#archeologiaromana

2025-11-17

🏛️❓ Un monumentale (ed enigmatico) tumulo romano riaffiora in Baviera: perché al suo interno non c'è una tomba?

🌟 La scoperta, avvenuta a Wolkertshofen, apre nuove prospettive sulla presenza romana in Germania e sui rapporti con le locali popolazioni celto-germaniche.

#archeologia #archeologiaromana #Baviera #Raetia #scaviarcheologici #Germania #BLfD

Foto: ©Archäologiebüro Dr. Woidich GmbH / BLfD

➡️ Articolo completo su Storie Archeostorie: wp.me/p7tSpZ-b6N

storiearcheostorie.com/2025/11

2025-11-17

Germania | Un monumentale tumulo romano riaffiora in Baviera: ma perché al suo interno non c’è una tomba?

Elena Percivaldi

Un cerchio di pietra perfetto, di 12 metri di diametro e con una piccola struttura quadrata addossata al margine sud. È questa la sorprendente scoperta effettuata dagli archeologi nei pressi di Wolkertshofen, villaggio appartenente al comune di Nassenfels, nell’Altopiano dell’Altmühltal in Baviera. Secondo gli esperti, si tratta del basamento di un tumulo funerario romano, ma c’è un mistero: all’interno non è stata trovata nessuna sepoltura. Nessun resto umano, né corredo.

L’enigmatico ritrovamento è avvenuto durante i lavori per la realizzazione di un bacino di raccolta delle acque piovane avviati nell’autunno 2024. La zona, ricca di testimonianze archeologiche che datano dalla Preistoria al Medioevo, si trova lungo la via di comunicazione romana che collegava Nassenfels all’Altmühltal.

Cerchio di pietre di Wolkertshofen, vista dall’alto, foto: Archäologiebüro Dr. Woidich GmbH

Un tumulo raro per la provincia della Raetia

Gli archeologi ritengono che la struttura sia il basamento di un grande tumulo in pietra (Steinkreis) di circa dodici metri di diametro. Fu costruita con cura e con pietre lavorate a regola d’arte: tutte caratteristiche che rimandano ai modelli architettonici tipici dei monumenti funerari romani. A sud si trova un piccolo vano quadrato di circa 2×2 metri, probabilmente il basamento di una stele commemorativa o di una statua.

Secondo il BLfD, il Bayerisches Landesamt für Denkmalpflege, tumuli di questa tipologia sono estremamente rari nella provincia romana di Raetia, che comprendeva l’odierna Baviera, parte della Svizzera e del Tirolo.

«Non ci aspettavamo un monumento funerario di tali dimensioni e qualità in questa zona. È un elemento di prestigio, pensato per essere visto da lontano», ha spiegato Mathias Pfeil, conservatore generale del BLfD. «La sua posizione lungo una strada romana sottolinea il ruolo commemorativo e sociale del monumento».

La struttura quadrata di due metri per due addossata al cerchio di pietre. Foto: Archäologiebüro Dr. Woidich GmbH

Tradizioni mediterranee e memoria delle tombe protostoriche

Le sepolture a tumulo erano piuttosto diffuse in Italia e nel Mediterraneo sin dall’epoca preromana e sono attestate anche in età repubblicana e augustea. Dall’I secolo d.C., si diffusero parzialmente anche nelle province nord-occidentali, spesso sovrapponendosi a tradizioni funerarie locali precedenti.

In Germania meridionale i grandi tumuli erano già presenti nell’età del Bronzo e nella prima età del Ferro: basti pensare all’imponente tomba del principe celtico di Hochdorf (prima metà del VI secolo a.C.), scoperta nel 1977 a Hochdorf an der Enz, nel Baden-Württemberg, dotata di un eccezionale corredo, o agli oltre 50 tumuli di Heuneburg, solo in parte scavati, alcuni dei quali datati al periodo Hallstatt (ma probabilmente afferenti al periodo La Tène).

Gli studiosi ipotizzano che i Romani, costruendo monumenti come quello di Wolkertshofen, si rifacessero consapevolmente a un linguaggio funerario già molto ben radicato nella memoria del territorio, combinando in tal modo forme architettoniche di derivazione mediterranea con la locale eredità culturale celto-germanica.

Il mistero della tomba vuota: un possibile cenotafio?

Il dettaglio più sorprendente è che, all’interno della struttura, non sono stati trovati resti umani né corredi funerari. L’ipotesi è quindi che il monumento possa essere un cenotafio, un “sepolcro vuoto” eretto per commemorare un defunto sepolto altrove.

A favore di questa idea c’è il fatto che il tumulo sorgeva lungo un’importante arteria romana, una posizione ideale che ne garantiva la visibilità a chiunque transitasse. A chi apparteneva? Con molta probabilità fu eretto da una facoltosa famiglia locale, forse la stessa che possedeva una villa rustica le cui tracce sono riemerse nelle vicinanze.

Una cosa è certa: nell’area, che gravitava intorno ad Augusta Vindelicum (odierna Augsburg), capitale della provincia romana di Raetia, sono attestati diversi monumenti funerari romani. Ma un tumulo di questo tipo, caratterizzato da un cerchio di pietra in muratura (ringmauer) e di notevoli dimensioni, è un unicum senza confronti nella regione.

Nuovi spunti per future ricerche

Il sito di Wolkertshofen, interamente documentato e ora protetto, è quindi di grande interesse. Il suo studio apre molteplici prospettive di ricerca: sulle dinamiche insediative lungo la viabilità romana della regione, ma anche sul rapporto instaurato dalla popolazione “romanizzata” con le preesistenti tradizioni locali nella Raetia tardo-augustea e imperiale

La scoperta offre inoltre nuovi elementi per comprendere come le élite locali — romanizzate o di origine romana — volessero rappresentare se stesse in un territorio situato ai confini dell’Impero, a poche miglia di distanza del limes Reno-danubiano.

