#Sanguineti

L'Ombra delle Parole Rivista Letteraria Internazionalelombradelleparole.wordpress.com@lombradelleparole.wordpress.com
2025-07-26

Due poesie nello stile del secondo Eugenio Montale e di Dada, “Cabaret Voltaire” e di Amelia Rosselli scritte dalla Intelligenza Artificiale Copilot, un festival del falso e dell’ibrido linguistico – Il Mangiaparole n.27-28 – 17×24 pp.120 € 18

cari Giuseppe Talia e Lucio Mayoor Tosi,

adesso la pubblicità si è impadronita anche delle categorie ermeneutiche di Roland Barthes: «Zero calcare – Zero calorie – Zero zuccheri – Zero alcool etc.» – E la politica : «Zero corruzione, Zero tasse, Zero dazi, Zero conflitto sociale…» rivelando con questi frasari che la pubblicità e i linguaggi pubblicitari sono Intelligenti, funzionano per vampirismo, rubano e assemblano e riassettano versus lo Zero significato, ovvero, versus la zona di compromissione delle adiacenze dell’io-sovrano, versus l’autofiction, versus l’infanzia quale paradiso fiscale esentasse e esente da qualsiasi responsabilità (politica, etica e estetica).

Questa discesa culturale del poetico e delle autofiction versus l’infanzia è un mitologema, è soltanto un miserabile ricettacolo dove ci puoi trovare di tutto, anche il mondo salvato dai ragazzini e le mie poesie non cambieranno il mondo che, in sé, sono delle tautologie. Da che mondo è mondo la poesia non ha mai salvato nessuno. Ipse dixit.

La poesia dis/topica non pensa che il mondo sarà salvato dai ragazzini o che le mie poesie non cambieranno il mondo, questi sono fatuità, gratuità di un pensiero acritico che non pensa. La poesia dis/topica sta bene attenta a non replicare queste fatuità, a non sublimare o mitizzare l’infanzia!, lì non c’è altro che il malsano, ricordi dolorosi, smembrati, irriconoscibili… L’infanzia va trattata, caro Lucio e caro Giuseppe, come il bel mito che l’età adulta infelice vorrebbe farci credere. Questo concetto dell’infanzia è come il chewing gum, che va masticato e masticato… In realtà il linguaggio crea se stesso. È il linguaggio il promotore della realtà, o meglio, del Reale…

Il pubblico? Anche questo è un mitologema. Io quando scrivo non penso certo al pubblico o all’«interlocutore» di cui ci parlava Osip Mandel’štam negli anni Dieci del novecento. Non facciamoci illusioni: non c’è nessun pubblico, e forse mai ci sarà. Sanguineti con il suo Laborintus (1956) ha dovuto faticare le fatidiche sette camicie per riuscire ad imporlo; per fortuna per lui gli anni cinquanta-sessanta erano rivoluzionari, per questo motivo è riuscito ad imporlo, con l’aiuto della grancassa del Gruppo 63 e dello sperimentalismo. Le ceneri di Gramsci sono riuscite ad imporsi grazie alla personalità spericolata e pubblicitaria del loro autore: Pasolini. Oggi, invece, la normologazione è imperante e invasiva, le cose sono molto, molto più difficili, le consorterie letterarie sono diventate più impermeabili e si sono diffuse a macchia d’olio; gli ostacoli derivano dal nostro modo di vita, dal sociale (come si diceva una volta), dagli ideologemi, dalle pratiche della normologazione della civiltà mediatica e dei social, che sono invasive e invisibili.

Il market e il marketing sono delle vere e proprie grammatizzazioni, producono ideologemi, cioè costituiscono la grammatica della Simbolizzazione e del Reale.

