#PCI

Dining and Cookingdc@vive.im
2025-12-13

Spaghetti Warehouse to close in Syracuse after more than 35 years

Syracuse, N.Y. — Spaghetti Warehouse, a longtime Syracuse restaurant known for its trolley car dining room and Italian American comfort food, will close at the end of the year. The restaurant, located in a historic building near Franklin Square, will serve …
#dining #cooking #diet #food #Dining #dupli #paperconversions #pci
diningandcooking.com/2425810/s

2025-12-05

Why doesn’t the PCI Security Standards Council crack down on #QSA firms that create worthless junk certificates? Important question @jbhall56 asks of the @PCISSC. #PCI #SSC admits it’s a problem, but won’t step up to the plate & is doing zero to stop it. pciguru.wordpress.com/2025/12/

Chase account tells me that #Animoto is storing my payment card information despite me closing the account. I reached out to them, and they confirmed my account has been closed. That is NOT why I contacted them. I contacted them because my card company believes they are still holding onto my payment information. I do not know how they know that, but apparently they do, and it shows on the security page at Chase. Chase says they cannot remove it and I must contact the merchant.

#PCI #PCIDSS

2025-11-28
vermadenvermaden
2025-11-26

Added 𝗨𝗣𝗗𝗔𝗧𝗘 𝟰 - 𝗣𝗖𝗜 𝗣𝗮𝘀𝘀𝘁𝗵𝗿𝘂 [UPDATE 4 - PCI Passthru] to 𝗙𝗿𝗲𝗲𝗕𝗦𝗗 𝗕𝗵𝘆𝘃𝗲 𝗩𝗶𝗿𝘁𝘂𝗮𝗹𝗶𝘇𝗮𝘁𝗶𝗼𝗻 [FreeBSD Bhyve Virtualization] article.

vermaden.wordpress.com/2023/08

2025-11-26

Added 𝗨𝗣𝗗𝗔𝗧𝗘 𝟰 - 𝗣𝗖𝗜 𝗣𝗮𝘀𝘀𝘁𝗵𝗿𝘂 [UPDATE 4 - PCI Passthru] to 𝗙𝗿𝗲𝗲𝗕𝗦𝗗 𝗕𝗵𝘆𝘃𝗲 𝗩𝗶𝗿𝘁𝘂𝗮𝗹𝗶𝘇𝗮𝘁𝗶𝗼𝗻 [FreeBSD Bhyve Virtualization] article.

vermaden.wordpress.com/2023/08

#verblog #freebsd #bhyve #passthru #usb #pci #virtualization

2025-11-25

The #PCI compliance scan for a client's website flagged that port 443 as being open, and the #ecommerce company wants assurances that the port is isolated from the website. The website that serves all its pages via HTTPS over port 443.

🤦

Die Theorie der italienischen Autonomia liefert »Der Verleger« von Nanni Balestrini gleich mit. (Hier die Ausgabe von 1992 aus dem Verlag Libertäre Assoziation. Textpassage Seite 105.)
#Autonomia #Balestrini #Italien #PCI

Ein Foto des Buchcovers »Der Verleger« auf grobem roten Stoff. Das Buch liegt schräg, ist unten angeschnitten . Auf grünlichem Grund (falsche Farbdarstellung auf dem Foto) oben ein gelber Balken, darin Titel und Autor. Unten mittig auf dem Cover eine Montage eines schwarz-weiß Bildes, eingefärbt im Ton des Covers. Auf dem Bild ein Hochhaus, darauf mehrere identische, symetrisch angeordnete Portraits (s/w, gelb eingefärbt) einer Person, welche in die Kamera schaut, eine Hand an der Stirn vielleicht um besser sehen zu können oder Sonnenlicht abzuhalten.Foto Buchpassage Seite 103:“gemäß der Auffassung der PCI (Anmerkung: Die kommunistische Partei Italiens.) und der fortschrittlichen Demokraten war der Arbeiter Träger gesunder Werte moralischer Werte des Sozialismus der Gesellschaft der Arbeit dagegen stand die Idee dessen was wir Abschaffung der Arbeit genannt haben also einer Klasse die ihr Schicksal als Arbeiter negiert und das ist die grundlegende Konfrontation der siebziger Jahre eine kulturelle Konfrontation gegründet auf ihrer Unfähigkeit die neuen kulturellen Werte des Lebens der Existenz zu verstehen und die einen unheilbaren Bruch schafft weil sie auch wenn sie gewerkschaftlich organisiert und in der PCI sind nicht tolerieren kön- nen daß ich der Sohn eines Arbeiters dafür kämpfe mich als Arbeiter zu negieren aber sicher du mußt die Kämpfe um Lohnerhöhungen führen aber vereinbar mit der Tatsache daß du mehr produzieren mußt Scheiße sage ich ich kämpfe um nicht länger Arbeiter zu sein niemals mehr“
Sempre e per sempre dalla stessa parteandream94.wordpress.com@andream94.wordpress.com
2025-10-22

