Qualcuno era comunista perché #Berlinguer era una brava persona #GiorgioGaber #filmin #maravilla https://filmin.es/pelicula/la-gran-ambicion
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Fermezza o trattative con le Brigate Rosse nel 1981
Ma non è certo solo il caso Gioia, o, più in generale, un diverso approccio verso il ruolo della commissione inquirente, a dividere il Psi dal Pci. Gli ultimi mesi del 1980 infatti fanno riaprire vecchie ferite che risalgono a oltre due anni prima, ai giorni del rapimento di Aldo Moro e che ancora non si sono rimarginate. Nel mese di ottobre Berlinguer si reca a deporre presso la commissione parlamentare sul caso Moro ed esprime opinioni critiche nei confronti della condotta del Psi, che aveva rotto il “fronte della fermezza” con il suo tentativo umanitario; l’Avanti definisce «sconcertante» la deposizione del segretario comunista <220. A novembre è il turno di Craxi di deporre in commissione ed il leader del Psi parla dei contatti attivati con gli esponenti di Autonomia e, pochi giorni dopo, rilascia un’intervista all’Europeo sull’argomento. Ma il momento di maggior tensione arriva alla fine del mese quando i quattro commissari del Psi, dopo una riunione con Craxi, abbandonano polemicamente la commissione. In un comunicato si spiega la condotta dei socialisti con non meglio precisate «strumentalizzazioni e violazioni di legge» nei lavori della commissione e con la divulgazione intenzionale di documenti e, soprattutto, la «tendenza a trasferire l’obiettivo dell’inchiesta, trasformando i lavori della commissione in un vero e proprio processo politico diretto contro una tesi, una condotta e una forma politica» <221. A generare le ire del Psi sembra essere stata soprattutto la richiesta da parte della procura di una copia delle deposizioni di Craxi, Landolfi, Signorile e Guiso; ire acuite quando sia la Dc che il Pci (che insieme dispongono della maggioranza dei voti) si dimostrano intenzionati ad accogliere la richiesta dei magistrati <222.
I giorni del rapimento di Aldo Moro ritornano prepotentemente alla memoria di tutti quando, nel mese di dicembre, si verifica una nuova emergenza che ripropone il dilemma tra “fermezza” e “trattativa”. Il giorno 12 del mese viene rapito il magistrato Giovanni D’Urso, presidente di sezione della Cassazione e distaccato presso il ministero di Grazia e giustizia con responsabilità sul trasferimento di detenuti. L’azione è subito rivendicata dalle Br, che chiedono per la liberazione che venga chiuso il carcere dell’Asinara in Sardegna. Questa volta, a differenza di quanto era avvenuto nel 1978, lo schieramento tra fautori della fermezza e disponibili alla “trattativa” si definisce molto rapidamente.
Nel governo i socialisti sostengono che la chiusura del carcere non costituisce una violazione di legge <223 e la si può concedere per salvare una vita umana, mentre la maggior parte dei democristiani ed i repubblicani affermano che, sebbene non rappresenti un’illegalità, la chiusura dell’Asinara significa piegarsi al ricatto, e con ciò dare legittimità ai terroristi. I magistrati in generale dimostrano grande solidarietà nei confronti di D’Urso e, coloro che manifestano un’opinione, sebbene nessuno ovviamente proponga di violare la legge, sono a favore di prendere «tutte le misure possibili» per salvare il giudice rapito <224. Il 25 dicembre Craxi rilascia una dichiarazione nella quale dice che il carcere sardo deve essere chiuso subito; si tratta di quello che Gaetano Scamarcio definisce il «blitz di Natale» <225. Due giorni dopo la vecchia prigione viene effettivamente sgombrata <226, ma il 28 vi è una rivolta nel carcere di Trani organizzata dai terroristi, che prendono in ostaggio diversi agenti di custodia. Questa volta la reazione del governo è di notevole determinazione: il giorno seguente le installazioni di Trani vengono prese d’assalto dalle unità speciali dei Carabinieri, che salvano gli agenti sequestrati e ristabiliscono l’ordine senza vittime.