Secondo gli archeologi, solo ulteriori analisi del terreno e il confronto con altri tumuli europei potranno aiutare a chiarire meglio la datazione, l’esatta funzione e il contesto culturale del monumento.

Immagine in apertura: Cerchio di pietre di Wolkertshofen, vista dall’alto. Foto: Archäologiebüro Dr. Woidich GmbH.

#archeologia #archeologiaRomana #baviera #blfd #etaDelFerro #germania #germaniaAntica #monumentiFunerari #notizie #raetia #scavi #scaviArcheologici #scoperte #tumuliRomani

tumulo romano bavieraUn gruppo di archeologi sta lavorando su un cerchio di pietre di circa 12 metri di diametro, con una struttura quadrata a sud, in un'area rurale di Wolkertshofen, Baviera.Vista aerea di un cerchio di pietre parzialmente scavato, con resti di pietre disposti su un terreno di terra asciutta.
2025-11-11

Tre monete d’oro riemergono dal mercato di Aquileia tardoantica

Elena Percivaldi

Nuove e straordinarie scoperte arricchiscono la conoscenza dell’antica Aquileia, una delle più importanti città dell’Impero romano. Durante l’ultima campagna di scavo nell’area del Fondo ex Pasqualis, nel settore sud-orientale della città, un’équipe dell’Università di Verona, diretta da Patrizia Basso in collaborazione con Diana Dobreva, ha rinvenuto tre monete d’oro eccezionalmente conservate.

Il gruppo di lavoro 2025 dell’Università di Verona, con la funzionaria della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia-Giulia Serena Di Tonto, il presidente Roberto Corciulo e il direttore della Fondazione Aquileia Cristiano Tiussi.

Coniate dagli imperatori Valente, Magno Massimo e Arcadio, le monete sono databili alla fine del IV secolo d.C. e rappresentano tre nominali differenti, molto rari. Secondo gli studiosi, non si tratta di monete destinate alla circolazione, ma piuttosto di doni imperiali, forse elargiti a dignitari o membri della corte per celebrare occasioni solenni.

Per approfondire

https://storiearcheostorie.com/2023/11/08/scavi-aquileia-dal-mercato-spunta-un-nuovo-complesso-commerciale-unico-nellimpero-per-monumentalita-e-ampiezza-foto-video/

https://storiearcheostorie.com/2020/12/12/scoperte-aquileia-una-piazza-della-citta-racconta-la-socialita-tardoantica/

Un tesoro nascosto nel mercato antico

Le monete sono state rinvenute sotto il piano pavimentale del portico di uno degli edifici del grande complesso commerciale tardoantico, un’area mai indagata prima. Gli archeologi ipotizzano che siano state nascoste in un momento di pericolo e poi mai recuperate.

Una delle tre monete d’oro portate alla luce con gli scavi del 2025: solido di Valente (367-375 d.C.), coniato nella zecca di Costantinopoli.

Il sito, scavato per oltre 800 metri quadrati, ha restituito dati preziosi anche sulla stratigrafia dell’area. Le ricerche hanno infatti chiarito che la zona era frequentata già prima della costruzione del mercato, alla fine del I secolo d.C., e utilizzata come spazio di stoccaggio e approdo fluviale.

Aquileia, città portuale e mercantile

Le indagini hanno portato alla luce decine di anfore riutilizzate per creare sistemi di drenaggio e rinforzo del terreno, indizio della presenza di magazzini e banchine legate a un porto fluviale più esteso di quanto si pensasse. Questi ritrovamenti confermano che anche il settore meridionale della città partecipava pienamente alle attività commerciali che facevano di Aquileia una porta verso il Mediterraneo.

Particolare da drone della fila di anfore pertinenti a una fase di frequentazione precedente al complesso commerciale.

È stata inoltre completata l’esplorazione della strada acciottolata che attraversava il mercato, percorsa quotidianamente da mercanti e carri carichi di merci. I solchi lasciati dalle ruote sono ancora visibili, testimoniando l’intenso traffico che animava l’area.

La strada acciottolata individuata fra due degli edifici del complesso commerciale.

Vita e continuità dopo l’abbandono

Gli scavi hanno rivelato anche tracce di abitazioni e attività produttive successive alla fine del mercato, a dimostrazione che la vita proseguì nell’area anche nei secoli seguenti. Sono emerse inoltre sepolture di inumati prive di corredo, attualmente in fase di datazione al radiocarbonio, che attestano una frequentazione post-romana del sito.

Uno degli inumati portati alla luce sopra i livelli di crollo del complesso commerciale.

Le analisi sui resti di cariossidi di cereali combuste, recuperate tra i crolli del portico, offriranno nuovi dati sull’alimentazione antica e sull’economia agraria di Aquileia.

Un cantiere aperto al pubblico

Durante i tre mesi di lavori, lo scavo è rimasto aperto ai visitatori, che hanno potuto seguire le ricerche grazie alle visite guidate organizzate dagli studenti. Gli open day del 14 giugno e del 27 settembre 2025, promossi dalla Fondazione Aquileia con la Soprintendenza ABAP del Friuli Venezia Giulia, hanno riscosso grande interesse, confermando il valore della divulgazione archeologica partecipata.

