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De Mita intendeva riportare la politica italiana su binari consueti

Dopo le elezioni regionali del 1985, tra DC e PSI i rapporti iniziarono a peggiorare: cresceva e diventava sempre più forte infatti, la conflittualità fra i due partiti. Il principale obiettivo democristiano rimase lo stesso: vincolare il PSI ad un rapporto più stretto con la DC, e a tale obiettivo si sarebbe aggiunta la contesa per riconquistare la Presidenza del Consiglio <117. Il 13,3% ottenuto dal PSI evidenziò la mancanza di un “effetto Craxi”, ossia il significativo balzo in avanti elettorale trainato dal primo governo a guida socialista dell’Italia Repubblicana e di tutta la storia unitaria <118. Proprio questa mancanza di una spinta provocata dal primo governo Craxi incoraggiò i democristiani: se la pesante sconfitta del 1983 aveva spinto la DC ad accettare un ruolo subalterno rispetto al PSI e a cercare una collaborazione vera con il segretario socialista, il risultato del 1985 la spinse ad assumere un
atteggiamento più conflittuale <119.
Dopo le elezioni, il segretario democristiano De Mita cercò innanzitutto di mutare la natura del governo, trasformando il pentapartito in una vera coalizione politica. Contemporaneamente preparò l’elezione del nuovo presidente della Repubblica coinvolgendo anche i comunisti. Il segretario democristiano intendeva riportare la politica italiana su binari consueti, riaffermando il primato politico della DC e iniziando un’opera di correzione “dell’anomalia” craxiana <120. Nel Congresso del 1986, De Mita rilanciò la sua prospettiva <121 affermando: “senza un obiettivo comune non è possibile tenere insieme una maggioranza. In questo senso abbiamo parlato e continuiamo a parlare di strategia. Una visione comune non è un desiderio: è una necessità” <122. Non erano posizioni nuove, ma ora la DC era più forte e dal Congresso uscì rafforzata anche la segreteria di De Mita, che fu rieletto con il 75% dei voti. In tale contesto, si aprì una nuova contesa per la riconquista della Presidenza del Consiglio. Il segretario della DC dovette però anche constatare due novità in contrasto con la sua linea: da un lato, Cossiga, della cui elezione De Mita era stato il principale artefice con il consenso dei comunisti, non sposò gli interessi democristiani e mostrò attenzione verso le richieste socialiste, dall’altro lato, Andreotti, che pure aveva difeso a lungo la politica di solidarietà nazionale, polemizzando apertamente con Craxi, si spostò verso una linea di collaborazione con il PSI. Proprio ciò che spingeva De Mita e la maggioranza della DC a rivendicare la Presidenza del Consiglio, in altre parole, suggerì viceversa ad Andreotti un atteggiamento più possibilista verso le richieste del PSI <123. Il conflitto tra democristiani e socialisti portò alla fine del governo Craxi cui però non seguì una “staffetta” e cioè la riconquista della guida del governo da parte della DC. Si andò nuovamente ad elezioni anticipate nel 1987, da cui ebbe inizio l’ultima legislatura della Prima repubblica. La DC riuscì a recuperare una parte dei consensi perduti, mentre il PCI post-berligueriano subiva un crollo pesante e il PSI otteneva un buon risultato alla Camera <124. De Mita tornò a rivendicare la guida del governo democristiano, i numeri effettivamente gli davano ragione: si trattava del partito di maggioranza relativa, rafforzato dal risultato elettorale. Malgrado il rafforzamento del segretario democristiano, Craxi si oppose ad un governo da lui guidato, nel silenzio di Forlani ed Andreotti. Cossiga allora chiamò Goria, già ministro del Tesoro nel governo Craxi, a formare il nuovo esecutivo.
Mentre continuava il braccio di ferro con i socialisti, i leader della DC si trovarono in modo sempre più evidente davanti ad un dilemma insolubile: da un lato cresceva l’insofferenza verso “l’egemonia democristiana” ma, dall’altro lato, “la stabilità del governo continuava ad essere garantita dall’impegno della DC” <125. Ciononostante, De Mita sperò di poter realizzare un governo in grado di affrontare problemi cruciali, a partire dal risanamento della finanza pubblica, e di avviare una riforma politico-istituzionale, e nel 1988 raggiunse l’obiettivo di assumere la Presidenza del Consiglio. Questo tentativo sarebbe durato solo pochi mesi: nella primavera del 1989, De Mita venne sostituito da Forlani alla guida del partito e, poco dopo, da Andreotti a quella dell’esecutivo.
[NOTE]
117 Il risultato si prestò a più letture. Quattro milioni di elettori, sottolinearono i socialisti, avevano lasciato i due partiti maggiori. In questa luce le elezioni sancivano una sconfitta del duopolio DC-PCI, mentre si modificarono i rapporti di forza tra i due partiti di sinistra a vantaggio dei socialisti. Cfr. Colarizi, Gervasoni, La cruna dell’ago, Editori Laterza, 2005, cit. p. 185.
118 Sangiorgi, Piazza del Gesù, Mondadori, 2005, cit. p. 187.
119 A. Giovagnoli, La Repubblica degli Italiani 1946-2016, Editori Laterza, Bari, 2016, pp. 124-147.
120 Craxi “non si comportava da presidente del Consiglio ma da capo autoritario del governo” Sangiorgi, Piazza del Gesù, Mondadori, 2005, cit. p. 275; Il PSI non gestiva il potere in base a un’investitura ricevuta, ma adoperava il potere per cambiare la politica chiedendo a posteriori la legittimazione di un arbitrio, ivi p. 281; Craxi, che governava con la DC e preparava l’alternativa alla DC, teneva i piedi in due staffe, ibidem
121 De Mita voleva tornare al centro-sinistra tradizionale. A suo avviso “affidare la guida del governo a un uomo del partito di maggioranza relativa era la regola non l’eccezione”; l’alleanza di pentapartito doveva essere intesa come impegno pluriennale esteso anche alla legislatura successiva; da vent’anni c’erano rapporti positivi tra DC e PSI, anche se molte cose erano cambiate e occorreva tener conto dei problemi specifici di un partito di sinistra al governo; il PSI doveva mostrare coerenza con la politica nazionale nelle scelte a livello locale. A. Giovagnoli, La Repubblica degli Italiani 1946-2016, Editori Laterza, Bari, 2016 cit. p. 93.
122 Ibidem
123 Sangiorgi, Piazza del Gesù, Mondadori, 2005.
124 Risultati Camera dei Deputati: DC 34,31%, PCI 26,57%, PSI 14,27% Risultati Senato della Repubblica: DC 33,62%, PCI 28,33%, PSI 10,91% dati presi dall’ archivio del portale dell’Istituto Cattaneo http://www.cattaneo.org/archivi/archivio-dati-elettorali/elezionipolitiche/
125 Sangiorgi, Piazza del Gesù, Mondadori, 2005, cit. p. 435-459.
Isabella Alfano, 1968-1994: dalla prima repubblica alla “discesa in campo” di Berlusconi, Tesi di Laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2017-2018

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