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Il “Memoriale di Yalta” non fu un tema di ampio dibattito nel mondo intellettuale statunitense

L’opera in due volumi curata da Griffith e pubblicata nel 1964 intitolata “Communism in Europe. Continuity, Change, and the Sino-Soviet Dispute” faceva parte di una collana intitolata “Studies in International Communism”, pubblicata dalla casa editrice del MIT, e legata al lavoro del Center for International Studies attivo al suo interno. Nel momento in cui vennero pubblicati, la situazione del CIS era ancora stabile. La Guerra fredda era già entrata, tuttavia, in una fase nuova. Così, mentre veniva avviato il processo di Distensione e mentre nel panorama dei Soviet Studies appariva più di un’analisi sulla frattura sino-sovietica, un evento era destinato a mutare la storia italiana e a generare discussioni, sebbene timide, nella comunità transatlantica che si dedicava allo studio del PCI: la morte di Togliatti e la pubblicazione, sulle colonne del settimanale comunista “Rinascita”, del testamento intellettuale del leader comunista, passato alla storia come il “Memoriale di Yalta”, nel settembre del 1964. In quel momento, all’interno del progetto “Studies in International Communism” guidato da Griffith, venne lanciato un progetto sul comunismo europeo, perlopiù grazie all’impegno di uno degli affiliati della prima ora del centro, Donald L.M. Blackmer, che stava contestualmente iniziando la ricerca per la sua tesi di dottorato sui legami internazionali del PCI. Blackmer si unì al centro di ricerca di Cambridge poco dopo la sua fondazione, in un primo momento per ricoprire l’incarico di assistente del direttore, Lucien Pye. Il suo primo lavoro con il CIS fu la curatela del volume “The Emerging Nations and the Politics of the United States”, con l’economista Max Millikan. Si trattava di un volume scritto a venti mani, un esperimento ambizioso e forse non perfettamente riuscito di dieci autori diversi del centro. Tradotto da Il Mulino nel 1962, il libro è in realtà piuttosto breve, e risulta quasi un manifesto delle declinazioni del concetto di “modernizzazione”: si fa ampio uso di categorie di “sviluppo” e “sottosviluppo”, “tradizione”, e naturalmente “transizione” alla modernità, sulla base dell’opera di Rostow “The Stages of Economic Growth”. Probabilmente, l’aspetto più innovativo del lavoro consiste nell’inserimento delle strategie politiche che gli Stati Uniti avrebbero dovuto adottare nei confronti delle “nazioni emergenti”: elargizione di aiuti economici, assistenza militare, informazione, con esplicito richiamo alla pletora di strumenti messi in campo con il piano Marshall in Europa. L’obiettivo era quello di favorire la formazione di élite democratiche, che «sappiano mantenere un governo efficiente e ordinato senza far ricorso a metodi totalitari […], che siano disposti a cooperare nelle misure internazionali di controllo economico, politico e sociale» <177. L’obiettivo del contenimento del comunismo, scrivevano gli autori, «è chiaramente implicito negli interessi positivi, costruttivi e più fondamentali che abbiamo definito» <178. Fu proprio la pubblicazione del Memoriale di Togliatti ad aprire una prima discussione tra la comunità accademica del MIT e Giorgio Galli: il 17 settembre 1964, Blackmer scrisse una lettera indirizzata al politologo italiano. Gli chiedeva di rivedere un manoscritto, che Galli aveva inviato a Griffith per la pubblicazione, per poter fornire una chiave di lettura adeguata al revisionismo italiano alla luce della pubblicazione del segretario del PCI <179. A Blackmer faceva eco, del resto, lo stesso Griffith che riteneva superata la tesi di Galli alla luce di quelli che definiva «two major events», la diffusione del Memoriale di Togliatti e la caduta di Chruscev. Sebbene, sottolineava l’autore, “I agree with most of Italian writers, including yourself, that the testament presents little that is new in PCI writings, it is, rather, a codification of them. Nevertheless, it does go farther than Togliatti ever did before in public criticism of the Soviet Union and, more importantly, whatever may be the actual degree of novelty of its contents, it is already quite clear that its reverberation within the international Communist movement will be great” <180. In ogni caso, l’eventuale dissidio tra Galli e Griffith venne superato dal fatto che quest’ultimo, per timore di proporre analisi parziali o affrettate, decise di rimandare la pubblicazione di un volume sul revisionismo italiano. Occorre mettere in