Il GDR non è un librogame
C’è una trappola in cui molti master, specie all’inizio, inciampano senza nemmeno accorgersene: pianificare una campagna come se fosse un librogame.
L’idea è allettante: costruire bivi narrativi, prevedere possibili scelte dei personaggi, scrivere finali alternativi. In teoria sembra offrire controllo, solidità, magari anche “professionalità”.
Ma il gioco di ruolo non funziona così. E non perché sia più caotico, ma perché è vivo.
Il GDR non è una narrazione chiusa con strade già disegnate. È una storia che prende forma mentre viene giocata, costruita insieme da chi è al tavolo, in risposta alle scelte, agli errori, alle intuizioni e alle emozioni dei personaggi. È un processo emergente, e proprio in questo sta la sua forza.
Il fascino (e il limite) del librogame
Un librogame è un’opera scritta con bivi narrativi predefiniti. Offre una parvenza di libertà decisionale, ma ogni opzione è già stata pensata, scritta e limitata da chi ha progettato l’esperienza. È un modello chiuso, che può essere brillante e ben strutturato, ma che rimane vincolato a uno schema rigido: le scelte del lettore sono guidate, previste e contenute in una griglia narrativa prestabilita.
Applicare questo approccio al GDR è comprensibile, specialmente per chi ha bisogno di punti di riferimento solidi per sentirsi sicuro nella gestione di una sessione. Tuttavia, questa struttura in bivi pianificati finisce per entrare in conflitto con l’essenza più autentica del gioco di ruolo.
Il GDR come racconto emergente
Il cuore del GDR è l’emergenza narrativa. Non nel senso di “urgenza”, ma nel senso tecnico di qualcosa che emerge dalle interazioni tra giocatori, personaggi e mondo di gioco. È una narrazione condivisa, non deterministica, in cui nessuno, nemmeno il master, sa davvero dove si andrà a finire.
Questa imprevedibilità non è un difetto, ma una caratteristica distintiva del GDR. Ogni volta che un personaggio decide qualcosa di inaspettato, ogni volta che un fallimento o un successo genera una svolta inattesa, si crea qualcosa di unico, non replicabile, non scrivibile a priori.
Perché pianificare i bivi non funziona
Preparare una campagna come se fosse un librogame comporta almeno tre problemi:
- È insostenibile a livello pratico. Scrivere più linee narrative possibili, con varianti, esiti alternativi e conseguenze, richiede uno sforzo enorme. E comunque i giocatori finiranno per uscire da qualsiasi schema.
- È limitante per i giocatori. Offrire solo le scelte che si sono previste restringe la libertà creativa del tavolo. Il rischio è che i giocatori si rendano conto di muoversi entro un binario invisibile, perdendo il senso di agency.
- Tradisce la natura del GDR. L’improvvisazione guidata dalla logica interna del mondo di gioco è il motore del GDR. Pianificare troppo significa trasformare una partita aperta in una rappresentazione teatrale con copione.
L’alternativa: preparare senza pianificare tutto
Questo non significa improvvisare in modo caotico. Significa preparare situazioni, intenzioni e mondi coerenti, non trame con finale scritto. I PNG hanno desideri e obiettivi. Il mondo ha una logica interna. Gli eventi accadono se non vengono fermati. Ma cosa succederà davvero dipende dai giocatori e dalle loro scelte.
Il master non è un autore onnisciente, ma un facilitatore narrativo. Non scrive la storia prima che accada, ma la fa emergere, un passo alla volta, insieme al gruppo.
Conclusione
Il gioco di ruolo non ha bisogno di bivi prestabiliti. Ha bisogno di spazi vivi, coerenti e aperti in cui i giocatori possano agire liberamente. Accettare il caos creativo del GDR significa abbracciare il suo potenziale più grande: costruire insieme una storia che nessuno, da solo, avrebbe potuto immaginare.