#Aquileia #archeologia #archeologiaRomana #FondazioneAquileia #FriuliVeneziaGiulia #mercatoTardoantico #moneteDOro #notizie #scavi #scaviArcheologici #scoperte #UniversitàDiVerona

monete aquileia
2025-10-20

Pompei, la “Casa del Tiaso” era una domus con torre per super-ricchi? L’ipotesi: “Anticipa le case torri del Medioevo”

Elena Percivaldi

Non solo vie, botteghe e cortili: la Pompei che oggi conosciamo era anche una città “in verticale”, dove i piani superiori e forse perfino torri residenziali dominavano il paesaggio urbano.
È quanto emerge dal nuovo articolo pubblicato sull’E-Journal degli scavi di Pompei, dal titolo “La torre della Casa del Tiaso. Un nuovo progetto di ricerca per la documentazione e la ricostruzione digitale della Pompei ‘perduta’”, firmato dal direttore del Parco Archeologico Gabriel Zuchtriegel e da Susanne Muth dell’Università Humboldt di Berlino.

La scala che portava nel cielo

La scoperta nasce da un dettaglio architettonico sorprendente: una scala monumentale nella Casa del Tiaso, situata nella Regio IX, che sembra condurre nel nulla. Gli archeologi hanno ipotizzato che essa servisse per raggiungere una torre panoramica, forse destinata all’osservazione della città, del golfo e del cielo stellato.

Modello 3D della Casa del Tiaso (©Parco Archeologico Pompei)

Un’idea che trova riscontri sia nella letteratura antica – è il caso della celebre torre di Mecenate, da cui Nerone avrebbe osservato l’incendio di Roma – sia nell’iconografia pompeiana, dove molte ville affrescate mostrano torri come elementi distintivi dell’architettura di lusso.

Pompei e l’archeologia digitale: il progetto POMPEII RESET

Il nuovo studio rientra nel progetto POMPEII RESET, un programma di ricerca non invasiva che utilizza le tecnologie digitali più avanzate per documentare e ricostruire virtualmente la città antica.

Nella prima fase, gli archeologi hanno realizzato scansioni 3D dettagliate degli edifici ancora conservati; nella seconda, stanno sviluppando ricostruzioni digitali dei piani superiori e degli elementi perduti, creando una sorta di gemello digitale (digital twin) della Pompei antica.

Laser scanner in azione (©Parco Archeologico Pompei)

Come spiega Zuchtriegel:

“La ‘Pompei perduta’ consiste soprattutto nei piani superiori. Mettere insieme i dati in un modello digitale 3D ci permette di capire meglio come si viveva e come erano organizzati gli spazi”.

Torri, status e vita domestica nell’antichità

La presenza di una torre nella Casa del Tiaso suggerisce dunque un nuovo modo di intendere la vita domestica pompeiana. Così come accadrà secoli dopo nelle città medievali come Bologna o San Gimignano, anche a Pompei le torri private potevano rappresentare uno status symbol, segno tangibile di potere, prestigio e ricchezza.

Ricostruzione della Casa del Tiaso (©Parco Archeologico Pompei)

Le case dell’élite, ispirate ai modelli delle ville suburbane, diventavano veri e propri microcosmi urbani, aperti sul paesaggio e sul cielo, luoghi in cui arte, architettura e simbolismo si fondevano.

Una nuova chiave di lettura per la città sepolta

Il progetto POMPEII RESET apre prospettive inedite per la ricerca e la valorizzazione del sito. La ricostruzione digitale non solo consente di “riportare in vita” la Pompei perduta, ma anche di trasmettere conoscenza attraverso strumenti immersivi e di grande impatto visivo.
La Casa del Tiaso diventa così un laboratorio ideale per sperimentare un’archeologia del futuro, capace di coniugare tecnologia e umanità per restituire voce e forma alla città sepolta dal Vesuvio.

Per saperne di più, si può scaricare l’articolo dal sito dell’E-Journal di Pompei a questo link (SCARICA PDF).

#archeologiaDigitale #archeologiaRomana #CasaDelTiaso #GabrielZuchtriegel #ParcoArcheologicoDiPompei #pompei #POMPEIIRESET #ricostruzione3D #RomaAntica #torri #UniversitàHumboldt

casa del tiaso torre pompeiModello 3D di una casa a Pompei, evidenziando gli spazi interni e una scala monumentale che conduce a un piano superiore.Un drone posizionato tra le antiche rovine di Pompei, con il vulcano Vesuvius sullo sfondo.Modello digitale della Casa del Tiaso a Pompei, evidenziando la scala monumentale e una torre residenziale.
2025-09-24

Romania / Scoperta a Costanza una tomba ipogea a forma di croce: “Straordinaria testimonianza della necropoli romana tardo-antica” | IL VIDEO

Elena Percivaldi

Eccezionale scoperta in Romania. Nel contesto delle Giornate Europee del Patrimonio 2025, il Museo di Storia Nazionale e Archeologia di Costanza (MINAC) ha annunciato la scoperta di uno straordinario monumento funerario: una tomba ipogea, unica nel suo genere per la Dobrugia. La struttura è emersa durante uno scavo preventivo all’interno della necropoli romana tardo-antica, risalente ai secoli IV-V, a nord-ovest delle mura dell’antica Tomis, nome con cui era conosciuta, in epoca romana, l’attuale città di Costanza, sul Mar Nero.

Un mausoleo a forma di croce

Il monumento presenta una planimetria a croce ed è composto da tre camere voltate, ciascuna delle quali alta più di due metri: una configurazione, secondo gli archeologi, unica rispetto agli altri ritrovamenti effettuati finora nella regione.

La tomba è dotata di arcosoli, piccole nicchie nelle pareti destinate al deposito dei defunti. Le pareti interne conservano ancora uno strato di intonaco in malta decorato, la cui interpretazione iconografica è attualmente in corso.

Gioiello del IV secolo d.C.

Secondo gli archeologi del MINAC, il monumento risale sicuramente alla seconda metà del IV secolo d.C., datazione che si basa sulle monete rinvenute durante lo scavo, coniate sotto gli imperatori Costanzo II (337 –361) e Valente (364-378), in un momento cruciale della storia tardo-imperiale.

