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Nel 1946 gli americani vedevano una minaccia russo-jugoslava di invasione dell’Italia

Il risultato elettorale della consultazione per l’Assemblea costituente del 2 giugno è1946], benché avesse mostrato una forte affermazione della Democrazia Cristiana, non aveva fornito rassicurazioni in merito al futuro politico del paese considerando che i voti raggiunti dai due partiti della sinistra, sommati insieme, rappresentavano la maggioranza. Come sottolineava Stone in un telegramma del 5 giugno per il vertice del servizio segreto militare in Italia, il G-5, a commento dei risultati elettorali, sette milioni e mezzo di italiani si erano espressi per la Dc, ma otto milioni e mezzo avevano dato il voto a Pci e Psi <302. Il nuovo governo scaturito dal risultato elettorale si insediò il 13 luglio dello stesso anno, mostrando la fine dell’equilibrio politico frutto del periodo della Resistenza basato sul governo dei sei partiti del CLN: il partito d’Azione infatti, che già aveva ritirato i suoi due ministri, La Malfa e Lombardi, dal governo De Gasperi, non avrebbe partecipato, così come i liberal-democratici. Si trattava di una coalizione tripartita, che si trovava a governare una situazione in divenire, in cui ogni risultato futuro era possibile. I vertici americani ritenevano ormai necessaria ed imprescindibile una rottura da parte del partito di De Gasperi con i due partiti social-comunisti, poiché la loro stessa partecipazione al governo era considerata un costante pericolo sia dal punto di vista del loro conseguente rafforzamento, sia dal punto di vista di un loro possibile via libera all’ordine di insurrezione, che sarebbe stata facilitata dalla loro presenza all’interno del governo.
Come sottolineava il console americano a Firenze, il fatto stesso che la Democrazia Cristiana non avesse ancora operato una rottura ufficiale mostrava la debolezza intrinseca del partito, svigorito dal progressivo aumento di consenso nazionale dei socialisti e dei comunisti. “I cristiano-democratici sono indubbiamente arrivati ad un crocevia dal quale devono essere raggiunte importanti decisioni di politica fondamentale velocemente se il partito vuole continuare a giocare un ruolo maggioritario nelle politiche italiane. Si trovano adesso di fronte al problema se dare corso o no ad un’aperta rottura con i socialisti e i comunisti con cui sono stati associati nel presente e nei passati governi di
coalizione. La loro riluttanza ad operare tale rottura mostra una debolezza organica all’interno del partito stesso” <303.
Trieste al centro di una nuova crisi internazionale.
L’arrivo dell’estate riportò il problema delle frontiere con la Yugoslavia alla ribalta delle questioni internazionali. La possibilità di un’imminente invasione della Venezia-Giulia da parte dell’esercito di Tito divenne l’argomento principale delle riunioni dei vertici militari americani in Italia e a Washington. A partire da luglio il comandante supremo alleato nel Mediterraneo, il generale Morgan, aveva proposto al Joint Chief of Staff statunitense la “partecipazione dell’esercito italiano nell’eventualità di ostilità con la Yugoslavia nell’Italia settentrionale”. La commissione congiunta tra dipartimento di Stato, il ministero della Guerra e il ministero della Marina, recentemente creata su ordine di Truman, prendendo una posizione ancora più apertamente ostile nei confronti degli yugoslavi rispetto a quella espressa dai comandi britannici in proposito, si dichiarò a favore dell’utilizzo dei reparti italiani “nell’eventualità di un attacco generale yugoslavo”, proprio in considerazione delle stesse “finalità politiche evidenziate dal comandante supremo per il Mediterraneo”, relative alle ricadute positive in termini di immagine del nuovo governo De Gasperi sull’opinione pubblica italiana <304.