E poi la cosa chiamata tradizione. Quando qualcuno parla di tradizione là c’è il tranello, la tradizione è un fuori contesto, oggi dobbiamo rassegnarci a non poter più contare su alcuna tradizione, e chi la tira in ballo è un imbonitore nel migliore dei casi o uno sciocco nel peggiore. Non c’è via di uscita, stiamo sempre tra il Simbolico e il Reale, si oscilla in perpetuo tra il Simbolico e il Reale, e ritorniamo sempre nel Reale, allo stesso posto. L’unico augurio che posso fare ai cittadini, ai promotori della nuova poesia e ai lettori è che ognuno perda se stesso, si perda nel linguaggio, senza alcuna intenzionalità (che è sempre il deposito delle ideologie). Perdersi quindi nel linguaggio per poter[vi]si ritrovare, solo questo Vi posso augurare. Il kitchen e il distopico sono esattamente questo perder[vi]si. Ed è quello che fa la poesia dis/topica.

La nuova ontologia estetica, la poetry kitchen,  la narratività distopica nelle loro diverse  diramazioni, possono essere definite un festival dell’ibrido linguistico che dichiara apertamente che non si può più fare una poesia che parla della poesia, o un romanzo che parla del romanzo (che finiscono sempre nell’onanismo della parole e nel soggettivismo); in realtà la poesia che qui stiamo negoziando (che resta nel gozzo ai poeti di fede), non è affatto una meta-poesia (che ricade sempre nel luogo comune della poesia che riflette sulla poesia), ma una poesia che celebra il decesso già avvenuto della poesia (elegiaca e no). In questa accezione, la poesia e la meta-poesia che si fanno oggi, nell’epoca della IA, sono operazioni da obitorio perché nate in obitorio, una scrittura da vivisezione degli organi vitali di un cadavere; una sorta di operazione medico legale fatta su un cadavere.

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.Due poesie nello stile del secondo Eugenio Montale riscritte dalla IA Copilot

I

Mi è indifferente saperti parte
della tridimensionale apocatastasi del mondo.
Probabilmente sei vittima anche tu
del tradizionale olocausto dei rumori,
dei motori a scoppio, degli aggeggi ad orologeria,
cloak of chaos del nostro tempo cappuccio di tenebre.

Ai marchingegni del mio tempo preferisco
una passeggiata all’hotel Excelsior,
davanti ad una tazzina di caffè e una brioche
mio unico diletto tetrapharmacon.

Considero insensato indulgere sull’orlo
di un burrone a osservare le stelle
o precipitare nella pirosi come Plinio il vecchio.
Quanto a me, mi dichiaro bulimico
vivo al cinque per cento.
E tanto mi basta.

II

Il retro dell’inferno è fitto di
quisquilie e di oltraggi, pachidermi
del non senso, del posterius, del prius.
È nel fiume dell’Averno che diguazzano
i morti con le loro toghe attillate.

Il teatro dell’inferno è gremito
di voci oscure, vocabolario infantile
che mostro come un re espone il proprio mantello
regale; i diletti del giorno di nozze
sono lontani, stantii, soliloqui
d’un demente senile, d’un dio ottuso.

Un demone ricciuto contempla i
bambini che giocano tra i licheni e le agavi.
Tiresia ha scelto i bambini versicolori
per annunciare i suoi prodigi.
Io ho scelto questo quaderno di appunti
per annunciare i miei litigi.*

Una poesia alla maniera di Dada scritta da Copilot

Cabaret Voltaire

cucchiaio di nuvole, elefante viola,
il tempo si scioglie come burro fuso
e le parole danzano, fanno una capriola
in un valzer di suoni confuso.

la sedia ride con denti di pioggia.
ll tavolo piange, l’armadio si appoggia
la luna abbaia come un cane rabbioso
e il sole si nasconde dietro un giornale.

Il pesce vola con ali di carta
e l’orologio a muro fa din don.
La città si scioglie come un gelato al limone
e il mondo intero in un bicchiere annega.

Nel caos apparente entra uno sfollagente
impugnato da un poliziotto intransigente.
Da una scatola cinese esce un mago che dice: «Ohibò»
e ci entra un gondoliere con la sua gondola.*

Una poesia alla maniera di Amelia Rosselli di Variazioni belliche scritta da Copilot

