#Classici

2025-12-18

Un pomeriggio di filosofia antica, equivoci fecondi, città reali e città digitali. Con Platone, con i classici, e con una domanda che resta aperta:

La poesia fa davvero male alla città?

aitanblog.wordpress.com/2025/1

#Platone #Poesia #Filosofia #Città #Classici #Studiare

2025-04-27

Quando in un mercatino mi imbatto in qualche libro che ho già letto in passato non resisto alla tentazione di sfogliarli, rileggere qualche passaggio, magari l'incipit, e ogni volta provo la sensazione di ritrovare una persona che non vedi da tempo ☺️

#libri #letteratura #classici

@adrianobono L'immagine mostra la copertina di un libro intitolato "Canne al vento" di Grazia Deledda, edito da Oscar Mondadori. La copertina presenta un'illustrazione di una giovane donna seduta in un paesaggio naturale, con alberi e rocce che la circondano. La donna indossa una camicia bianca e un abito scuro, con le mani intrecciate sulle ginocchia. Il titolo del libro è scritto in caratteri neri su uno sfondo bianco, con il nome dell'autrice in caratteri più grandi. Sotto il titolo, c'è una fascia rossa con la scritta "CLASSICI MODERNI". In basso, si legge "OSCAR MONDADORI". La copertina è tenuta da una mano, e sullo sfondo si intravedono altri libri in una libreria.

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2025-03-24

#24marzo
In occasione della Giornata nazionale per la promozione della #lettura, proponiamo da #Enthymema un articolo sul progetto Macchine per #leggere. Il suo scopo è realizzare un ambiente digitale (desktop e mobile) che introduca gli #studenti della #scuola secondaria di secondo grado alla conoscenza e all’utilizzo delle tecniche di analisi computazionale dei #testi, qui proposte come spunto per accostarsi alla lettura dei #classici della #letteratura.

⬇️riviste.unimi.it/index.php/ent

Ciotti, F. e Baldi, A. 2023. Macchine per leggere: promuovere la lettura con il distant reading. ENTHYMEMA. 30 (gen. 2023), 173–192. 
DOI:https://doi.org/10.54103/2037-2426/19557.
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2025-03-14

amzn.to/3FzWQ3j
Il Nome della Rosa, ediz. illustrata: capolavoro di Eco in versione arricchita da immagini. Copertina flessibile, perfetto per lettori e collezionisti.

Il nome della rosa. Ediz. illustrata Copertina flessibile – Illustrato
2025-01-03

Il Mio 2024 Cinematografico

Il 2024 è stato l’anno in cui ho guardato più film in assoluto, almeno da quando tengo il conto, ovvero dal 2014 (fonte Letterboxd). Che anno è stato però, cinematograficamente parlando? Al di là dei film usciti in sala nel 2024 (che trovate nella mia usuale Top 20 di fine anno), quello appena finito è stato senza dubbio l’anno in cui mi sono innamorato di Kieslowski, di fuochi d’artificio che illuminano il cielo di Parigi mentre un ragazzo e una ragazza ballano sul Pont Neuf, di uno sfortunato asinello nella campagna francese, di un mistero dietro l’altro nella pampa argentina, di una donna in fuga insieme a un ragazzino e di tanti, tantissimi altri film straordinari. Vediamo insieme il mio percorso cinematografico attraverso classici del secolo scorso e recuperi degli anni passati.

Il 2024 si è aperto con il rewatch di Funeral Party (2007), una commedia che amo molto, ma il primo grande film del passato che ho recuperato, al di là del cult Il Giardino delle Vergini Suicide (1999) di Sofia Coppola, è lo straordinario Harakiri (1962) di Masaki Kobayashi. Il Giappone ha segnato senz’altro il mio 2024, visto che pochi giorni dopo ho stretto conoscenza anche con il sorprendente Onibaba (1964) di Kaneto Shindō e con il capolavoro d’animazione Paprika (2006) di Satoshi Kon. A chiudere in maniera straordinaria il primo mese dell’anno ci ha pensato però il recupero di un capolavoro immenso, Fitzcarraldo (1982) di Herzog, a cui va la palma del più bel recupero di un mese in cui ho visto 26 film.