evidenza, comunque, che il “Memoriale di Yalta” non fu un tema di ampio dibattito nel mondo intellettuale statunitense. Il 1964 risulta però importante anche perché fu proprio allora che vennero effettuate le prime ricerche sul PCI da parte di studiosi che non concordavano con le interpretazioni precedenti, figlie dell’anticomunismo liberale. Donald Blackmer, che grazie al suo lavoro all’interno del MIT decise di intraprendere il programma di dottorato, scelse di redigere una tesi sul comunismo italiano. Arrivò in Italia nel 1964 per effettuare una serie di interviste, come impongono le scienze sociali. Il volume frutto di quell’esperienza italiana, intitolato “Unity in Diversity: Italian Communism and the Communist World” uscì nel 1968. Membro del CIS dal 1956, Blackmer si era formato negli studi sull’Unione Sovietica. Si era avvicinato all’accademia, peraltro, piuttosto tardi: figlio di un professore del Philips College di Andover, in Massachusetts, cresciuto in un ambiente intellettuale stimolante, aveva avuto, molto giovane, una predilezione per lo studio delle lingue straniere. Ebbe modo di viaggiare in Europa subito dopo la Seconda guerra mondiale e di vedere con i propri occhi le città francesi e inglesi distrutte dal conflitto. Conosceva già francese e tedesco prima di iniziare l’università e, da undergrad, si dedicò allo studio del russo. Laureatosi in storia e letteratura russa sotto la supervisione di Richard Pipes presso il dipartimento di Russian Studies all’Università di Harvard, fu arruolato nell’esercito americano e coinvolto in attività di Intelligence a Washington nei primi anni della Guerra fredda: si dedicava all’intercettazione e decifrazione di conversazioni telefoniche tra Berlino est e Berlino ovest. Dopo il periodo passato a lavorare per l’Intelligence in Germania, prima a Salisburgo e poi a Francoforte, venne assunto presso il CIS nel 1956 come assistente di Millikan, che era un conoscente del padre. Circa cinque anni dopo decise di cominciare un dottorato sul legame del Partito comunista italiano con il movimento comunista internazionale. L’argomento era certamente, all’epoca, di interesse del governo statunitense: i fondi che Blackmer ricevette furono tuttavia quelli del CIS, che gli consentì di passare un breve periodo in Italia per fare ricerca sul campo <181.
Effettivamente, lo studio del PCI in quei termini era piuttosto innovativo negli Stati Uniti e, nella prospettiva di chi si apprestava a diventare uno scienziato sociale, la possibilità di passare un periodo nel paese oggetto della ricerca era senz’altro allettante. In URSS, dove comunque studenti e professori statunitensi venivano accolti già da qualche anno, sarebbe stato più difficile trovare persone da intervistare, specie se politicamente attive. Grazie, dunque, al tema della sua ricerca, Blackmer si trovò in Italia, precisamente a Roma, nel 1964 e, come impone la ricerca politologica, dedicò parte del suo tempo alla raccolta di interviste. Fu la giovane studiosa Gloria Pirzio Ammassari a fargli da tramite nel panorama italiano <182. La politologa romana, reduce da un soggiorno di ricerca alla Cornell University grazie alla vincita di una borsa di studio Fulbright, lavorava a quel tempo come assistente di Joseph LaPalombara, anch’egli a Roma. Proprio quest’ultimo fece da tramite tra Blackmer e Pirzio Ammassari, che aveva numerosi contatti nel mondo sindacale della capitale, e suggerì a Blackmer di coinvolgere nello studio Alberto Spreafico, sociologo dell’Università di Firenze <183.
Le poche note raccolte durante il viaggio indicano che Blackmer ebbe contatti con Bruno Trentin, Segretario generale della Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), il sindacato italiano più grande e a maggioranza comunista. Blackmer definì Trentin uomo «extraordinarily open. Honest», e aggiunse che a suo avviso parlava liberamente, esprimendo opinioni personali <184. Il politologo ebbe modo di incontrare anche Spreafico e l’intellettuale e scrittore Fabrizio Onofri. Di fede antifascista, Onofri era stato vicino ai comunisti impegnati nell’attività clandestina di opposizione al regime di Mussolini durante il ventennio. Dopo la Liberazione aveva aderito al PCI, lavorando nella Sezione propaganda e nella Commissione culturale, fino ad essere eletto membro del Comitato centrale nel 1948. All’indomani della pubblicazione del rapporto Chruscev e soprattutto dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, Onofri animò un’accesa polemica nei confronti della linea del PCI, sino a essere espulso dal partito perché considerato ormai un oppositore interno. Nel 1956 fondò, assieme a Marco Cesarini Sforza, la rivista “Tempi moderni dell’economia, della politica, della cultura” con l’obiettivo di compiere revisione metodologica dell’esperienza della sinistra. Quando Blackmer lo conobbe, si dedicava ormai pienamente a “Tempi moderni”, attraverso la quale, nel frattempo, aveva stretto rapporti con la sinistra socialdemocratica e i sostenitori del federalismo europeo <185.