La posizione del Pci è, dall’inizio, critica di ogni linea d’azione che implichi segni di arrendevolezza nei confronti dei terroristi; dopo la chiusura del carcere sardo, nel commentare le esternazioni di Pertini, il quale si dimostra decisamente contrario a trattative, un editoriale dell’Unità afferma che “…è impensabile che chi governa questo paese sia così sprovveduto […] da non capire quello che anche il più ingenuo degli italiani ha capito subito: che l’Asinara era un pretesto, che cedere su quel pretesto significava esporsi a pagare poi, e forse subito, prezzi e rischi sempre più alti, che nessuna proclamazione di “autonomia” nell’atto di cedimento avrebbe liberato il governo dal sospetto di aver accettato il terreno della contrattazione coi terroristi…” <227
Il 31 dicembre viene assassinato a Roma il generale dei carabinieri Enrico Galvaligi, responsabile della sicurezza esterna delle carceri e quattro giorni dopo le Br diramano un comunicato in cui dichiarano che D’Urso è stato condannato a morte, ma che lasceranno ai compagni detenuti una valutazione definitiva. In favore della trattativa ci sono, oltre al partito Radicale, i cui deputati vanno nelle carceri a parlare con i terroristi, i vertici dell’Anm e, si direbbe, la maggior parte dei magistrati. Tra di essi però non mancano segnali in senso contrario, ad esempio il discorso d’inaugurazione dell’anno giudiziario del Pg di Roma Pascalino, che invita alla fermezza <228; oppure, qualche giorno dopo, la decisione dei magistrati della sezione civile della pretura, che rigettano l’istanza del fratello del giudice rapito con la quale si chiede di ordinare ai giornali la pubblicazione dei documenti Br per uno «stato di necessità» <229; ma quando Curcio accenna alla liberazione del brigatista Gianfranco Faina, la Corte d’Appello di Firenze ne ordina subito la libertà provvisoria, attirandosi le critiche del Pci <230.
I socialisti, mentre Craxi si trova in Africa in vacanza, tengono una direzione e sembrano orientati ad evitare contatti con i brigatisti in carcere <231; poco dopo, l’8 gennaio, i terroristi detenuti a Trani affermano che daranno il loro benestare alla grazia se giornali e Tv divulgheranno documenti preparati dai brigatisti <232. Mentre diversi giornali proclamano quello che verrà definito il “black-out”, per non favorire il disegno dei terroristi, i magistrati si fanno ancora promotori di una linea meno intransigente e l’Anm promuove un incontro con la federazione della stampa per trattare l’argomento; il segretario dell’associazione, l’esponente di Magistratura democratica Senese, spiega che «la nostra posizione è che nel rispetto della legalità si debba fare tutto per salvare il collega […] La cosa peggiore che si possa fare in questo momento è trasformare il dibattito sulle decisioni da prendere in una discussione teologica sui massimi sistemi» <233.
Intanto Craxi rientra dalle vacanze e impone la linea al partito sconfessando la direzione precedente: il Psi appoggerà la campagna radicale per la pubblicazione. Ad essa aderiscono Lotta Continua, il Manifesto, L’Avanti e, in un secondo momento anche il Secolo XIX ed il Messaggero. Il 14 gennaio l’Avanti ospita una lettera dello stesso D’Urso che, dalla prigionia, chiede la pubblicazione dei documenti; il giorno seguente il magistrato viene liberato.
