#poesiaitaliana

2025-10-12

Su itpoetry.org una pagina per Corrado Costa
su itpoetry.org, una pagina per #CorradoCosta : itpoetry.org/authors/costa-cor
da un'idea di sito/wunderkammer di Luigi Ballerini e Fabrizio Bondi
che verrà presentata online il 15 ottobre:
slowforward.net/2025/10
differx.noblogs.org/2025/10/12
#SegnalazioniEAvvistamenti #CorradoCosta #FabrizioBondi #LuigiBallerini #poesia #PoesiaItaliana #PoesiaItalianaContemporanea

2025-10-07

Giovedì scorso al #PalazzoRealediNapoli, nell'ambito del #CampaniaLibriFestival, nello stand del #FUIS - Federazione Unitaria Italiana Scrittori, in dialogo con #CleliaMoscariello, che ci ha spiegato per bene quali fiori le aggradano e lei che fiore è. Sicuramente un fiore che sboccia con i primi freddi! #poesia #poesiaitaliana #poesiacontemporanea #poesiaitalianacontemporanea #libri #letteratura #fiori #rose youtube.com/watch?v=rlSCnSGd6JM

2025-10-04

#CostanzoIoni ormai da oltre un anno non è più tra noi, ma la sua #VedutaLoopardi (ri) vive ed è un po' come se vivesse anche lui... Da la #ReppubblicaNapoli di oggi. Grazie #EugenioLucrezi ! #FerdinandoTricarico #PinoVetromile #poesia #poesiaitaliana #poesiacontemporanea #poesiaitalianacontemporanea #GiacomoLeopardi #Napoli

2025-10-04

#lorosiprovacolfuoco #72, #SanteramoinColle, #Bari, #GianpaoloGMastropasqua parla del suo percorso di poeta, a partire dalla sua complessa formazione: studi di #medicina, di #psichiatria, di #criminologia, ma anche maestro di musica (clarinettista). La sua attività poetica parte proprio dagli stimoli ricevuti dalla #musica, benché naturalmente in essa poi ne emergano altri e molteplici...#poesia #poesiaitaliana #poesiaitalianacontemporanea #poesiacontemporanea #Puglia youtube.com/watch?v=Tti9j_5e0_

2025-09-29

E giovedì prossimo #CleliaMoscariello sceglie la prestigiosa sede del #PalazzoReale di #Napoli per metterci al corrente dei suoi gusti floreali... 🙂🥰 #poesia #poesiaitaliana #poesiacontemporanea #poesiaitalianacontemporanea #rose #fiori

2025-09-27

Potrei amarti così,
in una domenica pomeriggio,
mentre il pensiero fa radici ligio e capriccioso,
sul manto della sera che scende umido e tedioso.

#PoesiaDelGiorno #EmozioniUmide #VersiDelCuore #PoesiaItaliana #MomentiDiVita

2025-09-26

oggi, 26 settembre 2025, “parola plurale” venti anni dopo: seminario della biblioteca pagliarani

cliccare per ingrandire

Oggi, 26 settembre 2025, h. 18:30, incontro online:
La Parola plurale venti anni dopo.
Il genere antologia nel primo quarto di secolo degli anni Duemila

Per seguire il seminario:
meet.google.com/ceu-jjpd-jgw

Interventi di Marilina Ciaco, Claudia Crocco, Riccardo Frolloni, Paolo Giovannetti.
Coordina Marianna Marrucci

*
pdf della locandina leggibile e scaricabile qui:
https://slowforward.net/wp-content/uploads/2025/09/la-parola-plurale-25-anni-dopo_-antologie_-alla-biblioteca-pagliarani.pdf

#antologia #antologie #AssociazioneElioPagliarani #BibliotecaPagliarani #CettaPetrollo #ClaudiaCrocco #genereAntologia #ilGenereAntologia #laParolaPlurale #LiaPagliarani #LucaSossella #LucaSossellaEditore #MariannaMarrucci #MarilinaCiaco #PaoloGiovannetti #ParolaPlurale #poesia #poesiaContemporanea #poesiaItaliana #poesiaItalianaContemporanea #poesie_ #RiccardoFrolloni #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #seminario #Sossella

L'Ombra delle Parole Rivista Letteraria Internazionalelombradelleparole.wordpress.com@lombradelleparole.wordpress.com
2025-09-25

Edith Dzieduszycka, “via col tempo”, autoantologia, Genesi, Torino, 2025 pp. 416, € 23. Lettura di Marie Laure Colasson

