Per quanto riguarda il Movimento giovanile democristiano, l’irrigidimento era palpabile
Gli eventi che vanno dal V congresso Dc di Napoli all’VIII convegno nazionale giovanile (Firenze, giugno 1955) sono come inscritti in un «piano inclinato», ove la «mutazione genetica» della Dc con l’andata al comando della «seconda generazione», quella di Iniziativa democratica, contribuisce ad accelerare le differenziazioni e, in una parte consistente, anche la dispersione di un patrimonio politico-culturale di generazione. Di fronte a un segretario, Fanfani, autoritario e organizzativista, accusato di voler usare il Movimento giovanile solo in senso attivistico-propagandistico, stanno ormai questi giovani che, in vario e articolato modo, gli si oppongono da «sinistra».
L’ultimo numero de «La Base» esce il 30 luglio 1954. Non è una chiusura imposta dall’altro, anche se nelle prime settimane di quello stesso anno la Direzione democristiana aveva affermato l’inammissibilità che su problemi di primaria importanza fossero espresse tesi non in linea col partito <678. Nonostante l’ingresso nel partito della seconda generazione di Iniziativa democratica e di alcuni elementi della terza, la Democrazia cristiana stentava a rinnovarsi e l’attivismo fanfaniano non si traduceva, per i basisti, nella costruzione di un moderno partito. A giudizio della Base era mancata, dopo il 7 giugno 1953 e il Congresso di Napoli, una riflessione profonda che non si riducesse unicamente alla difesa dell’unità del partito. Questo irrigidimento era d’altronde presente anche nel mondo cattolico. Nel 1954 Mazzolari tornava ad essere oggetto delle attenzioni del Sant’Uffizio: il 28 giugno il cardinale Giuseppe Pizzardo gli aveva vietato di predicare al di fuori della propria parrocchia. Un altro intervento punitivo fu rivolto contro don Milani, trasferito da Calenzano nel piccolo centro di Barbiana. Infine il presidente della Giac [Gioventù Italiana di Azione Cattolica], Mario Rossi, era costretto alle dimissioni.
Per quanto riguarda il Movimento giovanile, l’irrigidimento era palpabile: oltre al già citato deferimento ai probiviri di Arnaud, all’inizio del 1955 la Direzione, dopo la relazione di Fanfani sulle «questioni disciplinari», decide anche il deferimento di Amos Ciabattoni, reo, insieme al delegato regionale del Lazio Signorello, di aver diffuso un documento riservato assai critico sulla Dc e sul Movimento giovanile <679 di cui è venuta in possesso «l’Unità» che «ne ha tratto motivo per critiche al partito» <680.
Sul caso Rossi si esprime anche il quindicinale della Base con un articolo di Dorigo e con una lettera di Magri. Questa l’interpretazione del primo: “Il prof. Gedda sta giocando grosso e con l’avventato dilettantismo che distingue il suo comportamento in ogni campo ha voluto ad ogni costo far precipitare la situazione: si tratta, com’è chiaro, di una incosciente sfida alla stragrande maggioranza dei cattolici, i quali sanno vedere nel provvedimento preso nei riguardi generali della Gioventù cattolica lo squillo d’allarme più prepotente. […] Non è difficile né azzardato infatti collegare il siluramento di Rossi, come già quello di Carretto e dei suoi immediati collaboratori nell’ottobre del 1952, con la tenace, consapevole e logica resistenza della Gioventù d’Azione cattolica, in tutti i suoi quadri centrali e periferici, ad un andazzo che, precostituendo illecitamente in sede religiosa e con strumenti religiosi (tale è l’Azione Cattolica) scelte politiche di enorme portata, vuole imporre alla Dc, attraverso vie e uomini ben noti nella Dc, quella vera e propria strada sull’abisso alla quale l’apertura a destra e l’alleanza con le destre reazionarie monarchico-fasciste ci inchioderebbe senza possibilità di ritorno” <681.
Nella rubrica della rivista, “Voci dalla base”, si rendeva noto che la maggior parte delle lettere pervenute alla redazione conteneva pareri simili a quelli espressi da Dorigo. Nella sua lettera Magri analizza invece il comportamento della stampa di destra sul “caso Rossi”: “I quotidiani della destra hanno voluto affrontare la questione nel suo complessivo significato, anche religioso. Ed è questo molto significativo perché rivela l’intenzione precisa di compiere una identificazione semplice tra una determinata linea politica e la stessa ortodossia religiosa. È tutto lo zelo dei cattolici ferventi, la assillante preoccupazione per la salvezza della dottrina, la smania dell’ortodossia che, con un evidente equivoco delle competenze e di capacità i commentatori politici dei giornali reazionari invocano contro il modernismo e il deviazionismo in cui “necessariamente” cadono, a loro avviso, i giovani” <682.