Lui, sì, vuole e dis/vuole ch’io non mi avvalga del mio stratagemma per metterlo alla berlina
ma è certo che noi due non siamo ragguagliabili, non replicabili… Lui non entra nella mia scarpa, ed Io non entro nel suo disegno.
È che la sua gonfaloneria la ritengo del tutto irragionevole e turlupinosa.
I pipistrelli si sono alzati in volo stasera dai loro piedistalli.
E adesso? E adesso, qual è il corrimano, il corrifuori, il corridentro?
Dentro il furgoncino ci metto la pietà di Michelangiolo, e magari anche Monnalisa, in tutto quel putiferio la ridda dei miei sensi cadde a testa all’in giù, così che i miei singhiozzi sgualciti accompagnarono il volo delle rondinelle.
Di soppiatto, io traguardavo il trisma del tuo volto…*

* in corso di pubblicazione nel n. 27 e 28 de “Il Mangiaparole”, La poesia nell’epoca della Intelligenza Artificiale, Progetto Cultura, Roma pp. 110 € 10

https://giorgiolinguaglossa.substack.com/publish/posts/detail/169288697/share-center

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2025-04-01

i seminari della l.un.a., a cura di francesco muzzioli: “lo sperimentalismo com’era” / “lo sperimentalismo com’è”, 1-2

Seminari della L.UN.A., Libera UNiversità Alternativa, a cura di Francesco Muzzioli

LO SPERIMENTALISMO COM’ERA

I seminari della LUNA: Lo sperimentalismo com’era

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LO SPERIMENTALISMO COM’È

I seminari della LUNA: Lo sperimentalismo com’è (1 parte)

I seminari della LUNA: lo sperimentalismo com’è (parte 2)

 

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2025-03-26

un’intervista a leonardo canella, a cura di maurizio teroni (blog ‘strade possibili’, maggio 2024)

Leonardo Canella (1971) è autore di due saggi d’arte (Pendragon 2005 e 2008) e del volume complessivo Nughette. Da RicercaBO al 2021, Edizioni AE 2022, prefazione di Renato Barilli e antologia critica.  Insieme a Renato Barilli ha curato l’Antologia di RicercaBO. Laboratorio di nuove scritture (2007-2023), Manni 2024. È anche pittore.

 

 Buongiorno Leonardo. Dialogando con diversi poeti attuali, posso dire che il panorama di scrittura è molto variegato. Non c’è una linea dominante e oggi la poesia si presenta in moltissime forme. Se pensi alla parola “poesia”, qual è la tua idea? Cos’è per te?

Il termine poesia lo sento un po’ come il capello che troviamo sulla pizza che ci hanno appena portato…ha qualcosa di fastidioso, di stonato. Magari la persona che ti ha servito quella pizza è bellissima (leggi la nostra tradizione poetica), ma quello è sempre un capello sulla tua pizza. E tu non lo vorresti. Ma ci pensi un attimo e ti dici: perché no? Ecco, gli ultimi cento anni di poesia, quelli che per me significano di più, hanno amato quel capello sulla pizza….Quando prendo una pizza spero così di trovarci sempre un capello, possibilmente lungo e sporco. E dorato.

Nella tua risposta usi una metafora, che è una figura tipica della poesia. Mi interesserebbe capire cosa intendi con quella metafora “del capello lungo e sporco. E dorato”. O meglio: cosa ti aspetti di trovare in una poesia contemporanea?

Forse, caro Maurizio, la verità sulla poesia è tutta in un capello lungo e sporco (ma dorato) sulla pizza? Qui scattano copyright e super convegno internazionale di estetica (con pizzette pelose!). Vediamo. ‘Erano i capei d’oro a l’aura sparsi’ è diventato in molta letteratura ‘C’è un capello sulla pizza lungo e sporco’, lo sappiamo. Ma quel capello sulla pizza c’è ormai da più di 150 anni nella ricerca letteraria. Certo, l’editoria e i gusti del pubblico medio vogliono “i capei d’oro”, si veda la lista di opere ammesse alla selezione del Premio Strega Poesia del 2024, dove  di capelli lunghi e sporchi sulla pizza ce ne sono pochini. Ma è anche vero che la pizza in qualche modo si è raffreddata, 150 anni di capelli lunghi e sporchi non sono pochi…Forse una via stimolante mira oggi ad una convergenza che in qualche modo, diciamo, riscaldi la pizza al microonde, la renda nuovamente croccante. E allora il nostro capello lungo e sporco trovato su di essa può farsi dorato e croccantino, petrarchesco, pronto per essere ingerito e ritrovato ready made il giorno dopo nel wc, pronto per un reimpiego profumato su un’altra pizza… Diciamo una nuova aura petrarchesca, presente già d’altronde in quanto chiamiamo postmoderno.