Il dolore come lingua, la voce come traccia, la voce dell’assenza

Con l’autoantologia via col tempo, Edith Dzieduszycka ci consegna un libro che non è solo la raccolta delle sue stagioni poetiche, ma il diagramma di un percorso esistenziale e linguistico che si snoda dal 2007 fino al 2025. La sua scrittura è intensa e crudele; «monumentale caleidoscopio», la definisce Silvio Raffo nella Introduzione. Edith mette in scena un dialogo continuo con l’assenza, con il vuoto spalancato che la vita le ha consegnato fin dall’infanzia, quando l’arresto dei genitori e la morte del padre a Mauthausen hanno inciso uno stigma originario.
Il tono della sua voce è quello di un discendente dell’«ectoplasma montaliano», ma con in più la tenacia e la volontà di penetrare nel fondo dell’Enigma dell’esistenza con una lingua che sembra provenire da un altrove, che trattiene, scuote il lettore e lo lascia andare dopo avergli confitto l’aculeo del trauma, che si mostra come colloquio con un Estraneo, con quell’Ultroneo che intorbida e infirma la coscienza di Edith. Non un io lirico centrato che parla delle proprie adiacenze e pertinenze, dunque, ma un soggetto scarnificato, inchiodato nell’esistenza che incute angoscia con la sua sola presenza-assenza.
Ha scritto Giorgio Linguaglossa: “La modalità linguistica dell’«ectoplasma» racchiude l’espressione di questo vulnus nel luogo che ab initio ci è stato assegnato: il colloquio con l’Estraneo che abita il «luogo» della coscienza, quell’Ultroneo che intorbida e annebbia la «voce» della coscienza. La «voce» della Dzieduszycka si dirige verso il fondamento ma deve fare i conti con la questione del fondamento che è, afferma Agamben, comunque, indicibile e irriducibile, anticipa già sempre l’uomo parlante, gettandolo in una storia e in un destino epocale”.
Esemplari, in questo senso, i versi di L’oltre andare (2008):

«Proviamo
dell’assenza
del vuoto spalancato
a cogliere l’essenza
proviamo ad estrarre
dal cuore del silenzio
l’ammutolito grido».

Qui la parola si fa traccia del non detto, tentativo di nominare ciò che resta inafferrabile, indicibile: l’assenza dell’altro, la perdita che non si ricompone.
In Nella notte un treno, l’io poetico si identifica con la figura della «bambina di ghiaccio» simbolo dell’infanzia violata:

«Bambina di ghiaccio oramai silenziosa
la tua anima
d’indelebile inchiostro hanno segnato
e sporcato lo sguardo
che prima di allora sulle cose posavi
rubato l’innocenza
strappato le radici».

L’esperienza biografica si trasfigura così in una parabola universale: il male storico diventa ferita linguistica, traccia che informa la parola poetica.
Accanto al tema della memoria, emerge con forza quello del tempo: non il tempo lineare, ma quello franto e circolare che accompagna la perdita. Così in Diario di un addio:

«Prima
non m’importava
né del tempo che fa
né del tempo che va
ora
la nuvola
mi pesa come cappa
il sole mi offende».

La Dzieduszycka non teme la nudità espressiva, la sua è una parola scabra, che rifiuta l’ornamento per farsi lama e balsamo, confessione e documento. In Paura lo dichiara con chiarezza:

«Tutti per consolarmi
mi dicono Vedrai
col tempo passerà
questo grande dolore.

Ma non voglio che passi
ché se il mio dolore
lo lasciassi sfuggire
sarebbe perderti
un’altra volta ancora».

Il lutto, allora, non si supera: diventa sostanza della parola. La poesia si fa durata, persistenza, testimonianza dell’esserci.
Tuttavia, accanto a questa dimensione elegiaca, vi è anche in alcuni momenti lo spazio del gioco e dell’apertura. In Cellule, raccolta bilingue del 2014, la voce si concede un respiro più ampio, in dialogo con altre arti e registri:

«Sulla riva dei tuoi sogni
approda una galera
vele estenuate
dopo lontani viaggi».

Versi che mostrano la natura anfibia e anfibologica della sua lingua, sempre sospesa tra due mondi: il francese e l’italiano, il quotidiano e il metafisico, la confessione e l’enigmatica rarefazione.
In definitiva, questa antologia ci mostra una poetessa che abita la radura spoglia dove l’essere si dà e si sottrae al tempo stesso. Una voce che non consola ma interroga, non spiega ma testimonia. Una voce ectoplasmatica, sì, ma necessaria: perché ci ricorda che il fondamento — pur restando indicibile — continua a interpellarci e a chiedere ascolto.
Non un io lirico centrato, dunque, ma un soggetto scarnificato che testimonia senza possedere.