Dopo il rilascio il Presidente del consiglio si reca immediatamente alla Camera per fare una relazione sull’accaduto ma nel suo discorso, ben accolto da Psi, Psdi e radicali, si sforza di non accusare nessuno e non prendere parte nel dibattito tra fermezza e trattativa. I repubblicani appaiono critici <234, ma lo stesso può dirsi di importanti settori della Dc. Il Popolo cita una dichiarazione di Piccoli in cui spiega che «l’atteggiamento di fermezza è stato determinante per la tenuta contro il ricatto delle Br» e poi, illustrando la posizione dei partiti, spiega che “Il Psi ha esposto la propria posizione «in autonomia»” ricordando la polemica di Balzamo contro il Pci, accusato di «farneticare su un presunto partito del cedimento che non è mai esistito» <235. Ma qualche tempo dopo Piccoli apparirà molto più deciso; in occasione del congresso del suo partito, nei primi giorni di maggio 1982, circa la richiesta di
pubblicare documenti ricorderà che “…affermavo: siamo dinnanzi al più grave ed inaccettabile dei ricatti […] furono molti i giornali, anche di partito, che ritennero di accedere alle richieste delle Br […] Mi limito ad osservare che accedere a quella richiesta consentì alle Br di conseguire un obiettivo essenziale della loro strategia di intossicazione psicologica […] Ciò che avrebbe dovuto suggerire maggior cautela a esponenti socialisti nell’affrontare alcune delle questioni poste dalla liberazione di Ciro Cirillo…” <236
Nel caso D’Urso quindi si riprende il gioco delle parti già sperimentato quasi tre anni prima, ma con qualche differenza: a questo punto l’opinione pubblica sembra essersi assuefatta, in qualche misura, alla tesi circa le possibilità che lo Stato si impegni in qualche tipo di “trattativa” con i terroristi. Di conseguenza l’azione del Psi, accompagnata da quella dei radicali, è assai più decisa ed incisiva. L’altra differenza è che questa volta a sostenere il governo in Parlamento non ci sono più i comunisti, e quindi i democristiani si ritrovano soli ad osservare il movimentismo degli alleati socialisti e lo fanno non senza malumori e risentimento.
[NOTE]
220 “Sconcertante deposizione di Berlinguer su Moro”, Avanti del 11 ottobre 80
221 “Si sono dimessi i commissari Psi”, Avanti del 29 novembre 80
222 “Commissione Moro”, La Stampa del 28 novembre 80
223 Inoltre la dismissione dell’Asinara era già prevista e al momento del sequestro vi rimanevano solo 25 detenuti.
224 Vedi ad esempio “I magistrati contrari a scelte aprioristiche per Giovanni D Urso”, Avanti del 19 dicembre 80, o “I magistrati favorevoli a chiudere l’Asinara”, Avanti del 31 dicembre 1980, contenente un’intervista a Beria d’Argentine; vedi anche P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992 Cit. pag. 858
225 Dichiarazione citata in G. Fiori, Berlinguer Cit. Pag. 412
226 Secondo Fiori, in questa maniera, la chiusura è «data non alle Br per salvare una vita umana, ma a Craxi per salvare il governo», Ibid. Pag. 413
227 “Salvare un governo o la democrazia?”, Unità del 30 dicembre 80
228 “E’ escluso che lo stato possa cedere al terrorismo”, Popolo del 10 gennaio 81
229 “Giornali (con poche eccezioni) prevale la linea della fermezza”, Popolo del 13 gennaio 81
230 “Traspare una torbida trattativa con le BR”, Unità del 9 gennaio 81
231 G. Fiori, Berlinguer. Cit. Pag. 415
232 “33 giorni di prigionia”, La Stampa del 15 gennaio 1981.
233 “Iniziativa dei giudici verso stampa e partiti”, Avanti del 7 gennaio 81
234 “Le BR annunciano: liberiamo d’Urso”, Unità del 15 gennaio 81
235 “La maggioranza unita nella lotta al terrorismo”, Popolo del 15 gennaio 81
236 “Relazione di Piccoli al congresso”, Popolo del 3 maggio 82
Edoardo M. Fracanzani, Le origini del conflitto. I partiti politici, la magistratura e il principio di legalità nella prima Repubblica (1974-1983), Tesi di dottorato, Sapienza – Università di Roma, 2013
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Non aver colto la «talpa dell’individualismo»
I partiti italiani erano strutturati secondo il modello organizzativo dei partiti di massa. Essi esprimevano appieno la loro identità politica, avevano un reclutamento e un insediamento territoriale, sezioni locali e coordinamenti regionali cui spettava il compito, oltre che di garantire radicamento e dibattito, di proporre formazione politica interna <17. Ma, pur essendo all’apparenza macchine perfettamente funzionanti, anche al loro interno si è cominciato a paventare un rischio anacronismo rispetto alle trasformazioni che interessano una società moderna e sempre più opulenta <18.
È quindi difficile ignorare o minimizzare eventuali problemi nella relazione con la società, che si affacciano sotto molteplici forme. Le macchine politiche cercano di andare incontro alla modernizzazione nell’intento di capire quale risposta offrire di fronte al crescente sviluppo in termini di individualismo e materialismo. In questa fase storica, che segna il passaggio dal tradizionale modello partitocratico alla personalizzazione politica, la concezione del conflitto è divergente rispetto ai paradigmi del passato <19.