Il periodo che Blackmer prendeva in esame andava dalla morte di Stalin, nel 1953, alla morte di Togliatti. Mentre era difficile sottostimare l’importanza del PCI nella politica interna italiana, Blackmer riteneva che, alla luce dei suoi studi, il presunto carattere innovativo del partito rispetto al movimento comunista internazionale andasse ridimensionato: dopo aver analizzato la continua dialettica tra unanimità e divisioni all’interno del mondo comunista, Blackmer scrisse che il vero merito dei dirigenti del PCI, in particolare del segretario Togliatti, era stato quello di aver previsto l’emergere del policentrismo, molto più che aver contribuito a crearlo <186.
Il “Memoriale di Yalta” rappresentava così uno spartiacque non tanto per la novità del contenuto, che ribadiva una linea che il partito esprimeva già da qualche tempo, quanto per il fatto che metteva ancor più chiaramente in luce il ruolo indispensabile di Togliatti nel conciliare la politica del PCI in Italia con la linea del movimento comunista internazionale. Sebbene prevedere il futuro del partito con certezza fosse impossibile, Blackmer sosteneva che studiando le diverse prospettive generazionali se ne potesse intravedere qualche tratto, quantomeno alcune delle sfide principali cui il partito sarebbe stato sottoposto di lì a breve <187.
Pochi mesi prima della pubblicazione del volume di Blackmer, la casa editrice dell’Università di Yale, la Yale University Press, pubblicò la tesi di dottorato di un altro giovane studioso, che aveva terminato il suo corso di studi all’Università di Berkeley nel 1965: “Peasant Communism in Southern Italy”, pubblicato nella versione originale nel 1967 e tradotto in italiano per Einaudi nel 1972 <188. La tesi dello studioso era stata diretta dal politologo di Yale David E. Apter, autore del famoso volume “The Politics of Modernization”, pubblicato nel 1965 <189.
[NOTE]
177 Max Millikan e Donald L.M. Blackmer (a cura di), Le nazioni emergenti e la politica degli Stati Uniti, Bologna, Il Mulino, 1962, p. 131. (ed. or. Max Millikan and Donald L.M. Blackmer, The Emerging Nations. Their Growth and United States Policy, Boston, Little, Brown and Company, 1961).
178 Ibidem.
179 Donald L.M. Blackmer Papers (d’ora in poi DLMB Papers), MC 715, Box 5, Italy, Misc. People, Letter from Blackmer to Galli, Sept. 17, 1964, Massachusetts Institute of Technology (d’ora in poi MIT), Institute Archives and Special Collections, Cambridge, Massachusetts,
180 DLMB Papers, MC 715, Box 5, Italy, Misc. People, Letter from Griffith to Galli, Oct. 21, 1964, MIT, Institute Archives and Special Collections, Cambridge, Massachusetts.
181 Infinite History Project MIT, Interview with Professor Donald L.M. Blackmer, 8 marzo 2016, https://www.youtube.com/watch?v=BVxJDryL-UE (ultimo accesso 24 novembre 2017).
182 Blackmer, Unity in Diversity, cit., viii.
183 DLMB Papers, MC 715, Box 5, LaPalombara, Joseph, 1964-1984, Letter from LaPalombara to Blackmer, May 18, 1964, MIT, Institute Archives and Special Collections, Cambridge, Massachusetts.
184 DLMB Papers, MC 715, Box 5, Italian Interview Notes 1964, Interview to Bruno Trentin, July 20, 1964, MIT, Institute Archives and Special Collections, Cambridge, Massachusetts.
185 DLMB Papers, MC 715, Box 5, Italian Interview Notes 1964, Conversation with LaPalombara, Spreafico and Onofri, s.d., MIT, Institute Archives and Special Collections, Cambridge, Massachusetts; sul rapporto di Onofri con il PCI cfr. Albertina Vittoria, Togliatti e gli intellettuali: storia dell’Istituto Gramsci negli anni Cinquanta e Sessanta, Roma, Editori Riuniti, 1992 e Ajello, Intellettuali e PCI 1944-1958, cit.
186 Blackmer, Unity in Diversity, cit., pp. 375-394.
187 Ivi, p. 412.
188 Sidney G. Tarrow, Peasant Communism in Southern Italy, New Haven and London, Yale University Press, 1967.
189 David E. Apter, The Politics of Modernization, Chicago, Chicago University Press, 1965.
Alice Ciulla, Gli intellettuali statunitensi e la “questione comunista” in Italia, 1964-1980, Tesi di dottorato, Università degli Studi Roma Tre, 2012