La Dzieduszycka non teme la nudità espressiva, la sua è una parola nuda, scabra, che rifiuta l’ornamento per farsi lama e balsamo, confessione e documento. In Paura lo dichiara con chiarezza:

«Tutti per consolarmi
mi dicono Vedrai
col tempo passerà
questo grande dolore.

Ma non voglio che passi
ché se il mio dolore
lo lasciassi sfuggire
sarebbe perderti
un’altra volta ancora».

D’origine francese, Edith de Hody Dzieduszycka nasce a Strasburgo dove compie studi classici. Lavora per 12 anni al Consiglio d’Europa. Nel 1966 ottiene il Secondo Premio per una raccolta di poesie intitolata Ombres (Prix des Poètes de l’Est, organizzato dalla Società dei Poeti e artisti di Francia con pubblicazione su una antologia ad esso dedicata). In quegli anni alcune sue poesie vengono pubblicate sulla rivista “Art et Poésie” diretta da Henry Meillant; contemporaneamente disegna, dipinge e realizza collage. La prima mostra e lettura dei suoi testi vengono effettuate al “Consiglio d’Europa” durante una manifestazione del “Club des arts” da lei organizzato insieme ad alcuni colleghi di varie nazionalità di quell’organizzazione. Nel 1968 si trasferisce in Italia, Firenze, Milano, dove si diploma all’Accademia arti applicate, poi a Roma dove vive attualmente. Oltre alla scrittura, negli anni ’80 riprende la sua ricerca artistica (disegno, collage e fotografia), incoraggiata da Enzo Bilardello, Marco Di Capua, Mario Giacomelli, Duccio Trombadori, André Verdet e altri ancora. Vengono organizzate molte sue mostre personali e partecipazioni a collettive in Italia e all’estero. Continua a scrivere. Diario di un addio (Passigli 2007), dedicato a suo marito “Michele”, deceduto nel 2005, è il suo primo libro scritto direttamente in italiano. Da allora ha pubblicato numerose sillogi di poesia, raccolte di haiku, romanzi, racconti, fotografie, ottenendo premi e riconoscimenti in Italia e all’estero.

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Poesie scelte dall’antologia

1. Sospesi (da Diario di un addio, 2007)

Imperioso si sta facendo il tempo
più vicina la scadenza
lo presenti?
ancora non sembra
Mai te lo potrò chiedere
mai lo so me lo dirai
Rimarremo sospesi così
nell’incanto malefico
senza trovare la forza del distacco
il coraggio dell’addio.

2. Paura (da Diario di un addio, 2007)

Paura del giorno in cui scomparirà
la tua immagine
sbiadita sbriciolata.

Tutti per consolarmi
mi dicono Vedrai
col tempo passerà
questo grande dolore.

Ma non voglio che passi
ché se il mio dolore
lo lasciassi sfuggire
sarebbe perderti
un’altra volta ancora.

3. Proviamo (da L’oltre andare, 2008)

Proviamo
dell’assenza
del vuoto spalancato
a cogliere l’essenza

proviamo ad estrarre
dal cuore del silenzio
l’ammutolito grido
nell’onda scivolato…

4. Bambina di ghiaccio (da Nella notte un treno, 2009)

Bambina di ghiaccio oramai silenziosa
la tua anima
d’indelebile inchiostro hanno segnato
e sporcato lo sguardo
che prima di allora sulle cose posavi
rubato l’innocenza
strappato le radici
portando in un altrove lontano e sconosciuto
padre e madre rapiti venduti dal vicino.

5. L’onda (da L’oltre andare, 2008)

L’onda non lo sa
dove va a morire
qui, forse, più in là
maestra inafferrabile
furibonda e passiva
allarga il suo manto
lo ritira, lo sfrangia
sulla pelle fremente
di spiagge stupefatte.

6. Sur la rive de tes songes (da Cellule, 2014)

Sulla riva dei tuoi sogni
approda una galera
vele estenuate
dopo lontani viaggi…

7. Stupore (da Diario di un addio, 2007)

Ti rivedo.
Luoghi momenti delle nostre giornate
ferita che pulsa
sempre si riaccende il mio stupore
di pietra mi diventa il ventre
annebbiata la vista
salate le guance.

