Nel 1973 Gelli tornò in Argentina
Negli Stati Uniti la figura di Gelli fu molto apprezzata, grazie alla traduzione e trasmissione dei discorsi anticomunisti da parte di amici di Michele Sindona. Primo fra tutti Philip Gaurino: ex prete, massone che strizzava l’occhio all’estrema destra, fiero sostenitore delle politiche del Maestro Venerabile e del banchiere siciliano. Per quest’ultimo, Gaurino, fu uno tra i primi a testimoniare contro l’estradizione in Italia; l’italo-americano organizzò inoltre, poco prima delle storiche elezioni del 1976, il comizio “Americans for Mediterranean freedom”, con il fine di costituire un fronte pronto ad intervenire nel caso l’influenza NATO venisse messa in discussione <73. Partecipe in prima linea John Connaly, ricchissimo texano, ministro del tesoro nel governo Nixon e assistente per i servizi d’informazione americani. Egli viaggiò più volte in Italia, grazie agli agganci di Philip Gaurino, dove studiò la situazione politica italiana e tutte le modalità per bloccare un prossimo accordo tra DC e PCI. Tra un incontro e l’altro, il texano si occupò anche di affari: fu a capo di una cordata di affaristi americani per l’acquisto della società di costruzioni Condotte, guidata da Loris Corbi, tessera P2 n° 562. Inoltre, si diede da fare per salvare L’immobiliare, gruppo controllato da Sindona, e trattò per l’acquisto di alberghi in Francia della società Ciga presieduta da Francesco Cosentino, tessera n° 497. La caratteristica che gli americani preferivano della loggia italiana era proprio questa tendenza anticomunista apprezzata particolarmente da Alexander Haig, futuro segretario di Stato nel 1981. Egli, già nel 1969, lavorando come vice di Kissinger nello staff per la Sicurezza Nazionale del Presidente repubblicano Nixon, affermò che Licio Gelli fosse l’uomo adatto ad arginare il comunismo in Italia <74.
Gelli, pur ottenendo continue dimostrazioni di stima da parte di personaggi influenti nel mondo repubblicano, decise di stringere nuove “amicizie” nel partito democratico, tanto da arrivare, nel gennaio 1977, alla cerimonia d’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter. Al maestro venerabile però non andava a genio l’impostazione della politica estera di Carter, considerandola troppo debole nei confronti dell’URSS e troppo pesante verso i paesi sudamericani. Cosi, quando alle elezioni del 1980 si scontrarono Carter e l’ex attore hollywoodiano Reagan, Gelli scrisse al fidato Gaurino: “se tu dovessi ritenere opportuno che in Italia esca qualcosa a favore del vostro candidato alla Presidenza, mandami il materiale e provvederò a far pubblicare su qualche nostro giornale le notizie che mi invierai” <75. La vittoria di Reagan fu una notizia ottima per Gelli e la P2, a cui si aggiunse la nomina a Segretario di Stato di Haig. Il 6 gennaio 1981 il pistoiese sedeva tra ambasciatori e altri funzionari americani alla cerimonia d’insediamento del nuovo presidente.
La presenza alle inaugurazioni presidenziali fu da sempre un vanto per Gelli. Già 8 anni prima, più precisamente il 13 ottobre 1973, il maestro venerabile fu presente alla cerimonia in onore del generale Juan Domingo Perón. I due furono, come dichiarato dal pistoiese, grandi amici, tanto che il generale argentino lo insignì con la massima onorificenza del paese: la “Gran Croce dell’Ordine del Libertador San Martín”. Si conobbero nel 1971, grazie a Giancarlo Elia Valori, tessera n° 283, che aveva indicato Perón come la guida perfetta per l’Argentina. Gelli era interessato ad estendere la propria rete di interessi nel Sud America e a conoscere un anticomunista coetaneo di Hitler e Mussolini. Il primo compito affidatogli fu la vendita dell’oro del generale per finanziare il rientro in patria dall’esilio in Spagna, dove ottenne asilo da Francisco Franco. Successivamente grazie anche alla figura di Valori, s’impegnò per far cancellare la scomunica lanciata da papa Pio XII e, infine, l’ultimo incarico, prima del ritorno in patria del generale, fu convincere l’ex presidente Arturo Frodinzi a scendere a patti con lui <76.
L’arrivo di Perón in patria dopo diciassette anni di esilio fu una passerella con cui Gelli dimostrò il suo potere. Nel 1973 tornò in Argentina accreditato dal Gran Maestro Salvini come “rappresentante del Gran Oriente d’Italia presso la Gran Loggia dell’Argentina”. Grazie a questa raccomandazione, entrò in contatto con Alcibiades Lappas, produttore di preziosi in argento e segretario della massoneria argentina. Il progetto di Gelli fu quello di creare una loggia coperta sul modello P2, composta da esponenti militari, industriali e uomini politici, che prese il nome di Pro-Patria (Propaganda patriottica) <77. Il primo a seguire Gelli fu José Lopez Rega, braccio destro di Perón. Successivamente si accodarono tra i tanti Alberto Vignes, ministro degli Esteri, Guglielmo De la Vega, ambasciatore presso l’Unesco, Federico Bartfeld, diplomatico e addetto commerciale all’ambasciata di Roma. Alla morte di Perón, salì al potere formalmente la moglie Isabelita ma, in realtà a guidare il paese fu l’ex braccio destro del generale e sostenitore numero uno della Pro-Patria Lopez Rega.
