Da mesi non facevo il bollito.
Sta tornando il fresco, e mi solleva tornare ai ricordi, a quelli di casa mia.
Con l’età mi è scoppiata dentro la voglia nostalgica di riprendere, in cucina, alcune tradizioni familiari.
Piatti un po’ datati come le sardine in “saor” con cipolla, ginepro, alloro e polenta. Oppure un fegato alla veneziana affogato nelle cipolle (pesantissimo).
Due o tre volte ho riprovato il cuore, decisamente più consistente, certo, tuttavia mi sentivo quasi un vampiro. Non l’ho più fatto.
Ma anche in altre situazioni recupero usanze dei nonni (il nonno oggi avrebbe 127 anni e la nonna 116, #perdire), sono diventato più superstizioso al punto da raddrizzare le posate anche nel piatto degli ospiti se per caso hanno “fatto croce”.
Poi però la testa va ai giorni freddi dell’inverno, allo slittare con improvvisati slittini in legno sui fossati ghiacciati. Mai finito in acqua.
D’estate in un posto si incrociavano tre grossi fossi, sempre pieni d’acqua e la zona della confluenza mi sembrava larghissima, perennemente ricoperta da un microscopico strato gelatinoso giallastro. È in quella zona che cacciavo le raganelle, con gli amici. Ma questo credo di averlo già raccontato.
Tutto questo me lo sono giocato con la fine della scuola media. Basta campagna e corse: latino e matematica e disegno. Disegno! Io non sapevo tenere una matita in mano. In seconda liceo mi hanno rimandato in disegno. Di tutto un liceo credo di essere stato uno dei pochissimi.
Che imbecille.
Ora mi piace dipingere, pazzesco.
In compenso non gelano più i fossati nei paesi della bassa padovana.