Il film su Berlinguer, il mito e le omissioni

Circa un anno fa è uscito nelle sale cinematografiche, cogliendo l'occasione del 40° anniversario della tragica morte del leader del PCI, il film di Andrea Segre intitolato "Berlinguer. La grande ambizione". Il film, al di là di ogni valutazione artistica, ha ricevuto un'accoglienza unanimemente entusiasta, per la venerazione che sinceramente o ipocritamente grandissima parte della politica esercita nei confronti della politica e dei leader dell'epoca della cosiddetta "prima Repubblica". Ma quella accoglienza, che ha coinvolto anche gran parte della "sinistra radicale", aiuta a rimuovere la realtà di quanto accadde in Italia tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni ottanta, e in particolare nei 12 anni (1972-1984) in cui Enrica Berlinguer fu segretario del Partito comunista italiano. Pubblichiamo qui sotto la traduzione dell'articolo con cui il sito Mediapart ha commentato l'uscita del film nelle sale francesi. (Redazione) […]

andream94.wordpress.com/2025/1

Outpost24Outpost24
2025-10-30

[New] Introducing Outpost24's PCI Compliance Solution

New solution streamlines PCI scanning and testing to help organizations stay secure and audit-ready. Learn more: outpost24.com/blog/outpost24-i

Révolution Permanente Brestrevpermanente29@mastodon.tedomum.net
2025-10-28

📽️ « Berlinguer, la grande ambition » : comment le PCI a désarmé le plus grand mouvement ouvrier d’Europe

« Berlinguer, la grande ambition », sorti le 8 octobre, retrace le parcours d’Enrico #Berlinguer et la chute du #PCI.