In un documento “riservato” firmato Berlinguer, segretario della Fgci, e inviato a Luigi Longo, viene notato come proprio il caso Rossi abbia aperto un interessante dibattito «nonostante l’ingiunzione al silenzio dell’Osservatore Romano, sul periodico cattolico milanese La Base», «che si propone evidentemente di coordinare il movimento di diffuso malcontento esistente contro Gedda e di raggrupparlo attorno al gruppo più avanzato dei cattolici milanesi, così come ci è stato indicato in un colloquio che abbiamo avuto» <683.
È ancora Berlinguer, cogliendo l’occasione del “caso Rossi”, a scrivere a tutte le sezioni italiane della Fgci indicando che “la crisi della GIAC è uno degli aspetti del disorientamento esistente nel mondo cattolico in generale nel quale si combattono interessi diversi. Ad esempio vi è già fra i dirigenti giovanili ed anche tra alcuni anziani e sacerdoti la preoccupazione di trovare un accordo con noi. Per quanto riguarda i dirigenti diocesani noi abbiamo notizia che hanno espresso solidarietà al Rossi quelli del Piemonte, della Lombardia, del Veneto, dell’Emilia Romagna, di Siena, di Perugia e di Napoli. Posizioni di solidarietà si sono avute nella FUCI, nei Gruppi giovanili DC, tra i giovani delle
ACLI e della CISL […] la crisi della GIAC non ci ha preso alla sprovvista in quanto i motivi di contrasto, seppur in modo impreciso, li avevamo analizzati e non si può escludere che in parte al maturarsi dei contrasti tra i giovani cattolici abbia contribuito anche l’azione unitaria che da tempo andavamo sviluppando. La nostra posizione dopo la crisi di direzione è stata di simpatia e di cautela al centro e su scala provinciale, ricercando il contatto e la discussione, e di aperto intervento alla base, nel senso che abbiamo indicato la necessità che i giovani comunisti si recassero negli oratori della GIAC per discutere la questione” <684.
Quella che doveva essere una temporanea chiusura estiva, era divenuta per «La Base» una chiusura comunque definitiva. Qualche settimana più tardi veniva a mancare De Gasperi. Con la morte del leader trentino mutavano anche i rapporti di forza all’interno del partito; il successo di Iniziativa democratica si era tradotto nella vittoria di una corrente piuttosto che in un profondo cambiamento. Dietro la chiusura de «La Base» c’erano senza ombra di dubbio le pressioni di Fanfani, che avevano costretto i basisti a chiudere l’omonimo quindicinale e inaugurare una nuova esperienza editoriale, «Prospettive», come mezzo per difendere i valori dell’antifascismo, del rinnovamento del partito, della costruzione dello Stato democratico, della lotta ai monopoli e di un diverso anticomunismo. «Senza la collaborazione fra masse cattoliche e masse comuniste – scrivono ad esempio già nel secondo numero i redattori – la Resistenza non avrebbe avuto, come invece ha avuto, il significato di un risveglio della coscienza nazionale per la edificazione di un nuovo Stato»; «ora, nello escludere il comunismo italiano e nel mantenerlo fuori dallo Stato – proseguono – bisogna obiettivamente tenere conto che si esclude una forza componente della sua costituzione» <685.
[NOTE]
678 La Direzione, infatti, riteneva «assolutamente al di fuori di una seria vita democratica del Partito, la tendenza che va diffondendosi, di iniziative da parte di singoli o di gruppi di iscritti per la pubblicazione di fogli periodici rivolti soprattutto ad una polemica interna che assume talvolta asprezze tali da essere giustificata soltanto se fosse rivolta contro i nostri più violenti avversari. È urgente ricordare a tutti che la stampa di Partito per svolgere un’azione costruttiva deve essere legata a precise responsabilità di organi di Partito e mai alla fluida responsabilità di uno o pochi iscritti che agiscono senza un preciso mandato ufficiale»; ASILS, Dc, Dn, s.28, f.22, Verbale della riunione del 2 agosto 1954.