Pertanto, stabiliva la Commissione, il Sacmed (comando supremo alleato per il Mediterraneo) era autorizzato ad utilizzare tutte le forze italiane disponibili, in caso di attacco da parte di Tito. Inoltre, “al recente incontro del Consiglio dei ministri degli esteri a Parigi – si legge nel documento – il segretario di Stato e il ministro degli Esteri britannico si sono accordati informalmente sulla sostanza delle istruzioni proposte sopra” <305. La situazione al confine giuliano si aggravò nel mese di agosto: il 10 e il 19 agosto aerei da combattimento yugoslavi attaccarono aerei da trasporto statunitensi, abbattendoli ed uccidendo l’equipaggio, poiché avevano violato lo spazio aereo nazionale. La reazione dei militari americani fu di estrema indignazione, soprattutto perché, come sottolineato da Offner, “essi vedevano il maresciallo Tito (…) come una maschera per l’espansione sovietica” <306. Il 25 agosto una direttiva del Joint Chiefs of Staff statunitense ordinava al generale Morgan di “prepararsi per un attacco generale organizzato yugoslavo”: nei suoi piani avrebbe dovuto “includere l’utilizzo di tutte le forze presenti in Italia”, che avrebbero dovuto essere rese “disponibili per le operazioni”. Tutte le obiezioni britanniche all’utilizzo dell’esercito italiano in funzioni attive inoltre, informava il Joint Chiefs of Staff, erano state rimosse in seguito alla discussione del tema con il dipartimento di Stato, che aveva insistito sul punto proprio “in considerazione dell’attuale attitudine yugoslava, esemplificata dall’abbattimento dei velivoli statunitensi e dalla serie di incidenti che hanno coinvolto le truppe di terra e le manifestazioni organizzate” <307. Il 29 agosto un memorandum del Pentagono ribadiva: “L’U.S. Chiefs of Staff ritiene fortemente, e il dipartimento di Stato concorda con questo, che nell’eventualità dell’aggressione yugoslava il Comandante Supremo Alleato per il Mediterraneo dovrebbe essere autorizzato ad utilizzare ogni forza militare che possa essere fisicamente disponibile per il compimento della sua missione” <308.
L’11 settembre la Chiefs of Staff Committee avvisava con urgenza l’AFHQ [quartier generale responsabile del controllo delle forze alleate – occidentali – nel teatro del Mediterraneo] di un considerevole rinforzo delle truppe yugoslave al confine con l’Italia, segno della possibilità di realizzazione di un imminente attacco da parte delle forze di Tito. Nel documento redatto dalla commissione si analizzavano le probabili modalità di attacco da parte della Yugoslavia, sottolineando che “le forze aeree yugoslave avrebbero probabilmente una parte di rilievo nelle prime fasi di qualsiasi tipo di operazione gli yugoslavi possano intraprendere contro inglesi e americani” <309. Si tratta di un documento interessante, che mostra la percezione statunitense della minaccia russo-yugoslava di un’invasione dell’Italia, per lo meno della Venezia-Giulia. Il rapporto infatti sottolineava la sicura partecipazione di divisioni sovietiche nel preventivato attacco yugoslavo: “La Russia in ogni circostanza garantirebbe tutta la possibile copertura d’aiuto alla Yugoslavia, probabilmente nella forma di truppe M.V.D.” <310.
L’arrivo del rapporto Clifford-Elsey, il 24 settembre, segnò un altro momento cruciale nella considerazione statunitense della penisola. Le ottantadue pagine del “Russian report”, prodotte su ordine di Truman dai due assistenti alla Casa Bianca, vertevano interamente sui piani di espansione preparati dai sovietici, che a giudizio dei due analisti americani si concentravano proprio sull’ottenimento di un’influenza nell’Europa occidentale: in particolar modo l’obiettivo sovietico si focalizzava sull’Italia, che avrebbe dovuto essere portata sotto l’ombrello sovietico tramite l’azione del partito comunista, e sulla ricerca di un controllo della Grecia, da attuare attraverso l’instaurazione di un governo simile in tutto ai regimi imposti nell’Europa dell’Est <311.
