#Maggio

A Bologna, dal maggio 1944 la lotta crebbe

Con gli scioperi di marzo [1944] ci fu in tutta la regione [l’Emilia Romagna] un’ulteriore saldatura tra la città e la campagna, perché portarono avanti istanze che appartenevano anche alla popolazione contadina e la coinvolsero.
Dal punto di vista nazionale gli scioperi rappresentarono il tentativo di unire lotte sociali e lotta armata, oltre a permettere l’affermarsi del Partito Comunista come forza trainante di entrambe. <170
Si possono notare infatti numerose differenze tra l’andamento degli scioperi nelle altre grandi città italiane, come Milano, Torino o Genova, e quelli dell’Emilia Romagna: se nel resto d’Italia i Gap erano in progressivo declino dopo un inverno denso di azioni e furono in grado di offrire solo una minima difesa alle masse operaie in sciopero, al contrario, in Emilia Romagna gli scioperi e l’azione partigiana a sostegno rappresentarono la prima fase di una penetrazione capillare all’interno della società. <171
Ovviamente, questa collaborazione tra campagne e movimento resistenziale non nacque dal nulla ma dipese dal particolare contesto socio-economico della zona: i bassi salari, la disoccupazione, la chiamata alle armi dei giovani (che determinava una mancanza di manodopera), i conferimenti agli ammassi, le violenze e i rastrellamenti furono senza dubbio alcuni dei fattori che determinarono lo scoppio della lotta sociale. <172
Inoltre, un altro dei fattori determinanti per l’ingrossarsi delle fila partigiane furono senza alcun dubbio i vari bandi fascisti per il reclutamento, o gli appelli agli sbandati che sarebbero stati perdonati se fossero tornati a casa entro il 25 maggio. Notizie chiare e affidabili sull’effettiva risposta dei giovani a questi appelli non fu mai data, basti pensare che nel Notiziario della GNR del 28 maggio vi era scritto che si erano presentati in città solo otto sbandati. Probabilmente il numero fu maggiore a Bologna così come in altre città italiane, spinti probabilmente dalla paura di rappresaglie contro le proprie famiglie, salvo poi tornare dopo poco tempo presso le proprie formazioni di montagna, spesso anche con le armi. L’esito tutt’altro che positivo dei bandi inoltre creò problemi all’interno dello stesso fascismo repubblicano, acuendo la tensione tra partito ed esercito, accelerando così il progetto di Pavolini della militarizzazione del partito e la costituzione delle “bande nere”. <173
A Bologna, dal maggio 1944 la lotta crebbe e vi erano anche più attacchi al giorno: a quelli contro i militari fascisti e nazisti continuano ad affiancarsi le azioni di sabotaggio delle vie di comunicazione e di rifornimento verso il fronte, quindi attacchi alle linee ferroviarie, attentati contro i camion di rifornimenti tedeschi, attacchi dinamitardi contro i tralicci dell’alta tensione. <174
Inoltre, una volta decaduti gli ultimatum e gli appelli fascisti, che tra l’altro furono seguiti da appelli partigiani agli sbandati, alla polizia ausiliaria, ai carabinieri ma persino ai soldati tedeschi, cessò ogni distinzione, da parte partigiana, tra i diversi gradi di responsabilità, cosicché poi dal giugno le proporzioni della guerriglia crebbero a dismisura, aiutate anche dalla crescente sfiducia che la popolazione aveva nei confronti del governo fascista repubblicano. <175
A inizio estate la brigata era costituita, tra città e provincia, da sei distaccamenti: Bologna “Temporale” comandato da Nazzareno Gentilucci (Nerone) e da Lorenzo Ugolini (Naldi); Anzola Emilia (Tarzan) comandato prima da Vittorio Bolognini e poi da Sugano Melchiorri; Medicina comandato da Mario Melega (Ciccio), da Vittorio Gombi (Libero) e poi da Giuseppe Bacchilega (Drago); quello di Castel Maggiore comandato da Franco Franchini (Romagna) e infine da Arrigo Pioppi (Bill); il distaccamento di Castenaso comandato da Carlo Malaguti (Nino) e poi da Oddone Sangiorgi (Monello); quello d’Imola, il Ruscello, comandato da Dante Pelliconi (Ragno). <176
Anche a Modena in primavera vi era una situazione di grande fermento: nell’aprile ’44 avvennero varie azioni contro infrastrutture o contro militi fascisti, come l’uccisione di un membro della GNR l’8 aprile, mentre tornava in caserma.
Sul finire di aprile e l’inizio di maggio vi fu un intensificarsi di azioni di sabotaggio ad opera dei Gap modenesi, che rese necessari nuovi servizi di vigilanza da parte delle istituzioni locali; a questo scopo vennero utilizzati anche i civili. Infatti, già da tempo, il comando tedesco aveva iniziato a imporre delle pene pecuniarie ai comuni in cui avvenivano sabotaggi, nonostante questi non avessero alcun modo di mettere in piedi un servizio di sorveglianza tale da impedirli. <177
Il 29 aprile, invece, fallì un tentato attacco al bar del teatro comunale di Carpi, ritrovo di fascisti, e furono arrestati due giovani gappisti, giustiziati poi a Bologna l’11 giugno. <178
Dalla seconda metà di maggio, e così per tutto giugno, si verificò un ulteriore aumento del numero di attentati e sabotaggi nel modenese. Il questore nella sua relazione affermò che nel solo mese di giugno furono compiuti ben dodici attacchi contro le linee telefoniche e telegrafiche della pianura, tra i quali possiamo ricordare quelli, particolarmente riusciti, del 6 e 8 giugno, il primo a Soliera e il secondo nei dintorni di Modena. <179
Quest’intensa attività da parte del gappismo modenese, nonostante non avesse ancora raggiunto il proprio massimo sviluppo, mise in allarme le autorità tedesche e fasciste: per prevenire le azioni partigiane in città, dal 5 giugno furono organizzati posti di blocco su undici strade tramite le quali si poteva entrare nel capoluogo. <180
[NOTE]
170 S. Peli, La Resistenza in Italia cit., p.61.
171 C. Lusuardi, Gappisti di pianura cit., p. 58.
172 Ibidem.
173 L. Bergonzini, La svastica a Bologna cit., p.107.
174 M. De Micheli, 7a GAP cit., p. 98.
175 L. Bergonzini, La svastica a Bologna cit., p.109.
176 https://www.storiaememoriadibologna.it/7a-brigata-gap-garibaldi-gianni-19-organizzazione consultato il 03/06/2021 h. 18:07
177 C. Lusuardi, Gappisti di pianura cit., pp. 59-60
178 C. Silingardi e M. Montanari, Storia e memoria della Resistenza modenese cit., p. 68.
179 C. Lusuardi, Gappisti di pianura cit., pp. 60-61.
180 C. Silingardi, Una provincia partigiana cit., p. 318.
Marco Prosperi, Il detonatore della lotta armata: origini e sviluppo del gappismo, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2020-2021

