Un pezzo da gioco vichingo rivela l’acconciatura “di moda” ai tempi di Harald Bluetooth
Elena Percivaldi
Come portavano davvero i capelli i Vichinghi? A svelarlo potrebbe essere in pezzo da gioco alto appena 3 centimetri, dimenticato per oltre due secoli nei depositi del Museo Nazionale di Danimarca, forse la testimonianza più realistica e “vicina al vero” riguardo all’aspetto che avevano nel X secolo, all’epoca del “mitico” re Harald Bluetooth.
(Photo: ©Roberto Fortuna, Nationalmuseet).La figurina, intagliata in avorio di tricheco – ritenuto uno dei materiali più preziosi del tempo – raffigura il busto di un uomo acconciato con una pettinatura particolare, resa nei minimi dettagli: scriminatura centrale – un po’ come i Longobardi -, onde laterali che lasciano scoperto l’orecchio, capelli corti dietro, grandi baffi, un pizzetto intrecciato e basette in vista.
(Photo: ©Roberto Fortuna, Nationalmuseet).“È straordinario poter contare su una rappresentazione così vivida e a tutto tondo di un vichingo del X secolo. In pratica è un mini-busto: può essere considerato alla stregua di un vero e proprio ritratto”, spiega Peter Pentz, curatore del museo, che ha “riscoperto” l’oggetto in occasione della fase di preparazione di una mostra allestita nel Museo fino al 1° settembre 2027.
(Photo: ©Roberto Fortuna, Nationalmuseet).Hnefatafl, l’antenato degli scacchi
Il pezzo fu rinvenuto nel lontano 1797 in una sepoltura equestre a Viken, presso il fiordo di Oslo, probabilmente di un guerriero vichingo, e apparteneva a un set da Hnefatafl (“tavola del re”), gioco da tavolo strategico – spesso definito impropriamente “scacchi vichinghi” – molto diffuso tra l’VIII e l’XI secolo in Scandinavia e nelle zone con cui i Vichinghi intrattenevano contatti militari e commerciali. Il suo declino fu direttamente proporzionale al successo degli scacchi moderni, che finirono per soppiantarlo nel basso Medioevo: basti pensare, per restare in ambito scandinavo, al celebre set di scacchi – o forse, anche in questo caso, da Hnefatafl – rinvenuti nel 1831 sull’isola scozzese di Lewis: in tutto ben quattro scacchiere e 93 pedine alte circa 10.2 cm, realizzate in zanne di tricheco e denti di balena, risalenti al XII secolo (oggi la gran parte è esposta al British Museum di Londra, mentre undici figurine fanno parte delle collezioni del Royal Museum of Scotland).
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Quanto al pezzo da gioco di Oslo, con ogni probabilità rappresentava il re. Registrato nelle collezioni del Museo nazionale danese con il numero 589, risale alla seconda metà del X secolo, il periodo in cui sul trono c’era Haraldr Gormsson, detto Blåtand (Dente Azzurro, in inglese Bluetooth), noto anche come Aroldo I di Danimarca. Ciò nonostante, il curioso reperto è passato inosservato per oltre due secoli. Ma oggi una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Medieval Archaeology non ne ha riconosciuto appieno l’importanza quale fonte iconografica per le acconciature maschili di epoca vichinga.
Il retro della statuetta (Photo: ©Roberto Fortuna, Nationalmuseet).Capigliature e status sociale
I vichinghi prediligevano motivi animalistici e astratti, molto più raramente la figura umana. Ciò spiega l’importanza della piccola scultura, un vero e proprio ritratto in miniatura. L’accuratezza dei dettagli della capigliatura, addirittura un piccolo ricciolo inanellato sopra l’orecchio, ci fa pensare che simili acconciature fossero un segno di status e identità sociale tra i ceti sociali più elevati, in particolare – come sembra proprio di poter dire in questo caso – per l’élite guerriera e per i capi militari (e i sovrani).
Secondo Pentz, il reperto colma una grande lacuna: “Finora non avevamo testimonianze così dettagliate sulle acconciature maschili vichinghe. Qui invece possiamo osservarne una a tutto tondo, da tutte le angolazioni”. Il che spiega perché sia considerato così… unico.
Per saperne di più
- Pentz, P. (2025). Understanding the Flygstad (Fløgstad) Figurine: Gaming Pieces, Kings, Gender and Fertility Rites. Medieval Archaeology, 69(1), 169–199. https://doi.org/10.1080/00766097.2025.2518811
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