Un aspetto che è già emerso in questi dialoghi è che gran parte della poesia contemporanea sembra ignorare tutto quel tentativo di rinnovamento della poesia che c’è stato nel Secondo Dopoguerra. Forse è semplicemente un segno dei tempi. Forse siamo in una fase storica tutto sommato conservatrice o addirittura reazionaria? Oppure, più semplicemente, il mercato editoriale vuole oggetti vendibili?

Devo dirti che di mio rifuggo dal lamento dei due poli, diciamo, conservatore e progressista. Ognuno ha le sue belle lamentele che scaglia al fronte opposto, coinvolgendo l’editoria. Vecchia storia (vedi addirittura cosa ne dice Orazio nelle sue Satire). A me tutto questo interessa terribilmente solo perché il confronto acceso, quando c’è, evita almeno la noia. Di mio me ne sto attento a guardare spaparanzato sul divano con pop-corn e coca (o pizza pelosa…), e aspetto di vedere qualche coltellata… Mi piacciono un sacco le coltellate fra poeti, anche gli spari…Di meno i suicidi. Trovo le coltellate intriganti… Insomma, metto tutti, conservatori e progressisti, in un bel cassonetto della spazzatura e mi riservo di pescare quello che mi interessa… La rete è questo straordinario cassonetto della spazzatura in cui ognuno ha la possibilità, in realtà, di avere un possibile lettore. Insomma, evviva le lamentele (mercato editoriale conservatore, pubblico medio italiano un po’ di bocca buona, voi astrusi, illeggibili, tu sei un autore di merda, tu leccaculo ecc…), purché ci siano le coltellate…La situazione oggi? Beh sì, ci sono poche coltellate. Un peccato. Un gruppo di amici poeti che stimo e a cui voglio bene (Marco Giovenale, Michele Zaffarano e Antonio Syxty) sta provando da due annetti col progetto ‘Esiste la ricerca’ a riportare in auge le coltellate…Voglio loro bene anche per questo.

Ma sai, Leonardo, in fondo, delle coltellate tra poeti importa solo ai poeti, che sono un nicchia. Voglio dire: della ricerca stilistica, della scrittura, il mondo se frega. La gente vuole non pensare e il nostro sistema funziona proprio su “non pensare”.

Sì, comprendo molto bene le tue parole Maurizio, ma direi che è il mondo dei media a dare la visione negativa di cui dici. Sembra cioè esserci un piacere diffuso nella masturbazione in pubblico che mira solo al piacere del proprio io. Chi si affida ai media lo sa, che sia politico, poeta, filosofo, semplice youtuber ecc…Ma questo non è straordinario? Un’ enorme discarica a cielo aperto su cui sbocciano fiorellini da raccogliere…(sono i Bruno Vespa la mia grande amica la poetessa Lalla, Denny Puzzone, Dildy giaguaro con cui popolo le mie Nughette…). Il mondo se ne frega della scrittura, dei poeti? Non credo, ma chi è più sperimentale deve conoscere il destino che si è scelto…e in fondo ai poeti, che sono anche delle puttane, piace tirarsela e dire che sono degli incompresi, che la grande editoria è tanto cattiva… Per dire ho letto un’intervista a Canella, quello delle Nughette, e lui si lamenta che non gli danno il Premio Strega Poesia che gli è assolutamente dovuto. Missa’ che è un po’ una puttana (ma non voglio offendere nessuno, sia chiaro). Quando mi leggerà penserà che l’ho accoltellato? Che belle sono le coltellate fra poeti!

Già che parli di coltellate tra poeti, mi viene in mente il duello tra Ungaretti e Bontempelli, che si è svolto in casa di Pirandello. Sembra una storia così letteraria da non essere reale. Eppure pare lo sia. E pare che tutto sia nato per una diatriba appunto letteraria, tra due riviste. Pare che Bontempelli abbia raggiunto Ungaretti in un locale e lo abbia schiaffeggiato, da qui il duello.
Chi vorresti sfidare a duello?

