean Prado y soy profesor de Lengua e Inglés (ESO) en el Colegio San José de Basauri.

Intereses: , , , basado en proyectos, , , aprendizaje cooperativo, , en el aula, atención a la diversidad,

Jörg Lehmannjrglmn
2022-11-22

@tkinias
... y donde hay presente, no siempre la aburrida uniformidad anglosajona

Parlamento Europeu em PortugalEuroparl_PT@respublicae.eu
2022-09-21

De 24 a 26/09 vem celebrar connosco o Dia Europeu das Línguas.💬

São 3 dias de festa no Parque Verde de #Coimbra com stands informativos, música, teatro, jogos, aulas de línguas, leituras multilingues, exposições e muito mais.

t.co/kqTILQgAMG
#Multilinguismo

🐦🔗: nitter.eu/Europarl_PT/status/1

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