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Il partito di Togliatti non si sentiva nella condizione di rompere completamente con i moderati

Per il Partito Comunista Italiano il 1947 fu un anno di terremoti che portarono a delineare la politica che il partito stesso avrebbe adottato negli anni successivi. Alla segreteria del partito vi era Palmiro Togliatti, storica guida del PCI sin dal 1926 e molto apprezzato negli ambienti del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS). Il clima internazionale ebbe dei riverberi all’interno della politica nazionale italiana; il cambio di politica promosso dal presidente statunitense Truman aveva portato anche a modificare il suo orientamento verso una politica estera pienamente internazionalista abbandonando la precedente tendenza ad un certo isolazionismo. In questo senso si crede che il PCI abbia assunto il ruolo d’opposizione per controbilanciare la strategia «imperiale» statunitense. La questione essenziale è rappresentata dalla natura del comunismo occidentale <18, ovvero il legame che dal 1947 intercorse tra i partiti comunisti del mondo e il partito comunista di Stalin. E’ ancora solo parzialmente corretto attribuire la natura dei rapporti tra i vari partiti comunisti solamente a delle logiche esterne; piuttosto la politica adottata in generale dai vari partiti comunisti nel mondo e nello specifico da quello italiano va intesa come un processo non lineare, creatosi sia come conseguenza di fratture di natura esterna da altre di natura endemica, risultato di una pluralità di fattori con scontri di ideologie, di interessi e di culture.
Interessante è cercare di analizzare il peso che il contesto politico nazionale ebbe nella determinazione dell’esito della rottura della solidarietà resistenziale (Governo Nazionale) contro il fascismo, che fece allontanare il PCI dalla compagine di governo. Come sopradetto bisogna tener conto del fatto che il tutto accadeva su uno sfondo internazionale ricco di mutamenti, ma che vi erano anche delle forti motivazioni interne. Il PCI aveva riscontrato insormontabili difficoltà nel tentativo di conciliare la cultura politica italiana con la lealtà alla linea politica dell’Unione Sovietica con effetti destabilizzanti sull’intero sistema politico italiano, ma in particolare all’interno del PCI. I temi su cui la mediazione risultava veramente complessa erano quelli dello sviluppo economico oltre che dell’impostazione sociale ed istituzionale che i vari partiti intendevano promuovere per la ricostruzione del paese. In Italia, essendo stato un paese storicamente sotto l’influenza occidentale, si riscontravano reali incongruenze tra i principi proposti dalla linea staliniana e la loro applicazione in un contesto culturale lontanissimo da quello russo. Le difficoltà nel mantenere cariche ministeriali per i ministri comunisti e allo stesso tempo seguire la dottrina sovietica risultarono una sfida estremamente complessa per il PCI. Un chiaro esempio concreto di queste difficoltà fu rappresentato proprio dalla questione del confine orientale o questione di Trieste che creò forti imbarazzi in seno al PCI, ponendo lo stesso partito tra due fuochi: da una parte il desiderio di favorire la Jugoslavia in quanto paese comunista e dall’altra la difesa degli interessi italiani.