Peccato che non c’è il video su YouTube che me lo andavo subito a vedere spalmato sul divano con pop-corn e coca… peccato che Pirandello non aveva lo smartphone… glielo devo dire. E allora: quello scontro è meglio raccontato a parole o ripreso in un video? Finzione in entrambi i casi. E non a caso erano a casa di Pirandello, un mago. Uhi, guarda guarda che ho detto casi caso casa… non sono un poeta? E poi Ungaretti aveva i foruncoli (lo dice Bontempelli da qualche parte…).

Prima hai fatto riferimento a  Marco Giovenale, Michele Zaffarano e Antonio Syxty. Mi sai dire cosa ti piace del loro modo di scrivere?

Sento una certa sintonia con loro, come dire li leggo e ci trovo qualcosa che è anche mio. Tieni conto che, soprattutto con Zaffarano e Giovenale, apparteniamo alla stessa generazione per cui ci sono ricordi comuni nella fase della crescita pur senza conoscerci ed esserci frequentati allora. Poi, a livello di formazione culturale, sentiamo nelle esperienze delle avanguardie storiche e delle neoavanguardie qualcosa di veramente importante e di terribilmente vivo. Un tronco comune insomma da cui poi ognuno sboccia come singolo.

Ti faccio un’ultima domanda (prima del gioco della torre) e te la faccio sulla tua raccolta intitolata Nughette. Il titolo rimanda, volendo, a Petrarca, quando definiva le proprie poesie “nugae”, traducibile come “cosette”, “roba da poco”, “inezie”. Sono poesie ma sono prosa. A me paiono anche brevi narrazioni oniriche. C’è nel titolo, mi pare, una voglia ironica di dissacrazione. E questo mi pare emerga anche in questo dialogo. Mi pare che il tuo intento sia far saltare i ponti della sacralità e forse anche della ragione. È così? Se è così, ti chiedo, far saltare tutto, con quale fine?

Prima di salutarci, caro Maurizio, voglio ringraziarti di cuore. Un gesto di generosità il tuo. Quanto dici è giusto, direi. Una parte della risposta sta sicuramente in quello che mi appartiene come persona, dovrei parlare di me. Ma è un terreno scivoloso e a mio avviso inutile. Non penso possa ad esempio essere utile sapere che prendo ragni dove mi capita e li chiudo dentro barattoli che ho in salotto. In una specie di bacheca/scaffale. La sera mi metto lì e li osservo. Me li metto sul viso perché mi piace sentirli camminare sulla mia pelle. Piccole zampette titillanti. Quasi un piacere erotico direi. Pensa che non ho la TV perché mi basta avere i barattoli dei ragni da guardare, la sera. E anche loro fanno i loro bei talk show, e Grande Fratello e Barattolo dei Famosi. Ho anche dei barattoli pieni di pelo, anche con baffi di donna. Sono quelli a cui tengo di più. La Polly mi guarda strano ma mi vuole bene lo stesso. Ecco può servire dire tutto questo? Non credo proprio, anche perché non c’è niente di vero in quello che ti ho appena scritto (è vero solo che non ho la TV). Un autore è sempre una puttana, ti dicevo.

Poi c’è una parte legata agli strumenti che un autore utilizza, pinze, cacciavite ecc…Questa è la parte che mi interessa di più. Strumenti/parole con cui lavorare facendo sembrare vero ciò che è inevitabilmente finto. Tutto finto ma vero, insomma. Tu ci vedi dissacrazione, volere distruggere tutto? Ma è tutto finzione, caro Maurizio. Sempre. Un abbraccio, Leo

(Gioco della torre) Sanguineti o Balestrini. Devi salvarne uno. Chi salvi e perché?

Sanguineti è sicuramente più brillante, acuto, penetrante. E allora largo ai secondi, salvo Balestrini per il suo essere meno brillante (cosa certo discutibile) ma forse più sottilmente inquieto. E direi anche generoso verso molto altri autori, anche molto più giovani di lui. Penso al laboratorio delle nuove scritture di RicercaRE poi RicercaBO, organizzato insieme a Renato Barilli con cui sto curando adesso proprio l’antologia di RicercaBO che uscirà fra poco da Manni Editore.