#cinema #italie

revolutionpermanente.fr/Berlin

La nascita del movimento pacifista italiano avvenne dunque più tardi

«La Stampa» 25 ottobre 1981, p. 5

La scelta del governo italiano di installare le armi atomiche determinò la riorganizzazione dei movimenti pacifisti italiani. Renato Moro ha fatto notare come in Italia, nel secondo dopo guerra, contrariamente ad altri paesi europei mancava di un forte movimento pacifista indipendente; tuttavia, le istanze intese legate alla rimozione delle cause di guerra e alla trasformazione in senso più egualitario e solidale della società sarebbero state veicolate in primis dal PCI <133. Solamente tra il 1976 e il 1978, in seguito al disastro ambientale provocato a Seveso, emersero dei movimenti contro l’uso civile dell’energia nucleare che ponevano l’accento soprattutto sulla questione della sicurezza nei posti di lavori e sull’inquinamento territoriale. La nascita del movimento pacifista italiano avvenne dunque più tardi rispetto a paesi come Regno Unito, Germania, Belgio e Olanda. I primi gruppi riuniti per discutere di pacifismo e politiche antinucleari presero avvio grazie agli incontri giovanili organizzati dalla Nuova Sinistra. L’obiettivo era quello di trasformare la questione antinucleare sia militare che civile in un campo di battaglia per raggiungere scopi politici <134.
Tra il 1979 e il 1980, subito dopo la decisione del governo italiano di installare i missili Cruise nelle basi militari italiane, alcuni partiti come il Partito Radicale (PR) e il Partito di Unità Proletaria (PDUP) si opposero. Su questo tema, il Partito comunista italiano era tra i più attivi e organizzava raduni in tutto il paese coinvolgendo soprattutto intellettuali e studenti. Dall’altra parte dello schieramento politico, alcuni raggruppamenti cattolici, in evidente contrapposizione con le decisioni portate avanti dalla Democrazia Cristiana (DC), proposero la formazione di un movimento apartitico pacifista per il disarmo <135. Una delle prime grandi manifestazioni in favore della pace venne organizzata dal PCI a Firenze. Enrico Berlinguer durante il suo discorso tenuto in Piazza della Signoria sottolineava la matrice politica della mobilitazione, esclamando: «i comunisti sono la prima e la più grande forza politica in Italia a impegnarsi per la pace e la distensione» <136. Nonostante l’impegno dei comunisti nell’organizzare manifestazioni nelle città italiane come il corteo del 4 dicembre 1979 che da Piazza Esedra in Roma raggiunse Piazza di Spagna, animato da migliaia di persone con fiaccole e striscioni con su scritto: «Fermare la corsa al riarmo, trattative subito» <137, non riuscirono a coinvolgere altri grandi partiti come la DC e il PSI <138. Solamente nel 1981 dopo le avvenute mobilitazioni dei gruppi pacifisti europei aderenti al movimento del Disarmo Nucleare Europeo (END), l’elezione di Ronald Reagan alla Casa Bianca che aveva già annunciato l’avanzamento dell’installazione delle bombe atomiche in Europa e la prima mobilitazione a Comiso (luogo designato dalla NATO e dal governo italiano per l’installazione dei missili Cruise), il Movimento nonviolento attivo in Umbria già dal secondo dopo guerra organizzò la marcia della pace Assisi-Perugia <139. Si trattò della prima manifestazione pacifista che riuniva diversi schieramenti politici. Il 27 settembre 1981 partirono da Assisi in cinquantamila persone, guidati dal filosofo Norberto Bobbio, uno dei più illustri aderenti del Movimento nonviolento, il quale concluse la marcia della pace con un discorso pronunciato ai piedi della Rocca di Assisi. Il messaggio dell’intellettuale era chiaro: «la strada è una sola, ed è la strada che conduce al superamento dei blocchi contrapposti, al rifiuto della politica di potenza, alla distensione, al disarmo e alla pace fondata non sull’equilibrio del terrore ma su quello della distribuzione dei beni» <140. In quell’occasione parteciparono alla marcia aderenti al PCI, PDUP, PR a vari gruppi provenienti dagli ambienti cattolici, evangelici, nonviolenti e anche alcuni socialisti contrari alle posizioni ufficiali del PSI <141. Poche settimane dopo, il primo grande incontro del movimento pacifista si svolse a Roma il 24 ottobre 1981 e venne convocato da un cartello di partiti, con la prevalenza dei giovani esponenti del PCI e della Nuova Sinistra che si riunirono in un Comitato di coordinamento nazionale <142. Al corteo parteciparono più di 300.000 persone guidate da un manifesto raffigurante San Francesco d’Assisi. «Dalla Sicilia alla Scandinavia, no alla NATO e al patto di Varsavia» era uno degli slogan più pronunciati, ma non era