Il compromesso storico è un fenomeno differente, perché pone al centro la sfida tra una nuova visione liberale (nonostante l’incertezza per la crisi economica) e quella classica organicista <20. Enrico Berlinguer e Aldo Moro, in tale ottica, sono protagonisti di un approccio meno legato agli apparati e più incline a prese di posizione in quanto singoli leader. Il conflitto regolato <21, ossia quello che si instaura tra Dc e Pci nel tentativo di fornire sbocco al rapporto, appartiene in linea teorica alla cultura politica liberale, che si affaccia dunque prepotentemente nel dibattito, avversando la logica in vigore fino a quel momento della contrapposizione a tutti i costi.
Questa nuova forma di relazione politica è un inaspettato mutamento di sostanza nel rapporto tra partiti e controllo del potere; da un punto di vista ideologico si rompe, quale prima conseguenza, lo schema della sinistra saldamente unita contro le forze governative, perché tale posizione, seppur portata avanti da Berlinguer nella veste di segretario, non trova tutti d’accordo, andando anzi incontro a critiche sia ai vertici che tra i militanti. La stessa strada di cambiamento è inseguita sul fronte opposto proprio da Moro, che destreggiandosi tra le correnti della Dc promuove con forza l’accettazione di un’idea caldeggiata in prima persona, apparendo quindi come un leader promotore di una posizione slegata dal partito stesso. Eppure, non si può ancora fare a meno di un’approvazione interna unanime, e la linea di massimo coinvolgimento di tutte le anime Dc <22 diviene possibile solo grazie alla sconfitta fanfaniana nel referendum sul divorzio del 1974.
C’è quindi una “scossa” nei rapporti tra i partiti che impatta sull’arena politica tradizionale, poiché emergono figure che in tal senso potrebbero risultare “scomode”, ma che di fatto aprono al decisionismo individuale come mai era realmente accaduto.
La solidarietà nazionale <23, non rispecchia però una solidarietà reale del Paese, che vive invece un periodo di spaccature, incertezze e dissenso verso le scelte dei partiti. Questi ultimi non sembrano capaci di orientarsi e reagire di fronte a un contesto che sta mutando radicalmente e a grande velocità, complice tra l’altro l’insicurezza generata dalla crisi economica e l’avvio di una progressiva spinta individualista e liberale. In altre parole, tali anni di solidarietà fanno cogliere i segni manifesti di una crisi profonda delle ideologie, legata in ogni caso ai processi di secolarizzazione <24.
A questa crisi vanno associati alcuni eventi che meglio definiscono i contorni dell’allontanamento sociale dalla sfera politica. In primo luogo, il referendum sul divorzio, nel 1974. In tale occasione la Democrazia Cristiana è costretta a fare i conti con un responso delle urne diametralmente opposto al suo orientamento. E si tratta di un primo segnale inviato al sistema partitico tradizionale, di cui lo Scudo crociato è il fulcro. Il clima diventa ancora più incandescente quando emergono i primi scandali sulla corruzione, quella che viene definita «la prima Tangentopoli» <25. Sono l’affare petroli e quello sulle forniture militari Lockheed, e con quest’ultimo si è già visto mettere alle strette persino il presidente della Repubblica Giovanni Leone. Sono inchieste di malaffare che mostrano agli occhi dell’opinione pubblica come in un sistema di tangenti siano implicati manager, dirigenti e persino ministri democristiani e socialdemocratici <26. Ma più in generale nei due scandali vengono coinvolti esponenti di tutti i partiti governativi, tra cui spicca la condanna e incarcerazione del segretario Psdi e Ministro della Difesa Mario Tarnassi (vicenda Lockheed). Nell’affare petroli vengono accusati i segretari dei partiti di governo di aver ricevuto fondi dall’Enel per condurre una politica energetica contraria alle centrali nucleari. Conseguenza sono le dimissioni da presidente del Consiglio, sempre nel 1974, di Mariano Rumor. La vicenda Lockheed, con le forniture militari della società statunitense e il primo caso nella storia della Repubblica di un Ministro incarcerato, si rivela ancora più travolgente per la scena politica. Entrambe sono però sintomatiche di una situazione estesa: i fenomeni corruttivi dilagano, l’economia mostra come si passi, nell’incrocio tra settore privato e pubblica amministrazione, sempre più dai tornaconti di politici, la cui immagine viene associata direttamente ai partiti di riferimento, costruendo un circuito di interessi personali <27. I settori dello Stato appaiono occupati dai partiti stessi, che si spartiscono presidenze e poltrone, una sorta di lottizzazione <28. Si ottiene in cambio la fedeltà delle persone designate, che garantiscono all’interno fonte di entrate con un finanziamento occulto e stabilità, ma che all’esterno acuiscono un calo di militanza attiva.