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SMASH REPRESSION!smashrepression
2025-05-19
Cesare Nanni CostaCesare@pixelfed.uno
2025-05-16
𝕃𝔼𝔸ℝℂ𝕆 🪬 𓂀amaz3r.bsky.social@bsky.brid.gy
2025-05-11

“Il solo talento che vorrei è quello di perdermi” #photography #pictureoftheday #maggio #toscana #intothewoods🌲

2025-05-08

anche se dal 2000 qualcuno spostò la #festadellamamma alla seconda domenica di #maggio, a me la cosa non interessa e quindi auguri a tutte le #mamme, oggi 8 maggio, in concomitanza con la commemorazione cattolica della Madonna del Rosario di Pompei.
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#madonna #rosario #pompei #mamma #famiglia #tradizione #marketing #painture #art #religion

la Madonna in trono con il Bambino Gesù in braccio. Ai suoi piedi vi sono san Domenico e santa Caterina da Siena, del pittore: Vincenzo Paliotti (Roma 1831 - Napoli 1894).
2025-05-01
Il mese di #maggio, per tradizione, è il mese dedicato alla #Madonna. Mese molto caro alla pietà popolare che continua a fare di maggio un mese "mariano", moltiplicando fervorose iniziative liturgiche, catechistiche e pastorali.
ALMERICO COLIZZIColizziAlmerico
2025-05-01

Il mese di , per tradizione, è il mese dedicato alla . Mese molto caro alla pietà popolare che continua a fare di maggio un mese "mariano", moltiplicando fervorose iniziative liturgiche, catechistiche e pastorali.