Lo scavo, i cui risultati sono stati presentati in una conferenza stampa il 12 settembre, è ora in fase di conclusione, dopodiché si avvieranno immediatamente interventi urgenti per garantire la messa in sicurezza delle strutture voltate e l’installazione di una copertura provvisoria. A seguire verrà elaborato un progetto di conservazione e valorizzazione, che dovrà essere approvato dal Ministero della Cultura.

Studi in corso

La scoperta rappresenta un importante tassello per la conoscenza dei costumi funerari della Dobrugia. La planimetria a croce e la presenza di nicchie, simili a quelle delle catacombe, sembrano suggerire una possibile influenza cristiana; d’altra parte le decorazioni sembrano alludere a forme di sincretismo in atto tra le credenze pagane e il culto cristiano, che si andava diffondendo proprio in quel periodo. Lo studio del complesso è appena iniziato: sicuramente nei prossimi mesi ne sapremo di più.

Il video

Foto: ©Muzeul de Istorie Națională și Arheologie, Constanța

#archeologiaCristiana #archeologiaFuneraria #archeologiaPreventiva #archeologiaRomana #arcosolia #Costanza #Dobrogea #InEvidenza #ipogeo #IVSecolo #monumentoFunebre #MuseoDiStoriaNazionaleEArcheologiaDiCostanzaMINAC_ #necropoliRomana #notizie #Romania #scavi #scaviArcheologici #scoperte #Tomis

Excavation site featuring uneven terrain, exposed layers of dirt, and wooden support structures in a historical archaeological dig.
2025-09-10

A Pompei scoperta la “panchina d’attesa” davanti alla Villa dei Misteri: i clienti aspettavano il padrone di casa tracciando graffiti | IL VIDEO

Elena Percivaldi

Non erano i visitatori in fila per ammirare i celebri affreschi dionisiaci, come accade oggi nelle giornate a ingresso gratuito, ma i clientes del padrone di casa ad affollare la strada davanti alla Villa dei Misteri a Pompei. Gli ultimi scavi condotti lungo il fronte nord-occidentale del complesso hanno riportato alla luce una panchina in cocciopesto posizionata proprio davanti al portone principale, sulla cosiddetta Via Superior.

Veduta dello scavo della Villa dei Misteri. Sotto, la foto zenitale (foto: ©Parco Archeologico di Pompei)

Un dettaglio che apre una finestra sorprendente sulla vita sociale e politica dell’antica Pompei: la panchina serviva ad accogliere coloro che, secondo l’usanza della salutatio, si recavano al mattino dal loro patrono per chiedere favori, prestiti o aiuto giudiziario in cambio di sostegno politico.

La Villa dei Misteri e la pratica della salutatio

La panca affacciata sulla via Superior (in basso in vista frontale) (foto: ©Parco Archeologico di Pompei)

Celebre in tutto il mondo per il ciclo di affreschi a tema dionisiaco scoperto nel 1909-10, la Villa dei Misteri era una delle residenze più prestigiose dell’area suburbana di Pompei. Qui il padrone riceveva clienti e supplici, mentre i più sfortunati – braccianti, mendicanti, viaggiatori diretti verso Boscoreale – potevano attendere anche per ore senza la certezza di essere ricevuti.

«Qualcuno, durante l’attesa, lasciava graffiti sui muri – racconta il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel – piccoli segni, date, forse nomi: un gesto di noia e di presenza che oggi possiamo ancora leggere».

Le panchine, spiega, erano un vero e proprio “biglietto da visita”: più erano affollate, maggiore era il prestigio del dominus.

Uno dei graffiti (foto: ©Parco Archeologico di Pompei)

Gli scavi recenti e le nuove scoperte

Le indagini, riavviate grazie alla demolizione di costruzioni abusive che gravavano sulla villa, hanno portato alla luce non solo la panca, ma anche il monumentale ingresso con arco e paracarri, ambienti decorati in terzo stile pompeiano con raffinati fondi neri e gialli, e una cisterna collegata a un articolato sistema idrico.

Straordinaria anche la documentazione stratigrafica dell’eruzione del 79 d.C.: pomici di caduta, flussi piroclastici e persino un paleosuolo agricolo sistemato “a conchette”, che testimonia le tecniche di coltivazione e gestione del paesaggio in età romana.

L’eccezionale sequenza stratigrafica dell’eruzione (foto: ©Parco Archeologico di Pompei)

Un progetto di ricerca e tutela

Lo scavo fa parte di un programma più ampio di tutela e valorizzazione, condotto dal Parco Archeologico di Pompei in sinergia con la Procura di Torre Annunziata. L’obiettivo è duplice: contrastare gli scavi clandestini e completare le ricerche iniziate oltre un secolo fa da Amedeo Maiuri, restituendo finalmente la parte ancora sepolta della villa, compreso il quartiere servile.

L’antica planimetria della Villa

«Ciò che un tempo era un privilegio di pochi – osserva Zuchtriegel – oggi è accessibile a tutti, anche gratuitamente ogni prima domenica del mese».

La scoperta è stata pubblicata sull’E-Journal degli scavi di Pompei, consultabile in OpenAccess (disponibile QUI).

IL VIDEO | Scoperta “panchina d’attesa” davanti alla Villa dei Misteri di Pompei, parla il direttore Zuchtriegel

https://youtu.be/5l0GgrKmNtk

#affreschiDionisiaci #archeologiaPompei #archeologiaRomana #clientiEPatroni #eruzioneVesuvio #ParcoArcheologicoDiPompei #pompei #salutatio #scaviArcheologici #VillaDeiMisteri

Scavi archeologici alla Villa dei Misteri a Pompei, con attrezzature e operai in campo.Vista aerea della Villa dei Misteri a Pompei, mostrando le recenti scoperte archeologiche e le strutture circostanti.Vista del pavimento in pietra della Villa dei Misteri a Pompei, con un'area scavata e strumenti di misura visibili.
2025-09-09

Svizzera / Scoperti i resti di un ponte romano del 40 a.C.: fu usato per quattro secoli

Elena Percivaldi

Un ritrovamento di grande interesse è stato annunciato dal Servizio archeologico del Canton Berna: durante i lavori di costruzione ad Aegerten, nella regione della Thielle, sono riemersi i resti di un ponte romano di circa 2000 anni fa, parte integrante della grande via transgiurana. Si tratta di oltre 300 pali di quercia, straordinariamente conservati grazie alle acque sotterranee, che costituivano le pile lignee del ponte.