Sarà questo il dirsi statua?
Sarà questo trovarsi blocco gelido
concentrato, duro e solitario
sentirsi fragile, inapprodabile?

8. Singolare (da In fondo, 2025)

Spaziali certe distanze
dovute all’improvviso
agli eventi imprevedibili della vita
Distanze siderali
che chiudono le porte
tra un corpo e l’altro
distanze calcolabili
a secondo del caso
in onde fuggitive
o tempeste vibranti
in un bicchiere d’acqua.

#Agamben #antologiqa #EdithDeHodyDzieduszycka #giorgioLinguaglossa #MarieLaureColasson #PoesiaItaliana

2025-09-25

Brucia questo falso amore
affogato tra le lacrime del fiume
e piange disperata l'anima sola.

#Poesia #AmorePerduto #Dolore #FalsoAmore #AnimaSola #PoesiaItaliana #unopoesia #unolibri @libri @libri@feddit.it @libri@poliverso.org

2025-09-24

#lorosiprovacolfuoco #71, #Monopoli, #Bari, #MariaGraziaPalazzo racconta il suo percorso di formazione e quello poetico: la sua è una poesia civile nel senso più alto del termine, facendosi spesso atto di accusa verso le logiche di oppressione contemporanea, ma anche una #poesia assai attenta alle ragioni del linguaggio - tipici sono i ossimori che si trasformano in parole composte e quindi in neologismi... . #Puglia #MartinaFranca #poesiaitaliana teologia youtube.com/watch?v=QyX3EpCQYA

2025-09-21

26 settembre 2025, “parola plurale” venti anni dopo: seminario online della biblioteca pagliarani

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26 settembre 2025, h. 18:30, incontro online:
La Parola plurale venti anni dopo.
Il genere antologia nel primo quarto di secolo degli anni Duemila

Per seguire il seminario:
meet.google.com/ceu-jjpd-jgw

Interventi di Marilina Ciaco, Claudia Crocco, Riccardo Frolloni, Paolo Giovannetti.
Coordina Marianna Marrucci

*
pdf della locandina leggibile e scaricabile qui:
https://slowforward.net/wp-content/uploads/2025/09/la-parola-plurale-25-anni-dopo_-antologie_-alla-biblioteca-pagliarani.pdf

#antologia #antologie #AssociazioneElioPagliarani #BibliotecaPagliarani #CettaPetrollo #ClaudiaCrocco #genereAntologia #ilGenereAntologia #laParolaPlurale #LiaPagliarani #LucaSossella #LucaSossellaEditore #MariannaMarrucci #MarilinaCiaco #PaoloGiovannetti #ParolaPlurale #poesia #poesiaContemporanea #poesiaItaliana #poesiaItalianaContemporanea #poesie_ #RiccardoFrolloni #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #seminario #Sossella

Giuseppe Ceddìateach77
2025-09-20
Giuseppe Ceddìateach77
2025-09-12

Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

2025-08-24

Visto che in questi giorni si è tornato a parlare di decoro e dei suoi nemici...
Da #Terrestridadozione (#EdizioniProgettoCultura, 2021)... #poesia #poesiaitaliana #poesiacontemporanea #poesiaitalianacontemporanea #decoro #occupazioni #sindaci

2025-08-16

Online il mio contributo alla rubrica "La poesia prima della fine del (o di un) mondo" a cura di #RitaPacilio sul blog #Lapoesiaelospirito di #FabrizioCentofanti. Fin da molto piccolo ho avvertito fini di mondi e sono spesso stato tentato di crederle fini del mondo. Da questo parto per la mia riflessione in prosa. Seguono due inediti in versi...
P.S.: E buon Ferragosto fatto! #poesia #poesiaitaliana #poesiacontemporanea #poesiaitalianacontemporanea #spirito lapoesiaelospirito.it/2025/08/

L'Ombra delle Parole Rivista Letteraria Internazionalelombradelleparole.wordpress.com@lombradelleparole.wordpress.com
2025-07-11

Stroncatura di una poesia di Maurizio Cucchi. Lettura di Giorgio Linguaglossa. Un testo che non conosce gli oggetti. Non gli interessano gli oggetti. Retropensieri di una retropia, o retropie di retropensieri…

(Marie Laure Colasson, présence, acrilico, 30×30, 2025)

Giorgio Linguaglossa
(12 giugno 2019 alle 11:16)

Siamo inesorabilmente invasi dalle parole «piene», le parole comunicazionali che troviamo in tutti i libri di poesia e di narrativa che si stampano oggi, analoghe a quelle che usiamo tutti i giorni nei nostri commerci quotidiani. Le parole «piene», quelle di Salvini, dei Vannacci, di Telemeloni, le parole della propaganda politica, della pubblicità & company vogliono essere seduttive, si rivolgono al proprio elettorato, al proprio uditorio, ai propri followers, chiamano a raccolta, imperative in quanto soliloquiali, piene di significato soliloquiale, piene di steccati soliloquiali.