2025-05-01

Il cielo del mese: maggio, il cielo come opera d’arte

https://edu.inaf.it/rubriche/il-cielo-del-mese/maggio-cielo-opera-arte/

[caption id="attachment_12048" align="aligncenter" width="700"] Notte stellata sul Rodano di Vincent van Gogh – via commons[/caption]

Così come il “senso dell’arte” si sposta dall’oggetto alla mente dell’artista, il “senso del cielo”, ovvero il contemplare il cielo stellato, si sposta dall’oggetto celeste alla mente dell’osservatore. Non esistono più metodi o pratiche definite: si può fare arte con qualsiasi linguaggio, si può disegnare e “leggere il cielo” con qualsiasi occhio.

Il recinto celeste è talmente vasto da sembrare praticamente impossibile definirne i confini. Come l’arte, il cielo è letteralmente ovunque e solo la validità dell’idea può rappresentare un appiglio a cui ci si può agganciare per riconoscerne il senso. Come un colpo di pennello netto al centro della tela, rompe l’ovvio, introduce un’intuizione e si inizia ad esplorare uno spazio sconosciuto, in cui nemmeno l’artista – cioè l’osservatore – sa cosa potremmo incontrare.

La volta celeste, come un’artista, suscita curiosità per mondi e idee inaspettate, ci apre porte impreviste, ci invita ad affrontare il futuro senza sapere come sarà, ma con lo sguardo rivolto oltre. Come le opere d’arte contemporanea più valide, il cielo ci pone domande, interrogativi più o meno profondi, prendendo la realtà che viviamo e rimescolandola con elementi imprevedibili fino a lasciarci interdetti. Per questo spesso è difficile comprendere il senso e per questo ci troviamo spaesati di fronte alla sua […]

#costellazioni #giornataInternazionaleDellaLuce #ilCieloDelMese #luce #Luna #maggio #VincentVanGogh

Cielodelmese 05 Maggio 2025 Evidenza
Massimo MarcianoMassimoMarciano
2025-04-29

: ultimo giorno di ; ponte del da piena

Oggi al Centro-Sud e possibili : ne è prevista una a . Inizio di con l' africano: bel tempo e 30°C

metropoli.online/meteo-ultimo-

Le #elezioniamministrative si terranno il 25-26 #maggio, e sarà electionday con i 5 #referendum ma al turno del ballottaggio dell'8 e 9 #giugno. Ira dei Comitati: 'Data peggiore'. Foti: 'Affluenza dipende da temi'.