Lo scavo archeologico: pali di quercia piantati in file ravvicinate e resti dei piloni di un ponte romano. Da ogni palo è stato prelevato un campione per determinarne l’età. Foto: ©Servizio archeologico del Canton Berna, Joel Furrer

Un’infrastruttura di lunga durata

Le analisi condotte al laboratorio di dendrocronologia hanno permesso di stabilire con precisione l’età del legno: la prima fase costruttiva risale a circa il 40 a.C., subito dopo la conquista romana dell’Helvezia, mentre gli interventi più tardi datano al 369 d.C., sotto l’imperatore Valentiniano I, impegnato a consolidare le difese posteriori del limes renano. In totale, il ponte rimase in funzione per oltre quattro secoli, testimonianza dell’importanza strategica e della capacità manutentiva delle infrastrutture romane.

Nel laboratorio di dendrocronologia, Matthias Bolliger misura gli anelli di un palo di quercia. Foto: ©Servizio archeologico del Canton Berna, Markus Leibundgut

Un nodo vitale della Transgiurana

Il ponte si trovava nei pressi della bourgade di Petinesca (Studen), crocevia fondamentale tra vie terrestri e fluviali. La Transgiurana collegava la capitale Aventicum (Avenches) con il nord, attraversando il Giura fino a Augusta Raurica (Augst). L’opera garantiva la connessione tra i centri del Plateau svizzero, sfruttando anche le vie d’acqua dell’Aar, della Thielle e dei laghi del Giura. In questo quadro, Aegerten rappresentava un punto strategico di transito militare ed economico.

Reperti dal letto della Thielle

Oltre alle strutture lignee, gli archeologi hanno recuperato numerosi oggetti di uso quotidiano caduti o gettati dal ponte nel corso dei secoli. Tra i reperti figurano chiodi da caligae, ferri di cavallo, collari da tiro, asce, un tridente da pesca, chiavi e monete. Spicca un grande rabot (pialla) in legno e ferro, conservato eccezionalmente grazie al suolo umido e povero di ossigeno. Questi oggetti, ora sottoposti a lavori di restauro, offrono uno spaccato vivido della vita quotidiana romana: dalla mobilità militare alla pesca, dall’artigianato alla manutenzione dei carri.

Questa pialla, perfettamente conservata, è stata ricavata da un unico pezzo di legno, in cui è stata inserita una lama di ferro. Misura 41 cm di lunghezza, 7 cm di larghezza e 5 cm di altezza. Foto: ©Servizio archeologico del Cantone di Berna, Daniel Marchand

Un tassello prezioso per la storia alpina

Questa scoperta conferma la capillare diffusione delle infrastrutture romane nella regione e permette di ricostruire con maggiore dettaglio le dinamiche economiche e sociali del Plateau elvetico tra età repubblicana e tarda antichità. Come sottolineano gli archeologi, un ponte non era solo un’opera ingegneristica, ma anche un punto di incontro, scambio e controllo, dove si intrecciavano commerci, viaggi e strategie militari.

Fonte: Servizio archeologico del Canton Berna

Immagine in apertura: Ciò che rimane di questi cumuli sono punte lunghe diversi metri. Sono state estratte dal sedimento con una pala meccanica. Foto: © Servizio archeologico del Canton Berna, Joel Furrer

#Aegerten #archeologia #archeologiaRomana #archeologiaSvizzera #infrastruttureRomane #notizie #Petinesca #ponteRomano #repertiRomani #scaviArcheologici #scoperte #Svizzera #SvizzeraAntica #Transgiurana #vieRomane

Resti di un antico ponte romano emergono durante scavi ad Aegerten, con numerosi pali di quercia conservati.Un archeologo osserva un campione al microscopio in un laboratorio, circondato da attrezzature scientifiche e materiali di ricerca.Un rabot in legno e ferro romano, eccezionalmente conservato, esaminato per la sua importanza archeologica.
2025-09-09

“A Gelliano e al dio Giove”: scoperto in Albania un eccezionale mausoleo romano (con iscrizione bilingue)

Elena Percivaldi

Eccezionale scoperta in Albania. Durante una campagna di scavi condotta dall’Istituto di Archeologia albanese nel villaggio di Strikçan presso Bulqizë, tra le montagne della regione di Dibrës, è venuta alla luce una tomba monumentale di epoca romana, la prima mai rinvenuta nel Paese. A comunicarlo è stato il Ministero dell’Economia, della Cultura e dell’Innovazione albanese. La scoperta è avvenuta nell’ambito del progetto di scavo “Kërkime Arkeologjike në Luginën e Bulqizës”, condotto dall’Istituto di Archeologia albanese con il sostegno della direzione museale nazionale.

Il mausoleo è di dimensioni ragguardevoli: misura circa 9 metri per 6 e presenta una camera sepolcrale alta 2,40 metri. Tre gli ambienti individuati figurano un’anticamera, la sala principale e una scalinata monumentale. Non un semplice sepolcro, quindi, ma un luogo monumentalizzato, pensato per celebrare e tramandare la memoria di un personaggio che doveva rivestire un ruolo di spicco nella comunità locale.