Lo scollamento tra i partiti e la realtà sociale è ben sintetizzato da Simona Colarizi: «Sono proprio le ideologie a cementare il legame di appartenenza ai partiti, che si traduce in fiducia fideistica […]. Un approccio più laico alla politica e uno sguardo più disincantato verso i partiti cominciano a emergere con la maturazione democratica e civile della popolazione, conseguenza dell’istruzione di massa e dell’omologazione agli standard dell’Occidente avanzato. Ma la realtà che i cittadini hanno di fronte è troppo lontana dall’immagine introiettata per tanti anni» <29.
In tutto ciò, il cambiamento della società favorisce una nuova instabilità politica e fa emergere problemi mai affrontati in concreto: si riaffaccia ad esempio la «questione meridionale» <30. Il tessuto civile del Mezzogiorno appare fortemente degradato, provocando situazioni di collusione tra fenomeni criminali e la politica stessa <31. Nel Sud Italia non mancano infatti i casi in cui il “voto di scambio” si rivela determinante ai fini dell’acquisizione di potere nelle amministrazioni locali o addirittura con riferimento ai seggi parlamentari. E di conseguenza si allargano le maglie della rete affaristica e criminale negli stessi settori pubblici. Un legame, quest’ultimo, che sfalda ancora di più quello tra politica e territorio, accrescendo il fenomeno dell’elettorato “volatile” o indirizzato dal “miglior offerente”.
I cittadini, nel frattempo, si predispongono alle nuove sfide del decennio e si apprestano ad affrontare con spirito diverso l’ondata di un secondo boom economico. L’Ego sta per diventare imperante in una società in procinto di subire una trasformazione radicale in termini culturali. La cosiddetta «doppia decostruzione sociale», il nuovo popolo di consumatori <32, comincia a svilupparsi proprio sganciandosi dalla realtà della politica, osservata in maniera meno partecipativa. I partiti appaiono distanti, si guarda con astio crescente il loro trentennale tentativo di accaparrare potere e poltrone, il peso invasivo delle loro strutture sulle istituzioni. La mancata presa di coscienza della nuova realtà sociale da parte delle organizzazioni partitiche, il non aver colto la «talpa dell’individualismo» <33 che cominciava a scavare in profondità, fa perdere più di una corsa al treno del cambiamento.
I cittadini mutano prospettiva e interessi, cercano di farsi arbitri delle proprie scelte, rompono i legami di appartenenza con le grandi organizzazioni di partito creando le condizioni affinché possa ampliarsi l’area dell’elettorato di opinione <34. A emergere è la tendenza a valutare l’offerta politica in base ai propri interessi, soprattutto cercando la figura del politico decisore, colui che possa incarnare richieste, desideri e rispondere alle domande formulate con particolare enfasi dal nuovo e variegato ceto medio. La prontezza del leader è una caratteristica nuova nella Repubblica italiana, che comincia a essere ricercata proprio sul finire degli anni ’70, trascinandosi nel corso del decennio successivo. Gli italiani non accettano più quei politici abituati a rimandare all’infinito la soluzione di qualsiasi controversia <35. Il termine “risolutezza” <36 entra nel vocabolario comune, perché l’elettore è intenzionato ad affidarsi a qualcuno «in grado di parlare chiaro, forte, anche in maniera provocatoria, che mostri grinta e spessore, caratteristiche che la classe politica aveva poco coltivato» <37. Gli elettori sentono più che mai il bisogno di un leader. E qui la partitocrazia si divide tra una parte di apparati, maggioritaria, che affonda le gambe nella palude, mostrandosi incapace di dare una risposta immediata (non avendo spesso a disposizione una classe dirigente spendibile in tal senso), e chi invece a sorpresa, come il Partito socialista, anche in virtù della personalità del nuovo segretario Bettino Craxi, coglie l’opportunità di un rilancio <38. Ci si apre a un ritorno del concetto di leadership, quale rapporto di preminenza dell’individuo nei partiti politici, non subalterno o dipendente dalle decisioni degli altri dirigenti, bensì solido e rivolto direttamente all’elettorato di opinione.
