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La Valle dell’Agno era stata per tutto il periodo dell’occupazione al centro delle attenzioni tedesche

Recoaro Terme (VI). Foto: Luca Menini. Fonte: Wikipedia

Dopo i terribili fatti di giugno-luglio 1944 si scatenò anche sulla Valle dell’Agno la sequela di grandi operazioni di rastrellamento di settembre, in particolare la zona che la separava dalla Valle del Chiampo subì l’Operazione “Timpano”. Durante la notte del 9 settembre i soldati tedeschi e italiani impiegati nell’operazione raggiunsero i punti di partenza, essa prevedeva un attacco dal basso delle zone di Piana di Valdagno e Selva di Trissino per creare una linea di sbarramento per le forze partigiane sui colli sovrastanti, tra le forze fasciste che parteciparono all’azione spicca il 63° Battaglione MM “Tagliamento” dislocato nel territorio di Recoaro Terme dall’agosto 1944 <247.
La manovra impiegò tre gruppi: il primo si recò a Piana e costrinse alla ritirata le forze della “Stella” da poco giunte in paese, causando durante l’azione diversi danni all’abitato del piccolo centro <248; il secondo gruppo raggiunse la zona di Quargnenta di Brogliano e di Selva di Trissino per distruggere il Comando della “Stella” che si trovava nell’area; il terzo gruppo risalì dal versante est della Valle del Chiampo per occupare i passaggi e le alture del Faldo, dove si scontrarono con una pattuglia partigiana della “Pasubio”. Durante queste operazioni i nazi-fascisti impiegarono una tecnica di rastrellamento nuova che prevedeva l’isolamento dell’area interessata, l’occupazione di punti strategici elevati, l’individuazione la segnalazione dei gruppi di ribelli tramite l’utilizzo dei razzi e l’attacco effettivo, prima tramite armi a lunga gittata e infine l’assalto <249. L’azione fu un successo per le forze nazi-fasciste e riuscì a disperdere le formazioni partigiane dell’area e ad incutere paura alla popolazione locale che, dopo quei fatti, tese a non dare aiuto ai ribelli dell’area. Complessivamente le vittime furono 58 e intere contrade tra Selva di Trissino e il Monte Falso furono incendiate completamente <250. Nell’arco del 1944 possiamo contare circa 60 danneggiamenti solo a Valdagno, dovuti alle azioni di rappresaglia, di beni mobili e immobili, in particolare le case date alle fiamme <251.
Con la fine del 1944 e l’avvicinarsi della primavera del 1945 la situazione per gli occupanti divenne sempre più precaria. Già durante l’anno precedente, quando i tedeschi decisero di spostare il Comando a Recoaro Terme, vi furono dissapori con i fascisti costretti a sgomberare il paese <252. Il 10 aprile 1945 i bombardamenti alleati fecero piovere 16 bombe da 500 libbre e tre razzi M8 da 127 millimetri sui lanifici di Valdagno <253. Le forze tedesche rimasero compatte fino al 25 e nell’ultimo mese di guerra vi erano circa 2200 soldati nella valle: 1500 a Recoaro, 500 a Valdagno e 200 tra Cornedo, Trissino e Castelgomberto <254. Mentre le forze anglo-americane avanzavano nella penisola l’idea di un bombardamento sul complesso di Recoaro Terme fu presa in seria considerazione già nell’autunno 1944 <255. La data prescelta per il bombardamento fu il 20 aprile 1945, a questa missione parteciparono 18 bombardieri Mitchell B25 con l’obiettivo di colpire il Quartier Generale tedesco, missione insolita per il tipo di velivolo tendenzialmente utilizzato per colpire le vie di comunicazione. La formazione effettuò tre passaggi successivi sull’obiettivo nel corso dei quali sganciarono 135 bombe tra 500 libbre ciascuna. Il bombardamento devastò l’area del centro termale e gli edifici annessi; il bilancio dei morti tra i tedeschi non è ben chiaro in quanto, spesso, contraddittorio ma si può parlare di almeno 30 vittime accertate. Il 22 aprile, mentre non vi erano più direttive da Berlino e da Hitler, si riunì a Recoaro Terme il Comando per discutere sulla situazione del fronte e sull’avanzata degli alleati nel nord del paese; tra i protagonisti di alto rango alla conferenza erano presenti <256: a. Heinrich von Vietinghoff-Scheel, Comandante del fronte sud-occidentale e del Gruppo di Armate C.; b. Hans Rottiger, Capo di Stato Maggiore del Gruppo di Armate C e generale delle truppe corazzate; c. Franz Hofer, Gauleiter della zona d’operazioni dell’Alpenvorland; d. Rudolph Rahn, Plenipotenziario del Reich presso la RSI; e. Karl Wolff, Capo supremo delle SS in Italia.
Durante l’incontro sia Wolff che Rahn sostennero l’inutilità della continuazione delle ostilità, Hofer dal canto suo rifiutava ogni ipotesi di resa e minacciò di far saltare l’incontro in caso contrario. Dopo una lunga discussione la posizione di Wolff e Rahn vinse gli indugi degli altri ufficiali tedeschi e venne presa la decisione di inviare una delegazione al quartier generale degli alleati a Caserta, nell’intento di negoziare un armistizio.
Con l’arrivo del 25 aprile e l’inizio dell’ultima fase della guerra in Italia, anche la Valle dell’Agno vide i propri centri insorgere per cacciare definitivamente gli occupanti. Il 26 il battaglione “Romeo” occupò Recoaro Terme senza colpo ferire; lo stesso giorno il CLN di Valdagno esautorò il Commissario Prefettizio locale e assunse il controllo della città; il 27 un distaccamento locale della “Rosselli” liberò Cornedo <257.
Come abbiamo già visto la fine della guerra non fu sempre la fine effettiva della violenza, la Valle dell’Agno era stata per tutto il periodo dell’occupazione al centro delle attenzioni tedesche, subendone le pesanti conseguenze. La popolazione civile venne duramente colpita in maniera quasi continuativa ma, quando il momento lo consentì, non si fece attendere e diede impulso alla liberazione della sua valle.
[NOTE]
247 CLNP al Battaglione “Romeo” (15 gennaio 1946), ASVI, CAS, b. 14 fasc. 861.
248 Fascicolo della ditta danneggiata di Zarantonello Francesco, certificato emesso dal Comune di Valdagno (23 luglio 1945), ASVI, Danni di Guerra, b. 124 fasc. 7904.
249 Zonta, Il rastrellamento di Piana e Selva di Trissino, p. 19.
250 Zonta, Il rastrellamento di Piana e Selva di, p. 51; Faggion – Ghirardini, Figure della Resistenza vicentina, p. 100.
251 Fascicolo della ditta danneggiata di Antoniazzi Angelo, Municipio di Valdagno, liquidazione danni di guerra (20 dicembre 1949), ASVI, Danni di Guerra, b. 124 fasc. 7897.
252 Carano, Oltre la soglia, p. 95.
253 Dal Lago – Trivelli, 1945. La fine della guerra nella Valle dell’Agno, p. 10.
254 Ivi, p. 21.
255 Dal Lago – Trivelli, Recoaro 1945, p. 65.
256 Dal Lago – Trivelli, Recoaro 1945, pp. 123-127.
257 Dal Lago – Trivelli, 1945. La fine della guerra nella Valle dell’Agno, pp. 42-44.
Matteo Ridolfi, La guerra civile nel vicentino nord-occidentale. Stragi ed eccidi dalla Val Chiampo alla Val d’Astico (1943-1945), Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2022-2023