Il 2 maggio 1978 OP offrì un’ampia analisi politica della situazione italiana

Il dossier di «Op» Diario dell’irreale assoluto del 25 aprile 1978, descrisse gli avvenimenti nei cinque giorni che intercorsero tra il sesto comunicato Br ed il settimo. Pecorelli dedicò ampio spazio anche al falso comunicato brigatista del 18 aprile 1978, contenente l’annuncio dell’avvenuta esecuzione di Aldo Moro e le istruzioni per il ritrovamento del corpo presso il Lago della Duchessa, in provincia di Rieti <240. Un enorme dispiegamento di forze alla ricerca del cadavere di Moro che lo stesso presidente democristiano, nel suo memoriale, definì «la macabra grande edizione sulla mia esecuzione» <241.
“Un volantino anomalo, rachitico, frettoloso e recapitato in una sola città contrariamente ai precedenti, annuncia l’avvenuta esecuzione per suicidio di Aldo Moro, ed il suo seppellimento in un laghetto di montagna. I leader dei partiti, sempre più accasciati e con un che di ambiguo disorientamento, dispongono, pur nell’incertezza sull’attendibilità del messaggio, le ricerche. La via per il lago segnalata risulta impraticabile da terra a causa della neve e del gelo degli ultimi giorni. Si muovono elicotteri che depositano sciatori, esperti anti-valanghe e sommozzatori sul lago, il quale risulta oltre che coperto di neve fresca priva di impronte, anche totalmente ghiacciato. Non rimane che perforarlo, e senza alcun esito. Si dirottano le ricerche su un altro laghetto poco distante, che presenta caratteristiche meno ostiche e improbabili. Nulla” <242.
L’articolo collegò il falso comunicato con la scoperta del covo Br di via Gradoli, avvenuta lo stesso giorno. Per il giornalista si tratto di un’unica operazione accuratamente pilotata <243. Il rifugio venne scoperto grazie ad una fuga d’acqua, che secondo i vigili del fuoco sembrò essere stata volutamente provocata: uno scopettone era stato appoggiato sulla vasca, sopra ad esso qualcuno aveva posato il telefono della doccia in modo che l’acqua si dirigesse verso una fessura nel muro. Anche secondo Alberto Franceschini, ex Br, la vicenda del Lago della Duchessa e di via Gradoli andrebbero tenute insieme. Fu un messaggio preciso a chi deteneva Moro, per avvisare le Br che lo Stato avrebbe potuto catturarli in qualsiasi momento. Un’ulteriore ipotesi avvalorerebbe l’idea che il covo sia stato fatto scoprire appositamente da qualche brigatista contrario all’uccisione di Moro. Recentemente Steve Pieczenik, il consigliere americano chiamato al fianco di Francesco Cossiga per risolvere lo stato di crisi, nel libro “Abbiamo ucciso Aldo Moro. Dopo 30 anni un protagonista esce dall’ombra” di Emmanuel Ammara <244, ammise la sua responsabilità in accordo, con Cossiga, nella creazione di un falso comunicato.
Si rileva il dubbio di Pecorelli sulla vicenda grazie all’articolo “Le allucinanti avventure degli investigatori”. Il giornalista, infatti, scrisse «Brigate rosse» e «terroristi» tra virgolette, quasi a voler insinuare il dubbio riguardo ai veri autori di tale scritto. “Ricevuta la copia del volantino delle “Brigate rosse” con il quale “i terroristi”, comunicavano la località dove sarebbe stato abbandonato il corpo di Aldo Moro, gli inquirenti si precipitano agli elicotteri messi a disposizione della Polizia e dei Carabinieri per raggiungere nel più breve tempo possibile la zona della Duchessa” <245.
Il 20 aprile 1978 le Brigate rosse annunciarono, nel vero comunicato numero sette, che la condanna di Moro sarebbe stata eseguita, lasciando uno specchio di ventiquattro ore per il possibile scambio di prigionieri. Pecorelli raccontò quelle ore di ultimatum nell’articolo del 25 aprile, “La ventiquattresima ora”.
“Siamo costretti a chiudere il numero mentre mancano ancora 24 ore alla scadenza dell’ultimatum delle Br. Trattare o non trattare? Sentiamo ripetere che lo Stato è in preda al dilemma. Ma il dilemma presuppone una scelta. In questo caso lo Stato, cioè la Dc e il Pci, si impediscono a vicenda di scegliere. La Dc vive un dramma nel dramma. Partito di cattolici, dovrebbe anteporre il rispetto della vita alle ragioni della politica. Solo una minoranza di democristiani sembra decisa a non sacrificare la vita del suo presidente. Se la Dc è divisa, gli altri partiti lo sono altrettanto” <246.
Il 2 maggio 1978, ad una settimana dal futuro ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani, «Osservatore politico» offrì un’ampia analisi politica della situazione italiana nell’articolo “Il Paese si può e si deve salvare”, cercando di dare un significato al rapimento ed immaginando le possibili ripercussioni di tale vicenda sul Paese. L’Italia apparse disorientata: comprese di vivere un momento politico cruciale tuttavia, secondo il giornalista, non riuscì ad andare oltre questa accettazione. Offrì, inoltre, una nuova interpretazione dell’eurocomunismo d’un partito scomodo ad entrambe le superpotenze mondiali.