Il febbraio più prolifico della mia vita (22 film visti) è stato soprattutto un mese di grandi rewatch. Ad ogni modo tra i vecchi film visti per la prima volta spuntano grandi titoli anni 90 come Festen (1998) di Vinterberg, La Fiammiferaia (1990) di Kaurismaki e Gli Amanti del Pont Neuf (1991) di Carax. Il più bel film visto a febbraio però, per quanto riguarda le scoperte e i recuperi, è senza dubbio La Battaglia di Algeri (1966) di Gillo Pontecorvo.

Il primo dei 24 film che ho visto a marzo è un colpo di fulmine totale: Distretto 13 (1976) di John Carpenter, film di cui ignoravo l’esistenza, mi appassiona totalmente. Il secondo film del mese è un’altra chicca imperdibile: il documentario di Martin Scorsese ItalianAmerican (1974). I tre recuperi più importanti di marzo sono però Beau Travail (1999) di Claire Denis, L’Orgoglio degli Amberson (1942) di Orson Welles e, soprattutto, Au Hasard Balthazar (1966) di Robert Bresson, che è anche il film più bello che ho visto in questo mese, tra i vecchi classici visti per la prima volta (quindi sono sempre esclusi i rewatch e i film usciti in Italia nel 2024).

Ad aprile vedo 17 film, ma la qualità è immensa. Torna Herzog con l’altro grande classico “sudamericano”, ovvero Aguirre (1972). Approfondisco Jacques Tati con Le Vacanze di Monsieur Hulot (1953) e soprattutto mi avventuro per la prima volta nella trilogia di Kieslowski, guardando sia Film Blu (1993) che Film Bianco (1994). Ma l’opera che più di tutte mi appiccica allo schermo e mi si incolla alle viscere è senza dubbio Dogtooth (2009) di Lanthimos, un capolavoro incredibile.

A maggio esplode la primavera e forse è per questo che guarderò “solo” 13 film in tutto il mese. Poco male, perché il primo giorno comincia con un capolavoro: Film Rosso (1994), sempre della trilogia di cui sopra. Maggio però sarà segnato da altri due film straordinari: Che Fine Ha Fatto Baby Jane (1962) di Robert Aldrich e soprattutto la rivelazione argentina Trenque Lauquen (2022) di Laura Citarella, straordinaria opera di quattro ore, passata totalmente in sordina (forse a causa della durata?). Da segnalare anche l’ottimo Murina (2021), film croato di Antoneta Alamat Kusijanović.

A giugno, in quanto a film, il totale sale a 18, ma con soli tre rewatch. Degli undici film del passato visti per la prima volta, il più importante e straordinario è sicuramente Il Trono di Sangue (1957) di Akira Kurosawa. Degni di una menzione importante però vanno segnalati Starlet (2012) di Sean Baker, Fuoco Ragazza Mia! (1967) di Milos Forman e Tutti i Battiti del Mio Cuore (2005) di Jacques Audiard.

I 17 film visti a luglio cominciano con un grandissimo classico: Mr Smith Va a Washington (1939) di Frank Capra. I picchi del mese, sotto le stelle del terrazzino pugliese, sono La Furia Umana (1949) di Raoul Walsh e l’ennesimo film giapponese del 2024, L’Intendente Sansho (1954) di Kenji Mizoguchi. La palma del più bello di luglio però va sicuramente allo straordinario Splendore nell’Erba (1961) di Elia Kazan.

Ad Agosto, per colpa delle vacanze (lo so, è un controsenso), non vedo molto, ma trovo sicuramente importante aver recuperato un classico come Beverly Hills Cop (1984) di Martin Brest, che durante l’infanzia non avevo praticamente mai visto. Alla fine del mese, saranno solo 11 i film visti.