Il nodo politico cruciale che il PCI si trovò ad affrontare in politica interna era relativo allo sviluppo economico e al reperimento delle risorse necessarie per la ricostruzione del paese. L’Unione sovietica non aveva le possibilità di sostenere economica un progetto ambizioso di ricostruzione postbellica. L’unica potenza che si offrì di fornire quanto necessario al rilancio dell’Europa, dettando però anche una serie ben precisa di condizioni, furono proprio gli Stati Uniti. I comunisti sapevano, o per lo meno avevano intuito, che un eventuale aiuto americano avrebbe potuto essere subordinato a determinate prese di posizione, tra cui l’eventuale allontanamento delle sinistre dal governo e una maggior integrazione dell’Italia nella sfera d’influenza occidentale. I partiti di centro e di destra si rendevano ben conto che la polarizzazione tra gli ideali occidentali e quelli orientali portava con sé anche una polarizzazione all’interno del governo antifascista nato dopo la guerra. La presenza comunista di fatto era un deterrente per ricevere gli aiuti americani. Lo stesso PCI era spinto da due forze centrifughe; si rendevano conto che per rappresentare al meglio il proprio blocco elettorale, cioè i lavoratori delle fabbriche, i contadini e i dipendenti, avrebbero dovuto trovare il modo per rilanciare la produzione. D’altro canto, l’unico modo per raggiungere l’obiettivo era trovare appoggi nei ceti borghesi vicini agli Stati Uniti e dialogare con essi.
Il partito di Togliatti non si sentiva nella condizione di rompere completamente con i moderati sui temi di politica economica proprio perché si rendeva conto dell’impraticabilità di strade alternative. La situazione drammatica di carenza di materie prime insieme alla continua crescita dell’inflazione, colpivano le fasce più deboli e povere della popolazione rendendo proprio le classi che il PCI rappresentava sempre più insofferenti e insoddisfatte.
La posizione che il PCI ricopriva al governo imponeva una logica riflessiva e moderata in merito alle questioni economiche e non un’impostazione di lotta come invece le classi più povere bramavano. Questa contraddizione paralizzava l’operato del PCI sia a livello decisionale governativo sia nell’aspetto di lotta di cui era sempre stato il principale motore, era il partito della classe operaia ma era anche quello garante della legalità in quanto al governo. Il PCI non solo doveva riconoscere che solamente gli USA avevano offerto quegli aiuti che l’Italia necessitava come l’aria ma anche che le proposte degli economisti di formazione marxista erano in totale contrapposizione con quelle degli economisti del Governo Militare Alleato (GMA), che, a sua volta, continuava ad avere una forte influenza nelle decisioni importanti del governo italiano. A complicare ancora di più la posizione comunista era il fatto che gli aiuti economici proposti dagli americani andavano principalmente nella direzione di una convinta difesa e ripresa della produzione; perno inamovibile per la DC e de facto a grande vantaggio della classe operaia. In questa situazione era difficilmente discutibile l’accettazione da parte dell’Italia degli aiuti d’oltreoceano perché andavano a sostenere nella realtà quotidiana proprio le fasce più colpite dalla crisi, che poi erano l’elettorato del PCI. I comunisti italiani sapevano anche che non potendo offrire valide alternative avrebbero dovuto sostenere anche un costo politico dal momento che, con l’inasprirsi della guerra fredda, gli Stati Uniti avrebbero sicuramente posto delle limitazioni o dei cambiamenti nella composizione del governo italiano. Emilio Sereni <19 sintetizzò il problema nell’aprile 1947: «Il prestito estero si farà contro di noi o con noi?» <20. In queste condizioni il Partito Comunista non poteva rifiutare gli aiuti e anzi avrebbe dovuto dare prova di grande senso di responsabilità. I membri però si erano anche resi conto delle implicazioni di queste accettazioni, e cioè che c’era uno schieramento internazionale che andava delineandosi sullo sfondo della dottrina del contenimento <21.