L’ingresso del sepolcro (foto: ©Ministria e Ekonomisë, Kulturës dhe Inovacionit)

La voce di Gelliano, in latino e greco

Chi sia ce lo dice un’iscrizione bilingue in latino e in greco dedicata a un uomo chiamato Gelliano – con ogni evidenza il proprietario della tomba – e al dio Giove. Poche righe incise nella pietra che raccontano un mondo in cui convivevano culture diverse, un ponte tra Roma e l’Egeo tracciato anche in questa remota valle albanese. Del “misterioso” Gelliano, al momento, non si sa nulla. Certo è che questo tipo di testimonianza epigrafica è inedito per la zona di Dibrës, il che accresce enormemente il valore storico e culturale della scoperta.

(foto: ©Ministria e Ekonomisë, Kulturës dhe Inovacionit) (foto: ©Ministria e Ekonomisë, Kulturës dhe Inovacionit)

Oggetti di lusso e fili d’oro

Anche il corredo funerario non lascia dubbi sul rango elevato del defunto: ne fanno parte infatti vasi di vetro finemente lavorati, oggetti d’osso, armi e persino frammenti tessili con ricami in oro. Reperti che restituiscono l’immagine di una comunità locale vivace e strettamente collegata ai grandi circuiti di scambio commerciale e culturale del Mediterraneo.

L’interno del mausoleo (foto: ©Ministria e Ekonomisë, Kulturës dhe Inovacionit)

Per l’Albania, spiegano gli archeologi, si tratta di una scoperta senza precedenti: mai prima d’ora era stata rinvenuta una tomba monumentale romana di questo genere nel territorio. Anche per questo, il Ministero e la Direzione Regionale dei Beni Culturali di Tirana hanno fatto sapere di voler non solo continuare lo scavo, ma anche di avere tutta l’intenzione di proteggere e valorizzare questo tesoro affinché diventi parte della memoria collettiva del Paese.

#Albania #archeologia #archeologiaRomana #Bulqizë #epigrafiaRomana #Gelliano #Giove #iscrizioneBilingue #mausoleo #notizie #scavi #scaviArcheologici #scoperte #Strikçan

Scavo archeologico di una tomba monumentale romana con lastroni di pietra visibili, circondata da terreno fertile e montagna sullo sfondo.Incisione su pietra all'interno di una tomba monumentale romana, con scritte parziali in latino e greco, scoperta in Albania.Iscrizione bilingue in latino e greco su una pietra, rinvenuta in una tomba monumentale romane in Albania, con un design scolpito usurato dal tempo.
2025-09-08

Germania / Chiodi per i calzari romani: scoperta un’officina militare (con magazzino) a Waldmössingen

Elena Percivaldi

Può un oggetto minuscolo come un chiodo di ferro, lungo appena un centimetro e mezzo, aprire scenari sorprendenti sulla storia di Roma? Sì, se il reperto in questione non è uno soltanto, ma sono decine. È quanto accaduto a Schramberg-Waldmössingen (Landkreis Rottweil, Germania), dove un’équipe del LAD – Landesamt für Denkmalpflege di Stoccarda e dell’Università di Friburgo ha individuato un’officina romana destinata alla produzione – o almeno al deposito – dei chiodi che servivano a rinforzare i calzari dei legionari, le celebri caligae.

Studenti durante gli scavi presso il forte romano di Schramberg-Waldmössingen (Foto: ©Ufficio statale per la conservazione dei monumenti del Consiglio regionale di Stoccarda/Immagine: ©C. Wulfmeier)

Roba… da chiodi

Le indagini si sono concentrate su un grande edificio in pietra di oltre 1.000 mq, già esplorato nel 1896 ma da allora rimasto enigmatico e di difficile interpretazione. Le nuove ricerche hanno rivelato almeno due fasi costruttive, risalenti alla seconda metà del I secolo d.C. Ma soprattutto, sono stati trovati oltre cento chiodi di scarpa in ferro, tutti perfettamente conservati. Non si tratta di pezzi usurati, ma di elementi nuovi, pronti all’uso.

Questi piccoli oggetti confermano che il sito aveva un ruolo chiave nella logistica militare romana: i chiodi davano ai soldati maggiore stabilità sui terreni accidentati, ma cadevano facilmente durante le marce. Per questo i legionari ricevevano un’indennità speciale, il clavarium, destinata all’acquisto dei ricambi.

Studenti durante gli scavi presso il forte romano di Schramberg-Waldmössingen (Foto: ©Ufficio statale per la conservazione dei monumenti del Consiglio regionale di Stoccarda/Immagine: ©C. Wulfmeier)

Waldmössingen, un nodo strategico sul Limes renano

Il castrum di Waldmössingen, esteso su una superficie di circa 2 ettari, sorgeva lungo la strada che attraversava la Foresta Nera e collegava l’alto Reno con l’area del Neckar. Intorno, sotto il regno di Vespasiano (69–79 d.C.), sorsero numerosi presidi, dipendenti dal grande campo legionario di Rottweil (Arae Flaviae). Waldmössingen, con la sua posizione strategica nei pressi di un crocevia viario, sembra aver svolto la funzione di magazzino centrale per il rifornimento delle truppe stanziate lungo questo tratto del Limes. Al suo interno sono stati rinvenuti i resti di due edifici con fondamenta in pietra, di cui solo quello del personale (principia) è stato identificato con certezza; la funzione del secondo non è chiara. I reperti provenienti dall’area del vicus indicano la presenza di una fornace per la ceramica; una pietra d’altare e una tavoletta contenente il testo di una maledizione (defixio) provengono invece da un’area dove probabilmente sorgeva un tempio.

