Debiti zombie
DEBITI PRESCRITTI: ORA TORNANDO IN VITA
Una recente sentenza della Cassazione (n. 20476/2025) introduce un principio dirompente: se non si impugna subito un’intimazione di pagamento, anche un debito prescritto torna esigibile. È la fine della vecchia strategia attendista, secondo cui si poteva ignorare un’intimazione fondata su cartelle ormai prescritte, per far valere i propri diritti solo in un secondo momento, ad esempio opponendosi al pignoramento.
Ora non è più così. La Suprema Corte ha stabilito che l’intimazione di pagamento va impugnata entro 60 giorni, altrimenti il debito si cristallizza. Anche se prescritto. È una vera “ghigliottina procedurale”: il silenzio del contribuente non solo vale come assenso, ma “sana” ogni vizio precedente. Si tratta di una svolta radicale: l’intimazione assume lo stesso valore dell’avviso di mora e diventa un atto obbligatoriamente impugnabile.
Conseguenza paradossale: anche un debito “morto” da anni può tornare in vita se non si reagisce subito. E da quel momento inizia a decorrere una nuova prescrizione. La Cassazione estende inoltre l’effetto sanante a tutti i vizi degli atti precedenti: notifiche mai avvenute, errori di calcolo, indirizzi sbagliati. Se non si impugna l’intimazione, tutto viene sanato.
La vecchia strategia del “wait and see” non è più praticabile. L’intimazione è ora l’ultima occasione per difendersi. O si agisce subito, o si perde per sempre il diritto alla difesa. Una semplificazione che, in nome della certezza del diritto, rischia però di penalizzare gravemente i cittadini meno informati.
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