679 Nel documento firmato da Ciabattoni si sosteneva che «Da lungo tempo andava maturando la grave crisi del Movimento giovanile. Anzi, per usare una espressione più aderente alla realtà, da parecchio si sentiva l’esigenza di concludere, con grande cautela, ma ad ogni costo, il travaglio del Movimento giovanile. Dopo gli ultimi avvenimenti politici, infatti, si era maggiormente acuito il contrasto e il distacco tra il centro Nazionale e la Periferia (ciò anche per esplicita ammissione degli stessi Dirigenti Nazionali) e l’immobilismo tradizionale non trovava, ormai, più scusanti. […] I numerosi “ma che succede” e i “ma che cose dobbiamo fare” della periferia crediamo debbano essere tacciati. Non in un modo qualsiasi. Ma nell’unico modo dovuto: con poche parole e molti fatti, e soprattutto idee molto chiare. Non vorremmo si dimenticasse, nel frattempo, la precisa funzione del “reggente”: organizzare entro novanta giorni il convegno. Senza cioè possibilità di impostazioni determinate, avendo il Comitato affermato a maggioranza che resta valido l’impegno di sottoporre alla discussione del Convegno nazionale la linea politica e organizzativa fino ad oggi seguita dalla Direzione del Movimento. […] Alcune esigenze: legare la fiducia ai Dirigenti Nazionali e all’Esecutivo in carica […] Indipendenza del Movimento giovanile DC da ogni forma di “corrente” interna di Partito. […] Garanzia di libera azione al di fuori della semplice organizzazione del Partito. […] già nel Comitato Nazionale di Anzio del febbraio 1954, l’esigenza di una totale revisione della linea politica e organizzativa del Movimento era apparsa evidente. […] è cosa nota se si afferma che il nuovo Esecutivo non ha risolto nessun problema. I gruppi giovanili debbono infine rappresentare il punto di contatto più facile e più vicino con tutte le organizzazioni giovanili operanti»; cfr. ASILS, Dc, Dn, s.31, f.21, Verbale della riunione del 7 gennaio 1955.
680 Ibidem.
681 W. Dorigo, La sostituzione di Rossi alla Giac, in «La Base», n.7, 5 aprile 1954.
682 L. Magri, Nessuna complicità dei giovani, in «La Base», n.9, 5 maggio 1954.
683 APCIG, carte Fgci, b. 1954/2, f. 0423-2559, Note sul nostro lavoro verso i giovani cattolici, s.d. «La linea di azione che ci siamo fissati – prosegue il documento – nei giorni della crisi della Giac ci pare oggi ancora valida: appunto perché tra i giovani della sinistra cattolica vi è confusione e talvolta indecisione e timidezza, appunto perché vi è una situazione tale da prestarsi alle manovre degli ecclesiastici e di taluni uomini politici democristiani, occorre intervenire dall’esterno e dall’interno per rendere più rapido il processo di chiarificazione, per rendere più rapido il processo di chiarificazione, per incoraggiarli a resistere e a lottare dentro le fila del movimento democristiano. Un’azione più ampia verso al gioventù cattolica veniva iniziata dopo le note vicende della destituzione del dott. Rossi e della direzione centrale della GIAC. In questa occasione il Comitato Centrale, molte Federazioni e numerosi circoli svilupparono un lavoro di orientamento e di informazione verso la gioventù cattolica. Il risultato del lavoro svolto in questo periodo aveva anche un valore interno: infatti una maggiore sensibilità della gioventù comunista per il lavoro verso la gioventù cattolica è stata segnalata dopo questo periodo quasi ovunque. Il 18-19 giugno si riuniva a Perugia il Comitato Centrale della FGCI che, sulla base delle ultime nostre esperienze e delle indicazioni fornite dal compagno Togliatti al Comitato Centrale del Partito, impegnava tutta l’organizzazione della gioventù comunista a intensificare il lavoro per l’intesa fra la gioventù comunista e la gioventù cattolica. Nel corso di questi mesi, nonostante il massiccio intervento delle gerarchie ecclesiastiche e dei dirigenti fanfaniani della DC, si avevano numerosi casi di collaborazione su problemi diversi e in numerose città tra giovani dell’A.C. e democristiani e la gioventù comunista. Significative sono le adesioni di giovani dirigenti cattolici alla lotta in difesa della pace, contro la CED e il riarmo tedesco a Reggio Emilia, Ferrara, Ravenna, Forlì, Siena, Trento, Bari, Messina, Rovigo».
684 APCIG, carte Fgci, b. 1954/2, f. 0423-2559, Lettera di Enrico Berlinguer alle sezioni della Fgci, s.d.
685 Provvedimenti anticomunisti, in «La Base», n.2-3, 25 dicembre 1954.
Andrea Montanari, Il Movimento giovanile della Democrazia Cristiana da De Gasperi a Fanfani (1943-1955), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Parma, 2017
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