Con la guerra maturò in molti lo sconforto e crollò l’illusione fascista, soprattutto dopo il ritorno dei reduci dai vari fronti; la guerra eroica raccontata dal fascismo e quella di cui i soldati sono stati protagonisti erano molto diverse e l’idea antifascista cominciò ovunque ad annidarsi. I partigiani, composti soprattutto da vecchi antifascisti, renitenti alla leva della RSI e soldati sbandati rimpatriati iniziarono ad organizzarsi nelle zone montane e pedemontane, sull’Altopiano in particolare. Qui si formarono durante l’inverno 1943/1944 varie bande partigiane, che man mano si diedero nomi e comandanti, inizialmente scegliendo gli ex ufficiali del Regio Esercito, poi scegliendo tra le loro stesse fila. Nacquero così svariate formazioni, le più numerosi delle quali sono Battaglioni Garibaldini che confluiscono poi nella Brigata Ateo Garemi; ci sono poi il Battaglione Guastatori di “Nino” Bressan, operante in pianura, il Battaglione Sette Comuni al comando di Pietro Costa, la Brigata Mazzini di Chilesotti e la Brigata Giovane Italia (che poi diventerà la Divisione Vicenza) comandata da “Ermes” Farina. Le unità sulle quali si concentrerà maggiormente questo studio sono la Brigata Loris, comandata da Italo Mantiero “Albio” e la Divisione Alpina Monte Ortigara comandata da Giulio Vescovi “Leo”, Alfredo Rodeghiero “Giulio”, Giacomo Chilesotti “Nettuno” e Giovanni Carli “Ottaviano”.
Con l’attività partigiana, iniziarono i bandi, le minacce e i rastrellamenti nazifascisti oltre alle incarcerazioni, torture e fucilazioni sommarie, ma la Resistenza vicentina rispose positivamente alla prova del fuoco nella primavera del 1944, con svariate azioni in contemporanea di sabotaggio, cattura e disarmo. Con lo stabilizzarsi del fronte italiano, i nazifascisti poterono concentrare un maggior numero di truppe nelle attività antipartigiane di cui il rastrellamento del Bosco Nero di Granezza costituisce uno dei più tragici esempi. Grazie agli sforzi del Comitato di Liberazione Nazionale furono approntati collegamenti con gli Alleati, i quali contribuirono con aviolanci e paracadutando diverse missioni alleate sul territorio vicentino (dirette in tutto il Veneto e dintorni), capeggiate dal Maggiore Wilkinson “Freccia” che stabili il suo Quartier Generale nella “Sette Comuni”. Finalmente, con l’avanzare degli Alleati nell’aprile del ’45 le truppe tedesche si ritirarono verso il Trentino, incalzate dalle formazioni partigiane che nel frattempo si erano rafforzate in uomini e mezzi (Vescovi 1994).
Andrea Rizzato, I boschi dell’Alto Vicentino come rifugio durante la seconda guerra mondiale, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2021-2022

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