Verso la metà del 1947 Palmiro Togliatti sembrava non avere alternative se non accettare e assecondare la scelta di De Gasperi di propendere sempre più verso il mondo dell’industria e della finanza per rientrare nei parametri di ricezione degli aiuti economici, cercando così di stabilizzare la crisi sociale che stava dilagando. Il segretario del PCI non avrebbe mai accettato una esclusione delle sinistre dal governo, ma rendendosi conto della situazione, comprendeva bene che l’unico modo per continuare ad avere un piccolo peso all’interno dell’esecutivo si basava solamente sulle assicurazioni che il presidente del consiglio De Gasperi poteva promettergli. Assicurazioni che non bastarono perché la parte radicale delle sinistre continuava ad attaccare l’operato dei moderati e la parte dei moderati che già erano favorevoli ad una sua esclusione non accettava più le incomprensioni spingendo De Gasperi ad una nuova fase di alleanze. La crisi politica si era consumata.
Il quadro che emerge dalla situazione sopra descritta evidenzia come il PCI mancasse di progettualità e fondasse il suo riconoscimento politico sulla resistenza fatta durante la guerra contro la dittatura fascista e non possedeva un vero disegno di riforme e di politica economica. Le diverse filosofie all’interno del partito, tra chi sosteneva la linea sovietica e chi invece credeva fosse necessario adattare i principi comunisti al contesto culturale nazionale, finirono per indebolire la compagine comunista italiana. Parte della sinistra credeva che l’esclusione fosse temporanea, invece il maggio 1947 segnò un cambiamento epocale nella storia politica italiana e riportò il PCI alla lotta politica, terreno che storicamente sentivano più loro e, paradossalmente, si liberò delle contraddizioni che lo stare al governo aveva portato al proprio interno. Il maggio 1947 rappresentò la consacrazione della decisione del governo italiano di schierarsi con le forze filoccidentali e l’inizio della strada che portò alle elezioni politiche nazionali che si sarebbero tenute nell’aprile 1948.
[NOTE]
18 Guiso, Andrea. “I Partiti Comunisti e La Crisi Del 1947 in Italia e in Francia. Una Riconsiderazione in Chiave Comparativa.” Ventunesimo Secolo, vol. 6, no. 12, 2007, pp. 131–168. JSTOR, http://www.jstor.org/stable/23719683. Accessed 4 Nov. 2020.
19 Emilio Sereni dopo aver svolto un ruolo importante nella Resistenza come rappresentante, insieme a Luigi Longo, del Partito Comunista nel CLNAI di Milano e come componente del comitato insurrezionale costituito nell’aprile 1945, nel 1946 entra nel comitato centrale del PCI (vi resterà fino al 1975) e fu due volte ministro sotto Alcide De Gasperi.
20 Guiso, Andrea. “I Partiti Comunisti e La Crisi Del 1947 in Italia e in Francia. Una Riconsiderazione in Chiave Comparativa.” Ventunesimo Secolo, vol. 6, no. 12, 2007, pp. 131–168. JSTOR, http://www.jstor.org/stable/23719683. Accessed 4 Nov. 2020.
21 La politica del contenimento venne delineata per la prima volta da George F. Kennan nel suo famoso lungo telegramma. Kennan sosteneva che lo scopo primario degli USA doveva essere di impedire la diffusione del comunismo nelle nazioni non comuniste; ovvero di “contenere” il comunismo all’interno dei suoi confini.
Tommaso Cortivo, Politiche ufficiali ed ufficiose condotte dall’Italia nel biennio 1947-1948 al confine orientale, Tesi di Laurea, Università “Ca’ Foscari” – Venezia, Anno Accademico 2019-2020

