Capitolo 407: Gli Spiriti di Maggio
Questo mese sto guardando pochi film, lo so, è incredibile. Un po’ è colpa della primavera, che mi porta fuori casa più di quanto vorrei, un po’ del lavoro, che mi trattiene al pc anche negli orari che solitamente dedico al cinema, un po’ è colpa degli ultimi ritocchi di – udite! udite! – un libro che sono in procinto di pubblicare, La Strada Altrove. Al momento opportuno farò un post dedicato, per dirvi di più, per ora posso anticipare che si tratta di una storia autobiografica passata in giro per il mondo, tra Parigi, Berlino, New York e tante altre città, un racconto di formazione tra le inquietudini della generazione post-universitaria, oltre che una guida emozionale di città meravigliose (in cui ci sarà spazio per tante citazioni cinematografiche, vero faro di ogni mio viaggio). A ogni modo, sarà disponibile online e in libreria dal 15 giugno, vi terrò aggiornati, che lo vogliate o no! Ora però passiamo ai film, che mi sono dilungato un po’ troppo.
Margini (2022): Su RaiPlay trovate questo bel film di Niccolò Falsetti, che avevo già avuto il piacere di vedere in sala un paio d’anni or sono. Premio del pubblico alla Settimana Internazionale della Critica al Festival di Venezia, questo film d’esordio, prodotto tra gli altri dai Manetti Bros, è divertente, scanzonato, ti costringe a fare i conti con il peso dei tuoi sogni ma sa farlo con leggerezza e vitalità. Siamo a Grosseto, una ventina d’anni fa: tre ragazzi che suonano in una band punk locale, stanchi di doversi sempre spostare ovunque per suonare e per sentire le band che amano, decidono di organizzare il concerto di un celebre gruppo statunitense là da loro, con tutti gli oneri del caso: trovare una location, trovare l’attrezzatura e soprattutto trovare i soldi. Il cinema può anche essere una cosa semplice, basta avere belle idee. Una bella sorpresa, da vedere.
•••½
Tendaberry (2024): Altra opera prima, stavolta di Haley Elizabeth Anderson. L’incipit e la conclusione sono davvero emozionanti, nel mezzo ci sono tante cose da dire e una voce non sempre del tutto coerente. Ma quanta passione, quanta emozione, quanta voglia di urlare “cinema”! La vicenda segue i passi di una ragazza a Brooklyn, con un figlio in grembo e un ragazzo costretto a tornare in Ucraina dalla famiglia. Una storia di formazione che ha incantato il Sundance e che ora trovate su Mubi. “Non voglio essere un cumulo di tristezza”, dice la protagonista: diamine, che voglia di abbracciarla, in quel momento. Lunga vita al cinema indipendente, alle riprese con le luci naturali, alle interpretazioni sporche, alla macchina a mano. Da vedere.
•••½
Gloria! (2024): Ho seguito i David di Donatello e mi sono preso una mezza cotta per Margherita Vicario, che non conoscevo. Incuriosito dai tanti premi ricevuti, ho recuperato il suo film d’esordio dello scorso anno, la storia di una servetta in un istituto di educande del 1800. La ragazza scopre per caso un pianoforte in un magazzino e comincia a suonarlo di nascosto, dimostrando passione e talento per una musica molto più moderna rispetto ai canoni dell’epoca. Nato come omaggio alle tante donne musiciste dell’800, a cui è sempre stato impedito di esprimersi e comporre, a differenza dei colleghi maschi, è un piccolo film pieno di vitalità e gioia. Mi sono proprio divertito.
•••½
Game Night (2018): Opera seconda di John Francis Daley e Jonathan Goldstein, una commedia simpatica e con un buon cast, dove però si ha costantemente l’impressione che si siano divertiti più loro a girarlo che noi a guardarlo. Rachel McAdams e suo marito Jason Bateman sono dei malati di giochi da tavola, giochi di ruolo, quiz: qualunque cosa, purché si giochi. Una sera il fratello di lui organizza una serata interattiva, con finti rapimenti e indagini, dove però qualcosa va storto: qualcuno viene rapito davvero. Equivoci, qualche gag divertente e poco altro, buono per una serata a cervello spento, senza pretese.
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Amore e Guerra (1975): Negli anni 70 Woody Allen è stato investito da un’ispirazione senza precedenti. Ogni suo film era composto da trovate irresistibili, riflessioni emozionanti, seppur comiche e un’aura di genialità che nei decenni successivi è andata un po’ a fasi alterne (anche se il cinema – e noi con lui – ringrazia). Qui Allen omaggia i classici della letteratura russa, mischiandoli con suggestioni e citazioni di Bergman, raccontando la storia di un inetto che, senza volerlo, diventa un eroe militare. Esilarante quanto sofisticato, è una collezione di battute memorabili, tra cui quella di una strepitosa Diane Keaton: “Amare è soffrire. Se non si vuol soffrire, non si deve amare. Però allora si soffre di non amare. Pertanto amare è soffrire, non amare è soffrire, e soffrire è soffrire. Essere felice è amare: allora essere felice è soffrire. Ma soffrire ci rende infelici. Pertanto per essere infelici si deve amare. O amare e soffrire. O soffrire per troppa felicità. Io spero che tu prenda appunti”. La vita sarebbe migliore se si guardassero più spesso i film di Woody Allen.
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Gli Spiriti dell’Isola (2022): Erano due anni buoni che aspettavo di fare un rewatch di questo bellissimo film di Martin McDonagh, uno dei grandi geni del nostro tempo (è l’unico drammaturgo, oltre a un certo William Shakespeare, che a 27 anni ha avuto quattro suoi spettacoli rappresentati simultaneamente nei teatri del West End di Londra). In un villaggio di poche anime due migliori amici si ritrovano improvvisamente ai ferri corti, mentre al di là del mare imperversano gli spari della guerra civile irlandese. Una tragicommedia dove la disperazione esistenziale tra chi non vuole più sprecare un minuto della sua vita e chi invece non vuole rassegnarsi alla solitudine si snoda come una scazzottata psicologica, in un’escalation di rappresaglie da far impallidire la guerra civile che percepiamo dall’altra parte del mare. Colin Farrell e Brendan Gleeson sono perfetti, in questo film beffardo, tragico, ironico e, soprattutto, infinitamente dolce. Nove candidature agli Oscar (di cui addirittura quattro per gli interpreti) e zero statuette. Un filmone.
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