Replica di una caliga e chiodi da scarpa dai reperti degli scavi di Schramberg-Waldmössingen (Foto: ©Università di Friburgo, L. Regetz)

Archeologia “dal vivo”

La campagna di scavo, iniziata il 4 agosto scorso, è stata l’occasione per fare divulgazione attraverso lezioni “a cielo aperto“: oltre 1.500 visitatori, in gran parte studenti e famiglie, hanno seguito da vicino il lavoro degli archeologi, osservando come gli strumenti moderni possano restituire la voce a reperti di quasi duemila anni fa.

“È stata una delle esperienze didattiche più coinvolgenti che abbia mai diretto”, ha commentato Lena Regetz, ricercatrice dell’Università di Friburgo. Per Christoph Wulfmeier, del LAD, l’iniziativa è stata un’importante “vetrina” per l’archeologia della regione.

La fine degli scavi è prevista per il 12 settembre.

Immagine in apertura: Calzatura da soldato romano (caliga ) con suola chiodata. Sullo sfondo, la torre angolare del Forte di Waldmössingen, ricostruita nel 1975 (Foto: ©Università di Friburgo, L. Regetz)

#AraeFlaviae #archeologiaRomana #caligae #castrum #chiodiRomani #esercitoRomano #Germania #GermaniaRomana #InEvidenza #LADLandesamtFürDenkmalpflege #logisticaEsercitoRomano #scaviArcheologiciGermania #SchrambergWaldmössingen #UniversitàDiFriburgo #Waldmössingen

calzariScavo archeologico in corso con diversi archeologi al lavoro su un'area di terreno all'aperto, circondati da strumenti e materiali da costruzione, sotto un cielo parzialmente nuvoloso.Un gruppo di archeologi impegnato negli scavi in un sito archeologico, con attrezzature e materiali disposti ordinatamente nel terreno.Immagine di una suola di scarpa in cuoio con chiodi di metallo, posizionata su un tessuto blu, con tre chiodi di ferro disposti accanto.
2025-08-05

🏛️ Nuove scoperte a Suasa!

Durante gli ultimi scavi dell’Università di Bologna, è emerso un quartiere produttivo romano con strutture profonde oltre 5 metri, vasi integri e centinaia di monete.

⚒️ Una nuova pagina di storia si aggiunge al sito archeologico delle Marche: artigianato, economia e urbanistica al centro della vita quotidiana nell’antica città.

📍 Scopri di più nel nostro articolo.
#Suasa #ArcheologiaRomana #Scavi2024 #MoneteRomane

storiearcheostorie.com/2025/08

2025-05-19

Eccezionale a Vienna, scoperta una fossa comune con 150 legionari romani caduti in battaglia: nuova luce su Vindobona [FOTO | VIDEO]

Elena Percivaldi

Questo è un contenuto premium riservato agli abbonati. Vuoi leggere anche il resto dell’articolo? Regalaci un caffè! Scopri qui sotto come fare. Grazie!

Scoperta eccezionale a Vienna. Durante i lavori di ristrutturazione dell’impianto sportivo Ostbahn-XI, in Hasenleitengasse 49, nel distretto di Simmering, gli operai si sono imbattuti in una fossa comune romana, la più grande mai ritrovata nell’Europa centrale. Al suo interno, almeno 129 scheletri intatti e altre ossa sparse di ulteriori individui, per un totale stimato di oltre 150 uomini. Il ritrovamento, senza precedenti, fornisce nuovi, decisivi elementi per ricostruire la storia e le origini di Vindobona romana.

(Vuoi leggere il resto dell’articolo e vedere tutte le foto e il video della scoperta? Offrici un caffè! Scopri qui sotto come fare!)

Lo scavo in corso nella fossa comune (Foto: Reiner Riedler, Wien Museum)

L’intervento è stato immediatamente preso in carico dal Servizio archeologico della città di Vienna in collaborazione con Novetus, società specializzata in archeologia. “Dopo 25 anni di ricerca su Vindobona, credevo che niente potesse più sorprendermi. E invece è arrivata questa scoperta”, ha dichiarato entusiasta Michaela Kronberger, del Museo di Vienna.

Sepolti in fretta e furia e alla rinfusa

Gli scheletri appartengono tutti a individui di sesso maschile. Non c’è alcun ordine né orientamento nelle sepolture, nessuna traccia di riti funebri. E’ come se i corpi fossero stati gettati nella fossa frettolosamente e alla rinfusa. Alcuni erano in posizione supina, altri proni, altri ancora girati di lato. Spesso, gli arti di un corpo si erano intrecciati a quelli di un altro, in un groviglio macabro e caotico. Gli archeologi ne sono certi: quella non è una fossa comune legata a un vicino ospedale o a un’epidemia. Ma chi erano quegli uomini? Quando morirono e perché erano stati seppelliti così alla svelta?

Lo scavo (video still © Pavel Cuzuioc)

Le analisi svelano il mistero: “Caddero in battaglia”

A svelare l’arcano sono state le accurate analisi effettuate sugli scheletri dagli esperti di Novetus. Almeno un terzo degli individui sepolti nella fossa erano giovani, di età compresa tra i 20 e i 30 anni, robusti e alti: oltre 1,70 m, sopra la media del tempo. Sulle ossa i segni inequivocabili di una morte violenta: colpi di lancia, pugnale, spada e dardi di ferro. Ciascuno di loro aveva almeno una ferita.

Cranio con ferita da taglio (Foto: © S. Strang / Novetus)Vertebre lombari con trauma da dardo di ferro (Foto: © S. Strang / Novetus)
Osso pelvico con trauma da punta di lancia (Foto: © S. Strang / Novetus)

Data la differenza delle armi impiegate, non poteva trattarsi di un’esecuzione di massa. Inevitabile la conclusione: quei resti sepolti in fretta e furia e alla rinfusa appartengono ai caduti di una battaglia feroce e violenta, conclusasi con una catastrofica disfatta. Ma quando e quale?