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2024-08-21

«Che cosa ha fatto ieri la Juventus?». Il dirigente del Pci tace. Allora il Migliore lo apostrofa, gelido: «E tu pretendi di fare la rivoluzione senza conoscere i risultati della Juve?». Come a dire, senza conoscere gli umori del popolo a cui chiedi di insorgere? 60 anni fa moriva #PalmiroTogliatti e il quadro di #RenatoGuttuso dedicato ai suoi funerali tanto quanto la tennista che a Togliatti, in Russia, ci è nata, sono la prova provata che lo sporcarsi le mani porta risultati #accaddeoggi

Renato Guttuso Funerali di TogliattiDaria Kasatkina
2023-04-29

Pd: #Bertinotti, '#Schlein? L'estetica è decisiva'

#Roma, 29 apr. (#Adnkronos) - #EllySchlein? "La capisco, oggi c'è grande attenzione alle forme di comunicazione estetica. Fa parte di questo nuovo mondo, non è il mio, ma lo guardo con curiosità". Così #FaustoBertinotti a #Repubblica. #Dirlo è stato un errore di comunicazione? "Non credo. Di uno dei leader più austeri della politica italiana, #PalmiroTogliatti, si ricorda l'invito ai parlamentari comunisti ad indossare l'abito blu per andare alla #Camera. Era l'idea di portare l'estetica nella dignità della carica. Oggi l'abito viene indossato per mostrare la propria appartenenza a un mondo".

Quale è il mondo di #Schlein? "Quello delle canzoni di #Sanremo. O delle serie #Netflix. Noi ci prendevamo in giro: le #Clark sono di sinistra, le #Church's di destra. Solo che allora queste cose erano marginali, anzi sottoponibili al divertissement. Oggi occupano un posto rilevante, l'immagine dice chi sei".

Il Pd ora è più di sinistra? "Indubbiamente #Schlein rappresenta un elemento di novità. Però quale è il suo campo? Non si può definire genericamente sinistra". #Schlein "segna l'ingresso di quella liberal , all'americana. Non è una sinistra di classe". Su salario minimo e reddito di cittadinanza "non vedo una mobilitazione. In generale, non le chiediamo di rispondere alla domanda di #Lenin‘Che fare?', ma di essere chiara".

29-4-2023 9:5 #Libero Quotidiano liberoquotidiano.it liberoquotidiano.it/news/adnkr

#1maggio #festadeilavoratori

“Il ritmo di lavoro nelle officine è diventato così intenso, che esaurisce un uomo nel corso di non molti anni. Ma è accaduto come per le api, dell’amaro verso, col quale Virgilio accusava i profittatori dell’opera sua, ricordate: ‘Voi fate il miele oh api, ma sono altri che lo godono’.” #PalmiroTogliatti

youtu.be/Lb-vWBJ4yUw da @YouTube

2021-07-14

#AccaddeOggi, #14Luglio: a #Roma #AntonioPallante, studente universitario, spara 4 colpi di pistola a #PalmiroTogliatti, di cui 3 vanno a segno. L’attentato a Togliatti causa gravi disordini, che secondo i giornali dell’epoca sfiorano la #guerracivile.

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