La gestione di Isabelita fu disastrosa. Alla violenza nelle strade si aggiunse una nuova crisi economica: lo scenario perfetto per il capo della P2 e i suoi “fratelli” argentini. Gelli il 13 dicembre ’74 acquistò la cittadinanza della Repubblica sudamericana, divenendo il tramite di tutti gli affari tra l’Italia e l’Argentina. I piani di Lopez Rega furono molto più ambiziosi, tanto che diede vita all’Ompam <78 (Organizzazione mondiale del pensiero e dell’assistenza massonica), un’associazione mondiale di massoni in grado di contrastare i blocchi NATO e URSS, sullo stampo dell’ONU. Gelli rimase impressionato da tale progetto e si impegnò per cercare una sede, che individuò a Roma, non distante da via Veneto. Il piano in realtà non decollò mai e il fallimento totale di Lopez Rega fu sempre più vicino. Nel luglio 1975, a seguito di uno sciopero generale, l’argentino fu costretto a fuggire e Gelli lo scortò dapprima in Italia e poi in Svizzera. Il Maestro Venerabile però si ritrovò ancora una volta senza alleati.
La sua ricerca ripartì nel mondo militare, più in particolare nella marina che subiva di riflesso l’influenza della Royal Navy inglese, cara alla massoneria britannica. Gelli mise gli occhi sul capo della marina Emilio Eduardo Massera, uomo caratterizzato dal fanatismo per il dittatore cileno Augusto Pinochet. Il pistoiese seppe scegliere il cavallo giusto, Massera con l’aiuto di Videla e Agosti, iscritti alla Pro-Patria, deposero Isabelita. Con il triumvirato Massara-Videla-Agosti, Gelli riuscì a concludere affari multimilionari con una società di costruzione canadese per la realizzazione di una grande centrale nucleare a Cordoba e con la società diretta da Loris Corbi, affidandogli un grosso appalto ferroviario. Gelli inoltre favorì l’ingresso della Rizzoli in Argentina: la casa editrice acquistò il 50% della “Editoria Abril” e accettò una serie di restrizioni che comprendevano una neutralità politica dei giornali <79.
Gelli a questo punto decise di legarsi ad un altro importante militare, il generale Carlos Suarez Mason, già arruolato nella Pro-Patria. La decisione di avvicinarsi a quest’uomo fu presa poiché il paese stava attraversando un’imponente crisi economica e sociale e, la possibilità di un cambio degli uomini al potere divenne sempre più discussa. Ciò non avvenne ma Gelli si poté ritenere fortunato poiché Mason divenne il presidente della “Yacimentos petroliferos fiscales”. L’influenza del Maestro venerabile non si fermò solo in Argentina e negli Stati Uniti: il suo nuovo centro di potere lo trovò a soli 25 minuti di volo da Buenos Aires, l’Uruguay.
In Uruguay, l’esponente di spicco della loggia P2 era Umberto Ortolani che acquistò, nel 1970, il Banco Financiero Sudamericano (Bafisud). Questo in breve tempo aumentò i suoi giri di affari, riuscendo ad arrivare a 150 milioni di dollari di capitali speculativi, di cui la maggior parte provenienti dall’Italia <80. Nel giro di affari del Bafisud rientrarono come partner tutte le banche nell’orbita del Banco Ambrosiano: la Lavorobank lussemburghese, il Banco di Sicilia e la Cisalpine Overseas Bank.
Dal punto di vista politico, a Gelli non poté andare meglio, trovando al potere una giunta militare, che portò vantaggi solo all’ambiente finanziario e ai grandi latifondisti. Il pistoiese trovò il suo angolo di paradiso in una villa a pochi chilometri dal centro di Montevideo, dove incontrava quotidianamente l’ambasciatore argentino in Uruguay Guglielmo De la Plaza. Egli gli fece da intermediario per entrare in contatto con i vertici politico-militari. Gelli si legò a Manuel Núñez, ministro dell’Interno, Alberto Ballestrino, direttore della scuola militare e Hugo Arregui, capo della polizia di Montevideo. Grazie alla benevolenza dei tre, Ortolani e Gelli riuscirono ad avvicinarsi al generale Luis Queirolo, capo di Stato maggiore dell’Esercito. Riusciti anche in Uruguay a formare la propria rete di contatti, i due italiani si concentrarono nel mercato di immobili e latifondi, creando più di 200 società <81.
Dall’Uruguay estesero i loro affari in Brasile, Messico e Venezuela, ma l’obiettivo di Gelli fu quello di entrare in Paraguay: paese guidato dal generale di origine tedesca Alfredo Stroessner, che impose il suo potere sui valori dell’anticomunismo, del liberismo economico e della corruzione. Non a caso il Paraguay offrì asilo ai repubblichini fuggiti dall’Italia, che nel paese crearono “La Sociedad italiana Soccorsos mutuo” (Società italiana di mutuo soccorso).
[NOTE]
73 Buongiorno, Pino, La multinazionale del Venerabile Licio, in L’Italia della P2, Mondadori, Milano, 1983.
74 Ivi.
75 Ibidem, pag. 110.
76 Ibidem.
77 Ivi.
78 Ibidem.
79 Ibidem.
80 Ivi.
81 Ibidem.
Enrico Compalati, L’altra Italia, Tesi di laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2019-2020
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