Referendum 2025: spigolature
La mia pacata reazione ai risultati del referendum è qui riassunta:
Non sono ovviamente contento del risultato, ma sono ancora meno contento dell’assenza di un dibattito su due temi centrali della nostra vita: il lavoro e la cittadinanza dei nuovi venuti. Se non ci fosse stato il problema del quorum o forse, detto più semplicemente, se vivessimo in un paese civile, noi elettori saremmo stati obbligati ad entrare nel merito dei quesiti, a informarci del loro valore politico e legale. Sarebbe stato interessante uno scontro fra concezioni diverse su temi tanto importanti, uno scontro argomentato, consapevole. Il risultato, qualsiasi risultato, sarebbe stato più che accettabile.
Si è preferito buttare tutto in vacca, cacciare la testa sotto la sabbia, usare slogan da bar e sfruttare l’ignoranza e la pigrizia dell’elettorato. La cosa peggiore che si potesse fare. Ne ha risentito anche il fronte del Sì, con il PD pochissimo convincente nella sua campagna per il Sì sui referendum sul lavoro. La destra allergica a qualsiasi dibattito. I sindacati divisi. Altro: non pervenuto. Un’occasione persa.
Sul quorum: vale la pena riformarlo? Certo. Era pensato in un’epoca molto diversa dall’attuale e ora non ha più senso. Ma state tranquilli: non si farà nulla. Nessuno vuole un dibattito politico argomentato su un qualsiasi tema. Così come sono le regole, i referendum si possono sabotare abbastanza facilmente. Più margine per chi il potere già ce l’ha. Un matematico, però, ci dà dei suggerimenti.
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Dal 1989 al 2001 ho ricoperto vari ruoli nella macchina elettorale. Sono stato scrutatore, rappresentante di lista, presidente di seggio. Poi ho smesso, che la vita mi ha portato altrove. Quest’anno mi sono candidato come scrutatore, che non avevo voglia di prendermi responsabilità che mi avrebbero fatto venire ansia. (Ho già gestito 12 referendum contemporanei, sapevo cosa mi aspettava.) Sono stato assegnato al mio seggio e quindi sono stato il primo a votare, domenica, alle 07:14. Mio record assoluto! (La seconda è stata la Comizietta, che anche lei era scrutatrice nel seggio affianco.) Seggio ben assortito, alla fine abbiamo lavorato bene e velocemente. Il fatto che il referendum non fosse valido ci ha dato grandi margini operativi nello scrutinio e quindi verso le 17 avevamo finito. Un seggio, famoso per avere un presidente velocissimo, ha chiuso alle 16:15!
Alcune spigolature: le matite copiative erano di una qualità orribile. La mina si rompeva in continuazione. Sul quesito numero 3 abbiamo trovato alcune schede stampate male: dentro la pagina era bianca, senza testo e senza le caselle con il SI e il NO. Non mi era mai capitato.
Pochissimi gli elettori che hanno rifiutato una qualche scheda, ai quali, noi del seggio, abbiamo dedicato i nostri pensieri più aulici. (Sappiate che se è un vostro diritto rifiutare una scheda, agli scrutatori complicate i conteggi per far quadrare i numeri delle schede. Fuori professionali e sorridenti, ma dentro di noi molto meno.) Un votante ha preso in mano le schede e ha iniziato a dire “mi hanno detto che devo rifiutare una scheda, ma non ricordo quale”. Lo abbiamo lasciato nel suo imbarazzo, alla fine è entrato con tutte le schede e le ha votate tutte. Nessuno ha fatto lo spettacolo, assolutamente inutile, suggerito dalla Meloni. Eravamo pronti, ma meglio così.
Nel mio seggio: votanti: 45.8%. San Donato Milanese è sempre sopra la media nazionale dei votanti e la mia zona è fra le più virtuose, in fatto di partecipazione. Già a metà mattina noi eravamo ampiamente sotto il quorum, quindi era impossibile che nel resto d’Italia le cose andassero meglio.
Nello spoglio abbiamo avuto l’elettore timido: due minuscole crocette, una sul SI e una sul NO per annullare una scheda. E una scheda votata NO, anche lei con una piccola crocetta in alto a destra nell’apposito riquadro. Forse era poco convinto.
I risultati, sempre nel mio seggio: plebiscito per il SI sui quesiti sul lavoro, con cifre vicine al 90%. Maggioranza di sì anche per il quinto quesito, ma mi hanno stupito molto i quasi 32% di no. Quanta cattiveria ci vuole per negare un piccolo aiuto a chi decide di pagarci la pensione e di vivere e studiare qui da noi? Quanto ci siamo incattiviti?
Noi speriamo che il prossimo quesito vada meglio.
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