A settembre tornano le cifre importanti che mancano da marzo, con 22 film visti: la nuova annata comincia con un grande recupero, Stalker (1979) di Andrej Tarkovskij. Il mese è segnato da altri due film, totalmente diversi tra loro, che mi sono comunque piaciuti molto: Il Fascino Discreto della Borghesia (1972) di Bunuel e Green Room (2015) di Jeremy Saulnier. Cinque sere sono poi impegnate da uno dei registi che più hanno segnato il mio 2024: Krzysztof Kieślowski. I dieci film che compongono il suo Decalogo (1989) sono, nell’insieme, l’opera più straordinaria che vedo durante questo mese.

Ottobre è quasi interamente occupato dalla Festa del Cinema di Roma, che pompa come sempre il conteggio portando a 32 il numero di film visti durante il mese. Nonostante tanti film nuovi, il recupero più importante del mio mese preferito è quello di Stranger Than Paradise (1984) di Jim Jarmusch. Tra gli altri, vanno citati La Leggenda del Re Pescatore (1991) di Terry Gilliam e I Dannati Non Piangono (1950) di Vincent Sherman.

I 16 film di novembre sono invece messi in ombra da due immensi capolavori che ho recuperato, due film davvero diversissimi tra loro: Lawrence d’Arabia (1962) di David Lean e Gloria (1980) di John Cassavetes. Difficile dire quale mi sia piaciuto di più, ma forse tendo maggiormente verso quest’ultimo. A rimpolpare la quota giapponese di grandi film visti nel 2024, va assolutamente citato Audition (1999) di Takashi Miike.

Infine arriviamo a dicembre con i suoi 15 film visti, il classico mese di recuperi di fine anno e di feste in cui, al contrario di quasi tutte le persone “normali”, non ho avuto il tempo di vedere nessun film. Prima di Natale però arriva l’ultimo grande classico scoperto durante il 2024: Scarpette Rosse (1948) di Powell e Pressburger è senza dubbio la cosa più bella vista durante questo mese, sempre a proposito di film del passato.

Il 2024 si è chiuso così con 233 film visti o rivisti, un anno in cui il mio amore per il cinema si è arricchito ancora di più con emozioni, viaggi in Paesi lontani, avventure che non vivrò mai se non sullo schermo e di immagini che ora fanno parte del mio bagaglio culturale, sentimentale o, più semplicemente, della mia vita (non solo da cinefilo). Spero che attraverso questo slalom tra classici e grandi film abbiate trovato qualche spunto e una buona selezione di titoli da aggiungere in watchlist. Il 2025 si è già aperto con due film in due giorni, due comfort movie della mia infanzia per alleggerire il carico del nuovo anno, prima di lanciarmi alla scoperta di tantissimi altri classici del passato. E allora buon 2025, amici cinefili e amiche cinefile.

#Cinema #cinema2024 #classici #daRecuperare #daVedere #film #filmPiùBelli #ilMioAnnoDiCinema #letterboxd

Milano University Pressmilanoup@mastodon.uno
2024-11-28

#NewIssue
In questa nuova uscita della collana #Consonanze, studiosi giovani e già affermati dialogano sulla #lirica rinascimentale, che viene esaminata sia a livello letterario, tramite l'analisi di singoli frammenti poetici, sia a livello interdisciplinare, in un incontro tra la storia della #letteratura, la #codicologia, la storia dell’ #arte e lo studio dei #classici.