Il video della scoperta

https://youtu.be/aRX0uOhvNlE

Una data cruciale: i resti risalgono al I-II secolo

Le analisi al carbonio-14 datano i resti a un periodo compreso tra l’80 e il 230 d.C., all’epoca cioè in cui a Vienna, allora Vindobona, erano presenti le legioni romane. A circoscrivere ancora di più la datazione, assegnandola tra la metà del I e l’inizio del II secolo d.C., sono stati gli oggetti trovati insieme ai corpi. C’era un pugnale simile a un pugnale con ancora alcune parti del fodero, decorato – come hanno rivelato le radiografie – con intarsi in filo d’argento.

Il pugnale romano trovato nella fossa (Foto: L. Hilzensauer, Wien Museum) e, sotto, la radiografia che mostra le decorazioni (foto: TimTom, Wien)

C’erano moltissimi chiodi come quelli che rinforzavano le suole delle caligae, le tipiche calzature militari in cuoio indossate dai legionari.

Chiodi da caligae trovati nella fossa (Foto: L. Hilzensauer, Wien Museum)

C’era anche un paraguancia, tipico di specifiche tipologie di elmi romani di quell’epoca.

Paraguancia di un elmo romano (foto: L. Hilzensauer, Wien Museum)

Tra gli altri reperti, spiccano una punta di lancia e alcune scaglie appartenenti a una corazza (lorica).

Punta di lancia (foto: L. Hilzensauer, Wien Museum)Le scaglie di una lorica (Foto: L. Hilzensauer, Wien Museum)

Non c’erano dubbi: quella fossa comune aveva accolto i corpi dei soldati romani caduti durante una delle tante battaglie combattute, sul Danubio, contro le popolazioni germaniche. Sappiamo infatti dalle fonti scritte che l’imperatore Domiziano (81-96) intraprese una serie di spedizioni militari sul Danubio.

Ubicazione della fossa comune nel Limes romano del Danubio, mappa: Martin Mosser, Stadtarchäologie

Una battaglia decisiva, forse nel 92 a.C.

Nel 92 d.C. alcune tribù varcarono il limes danubiano e annientarono un’intera legione: un evento traumatico che spinse l’imperatore Traiano (98–117) a rafforzare ulteriormente la difesa del confine. Potrebbe essere questa la battaglia in questione?

Stabilirlo con certezza è difficile. Solo ulteriori e più approfonditi studi – tra cui l’analisi del Dna e degli isotopi sui resti, le analisi dei pollini e i rilievi geofisici condotti nell’area intorno alla fossa – potranno, forse, dare una risposta precisa. Se così fosse, il ritrovamento rappresenterebbe una prova concreta dell’evoluzione di Vindobona. Proprio la pesante sconfitta subìta dalle truppe romane, di cui quei morti sono l’eloquente e drammatica testimonianza, potrebbe aver segnato la storia dell’insediamento, avviandone la trasformazione da piccola base militare sul Danubio a grande accampamento legionario, uno dei principali presìdi fortificati a difesa del limes dalle incursioni “barbariche”.

Foto in apertura: Lo scavo in Hasenleitengasse (foto: A. Slonek, Novetus)

#archeologia #archeologiaRomana #Austria #Domiziano #fossaComune #imperoRomano #InEvidenza #limesDanubiano #notizie #scavi #scaviArcheologici #scopertaArcheologica #scoperte #storiaAntica #Traiano #Vienna #ViennaRomana #Vindobona

2025-03-21

💀🔥💀🔥 ARCHEOLOGIA | 𝐄𝐜𝐜𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐚 𝐆𝐢𝐮𝐠𝐥𝐢𝐚𝐧𝐨, 𝐬𝐜𝐨𝐩𝐞𝐫𝐭𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐧𝐞𝐜𝐫𝐨𝐩𝐨𝐥𝐢 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐚 𝐚 𝐋𝐢𝐭𝐞𝐫𝐧𝐮𝐦: 𝐜𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐦𝐚𝐮𝐬𝐨𝐥𝐞𝐢 𝐞 𝐥’𝐞𝐩𝐢𝐭𝐚𝐟𝐟𝐢𝐨 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐠𝐥𝐚𝐝𝐢𝐚𝐭𝐨𝐫𝐞

L'articolo completo, con tutte le FOTO, su @storieearcheostorie

Foto: @soprintendenzadinapoli_areamet

#archeologia #giugliano #liternum #necropoli #gladiatore #necropoliromana #archaeology #archeologiaromana #scoperte #scopertearcheologiche

storiearcheostorie.com/2025/03

2023-02-04

#ARCHEONEWS / Rare glass depicting female deity personification of #Rome uncovered in Rome Metro C excavations

#ARCHEOLOGIA Scavi #MetroC, su un raffinato vetro dorato riemerge il volto della #DeaRoma, simbolo della città

📌 More on @storieearcheostorie :
wp.me/p7tSpZ-5KT

#anticaroma #archeologiaromana
#romanarchaeology #archeology #archeologicalsite #archaeology #archaeologia #archeologia #archaeologylovers #archeonews #archaeo #archeologie #archaeologylife

@archaeology

2023-02-04

#ARCHEONEWS / Rare glass depicting female deity personification of #Rome uncovered in Rome Metro C excavations

#ARCHEOLOGIA Scavi #MetroC, su un raffinato vetro dorato riemerge il volto della #DeaRoma, simbolo della città

📌 Read more on @storieearcheostorie :
wp.me/p7tSpZ-5KT

#anticaroma #archeologiaromana
#romanarchaeology #archeology #archaeology #archaeologia #archeologia #archaeologylovers #archeonews #archaeo #archeologie #archaeologylife
@rogueclassicist @archaeology

2023-01-16
2023-01-16

Client Info

Server: https://mastodon.social
Version: 2025.07
Repository: https://github.com/cyevgeniy/lmst