Studi / Cosa si mangiava a Pompei? Dai reperti organici nuovi dati sull’allevamento e l’alimentazione nella città vesuviana
Elena Percivaldi
Tra i tanti aspetti affascinanti dell’antica Pompei, pochi sono tanto concreti e quotidiani quanto il cibo. Ora grazie alla collaborazione tra il Parco Archeologico di Pompei, l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, La Sapienza di Roma e l’Università di York, un nuovo studio pubblicato su Scientific Reports indaga in profondità le abitudini alimentari dei pompeiani.
L’indagine prende in esame isotopi1 stabili del carbonio (δ13C) e dell’azoto (δ15N) per comprendere l’origine delle proteine e dei carboidrati consumati sia dagli esseri umani che dagli animali domestici. Il risultato è una ricostruzione inedita della filiera alimentare e delle strategie di produzione agro-zootecnica in uso a Pompei prima dell’eruzione del 79 d.C.
La ricchezza di Pompei: una miniera organica unica
Pochi siti archeologici restituiscono una tale quantità di materiale organico conservato come Pompei. L’eruzione del Vesuvio ha infatti sigillato per quasi due millenni resti animali, vegetali, semi, ossa, persino le feci, permettendo oggi di investigare aspetti concreti della vita quotidiana, come la dieta, l’allevamento e le pratiche agricole.
Datteri trovati a Pompei
Il team ha analizzato i resti di 67 individui tra umani e animali (suini, ovini, caprini e cani), provenienti da contesti pompeiani già scavati negli anni precedenti, dimostrando come le metodologie moderne siano in grado di far parlare materiali raccolti anche decenni fa.
Dieta pompeiana: cereali, legumi e… non solo
Gli isotopi di carbonio indicano un consumo prevalente di piante C3, come frumento, orzo, legumi (fave, ceci, lenticchie) e ortaggi. Si tratta di specie largamente diffuse in tutto il bacino mediterraneo, adatte ai suoli vulcanici e al clima mite della Campania.
Fichi, altro ritrovamento eccezionale oggetto dello studio
La presenza di tracce di piante C4, come il miglio, suggeriscono che anche alimenti considerati “poveri” erano parte della dieta, specie per le classi meno abbienti o per il bestiame. Il miglio, poco pregiato rispetto al grano, è nutriente e si conserva facilmente: un alimento ideale in contesti urbani e militari.
Gli animali da allevamento: una gestione differenziata
Uno degli aspetti più innovativi della ricerca riguarda l’analisi isotopica degli animali da allevamento. Nei suini, in particolare, gli studiosi hanno riscontato una dieta molto varia: alcuni risultano nutriti con vegetali di tipo C4 (forse scarti alimentari o pastoni), altri con alimenti più naturali. L’ipotesi è che a Pompei esistessero allevamenti sia semi-intensivi in ambito urbano che di gestione domestica.
Una pagnotta carbonizzata trovata sul sito
Diverso il caso di capre e pecore, la cui alimentazione sembra più coerente e derivata dal pascolo all’aperto. Ciò lascia ipotizzare la presenza di allevamenti estensivi, forse praticati nelle aree collinari attorno alla città, a integrazione delle economie urbane.
La carne era davvero per tutti?
Un altro dato chiave emerge dalla distribuzione dell’azoto (δ15N), un chiaro indicatore dell’apporto proteico di origine animale nella dieta. In base a quanto emerso, i pompeiani sembra consumassero carne in maniera abbastanza regolare ma non troppo abbondante, e che preferissero quella di origine suina e ovina. Ma non tutti potevano permettersi di metterla in tavola, e anche chi ne aveva la possibilità non lo faceva tutti i giorni.
Casa del Tiaso, affresco con animali domestici e selvatici
Per le classi popolari, la fonte proteica principale restavano legumi e, con ogni probabilità, i prodotti ittici, derivanti dallo sfruttamento delle risorse acquatiche. Dati, questi, già peraltro oggetto di approfondimento nell’ambito della mostra “L’altra Pompei” tenutasi presso la Palestra Grande del sito lo scorso anno.
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Il mare nel piatto: pesce e garum
Le analisi confermano un consumo significativo di risorse marine. Il pesce, documentato già dalle fonti antiche e da numerosi resti ritrovati nei thermopolia, le taverne molto numerose anche a Pompei, faceva parte integrante della dieta. Lo si mangiava non solo fresco, ma anche sotto forma di garum, la celebre salsa di pesce fermentato diffusa in tutto l’Impero.
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I valori isotopici riscontrati nei resti dei pompeiani e dei loro animali ci confermano che il mare era una risorsa sfruttata intensamente, non solo per il commercio, ma anche per l’alimentazione quotidiana.
Il ruolo dei cani e le reti alimentari
Lo studio ha riguardato anche i cani, spesso trascurati in questo tipo di studi. I loro valori isotopici mostrano diete simili a quelle dei padroni, probabilmente dettate dalla prassi di gettar loro gli avanzi di cucina. I cani, in altre parole, mangiavano quel che mangiava il padrone, o quasi: un dato importante per ricostruire le abitudini di vita dei pompeiani e anche la loro gestione degli animali domestici.
Archeologia molecolare e futuro della ricerca
Come ha sottolineato il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel, la ricerca dimostra come l’archeologia non termini affatto con lo scavo: “Grazie a tecniche come l’analisi isotopica, possiamo rielaborare materiali raccolti anche molti anni fa e ottenere dati nuovi, preziosi e imprevedibili. Pompei è un laboratorio vivo di archeologia del presente”.
Con un terzo della città ancora da scavare e grazie all’archivio di materiali organici già raccolto, il potenziale scientifico della città è ovviamente immenso. I prossimi studi potrebbero concentrarsi sulle differenze di dieta tra classi sociali, in base al genere e all’età, e chiarire anche l’impatto delle rotte commerciali sull’alimentazione urbana.
Guarda il video
https://www.youtube.com/watch?v=rnuu4ggBfYg
- Si tratta di atomi che hanno numero di massa diverso rispetto ad altri dello stesso elemento: due isotopi hanno quindi lo stesso numero di protoni (cioè lo stesso numero atomico) ma diverso numero di neutroni. ↩︎
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