l’unico <143. Alcuni striscioni del PSI della corrente di Achille Benzoni recitavano: «Craxi, Lagorio non sono qui, noi siamo il vero PSI» <144. Oltre ai gruppi politici citati, molti erano i gruppi partecipanti: le donne e femministe, le chieste evangeliche, le federazioni anarchiche, le comunità israelitiche, i cattolici schierati contro la DC e definiti da Marco Tosati come i «diversi», i movimenti ecologisti e alcuni rappresentanti del pacifismo tedesco145. Oltre agli striscioni e agli slogan, il corteo venne animato dalla tarantella, e da alcune musiche intonate dal Laboratorio di musica popolare di Testaccio; gli accessori principali usati durante la manifestazione furono missili di cartapesta, bombe finte, falci e fantasmi simboli di morte <146. La presenza di raggruppamento di forze politiche divergenti creò difficoltà nella scelta delle risoluzioni da prendere in vista dell’installazione degli euromissili. Le maggiori problematiche vennero riscontrate tra il PCI e la Nuova Sinistra: il primo gruppo portava, infatti, avanti la strategia del «fronte unico» lavorando per raggiungere una soluzione equilibrata, mentre i giovani della Nuova Sinistra si proponevano come unico obbiettivo quello del disarmo attuando forme di lotta disorganizzata <147. Pochi giorni dopo la manifestazione di Roma, il giornale della sinistra cattolica «Testimonianze» propose l’organizzazione di un convegno che si sarebbe tenuto a Firenze tra il 14 e il 15 novembre 1981. Il primo incontro teorico del pacifismo italiano si trasformò in una sorta di conferenza nazionale con l’obbiettivo di formare un movimento autonomo e indipendente non strettamente legato ai partiti politici. Al convegno intitolato “Se vuoi la pace” presero parte gruppi e partiti di diversa estrazione politica e sociale: c’erano i comunisti che proponevano un disarmo equilibrato, il PR schierato contro l’Unione Sovietica perché ritenuta più pericolosa degli Stati Uniti, e quindi, favorevole alle politiche della distensione, in più contraddicevano le posizioni del PCI. Altri partecipanti furono i gruppi indipendenti come il Movimento nonviolento, che era in collisione con i cattolici di sinistra, e La Lega per il disarmo unilaterale, promossa dallo scrittore Carlo Cassola ed impegnata nella lotta per il disarmo nucleare sia militare che civile. Inoltre, presero parte all’incontro anche i giovani aderenti alla Nuova Sinistra al gruppo Democrazia Proletaria (DP) e Lotta continua. L’eterogeneità del movimento pacifista italiano alle sue origini veniva precipita da prospettive contrapposte: da una parte emergeva la capacità sperimentata all’interno del movimento di privilegiare le diversità e non giudicare le idee divergenti dei membri che poteva permettere la coesistenza di diverse posizioni in collaborazione per un unico fine; dall’altra, tuttavia, il ruolo prevalente del PCI nelle attività del movimento pacifista era la causa di litigi e le posizioni diverse dei vari partecipanti impedivano il raggiungimento dei risultato e il colloquio con parti politiche opposte alla sinistra. Nonostante le divergenze, questo movimento pacifista, più o meno unito, decise di mobilitarsi a Comiso, in occasione delle manifestazioni organizzate dai locali per opporsi all’installazione degli euromissili.
[NOTE]
133 R. Moro, Against the Euromissiles: Anti-nuclear Movements in 1980s Italy, cit. p. 200.
134 Ivi, p.201.
35 Ibidem
136 F. Fusi, Il discorso di Berlinguer alla grande manifestazione nazionale. Duecentomila a Firenze per la pace in «L’Unità» n° 7, 18 febbraio 1980, p. 1.
137 Missili: oggi il dibattito decisivo. Miglia manifestano nel centro di Roma, in «L’Unità», 4 dicembre 1979, p.1.
138 Il discorso di Berlinguer a Firenze, «L’Unità», 18 febbraio 1980, p. 2.
139 R. Moro, Against the Euromissiles: Anti-nuclear Movements in 1980s Italy (1979-1984), cit. p. 202.
140 R. Conteduca, Ad Assisi in 50 mila «Il mondo vuole pace, in «La Stampa», 28 settembre 1981.
141 Ibidem
142 Vecchio e Nuovo internazionalismo: paure, esperienze e bisogni, appunti dall’Archivio privato di Chiara Ingrao, p. 8.
143 M. Tosati, Roma imponente sfilata per la pace «Vietate ambasciate Usa e Urss» in «La Stampa» 25 ottobre 1981, p. 5.
144 Ibidem.
145 Ibidem
146 Ibidem
147 R. Moro, Against the Euromissiles: Anti-nuclear Movements in 1980s Italy (1979-1984), cit. p 203.
Maria Letizia Fontana, Donne contro gli euromissili. Una prospettiva transnazionale e di genere dei movimenti antinucleari femministi e pacifisti nei primi anni Ottanta in Italia e Belgio, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari – Venezia, Anno Accademico 2022-2023