🔗 doi.org/10.54103/consonanze.16

2024-11-19

Kiku-san. La moglie giapponese di Pierre Loti

L’ufficiale della marina francese Pierre Loti sbarca per la prima volta sul suolo giapponese, a Nagasaki, dove si tratterrà per il tempo necessario a riparare i guasti della nave da guerra Trionfante. Nel Paese è d’uso che, per il periodo di permanenza, uno straniero possa contrarre un matrimonio con una giovane del posto. Ed è ciò che Loti farà sposando Kiku-san, la signorina Crisantemo. La vicenda autobiografica è solo il pretesto per dar vita a quello che l’autore chiamerà un “romanzo giapponese”, un’opera costruita in forma di diario, i cui personaggi principali sono Loti stesso, il Giappone e le impressioni prodotte su di lui da questo stupefacente Paese. Qual è allora il ruolo di Kiku-san? Quello di una sposa, di un oggetto di piacere o di un tramite per immergersi in una realtà pressoché inafferrabile e raccontarla in tutte le sue sfumature? Il libro attraversa l’intera gamma dei rapporti fra sé e l’altro: dallo sguardo “coloniale” al riconoscimento di una specificità culturale, passando dal divertimento al sarcasmo, dalla condiscendenza al rispetto, dal rifiuto allo stupore e all’incanto, dall’angoscia del non-noto alla constatazione dell’insormontabile alterità. Un testo per cogliere gli usi, i costumi, le atmosfere, i suoni, i caratteri di un Giappone che in Nagasaki aveva uno dei maggiori punti di contatto con l’Occidente. Uscito in Francia nel 1887, fu di ispirazione a Illica e Giacosa per il primo atto della Madame Butterfly di Giacomo Puccini.

Pierre Loti, baldo ufficiale di marina francese, decise di fare buon uso letterario di tutti i suoi viaggi e di tutti i suoi contatti con culture diverse dalla sua e scrisse decine di libri ispirati alle sue avventure per il mondo. Kiku-san. La moglie giapponese romanza di quella volta in cui la nave sulla quale viaggiava Loti fu costretta a fermarsi 36 giorni a Nagasaki per delle riparazioni.

Siamo nel 1885, ma non aspettatevi da Loti considerazioni sulla situazione politica e sociale del Giappone di fine Ottocento (periodo Meiji, secondo le ere giapponesi): Kiku-san è un romanzo in forma di diario e totalmente incentrato sulle impressioni che Loti ebbe di un Paese che dovette davvero sembrargli un altro mondo. Tanto che tra gli aggettivi più ricorrenti per descrivere la sua esperienza c’è incomprensibile.

Il romanzo prende avvio con la procedura tramite la quale Loti, com’era consuetudine per gli europei che arrivavano in Giappone, si sceglierà una moglie temporanea che gli farà compagnia durante la sua permanenza a Nagasaki. Si tratta della Kiku-san del titolo, che diventerà la moglie giapponese di Loti per venti piastre. Ovviamente date le premesse (e l’avvertimento di Francesca Scotti nella prefazione) non ci si può certo aspettare un romanzo che incontri la sensibilità di oggi, ma in compenso è facile vedere quanto il razzismo sia stupido e pure ridicolo: l’assurda fissazione di Loti per la statura delle persone giapponesi ci dà l’impressione che sia sbarcato a Moria invece che a Nagasaki. Per non parlare del sessismo, che mi ha fatto desiderare l’autostima di Loti che rimane male quando, alla fine del matrimonio, trova Kiku-san a contare le piastre e per niente affranta dalla sua prossima partenza come lui si aspettava.

Vale quindi la pena di imbarcarsi nella lettura di Kiku-san? Sì, se amate la Madame Butterfly di Puccini, che dal romanzo prende ispirazione. E sì, se vi interessa l’esperienza di un incontro con un Altro così altro da sé da risultare incomprensibile al punto da rendere possibile goderne solo con un certo distacco, per non lasciarsene contaminare.

