Non mi dimenticare di Alix Garin
Descrizione: Clémence si sente impotente davanti all’improvvisa accelerazione della perdita di lucidità di sua nonna, che continua a cercare di scappare dalla Casa di riposo di cui è ospite da tempo. L’istituto vorrebbe sedarla, per farle passare la voglia di scappare, ma Clémence pensa che se solo potesse riconnettere la nonna ai suoi ricordi più cari, forse riuscirebbe a farla stare meglio, a farle ricordare cose che la ancorino alla realtà. Così la rapisce. E inizia un viaggio complicato e ben più prosaico di quanto immaginasse, verso la casa in cui la nonna è cresciuta.
Avendo avuto due nonne che hanno avuto una forma di demenza senile prime di morire, mi aspettavo che Non mi dimenticare mi avrebbe profondamente commossa. In parte è stato così, perché è facile ritrovare la mia esperienza nella difficoltà di Clémence a interagire con questa nonna che non è più la nonna di sempre. Poi però c’è stato il finale, che mi ha infastidita così tanto che sto per fare spoiler di tutto, quindi vedete voi se vi va di andare avanti con la lettura oppure se ci leggiamo la prossima volta.
Il romanzo grafico inizia con una decisione abbastanza surreale: Clémence non è d’accordo con il trattamento che la casa di riposo propone per la nonna, così decide di rapirla e scappare, senza avere un piano o anche solo un posto dove andare. Ora, io sono una lettrice di bocca buona ed è una scelta narrativa che ci può stare per sviscerare il rapporto nonna/nipote e poi anche quello madre/figlia, l’importanza di non rimandare le discussioni perché è un attimo a trovarsi nell’impossibilità di affrontarle e la difficoltà di accettare che qualcunə che amiamo si sta spegnendo lentamente.
Tuttavia, se tratti un tema così delicato e decidi di lanciarti in un’avventura sfrenata al limite dell’assurdo, devi darmi un finale all’altezza. Invece Garin alla fine scappa e usa un trucco di bassa lega per sbarazzarsi della nonna – e del problema etico che poneva, ovvero “come posso prendermi cura della nonna in maniera adeguata?” – facendola morire in un improbabile crollo della scogliera sulla quale si erge la sua vecchia casa natale. Se le assurdità della fuga e del viaggio potevano essere perdonate sull’altare della Dea Narrazione, questo finale va dritto nell’inferno delle mancate occasioni.
Un vero peccato perché – ripeto – ci sono dei momenti molto intensi e chi ci è passatə riconoscerà la difficoltà di avere a che fare con una persona che non ci riconosce, che non vive nel nostro presente o che segue una logica che per noi è totalmente oscura. Quel finale, però, lascia l’impressione che quella di Clémence sia stata più una mattata che un’occasione di crescita e riflessione, un’impressione mitigata solo in parte dall’epilogo, nel quale la vediamo riallacciare il rapporto con la madre e riprendere le fila della sua vita.
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