I rapporti provenienti dalla penisola delineavano un crescente pericolo per la stabilità del governo, e soprattutto per la potenziale crescita politica del blocco social-comunista che minacciava di portare legalmente l’Italia fuori dall’ambito atlantico. La percezione statunitense della situazione si concentrava sul rafforzamento dei due partiti della sinistra a danno della Dc, che avrebbe potuto provocare lo scivolamento del paese verso un governo guidato dal Pci e quindi verso un orientamento in politica estera favorevole al blocco sovietico. Il 22 novembre Key inviò un una sorta di avvertimento ai vertici di Washington: la situazione nella penisola si deteriorava ogni giorno di più, e la possibilità di garantire un governo stabile così come la permanenza della presidenza del Consiglio nelle mani di De Gasperi erano a rischio. L’incaricato d’affari presso l’ambasciata di Roma riferiva con preoccupazione i continui “tentativi di screditare il governo” da parte “del partito comunista, sebbene partecipi ad esso” <312. De Gasperi inoltre, riferiva Key, aveva “definitivamente perso la speranza di ottenere una genuina collaborazione inter-partito”, a causa della volontà dei due partiti dell’ala sinistra di provocare uno stravolgimento degli equilibri politici. Il rapporto del CIC, il servizio di controspionaggio militare dell’AFHQ, allegato al telegramma di Key per Byrnes illumina chiaramente la percezione statunitense della prospettiva politica del paese. Il risultato dell’analisi del vertice del servizio segreto militare gettava un’ombra scura sulle possibilità del paese di mantenere un assetto democratico senza essere risucchiato nell’orbita sovietica tramite l’instaurazione di un governo dominato dai comunisti filo-Urss, come nei paesi dell’Europa orientale, o tramite lo scoppio di una guerra civile, come gli avvenimenti greci stavano mostrando proprio in quelle settimane. “L’obiettivo delle sinistre [Leftists] è di forzare la nazione in convulsioni interne provocate dall’insicurezza sociale ed economica, e allo stesso tempo di accreditare la responsabilità al programma dei democristiani, ed eventualmente costringerli a lasciare la posizione di maggior partito all’interno del governo” <313. In linea con l’interpretazione circolante all’interno dell’amministrazione Truman circa i veri obiettivi del partito di Togliatti, l’analisi del Cic evidenziava l’eterodirezione operata sul Pci da parte di potenze straniere: “il programma del partito è stato deciso fuori dalla sfera nazionale”, sottolineava il rapporto. “Nel frattempo, le sinistre organizzano l’opposizione [alla D.C.] tramite la propaganda, l’agitazione sindacale e la provocazione dei gruppi economicamente insicuri”, e tuttavia, a causa del forte radicamento nel tessuto sociale, economico e produttivo del paese di Pci e Psi non era possibile provocare un’espulsione dal governo di alcuna delle due forze politiche, opzione che da quanto espresso nel rapporto era stata chiaramente presa in considerazione a Washington. “I comunisti e i socialisti sono fortemente impiantati non solo nel governo, ma sono ben radicati in gran parte degli strati sociali e produttivi del paese. (…) Per questa ragione, eliminare un importante partito dal governo, sarebbe un invito ad attivare opposizione e sabotaggio politico-economico. Ciò è particolarmente vero relativamente ai comunisti” <314.
Pochi giorni più tardi il segretario di Stato in persona ritenne opportuno concentrare l’azione del suo dipartimento sui segnali sempre più preoccupanti che arrivavano relativamente alla situazione italiana: un’agenzia del governo aveva infatti sottolineato una nuova attività in corso tra il partito comunista e l’ambasciata sovietica, foriera di nuove indicazioni provenienti da Stalin per l’azione del Pci. L’ipotesi di un’azione insurrezionale era fortemente presa in considerazione da Byrnes, che decise di mettere in allerta l’ambasciata a Roma: “Il segretario di Stato – si legge nel telegramma inviato da Byrnes a Key – inoltra per informazione dell’incaricato d’affari un rapporto, con allegato, fornito al Dipartimento da un’altra agenzia del Governo sui contatti tra il Partito Comunista Italiano e l’ambasciata sovietica” <315. Purtroppo l’allegato non è presente nella documentazione conservata, ma è interessante notare come l’attenzione di Byrnes si concentrasse sul legame tra il Pci e l’Urss.