#classici #viaggi

Etichetta della categoria recensioni: raffigura una libreria con un filtro arcobaleno e la scritta Recensioni.DivisoreValutazione del libro: tre stelline gialle
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2024-10-23
2024-09-25

Jerymn Hilliard Junior è un ricco scapolo americano in vacanza a Valedolmo, deliziosa cittadina affacciata sul Lago di Garda. Immerso nella tranquillità del luogo, tutta quella pace ben presto lo annoia: in attesa che la sua famiglia lo raggiunga all’Hotel du Lac, non ha niente da fare e nessuno con cui conversare; l’unica eccezione è rappresentata da Gustavo, un cameriere simpatico e premuroso che, tuttavia, parla un inglese tutt’altro che perfetto. Ma la vacanza prende una svolta inaspettata quando sulla scena appare la bellissima Constance Wilder, una ragazza americana in villeggiatura con il padre. Per attirare la sua attenzione e corteggiarla, Jerry elabora un bizzarro piano in cui veste i panni di una pittoresca guida alpina di nome Tony, dando vita a una commedia degli equivoci romantica e divertente. “Jerry Junior” apparve inizialmente a puntate, a partire dal maggio del 1906, sulle note riviste americane “Lady’s Home Journal” e “Woman’s Home Companion”, per poi essere pubblicato in forma di libro nell’aprile del 1907. Questa ne rappresenta la prima traduzione italiana, integrale e annotata.

Sarò brutale: io questo romanzo non l’ho capito. E non nel senso che non ne ho capito lo sviluppo: non ho proprio capito perché esiste. Non capisco come Webster abbia pensato che fosse un’idea simpatica che un baldo giovine statunitense fingesse di essere una guida italiana (sapendo appena tre frasi in croce in italiano) per poter accompagnare in montagna una bella signorina statunitense (che invece sa molto bene l’italiano). Il tutto dopo che si erano già incontratə, facendo sì che il baldo giovine si scolpisse nella mente della bella signorina, che infatti lo riconosce subito.

Quindi hanno inizio pagine e pagine di botta e risposta tra questə due che ho trovato così divertenti e appassionanti che speravo che almeno unə deə due finisse in un crepaccio. Ci andiamo pure vicino ed è stato l’unico momento in cui mi sono emozionata. Non riesco nemmeno a prenderlo sul serio come commedia degli equivoci perché non so proprio come lui potesse aspettarsi di non essere riconosciuto: alla fine più che un equivoco sembra un’idea infantile.

L’unico aspetto che mi è piaciuto è stata l’ironia con la quale Webster sipinge ə turistə statunitensi che arrivavano in Italia e si aspettavano di trovare cartoline pittoresche e non un Paese con i suoi usi e costumi. È evidente che il turismo becero viene da lontano e la sua attuale gravità dipende solo dall’aumento della massa di persone in movimento.

Infine, devo fare una menzione d’onore per Gustavo, che da bravo stereotipo dell’italiano farebbe qualsiasi cosa per spillare soldi a questə turistə, ma non mi sento proprio di biasimarlo. A costo di sembrare Wanna Marchi, direi che il suo è l’unico modo per dare un senso alla situazione totalmente assurda che si ritrova suo malgrado a gestire…

https://lasiepedimore.com/2024/09/25/jerry-junior-di-jean-webster/

#classici #PdM2024 #romanceDonnaUomo #umorismo

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2024-09-16

Benjamin Lacombe: le sue illustrazioni de “Il mago di Oz”

Il mago di OzSébastien Perez e Benjamin LacombeLetteratura per ragazziRizzoli2019120https://www.rizzolilibri.it/libri/il-mago-di-oz/

