La città assente di Ricardo Piglia
Descrizione: Con grande maestria e uno stile impeccabile, Piglia costruisce una complessa narrazione che rende La città assente una delle migliori sfide della letteratura contemporanea.
«Forse avrebbe potuto finalmente dormire e smettere di sognare il Museo e la macchina e la proliferazione delle lingue che si mischiavano e si confondevano fino a diventare incomprensibili. Sono mondi dimenticati, pensò, ormai nessuno conserva la memoria della vita.»
Facendo ricerche per un articolo, Junior si imbatte in un mistero che turba l’intera città: un museo e la strana macchina che vi è custodita. Si tratta di un generatore di storie, progettato dal grande Macedonio Fernández, nelle quali si delinea una cartografia alternativa di Buenos Aires. Ambientato in un futuro che assomiglia al passato recente della storia argentina, il romanzo gioca con i generi letterari unendo poliziesco, fantascienza e storia d’amore.
La città assente non è il genere di romanzo da leggere mentre si trasloca e la mente è tutta presa dallo scoprire che la doccia non produce acqua calda, dal ricordarti dove hai messo cosa e dal cercare di capire perché all’improvviso il frigorifero avesse preso a lanciare lamenti non appena lo aprivo. Potrà sembrare un libriccino innocuo, ma La città assente è denso quanto l’osmio e in poco più di cento pagine contiene una quantità di tematiche e sperimentazioni narrative che ha dell’incredibile.
Come ci fa notare Tommaso Pincio nell’introduzione, è un romanzo che, senza scendere troppo nei dettagli, si può leggere in quattro modi diversi: come la storia di una macchina, come un romanzo che è una macchina di storie, come un mix delle due tipologie precedenti e come se fossimo davanti a una macchina che parla di una macchina per produrre macchine. Confusə? Lo so, ecco perché ho esordito raccomandandovi di non seguire il mio esempio e leggerlo con la mente pronta a concentrarsi sulla lettura.
È difficile dare un’idea di cosa sia La città assente: la sua struttura – sempre che la si possa definire così – è tanto frammentata da dare l’idea che sia un mosaico di cui ci vengono consegnate le tessere in un sacchetto anonimo, senza un’immagine di riferimento finale. Arrovesciando il sacchetto e cominciando a guardare le tessere possiamo ipotizzare dei disegni: un cielo stellato, un mare in tempesta, un sontuoso vestito tempestato di gemme… qual era l’immagine pensata da chi aveva preparato proprio quelle tessere?
Ecco, La città assente genere questo tipo di confusione. È una strana storia – o una storia di storie, o una storia che racconta di una storia che produce storie – una di quelle che sembrano assolutamente refrattarie a essere accomodanti con ə loro lettorə. Peccato averlo letto quando nemmeno la mia attenzione era troppo accomodante…
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