No, le parole della poesia sono un’altra cosa, esse sanno di essere deboli e fragili, sanno di non poter contare sul proprio statuto di verità ontologica, sanno di poggiare su una ontologia meta stabile, soggetta alla mutazione, soggetta al toglimento, alla de-coincisione.

A me francamente fanno sorridere le certezze dei poeti della domenica, quelli che mi dicono: «ma come fai a togliere l’io da una poesia?».

Ecco, dinanzi a questa domanda da commercialista io non ho nulla da dire. Cosa potrei dire? Tutti gli ultimi libri di Maurizio Cucchi sono il discorso di un io plenipotenziario che parla di se stesso e con se stesso: io di qua, io di là, io così, io colà. Penso che se l’autore mette dappertutto l’io, ne sarà pur convinto, sarà in buona fede, forse pensa che l’io sia un passepartout che apre tutte le porte. Io invece penso che l’io chiuda tutte le porte. Chiude tutti i discorsi invece di aprirli.  Li chiude in quanto convinto della coincidenza tra l’io e l’esserci, perché crede ingenuamente nell’eternità e nella bontà glossologica dell’io. Cucchi adotta il senso comune del volgo. Infatti, l’io si basa su questa credenza popolare: l’io è vero e degno di fiducia, tutto il resto è falso, o può risultare falso. Opinione accettabilissima per il senso comune acritico, ma priva di qualsiasi significato filosofico.

È chiaro che un “io” di questo genere userà soltanto parole «piene», parole «vere»; dividerà le parole: di qua le parole vere e piene, di là le parole non-vere e non-piene.

Oggi la poesia la si scrive avendo in mente i propri followers

Questa che segue è una poesia di un noto poeta italiano, autore di 11 libri di poesia, Maurizio Cucchi. La prendo come parametro di quello che dicevo sopra. La composizione inizia con la descrizione del pensiero dell’io, poi passa alla auto fustigazione di «noi animali» (sic), per poi proseguire con una ruminazione mentale oziosa e peregrina, vacua, irrisoria, che vorrebbe additare ad un pensiero profondo, alla eternità del dopo la morte: «E laggiù dove andrò, remoto», cui segue tutta una infiorettatura di pensierini irrisori, irrisolti e gratuiti estrapolati dalla camera più segreta «nell’ultimo conato» dell’io.

Ecco, qui siamo in presenza di quello che intendevo dire quando parlavo di «parole piene», di parole ad uso di tutti, di parole faccendiere, affaccendate in quanto proiezione di un “io” che non nutre neanche del beneficio del dubbio cartesiano; un “io” nascosto, ascoso in chissà quale profondità della mente. Lo dice il testo stesso, all’io «piace… assaporare la più elementare forma di dominio». Sì, è vero, questa volta ha ragione Cucchi, qui si tratta del «dominio» vero e proprio, del dominio delle «parole piene», risolutorie che si rivelano, al contrario, nei testi essere parole vacue, ingorde, irrisorie, fideiussorie: Le parole della poeticità debole nell’epoca del presentismo mediatico.

di Maurizio Cucchi

Troppo spesso – pensavo – troppo,
troppo spesso noi animali ci affidiamo
alla bontà curiosa della nostra indole.

E laggiù dove andrò, remoto,
nella patetica smorfia verticale muore
l’impronta, e non lo sa, e replica
se stesso, ancora, nell’ultimo conato
costruttivo. Del resto
ci piace assaporare, puerili,
la più elementare forma di dominio,
espressione del nostro costume
e la natura ci ingombra, ci pesa ma consiglia
le terre più estreme, dove l’attrito procede
e si consuma ancora più violento
e fisico, più naturale.