Tradotto da Giulio Lupieri

Lacombe e la nuova Collana dei classici

La nuova versione illustrata della fiaba de Il mago

magozine.it/benjamin-lacombe-l

#RecensioniLibri #classici #IlMagoDiOz #lacombe #narrativa #rizzoli #unolibri

2024-09-12

Durante un periodo di forzata immobilità, Louisa May Alcott scrisse sette storie ispirate ai fiori. Intrecciando questa meravigliosa ghirlanda per suo diletto e per le sue ragazze, raccontò dell’amore per i buoni libri e per le altre persone, della ricerca della pace e della crescita personale, di quei valori, insomma, sui quali basò la propria esistenza e che volle condividere con le sue lettrici. Mostrò loro come fosse possibile migliorare la propria personalità, e di conseguenza il mondo, con semplici gesti quotidiani, nella scelta delle proprie letture, nella vita familiare o nell’incontro con le altre persone. Dopo oltre un secolo questa straordinaria scrittrice ha ancora molto da insegnare e le sue storie continuano a essere avvincenti, a commuovere, a far riflettere. La prima edizione del libro risale al 1887 e questa ne rappresenta la prima traduzione italiana.

Penso che Una ghirlanda per ragazze rimarrà nei miei ricordi come una raccolta di racconti per aspiranti signorine per bene. Cosa che io non sono al punto che ho finito per provare più simpatia per le signorine frivole amanti dello shopping invece che per le signorine asociali che amano leggere: è stato davvero molto irritante e non posso fare a meno di pensare che questo elemento è invecchiato davvero molto male.

I racconti di Alcott ci parlano di vite distrutte dalla sfortuna, che sia per la rovina del patrimonio di famiglia e per la cronica povertà nella quale si è nate: una sfortuna alla quale purtroppo si risponde con una tonnellata di moralismo e di paternalismo. Leggere oggi di questə bravə e ricchə borghesi che si danno da fare per guadagnare punti bontà aiutando ə poverə è oltremodo fastidioso.

Non ricordavo che Piccoli donne e Piccole donne crescono avessero questo difetto – anche se per quanto mi riguarda sono libri avvolti dalle nebbie dei vecchi ricordi – ma immagino che Una ghirlanda per ragazze vada annoverato tra le opere minori e che non dovrei farmi influenzare troppo nel mio desiderio di rileggere le sue opere principali. Il mio consiglio è di leggere questi racconti se siete fan di Alcott, altrimenti potete anche lasciar perdere: sono piacevoli per lo sguardo sulla condizione delle ragazze più povere, ma dovete essere preparatə a uno sguardo davvero tanto moralista.

https://lasiepedimore.com/2024/09/12/una-ghirlanda-per-ragazze-di-louisa-may-alcott/

#classici #letteraturaPerRagazzə #PdM2024 #storieBrevi

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2024-06-12

Breve e sorprendente romanzo comico dell’autore sudanese di La stagione della migrazione a Nord, uno dei massimi romanzi moderni in lingua araba, Le nozze di al-Zain (pubblicato nel 1969) racconta le stravaganti imprese sentimentali di un personaggio unico nella letteratura di ogni paese. Alto e sgraziato, due soli denti in bocca, al-Zain si è conquistato sul campo una fama sfortunata, quella di un uomo che si invaghisce perdutamente di ragazze che finiscono sempre per sposare qualcun altro. Non gli manca il buon gusto, visto che «si innamorava solo delle ragazze più belle e attraenti del paese, quelle più educate, e quelle con la parlata più dolce», ma tanto efficace è questa sua paradossale qualità, questo suo disperato talento, che le madri affrante di figlie zitelle lo cercano e lo inseguono, confidando nel suo amore senza speranze per cambiare il destino nuziale di quelle giovani donne dall’incerto futuro.
Ma un giorno nel villaggio affacciato sul Nilo tutti rimangono sorpresi per una notizia che ha dell’incredibile: al-Zain la «Giraffa», al-Zain che appena nato non aveva pianto ma era esploso in una risata, che sin dai primi mesi faceva divertire fino alle lacrime donne e bambini, al-Zain che ha perso i denti a sei anni e che non ha mai avuto un pelo di barba, né ciglia, né sopracciglia – al-Zain, si sposa. Per lui è più di un miracolo, per il villaggio una sconvolgente rivelazione da cui nascono confronti e tensioni, discussioni e diatribe, tra i devoti e gli empi, tra poveri e benestanti, tra moderni e tradizionalisti. E forse solo la sfacciata fortuna di al-Zain potrà riconciliare e sancire l’integrità di un mondo e di una comunità.
Adattato per il teatro in Libia, il romanzo è stato anche trasposto in un film dal regista kuwaitiano Khalid al-Siddiq, vincendo un premio a Cannes nel
1976. Commistione esemplare di un sofisticato stile letterario e di un gusto narrativo che accoglie la tradizione del racconto orale, Le nozze di al-Zain è un piccolo classico ormai famoso in tutto il mondo. Lo scrittore britannico Kingsley Amis ha celebrato l’eleganza con cui il lettore è invitato a ridere e a sorridere degli abitanti del villaggio, e l’umorismo sempre premuroso della vicenda: «Anche quando toccano l’apice del ridicolo i protagonisti mantengono una fondamentale dignità».
Completano il volume due tra i migliori racconti brevi dell’autore, ulteriore esempio di uno sguardo dal carisma universale.