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2025-10-22

Smashing Security podcast #440: How to hack a prison, and the hidden threat of online checkouts - A literal insider threat: we head to a Romanian prison where “self-service” web kiosks al... grahamcluley.com/smashing-secu #smashingsecurity #securitythreats #vulnerability #paymentcard #guestblog #lawℴ #dataloss #magecart #podcast #romania #prison #pci

L’XI congresso del PCI si svolse a Roma dal 25 al 31 gennaio del 1966

È illuminante il dibattito che si svolge nella direzione del PCI su come preparare l’XI congresso. Ingrao chiede di poter esprimere liberamente le sue opinioni in fase congressuale, ma le reazioni sono immediate, tutta la direzione del partito è in subbuglio: “una parte di questo gruppo organizza una lotta contro le posizioni del partito e con preoccupazioni di potere […] un attacco cioè alla linea del compagno Togliatti, che investe la linea del partito da basi frazionistiche” tuona Emilio Sereni <38. Secondo Pajetta “la democrazia effettiva […] non si ottiene con uno sviluppo nel partito di dissensi che lo frenerebbero e bloccherebbero l’azione e la lotta di massa” <39. E Amendola afferma: “la pubblicità del dibattito non è sempre garanzia di democrazia […] può a volte esser dannosa perché finisce per personalizzare le posizioni e inevitabilmente quindi per cristallizzarle” <40. Il più conciliante, pur condividendo le critiche mosse ad Ingrao, fu Enrico Berlinguer, che chiedeva “una base unitaria comune, su cui possano esprimersi sino al congresso, e con certe cautele, certe divergenze”, affermando inoltre che non si doveva confondere la passione politica con l’esasperazione <41. Sempre Amendola, avanza al comitato centrale una richiesta di abiura: Ingrao rifiuta e la rottura è definitiva.
Questo è il clima che precede l’XI congresso del PCI, che si svolse a Roma dal 25 al 31 gennaio del 1966. “L’XI congresso del PCI per la pace e la libertà dei popoli per il rinnovamento dell’Italia e del socialismo. Longo propone una concreta linea di lotta unitaria a tutte le forze operaie e democratiche”, scrive “l’Unità” in prima pagina il 26 gennaio 1966, aggiungendo poi: “Il partito uscirà dal Congresso temperato dal dibattito democratico, ancora più forte, ancora più unito, più capace di guidare i lavoratori alla lotta” <42. Durante i primi giorni tutto procede serenamente e nulla dei precedenti dibattiti traspare. Anche i cosiddetti ingraiani più autorevoli (Reichlin, Rossanda, Pintor, Natoli, Trentin) tennero dei discorsi molto misurati, riferiti principalmente ai loro settori di competenza, o tacquero. Il terzo giorno salì alla tribuna Ingrao. Il suo intervento ribadiva, senza demagogia e con toni pacati, le sue posizioni sui punti che erano già stati discussi. “Ma alla fine del suo intervento pronunciò una frase che occorre citare precisamente: ‘Sarei insincero se tacessi che il compagno Longo non mi ha persuaso rifiutando di introdurre nel nostro partito il nuovo costume della pubblicità del dibattito, cosicché siano chiari a tutti i compagni non solo gli orientamenti e le decisioni che prevalgono e impegnano, ma anche il processo dialettico di cui sono il risultato’.
Nella quasi totalità l’assemblea reagì con un grande e insistito applauso e quando Ingrao, nell’emozione, alzò alto il pugno, l’applauso divenne quasi un’ovazione. Al tavolo folto della presidenza al contrario pressoché tutti rimasero irrigiditi e a braccia conserte. Da quel momento il clima del congresso cambiò totalmente” <43. Tutto il gruppo dirigente del partito reagì con pesanti interventi, attacchi durissimi, quasi tutti rivolti a denunciare un frazionismo in atto, o a segnalare il pericolo di una divisione del partito. Il congresso fu organizzato esplicitamente per sconfiggere e togliere ogni spazio a chi avanza dei dubbi sulla riforma del partito e delle sue regole e la richiesta della “pubblicità del dibattito” divenne il nemico principale <44.