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Nughetta

donna tenuta in freezer per 19 anni. Mitico Ciclope, leggo questo sul corrierepuntoit e penso alla tua isola che mi piacevano un sacco le capre. E le bacche, nere. E davanti alla TV c’eravamo noi, io tu e le capre. E il rumore del freezer. E stavamo la sera così, davanti alla TV, davanti al mare. Col rumore del freezer. A pensare, a fare poesia. Poi il freezer si è rotto e c’hanno trovato dentro una donna. Dopo 19 anni. E non so se sono stato io o sei stato tu che la Polly dice che sono un mostro quando in casa non ci do retta. E oggi quando l’ho rivista tornare coi sacchetti della spesa, ho pensato che anche lei era uscita di casa 19 anni fa. Sì, ora ricordo, era uscita di casa diciannove anni fa.

#AntologiaDiRicercaBO #Balestrini #EsisteLaRicerca #LeoCanella #LeonardoCanella #Manni #MaurizioTeroni #neoavanguardia #Orazio #Petrarca #pizza #Sanguineti #scrittureDiRicerca #StradePossibili #unCapelloSullaPizza

Milano University Pressmilanoup@mastodon.uno
2025-01-30

Nel 1992 "In principio erano le mutande" di Rossana #Campo ha scosso la scena letteraria con la sua protagonista anticonformista e un linguaggio non convenzionale.

Da quella voce dei giovani degli anni '90 è stato affascinato anche un inatteso Edoardo #Sanguineti, che ha fittamente annotato il libro di #RossanaCampo e ripreso le postille nelle sue lezioni in #università.

Il linguaggio giovanile e la #letteratura italiana anni '90 sono i temi dell'articolo di oggi ⬇️

riviste.unimi.it/index.php/ino

Rossana Campo e il suo libro d'esordio
2025-01-30

pezzi da ‘officina’ (ppp & es)

tutto il bisticcio tra i poetanti itali sembra essere (anzi: sicuramente è) iniziato nel remotissimo 1957, in quei due numeri di “Officina” in cui Pasolini diede a Sanguineti del “neosperimentale”, trattenendo per sé la palma della vera sperimentazione, faccenda che non andò giù all’ES, il quale da par suo rispose con la celeberrima Polemica in prosa.

frammenti di quei due numeri (il primo con PPP, giugno ’57; il secondo con ES, novembre ’57) si possono delibare, per promemoria, in pessime foto qui: PPP-ES

buona (ri)lettura.

e, mi raccomando, evitate di ereditare ‘sta roba.

 

#1957 #archivio #avaguardia #EdoardoSanguineti #ES #neosperimentalismo #Officina #Pasolini #PierPaoloPasolini #poesia #PPP #ricostruzioni #rivistaOfficina #Sanguineti #sperimentalismo #UnaPolemicaInProsa

2025-01-09

oggi, 9 gennaio, in partenza il corso su edoardo sanguineti @ centroscritture.it

Con Maria Teresa Carbone, Massimiliano Manganelli, Francesco Muzzioli, Angelo Petrella, Gian Luca Picconi, Gilda Policastro

Info e iscrizioni ancora effettuabili, su
www.centroscritture.it

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2025-01-07

9 gennaio: in partenza il corso su edoardo sanguineti @ centroscritture.it

Con Maria Teresa Carbone, Massimiliano Manganelli, Francesco Muzzioli, Angelo Petrella, Gian Luca Picconi, Gilda Policastro

Info e iscrizioni su
www.centroscritture.it

#AngeloPetrella #CentroScritture #centroscrittureIt #EdoardoSanguineti #FrancescoMuzzioli #GianLucaPicconi #GildaPolicastro #MariaTeresaCarbone #MassimilianoManganelli #neoavanguardia #Novissimi #OperaPoetica #poesia #prosa #Sanguineti #scritturaDiRicerca

2024-12-20

due nuovi corsi online del ‘centroscritture’ a partire dal 7 gennaio: su sanguineti e su pasolini

