Alfredo Facchini
I DISTRUTTORI
Gaza non è un nome recente. È una delle terre più antiche del mondo ancora abitate. Cinquemila anni di storia attraversano dinastie, imperi, commerci, guerre. Gli Egizi la conoscono. I Filistei la abitano. I Greci e i Romani la vogliono.
Un archivio vivente.
Qui sta la frattura. Da un lato Gaza, con il peso dei millenni. Dall’altro un colonizzatore con appena settantasette anni di vita statale, che pretende di riscrivere la mappa con la brutalità del presente. Per l’occupante la sua giovinezza politica è un’ossessione. Il passato millenario è un ingombro da spazzare via. Si comporta come se la storia cominciasse con lui.
Non basta ridurre in macerie case, ospedali, scuole. Le pietre antiche diventano bersagli.
È colpita la Grande Moschea di Gaza (Omari), costruita sui resti di un tempio filisteo e di una chiesa bizantina.
È sventrato il Monastero di Saint Hilarion, tra i più antichi del Medio Oriente cristiano. Sono devastati il Palazzo Pasha, il mercato storico al-Qissariya, il bagno ottomano Hamam al-Sammara.
Non è più soltanto sterminio. È genocidio culturale. Ogni bomba su un monumento millenario non abbatte solo un muro. Colpisce l’idea stessa che un popolo possa avere una storia.
Ecco perché Gaza è insopportabile al colonizzatore: perché ricorda che la storia non si cancella con settantasette anni di calendario e barbarie. Dietro la retorica del “popolo eletto” c’è, in realtà, un gigantesco complesso d’inferiorità. Uno Stato bambino che, davanti a millenni di storia, tenta di cancellare tutto ciò che lo precede per potersi affermare.
Uno Stato che sa fare solo tre cose: uccidere, distruggere, invadere.
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Operano allo stesso modo dei ijihadisti in Iraq, dei talebani in Afghanistan.
Sionisti, jihadisti, talebani...una faccia una razza!