Questo fenomeno, definito di “personalizzazione della politica”, è inevitabilmente collegato alla progressione di un’altra dinamica, ossia la crescita della leadership a scapito del regime partitico imperante fino a quel momento.
[NOTE]
17 P. Ignazi, Il potere dei partiti, Laterza, Roma-Bari 2002, p.11.
18 Ibidem.
19 Ivi, p. 46.
20 Ibidem.
21 Ivi, p.47.
22 Ivi, p.59.
23 Ivi, p.80.
24 P. Scoppola, La Repubblica dei partiti, Il Mulino, Bologna 2000, p. 379.
25 S. Colarizi, Storia politica della Repubblica, cit., pp. 122-123.
26 Ibidem.
27 Ibidem.
28 Ibidem.
29 Ibidem., cit.
30 Ibidem.
31 Ivi, p. 124.
32 M. Gervasoni, Storia d’Italia degli anni ottanta, cit., p. 13.
33 M. Gervasoni, Storia d’Italia degli anni ottanta, cit., p. 14.
34 S.Colarizi, Storia politica della repubblica, cit., p. 134
35 M.Gervasoni, Storia d’Italia degli anni ottanta, cit., p.39.
36 Ibidem.
37 Ibidem.
38 S. Colarizi, Storia politica della Repubblica, cit., p.134.
Umberto Scifoni, L’evoluzione della leadership in Italia tra Craxi e Berlusconi, Tesi di Laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2017-2018
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Pertini e Berlinguer non erano santi, ma avevano qualcosa che oggi manca ovunque:
coscienza e dignità.
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Pertini and Berlinguer weren’t saints, but they had something that today is missing everywhere:
conscience and dignity.
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https://michiyospace.altervista.org/coscienza-e-dignita-la-lezione-di-pertini-e-berlinguer/
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Quando eravamo "tutti comunisti", religione laica.
Visto l'oggi, forse troppi.
Oggi per @repubblica
Tra i film con le maggiori candidature anche BERLINGUER – LA GRANDE AMBIZIONE e VERMIGLIO (14 candidature).
#vermiglio #berlinguer #skycinema #daviddonatello
https://www.teleblog.it/436021/sky-canali-tv-2/david-di-donatello-domina-tra-le-nomination-ricevute-la-serie-larte-della-gioia-di-valeria-golino.html
Ieri su Repubblica Cappellini ridicolizza la piazza del #5aprile contro la guerra e il riarmo.
Ecco la "democratica" penna dell'editorialista degli Elkann: "In quel mondo piacciono le semplificazioni, anche per andare incontro alle capacità dell'audience di riferimento".
È forse preoccupato perché teme che la propaganda bellicista non trovi consenso?
Per Cappellini sarà una semplificazione, ma ai suoi articoli preferiamo l'articolo 11 della #Costituzione e le parole di #Berlinguer.
Buon corteo!
Ma voi avete provato l'inebriante sensazione di essere il più giovane nel cinema a vedere il #Berlinguer di Elio Germano?
Corriere.it - Homepage by di Sara D'Ascenzo
Andrea Segre: «Il mio Berlinguer non è ideologico. Nanni Moretti ci attacca? Era una provocazione»
Translated:
Andrea Segre: "My Berlinguer is not ideological. Is Nanni Moretti attacking us? It was a provocation."