NUOVI CORSI ONLINE

PASOLINI, SANGUINETI

DAL 7 GENNAIO 2025

per il ciclo MONOGRAFIE

Due anniversari: 50 anni e 15 anni. La scomparsa di Pier Paolo Pasolini (1975) e quella di Edoardo Sanguineti (2010). Fin dalle pagine di “Officina” alla metà del secolo scorso, due dei massimi poeti e intellettuali italiani ingaggiano una disputa – quella tra sperimentalismo e avanguardia – che è più di un conflitto tra poetiche: sono due visioni del rapporto tra letteratura e tradizione, tra letteratura e società, tra letteratura e impegno; sono due visioni del mondo. Apriamo il 2025 con due corsi paralleli: discutere Pasolini e Sanguineti alla prova dei testi, tracciare il bilancio di una storia, di una battaglia artistica e culturale, i cui effetti dirompenti scontiamo ancora oggi.

Con Stefano Colangelo, Maria Teresa Carbone, Bernardo De Luca, Emanuele Franceschetti, Giuseppe Garrera, Massimiliano Manganelli, Valerio Massaroni, Francesco Muzzioli, Angelo Petrella, Gian Luca Picconi, Gilda Policastro, Francesca Santucci.

informazioni e iscrizioni qui:
https://www.centroscritture.it/corsi

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2024-10-18

forse è facile dire, come qui sotto Giuliani nel 1965, di sentirsi tutt’ora (certo non solo chi scrive, certo non tutti quelli che scrivono) “‘al centro’ di una precarietà”.

ma l’imprecisione e/o la facilità dell’immagine fanno “gioco”, nei tanti sensi di gioco.

da una parte per sottolineare che comunque quella precarietà è (avverbio drammatico:) drammaticamente vera, e dall’altra per allarmarsi nel constatare che in controluce disegna pure qualcosa di non troppo distante dal pasoliniano “punto in cui il mondo si rinnova”.

quel “punto” (da Il pianto della scavatrice, dallo stesso PPP, verso citato nel suo articolo La libertà stilistica, su “Officina”) avviò nel fatidico & immortale 1957 la polemica con Sanguineti, il quale infatti in Una polemica in prosa rispose a Pasolini che era impossibile per lui PPP non trovarsi proprio in quel “punto” rinnovato, se era stato pur sempre lui stesso PPP ad averlo “collocato lì”. (cfr., per Pasolini , “Officina” n. 9-10, giugno 1957; e, per Sanguineti , “Officina” n. 11, novembre 1957).

fa allora così comodo, oggi 1965 oggi 2004, stare “al centro di una precarietà”? siamo noi che ci collochiamo lì?

sicuramente non fa comodo. ma fa comodo (e fa “assertivo”) collocarsi lì e dirlo, non sessant’anni fa ma ora. quale altro modo è allora possibile, legittimo, praticabile, viable? e perché la poesia, il romanzo, la fiction (auto)biografica ecc. non percepiscono questa comodità/collocazione e non la aggirano/risolvono? perché deve pensarci sempre la sperimentazione (quando e se ci riesce)?

e ancora, per i critici letterari: non vi è proprio possibile rendere evidente l’evidente? kitsch il kitsch? perché dovete sempre giustificare tutto, magari (nemmeno come extrema ratio ma proprio come nota di partenza) precipitando tutto nel sempre più accomodante osservatorio del “contenuto” testuale?

i modi per dire quel centro, o altra entità (anti)geometrica che sia, ci sono eccome. almeno da quello stesso torno di anni che citavo in incipit, ma anche da prima. critici e autori: pensateci, pensiamoci.

17-18 ott 2024

 

https://slowforward.net/2024/10/18/dip-024/

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2024-06-27

Sulla presunzione e sull’umiltà di scriventi e scrittori…

Ci sono autori che peccano di presunzione. È una cosa da mettere in conto. Come in tutti gli ambiti anche nella comunità letteraria esistono i presuntuosi. A volte l'amor proprio, il narcisismo, l'orgoglio eccedono e diventano immodestia.  È difficile, tra l'altro, trovare l'equilibrio

magozine.it/presunzione/

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