Ingrao non metteva in discussione il centralismo democratico, cioè il dovere di accettare, di sostenere e di applicare la linea dominante con la disciplina, ma chiedeva che la linea dominante fosse “il risultato misurabile di un’esplicita dialettica da tutti comprensibile, fosse quindi successivamente sottoposta a una verifica dei fatti e, di fronte a nuovi sviluppi della situazione, potesse essere precisata o corretta con il concorso di tutti”. Ma il gruppo dirigente del partito non si fidava di Ingrao, vedeva nella sua figura, nel suo carisma, un pericolo alla tradizionale coesione del partito. Seguì quindi dopo il Congresso un’epurazione accurata e selettiva, che colpiva le punte estreme e più esposte (Rossada, Pintor ecc.). Ingrao venne degradato e isolato in sedi istituzionali; Berlinguer, che allora era a capo della segreteria nazionale, venne accusato di eccessiva tolleranza e sostituito da Napolitano nel suo ruolo chiave; illuminante è il caso di Luciano Magri: “Io non fui rimosso perché non c’era niente da cui rimuovermi, […] fui semplicemente confinato nel mio ufficio, senza avere assolutamente niente da fare. Dopo pochi mesi, quando andai da Amendola per dirgli che non potevo andare in pensione a trentadue anni, e gli chiesi di mandarmi a lavorare in qualsiasi piccola federazione, mi rispose senza sorridere: ‘devi fare una quarantena perché sei un giovane intelligente, abbiamo lavorato bene insieme, ma devi ancora imparare la disciplina bolscevica’ ” <45. A confermare che l’ingraismo non era una frazione resta il fatto che nessuno dei puniti protestò, e nessuno difese nessuno, tutti accettarono la linea dettata dalla maggioranza senza discutere.
Con l’XI congresso il partito ribadì la priorità delle gerarchie interne rispetto alla riflessione e al rapporto con la società, accrescendo così processi già avviati, in relazione alla formazione dei gruppi dirigenti, ma disincentivando allo stesso tempo la militanza di larghi settori di attivisti. Da quello scontro prende le mosse anche una graduale marginalizzazione (e talvolta una volontaria presa di distanze) non tanto dell’ala ingraiana, quanto della sua propaggine sinistra, che in parte, di lì a poco, darà vita al “Manifesto” <46.
Nella stessa politica delle alleanze il PCI seguirà una strada intermedia tra quelle proposte da Amendola e Ingrao, con una grande attenzione – tipica di Longo – all’unità del movimento operaio ma anche ai nuovi movimenti di massa, e con l’attacco frontale alla DC all’indomani del crollo di Agrigento e delle alluvioni del ’66, che mettono in luce l’esistenza di un “sistema di potere” il cui impatto si rivela devastante per lo stesso territorio <47. L’emergere dello scandalo dei fascicoli del SIFAR e del “piano Solo” rinnoverà i dubbi sulla natura pienamente democratica della DC, e il golpe dei colonnelli in Grecia tornerà a porre all’attenzione dei comunisti il problema della difesa della democrazia <48.
[NOTE]
38 G. Crainz, Il paese mancato, Isola del Liri, 2007, p. 166.
39 Ibid.
40 Ibid.
41 Cfr. ibid; Cfr. inoltre A. Lepre, op. cit., p. 218.
42 Cfr. “l’Unità”, 26 gennaio 1966.
43 L. Magri, op. cit., pp. 195-196.
44 Cfr. G. Crainz, op. cit., p. 167; Cfr. inoltre L. Magri, op. cit., pp. 196.
45 L. Magri, op. cit., p. 201
6 Cfr. G. Crainz, op. cit., pp. 168-175.
47 I ritmi furibondi e insensati assunti dalla speculazione edilizia in tutta Italia sembrano trovare improvvisa sintesi emblematica ad Agrigento. Nella bella città siciliana si sono costruiti palazzi perfino su zone franose. Interi quartieri sono inevitabilmente travolti dai crolli, mettendo drammaticamente sotto accusa le scelte sbagliate compiute dai gruppi dominanti e dalla DC in termini di assetto del territorio. La battaglia di denuncia viene vigorosamente
sostenuta in parlamento, nel paese, su “l’Unità” da tutto il partito con il contributo determinante di Mario Alicata, membro della direzione e direttore del giornale (cfr. Il sacco di Agrigento: DC e governo devono trarre le conseguenze politiche, su “l’Unità”, 6 dicembre 1966; G. Crainz, op. cit., pp. 69-77).
48 Cfr. G. Crainz, op. cit., pp. 95-110.
Vincenzo Aristotele Sei, Il partito comunista nella società italiana da Togliatti a Berlinguer, Tesi di laurea, Università degli Studi della Calabria, 2011