“L’agguato di via Fani porta il segno di un lucido superpotere. La cattura di Moro rappresenta una delle più grosse operazioni politiche compiute negli ultimi decenni in un Paese industriale, integrato nel sistema occidentale. L’obbiettivo primario è senz’altro quello di allontanare il Partito comunista dall’area del potere nel momento in cui si accinge all’ultimo balzo, alla diretta partecipazione al governo del paese. È comune interesse delle due superpotenze mondiali mortificare l’ascesa del Pci, cioè del leader del comunismo che aspira a diventare democratico e democraticamente guidare un Paese industriale. Ciò non è gradito agli americani, perché altererebbe non solo gli equilibri del potere economico nazionale ma ancor più i suoi riflessi nel sistema multinazionale. Ancor meno è gradito ai sovietici. Con Berlinguer a Palazzo Chigi, Mosca correrebbe rischi maggiori di Washington. La dimostrazione storica che un comunismo democratico può arrivare al potere grazie al consenso popolare, rappresenterebbe non soltanto il crollo del primato ideologico del Pcus sulla III Internazionale, ma la fine dello stesso sistema imperiale moscovita. Ancora una volta la logica di Yalta è passata sulle teste delle potenze minori. È Yalta che ha deciso via Mario Fani” <247.
In previsione delle elezioni amministrative del 14 maggio, l’analisi politica continuò nei successivi articoli. Sebbene Pecorelli fosse convinto dell’imminente liberazione del leader democristiano <248, descrisse le varie possibilità di governo nel caso della liberazione di Moro o dell’esecuzione della sentenza del carcere del popolo. In questi articoli Pecorelli si domandò quanto avrebbe potuto influire e che ruolo avrebbe avuto il sequestro sull’opinione pubblica, divisa tra gli schieramenti favorevoli alla trattativa, il Psi di Craxi in primis, e quelli contrari ad ogni dialogo come la Dc o lo stesso Pci.
“Se Moro dovesse morire prima delle elezioni del 14 maggio, il Psi potrebbe affermare che è stata l’intransigenza dei democristiani e dei comunisti ad aver provocato il drammatico epilogo. Quale sarà allora la reazione dell’elettore Dc medio? Egli sa che sono stati gli sforzi di Moro a permettere l’ingresso del Partito comunista al governo, da ciò potrà dedurre che la Democrazia cristiana ha pagato un prezzo troppo alto se poi questo governo non è riuscito a salvare il suo presidente <249. Poniamo invece che Moro possa uscire vivo dall’avventura del sequestro. A maggior ragione gli uomini della Dc, il Vaticano, gli osservatori esterni, porterebbero eterna riconoscenza a Craxi. L’unico leader che dicendosi disposto a trattare ha consentito alle istituzioni il superamento di un difficile scoglio <250. Nel primo caso (Moro morto), sotto la spinta dell’elettorato medio, probabilmente gli attuali dirigenti Dc potrebbero essi stessi guidare il ritorno al rapporto preferenziale col Partito socialista. Nella seconda ipotesi ciò è escluso tassativamente: la Democrazia cristiana dovrà passare attraverso un travagliato e penoso processo di rinnovamento” <251.
[NOTE]
240 Il 18 aprile 1978 venne diffuso un falso comunicato, contenente l’annuncio dell’avvenuta esecuzione di Aldo Moro. Venne indicato il luogo dove trovare il cadavere del presidente democristiano, nei fondali del Lago della Duchessa in provincia di Rieti. Un comunicato falso che il Viminale dichiarò autentico, FLAMIGNI, Le Idi di marzo, p. 281.
241 Ivi, p. 284.
242 Diario dell’irreale assoluto. Lunedì 17 e martedì 18 aprile: la presunta esecuzione e la troppo inequivocabile scoperta del covo, «Osservatore politico», 25 aprile 1978.
243 «L’infiltrazione d’acqua fu una manovra deliberatamente attuata per provocare la scoperta del covo Br di via Gradoli 96 senza che ciò provocasse l’arresto di alcun brigatista. La teatrale scoperta del covo venne sincronizzata con la diffusione del comunicato Br del Lago della Duchessa. E se la scoperta del covo era chiaramente pilotata, il comunicato numero sette era palesemente falso», FLAMIGNI, Il covo di Stato. Via Gradoli 96 e il delitto Moro, Kaos 1999, p. 49.
244 EMMANUEL AMMARA, Abbiamo ucciso Aldo Moro. Dopo 30 anni un protagonista esce dall’ombra, Cooper, Roma 2008.
245 Diario dell’irreale assoluto. Le allucinanti avventure degli investigatori, «Osservatore politico», 25 aprile 1978.
246 La ventiquattresima ora, «Osservatore politico», 25 aprile 1978.
247 Yalta in via Mario Fani, Ivi, 2 maggio 1978.
248 «A questo punto è lecito, più che un’ipotesi, formulare una logica e razionale previsione. A nostro avviso, non solo Moro non sarà soppresso dai suoi rapitori, ma è da ritenersi imminente la sua liberazione che sarà seguita da cerimonie trionfali e festeggiamenti popolari paragonabili solo all’incoronazione di Napoleone», Brigate rosse, arcangeli sterminatori arcangeli purificatori, «Osservatore politico», 2 maggio 1978.
249 Se Moro muore, voti alle colombe, Ibidem.
250 Se Moro vive, voti alle colombe, Ibidem.
251 In entrambi i casi la Dc dovrà cambiare linea, Ibidem.
Giacomo Fiorini, Penne di piombo: il giornalismo d’assalto di Carmine Pecorelli, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2012-2013

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