In quel periodo l’attenzione dei policy-makers statunitensi a Washington era concentrata sugli sviluppi della politica interna italiana. Il nuovo turno di consultazioni locali, che si era concluso il 10 novembre con le votazioni di Roma, Napoli, Genova, Torino, Firenze e Palermo, aveva mostrato la tendenza ad un evidente aumento di voti a sinistra, con un predominio del Pci sui socialisti. La Dc ne usciva ridimensionata a vantaggio dei partiti della destra, soprattutto dall’Uomo Qualunque. A Roma la lista democristiana passava dai 218.000 voti registrati il 2 giugno a 103.000 voti, meno della metà. Agli occhi degli analisti del dipartimento di Stato la sconfitta mostrava come la strategia di De Gasperi di governare con le sinistre, cercando di mantenerle in posizione secondaria, avesse finito per alienare al suo partito i consensi dei settori della destra. Il 2 dicembre il capo dell’Ufficio Affari Europei Hickerson inviò un memorandum al dipartimento di Stato per fare un’analisi della situazione creatasi dopo le elezioni amministrative: “Come sapete, le recenti elezioni municipali in Italia hanno mostrato impressionanti guadagni dei Comunisti alle spese dei moderati cristianodemocratici. Questi guadagni riflettono il successo dei costanti attacchi comunisti contro De Gasperi e le potenze occidentali”. <316 Nel memorandum il responsabile per gli Affari Europei continuava poi osservando come la strategia dei comunisti fosse quella di screditare De Gasperi, allo scopo di formare un nuovo governo più spostato a sinistra, e come essi non aspettassero altro che un fallimento del premier DC su qualche questione per poterlo attaccare apertamente. Dunque sollecitava il dipartimento a prendere misure concrete per sostenere il leader democristiano, altrimenti il rischio che l’Italia diventasse un paese comunista sarebbe diventato eccessivamente alto.
[NOTE]
302 NARA, RG 84, Entry 2780, Box 5, telegramma a firma di Stone per il G-5, presso l’AFHQ, datato 5 giugno 1946.
303 NARA, RG 84, Entry 2780, Box 5, telegramma segreto del console generale americano a Firenze datato 18 novembre 1946.
304 NARA, RG 165, Entry 421, Box 87, relazione del Joint Chiefs of Staff intitolata “Use of Italian Army in Event of Hostilities in Northern Italy”, datata 25 luglio 1946.
305 Ivi.
306 A. Offner, Another Such Victory, cit., pp. 170-171.
307 NARA, RG 165, Entry 421, Box 88, direttiva top-secret del Joint Chiefs of Staff, datata 25 agosto 1946.
308 NARA, RG 165, Entry 421, Box 88, memorandum dell’U.S. Chiefs of Staff datato 29 agosto 1946.
309 NARA, RG 84, Entry 2790, Box 3, rapporto del Chiefs of Staff Committee datato 11 settembre 1946, intitolato “Appreciation of the Available Reinforcement for the Yugoslav Forces in North-West Yugoslavia”.
310 Ivi.
311 Cfr. M. Leffler, A Preponderance of Power, cit., pp. 130-138.
312 NARA, RG 84, Entry 2780, Box 5, telegramma di Key per il segretario di Stato intitolato “Evaluation of Italian Government by a Military Intelligence Agency”, datato 22 novembre 1946.
313 Ibidem, rapporto del CIC allegato al dispaccio di Key del 22 novembre.
314 Ivi.
315 NARA, RG 84, Entry 2780, Box 5, telegramma segreto del dipartimento di Stato a firma di Byrnes per lo Chargé d’Affaires Key, datato 29 novembre 1946.
316 FRUS, 1946, vol. V Italy, cit., p. 948, Memorandum segreto inviato dal direttore dell’Ufficio Affari Europei Hickerson al Dipartimento di Stato il 2 dicembre 1946.
Siria Guerrieri, Obiettivo Mediterraneo. La politica americana in Europa Meridionale e le origini della guerra fredda. 1944-1946, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Anno accademico 2009-2010

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2023-07-26

Da questa stagione i calciatori britannici sono considerati comunitari. Cosa cambia per il Milan?
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