Se si legge con attenzione, ci accorgiamo che non è citato nemmeno un oggetto, tutte le espressioni appartengono al genere “astratto” del si dice di ciò che non si dice, del non si dice di ciò che si dice. Parole che appartengono ad una vecchia ontologia del novecento rimasticata e rispolverata, riverniciata di fresco. Parole che appartengono al genere della decrescita culturale felice, felice in quanto acritica, del soliloquio che è sito in un angolo remoto della mente: nell’Io plenipotenziario. Una ruminazione fine a se stessa che parla di «dominio», che vorrebbe riuscire moralistica, che ci parla con il suo tono assertorio, regolatorio, che in realtà parla a se stessa, non parla mai al lettore. È un testo che non conosce gli oggetti. Non gli interessano gli oggetti. Retropensieri di una retropia, o retropie di retropensieri, fate voi. Anzi, mi correggo, retrovie di retropie…

Senza l’Immaginario il Reale non sarebbe abitabile

È questa riflessione di Lacan che mette a soqquadro la posizione geometrale cartesiana di un soggetto logico che abita uno spazio neutro. Il Reale per poter funzionare come oggetto del godimento e della rappresentazione deve essere supportato dall’Immaginario. Per la nuova poesia e il nuovo romanzo il Reale va vestito, mascherato, fantasmatizzato. Appunto, fantasmatizzato. Abitare il Reale presuppone sempre abitare l’Immaginario, implica la possibilità di abitare più temporalità e più spazi, moltiplicare l’Io tramite la convocazione di sosia e di avatar. Assegnare alle spazialità proprietà propulsive implica poter riconoscere i bordi, le sfrangiature, le cuciture, i confini, le cicatrici dello spazio, e sarà su questo spazio che il linguaggio poetico può operare delle piegature, delle cuciture, dei tagli, delle foderature, dei nodi.

Il periscopio della nuova poesia

dovrà quindi necessariamente virare dalla vita intima a quella esterna. l’interiorità del soggetto non è altro che una esteriorità rovesciata su se stessa. Il linguaggio poetico critico dovrà appuntare la sua attenzione non solo sulla vita interiore ma anche e soprattutto sugli abiti, sulle maschere, sui soprabiti, sui cappelli ornamentali, sulle passamanerie fantasmatiche e passare dalla vita presuntuosamente intima del soggetto a quella dell’extimità del soggetto stesso, di ciò che sta al di fuori del soggetto, in lontananze che per la geometria cartesiana sarebbero abissali ma che per la geometria degli spazi topologici invece sono vicinissime. L’abito come manufatto linguisticamente topologico implica che esso è fatto di proiezioni dell’Immaginario, con conseguenti attese, rimozioni, ribaltamenti, deviazioni del desiderio, deviazioni del godimento; abito inteso come costumi, comunità di linguaggi, esoscheletro. In ultima analisi abito linguistico come abito del Politico. In una parola: abito come creazione da parte di una particolarissima sartoria teatrale, allestimento plurilinguistico, plurifantastico e plurifantasmatico. Perché un nuovo abito linguistico designa sempre un nuovo soggetto politico.

Maurizio Cucchi è nato nel 1945 a Milano, dove vive. Ha pubblicato i libri di poesia: Il disperso (Mondadori, 1976, e Guanda, 1994), Le meraviglie dell’acqua (Mondadori, 1980), Glenn (San Marco dei Giustiniani, 1982, Premio Viareggio), Donna del gioco (Mondadori, 1987), Poesia della fonte (Mondadori, 1993, Premio Montale), L’ultimo viaggio di Glenn (Mondadori, 1999), Poesie 1965-2000 (Mondadori, 2001), Per un secondo o un secolo (Mondadori, 2003), Jeanne d’Arc e il suo doppio (Guanda, 2008), Vite pulviscolari (Mondadori, 2009), Malaspina (Mondadori, 2013), Paradossalmente e con affanno (Einaudi, 2017), Sindrome del distacco e tregua (Mondadori, 2019). In prosa: Il male è nelle cose (2005), La traversata di Milano (2007), La maschera ritratto (2011), L’indifferenza dell’assassino (2012). Ha inoltre curato un’antologia di “Poeti dell’Ottocento” (1978), il “Dizionario della poesia italiana” (1983 e 1990), e, con Stefano Giovanardi, l’antologia “Poeti italiani del secondo Novecento” (1996). Ha diretto per due anni la rivista “Poesia” (1989-1991).

#giorgioLinguaglossa #Immaginario #Lacan #MarieLaureColasson #maurizioCucchi #NuovaPoesia #poesia #PoesiaItaliana #présence #Reale

2025-07-08

Leggo "(H)o(t)tanta voglia di (de)crescere" ad #Ercolano, durante una allegra tavolata di poeti. #poesia #poesiaitaliana #poesiaitalianacontemporanea #poesiacontemporanea youtube.com/shorts/htARdxCneyA

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