Difficile scovare qualcosa nel sorvegliatissimo dibattito sviluppato all’XI Congresso del gennaio ’66. Nella relazione introduttiva di Longo le questioni culturali sono platealmente schivate, limitandosi ad accenni polemici come nel passaggio che segue: “Sono comparsi fenomeni di logoramento del costume del partito, propensioni a un tipo di critica generica, astratta, e perciò non produttiva, a discussioni condotte in modo ermetico, allusivo, tale da rendere difficile, a tutti i compagni, la comprensione dei termini reali del contendere” <564. Il bersaglio è costituito dai continui cedimenti all’«estremismo», al «massimalismo», o alternativamente all’«operaismo» – intendendo con tale termine non la corrente politico-ideologica di Panzieri e Tronti ma la tensione “fabbrichista” di un pezzo del partito eccessivamente schiacciata sulle posizioni sindacali della Cgil, in quel torno di tempo più radicali della tattica politica stabilita dal partito (vedi ad esempio tutta la vicenda legata alla III Conferenza operaia di Genova del maggio ’65, altro momento simbolico dello scontro tra Amendola e la sinistra – in quel caso rappresentata dalla relazione di Luciano Barca). Anche nell’intervento di Rossanda i temi culturali-ideologici sono ampiamente elusi, limitando il discorso alla questione scolastica e all’accesso allo studio. Solo un passaggio sembra intervenire sul rapporto tra politica e cultura: “Il collegamento e il dialogo con altre forze culturali non è mai per noi un’esercitazione di liberalismo o di buone maniere. Non sarebbe allora se non una nuova forma di strumentalismo. È invece la necessità di intendere i processi sociali reali che affiorano nella crisi della cultura contemporanea, nella sua protesta e nei suoi positivi fermenti, e di intessere un dialogo che sposti tutto il fronte di questa cultura attorno ad obiettivi di trasformazione sociale, intendendo, nello stesso momento, e sottolineando i momenti di originalità e di autonomia con i quali altre forze culturali appaiono interessate a questa trasformazione. Non possiamo commettere l’errore di ignorarle perché il loro metodo, le loro condizioni, il loro linguaggio si differenziano dal nostro. Siamo marxisti e siamo gramsciani perché le giudichiamo dal loro modo di porsi davanti alla società, prima che davanti alla nostra tradizione culturale <565.
La flebile richiesta di considerazione di un dibattito lungamente affrontato in sede di Sezione culturale troverà chiuso il partito ad ogni possibile accoglimento. Nelle Tesi finali scompare ogni riferimento ai problemi culturali, men che meno ideologici, considerati – prima ancora che “discutibili” – di fatto marginali (ed è forse questo il limite decisivo dell’azione di Rossanda: il confronto non avviene nel “caldo” degli anni Cinquanta, ma nel freddo disinteresse della metà dei Sessanta, dove i problemi, per il Pci, iniziavano ad essere di tutt’altra natura). La battaglia culturale sembrava uscire così di scena, relegata in poche e dure battute nella parte conclusiva delle Tesi: “Questa continua verifica [della linea politico-ideale, nda] deve garantire la più salda unità politica e impedire che la permanenza di linee politiche diverse o di elementi di orientamento eterogenei e contrastanti rispetto alla linea politica che il partito si è data, ne ostacoli l’azione. La sicurezza della linea politica, la convinzione della sua giustezza, l’impegno per dimostrarne nella pratica la validità, sono decisivi per l’azione di massa del partito, per la conquista delle masse al partito, per lo sviluppo dell’attivismo. […] È però necessario che oggi il partito accresca il suo impegno contro atteggiamenti di superficialità e di provinciale sufficienza che si sono manifestati negli ultimi anni nei confronti della realtà dei paesi socialisti” <566.
[NOTE]
564 Relazione di Luigi Longo, in XI Congresso del Partito comunista italiano. Atti e risoluzioni, Editori Riuniti, Roma 1966, p. 82.
565 Ivi, p. 387.
566 Ivi, p. 748.
Alessandro Barile, Apogeo e crisi della politica culturale comunista. Rossana Rossanda e la Sezione culturale del Pci (1962-1965), Tesi di dottorato, Università di Roma La Sapienza, 2022

#1966 #25 #31 #AlessandroBarile #Congresso #dibattito #frazionismo #gennaio #massimalismo #operaismo #PCI #pubblicità #tesi #VincenzoAristoteleSei #XI

PachaKamanikamani@masto.es
2025-10-17

Día Internacional del Patrimonio Cultural Inmaterial
#patrimoniocultural #PCI #bolivia

Richard Mujsicamujsica@masto.es
2025-10-17

Día Internacional del Patrimonio Cultural Inmaterial
#patrimoniocultural #PCI #bolivia

2025-10-15

@foone you'd appreciate this- there are actually expansion cards that do both PCI and ISA on the same board: ebay.com/itm/162880368874 Also, check out that board using a parallel port and USB for power- that feels kinda cursed. #weirdhardware #pci #isa

2025-10-13

Very excited for this premier of Jeff Man's appearence on #Glassof0J. We talk about #Hacker History the past 30 years, #PCI, how hacking has changed, and progress still to come.

Watch at 11am edt today!

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