Le nozze di al-Zain è una raccolta di storie brevi: la prima – quella più lunga – dà il titolo al libro e tratteggia molto bene la nascita di una di quelle figure che nelle piccole comunità, a causa di una o più caratteristiche peculiari, assumono loro malgrado un ruolo ben preciso e un certo leggendario si forma intorno a loro.

Al-Zain è proprio una di queste figure: a un aspetto fisico distintivo si somma la sua risata, che si vocifera si sia sentita prima che mettesse piede sulla terra e che l’abbia accompagnato per tutta la vita. Così gli è stato attribuito il potere di innamorarsi delle donne con le migliori qualità e alle quali conveniva guardare per concludere un buon matrimonio, potere che finisce per dare vita a una serie di situazioni al limite dell’assurdo.

Non è il tipo di racconto che ti fa gridare al capolavoro – anche se nel finale si può ben vedere la pennellata di uno scrittore di talento – ma di sicuro lo fanno i due racconti che accompagnano Le nozze di al-Zain. Il primo, Una manciata di datteri, in appena sei pagine, riesce a essere un racconto potentissimo sulla fine dell’innocenza e sui vari tipi di rapacità che impoveriscono il Sudan.

Infine, Il dum di Wad Hamid (il dum è una specie di palma) racconta della complessità di portare innovazione e riforme repentine, ma in molti casi necessarie in luoghi sperduti del Sudan. La pretesa di cancellare tradizione antiche in nome del progresso calato dall’alto porta le persone a irrigidirsi e a rifiutare in toto dei cambiamenti necessari, con il solo risultato di ritardarli ancora di più.

Mi dispiace molto che non ci siano più lavori di Salih e che il suo romanzo più noto, La stagione della migrazione a Nord, sia fuori catalogo da anni. Spero proprio che Sellerio lo ristampi perché questi racconti mi sono sembrati solo un assaggino del talento di questo scrittore.

https://lasiepedimore.com/2024/06/12/le-nozze-di-al-zain-di-tayeb-salih/

#classici #postcolonialismo #storieBrevi #Sudan

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2024-05-17

Will Hunting: 25 anni dopo, il genio ribelle ci insegna la sfida di convivere con sé stessi. #Cinema #Classici
hynerd.it/will-hunting-genio-r

2023-05-13

#Classici rampanti e tentacolari, a fumetti

#SaraColaone è un’autrice che rompe il cliché del disegnatore abile con le immagini ma non altrettanto con le parole; è una persona che parla lentamente, in modo coinvolgente, soppesando
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Rampant, sprawling classics in comics

#SaraColaone is an author who breaks the cliché of the cartoonist skilled with images but not so much with words; she is someone who speaks slowly, engagingly, weighing
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13-5-2023 0:5 #il manifesto cms.ilmanifesto.it ilmanifesto.it/classici-rampan

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