#AndreaSegre #Berlinguer #NanniMoretti
http://corrieredelveneto.corriere.it/notizie/venezia-mestre/cultura-e-tempo-libero/24_novembre_05/il-regista-andrea-segre-il-mio-berlinguer-non-e-ideologico-nanni-moretti-ci-attacca-era-una-provocazione-6e40bc23-a62c-483b-9dc3-4e8b95cf3xlk.shtml
ho visto #Berlinguer, mi è piaciuto moltissimo #ElioGermano, mi è piaciuto come ha reso l'uomo, come ha reso bene le distanze e differenze con l'#URSS, NON mi è piaciuto come ha reso il ruolo degli Stati Uniti: da questo punto di vista, molto superficiale
"Se i giovani si organizzano e si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c'é scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e l'ingiustizia"
Enrico #Berlinguer
"If the young generation gets organised, takes hold of every field of knowledge and fights with the workers and the underprivileged, there's no place anymore for an old system based on wealth and injustice"
Enrico Berlinguer
4) perché ha detto che pur di distruggere #Berlinguer e il #PCI, gli Stati Uniti hanno manovrato per mettere l'Italia nelle mani di mafiosi e corrotti?
Perché questo hanno fatto ed erano consapevoli della corruzione endemica dei nemici del #PCI che sostenevano e aiutavano
1. rispondo a chi mi ha chiesto dei cablo 1973-1976 su #Berlinguer declassificati dal governo americano e ripubblicati da #WikiLeaks:
1) cosa rivelano?
Rivelano il grandissimo pericolo che abbiamo corso di fare la fine del Cile e di avere un Pinochet
Corriere.it - Homepage by di Renato Franco
Berlinguer scatenata (nel fuorionda): «Siete un branco di incapaci». E sulla Rai: «Ringrazio Dio di non essere rimasta, non sarei in onda»
«Striscia la notizia» colpisce ancora: «Mi hanno detto che ci sono regole assurde, tipo controllano tutti i servizi»
Translated:
Berlinguer unleashed (off-air): "You're a pack of incapables." And on RAI: "I thank God I didn't stay, I wouldn't be on air."
"Strip the news" hits again: "They told me there are absurd rules, like they check all services."
#Strip #Berlinguer
https://www.corriere.it/spettacoli/24_ottobre_22/il-fuorionda-di-bianca-berlinguer-se-fossi-ancora-in-rai-oggi-non-sarei-piu-in-onda-9eb7d27b-c74b-4c46-91d0-14e47a34fxlk.shtml
Corriere.it - Homepage by di Natalia Distefano
Festa del Cinema, l'apertura: sul red carpet Casta e Germano, Verdone, Foglietta e Lauro
Tappeto rosso quasi tutto italiano per l'anteprima del film «Berlinguer. La grande ambizione» diretto da Andrea Segre, primo titolo del Concorso Progressive Cinema, interpretato da Elio Germano
Translated:
Cinema Festival, opening: on the red carpet are Casta and Germano, Verdone, Foglietta and Lauro.
Red carpet almost entirely Italian for the premiere of the film "Berlinguer. The Great Ambition" directed by Andrea Segre, first title of the Progressive Cinema competition, starring Elio Germano.
#Italy #Berlinguer #GreatAmbition #AndreaSegre #ProgressiveCinema #ElioGermano #CinemaFestival #Casta #progressive #Germano #Verdone #Foglietta #Lauro
http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/24_ottobre_17/festa-del-cinema-di-roma-la-cerimonia-di-apertura-tra-lustrini-e-applausi-sul-red-carpet-germano-verdone-foglietta-lauro-7a7bde06-7c87-48d4-8279-bae3c0bffxlk.shtml
Enrico #Berlinguer: the 1970s #communist #hero inspiring #Italy’s youth – and the #farright | #Communism | The Guardian
https://www.theguardian.com/world/2024/oct/12/enrico-berlinguer-communism-hero-italy-youth-far-right-film
Il #6ottobre 1977 uscì Berlinguer ti voglio bene, il primo indimenticabile film di #giuseppebertolucci che lanciò #robertobegnini https://www.lasinistraquotidiana.it/berlinguer-ti-voglio-bene-la-dimensione-genitale-e-lutopia-comunista/
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Anche il cinema celebra Enrico Berlinguer https://www.radiocittafujiko.it/anche-il-cinema-celebra-enrico-berlinguer/ #Berlinguer #CULTURA #Latest #Cinema #NEWS #Film