#clandestini

Nel corso dell’anno si ristabilirono i contatti con tutto il Sud-Est della Francia

Da parte francese si mise in atto una politica ambigua nei riguardi degli italiani, potenziali collaboratori e nemici sul proprio territorio, seppure ancora neutrali sulla scena internazionale all’epoca dell’istituzione della Cori: nella primavera del 1939 il Garde des Sceaux ordinò di procedere con le pratiche italiane di naturalizzazione, per fare degli immigrati dei veri cittadini francesi; l’acquisizione della cittadinanza implicava anche l’assunzione degli stessi obblighi militari dei francesi, che fu estesa ai rifugiati e agli apolidi, mentre si concedeva agli stranieri stessi di ingaggiarsi nella Légion étrangère, ed essi accettavano spesso nella speranza di accelerare la naturalizzazione.
Rimaneva tuttavia nell’opinione pubblica una diffidenza diffusa, un clima di ostilità generale nei confronti dei transalpini, che vivevano quotidianamente le inquietudini di una situazione internazionale sempre più instabile. Inoltre gli antifascisti, che desideravano collaborare al fianco dei francesi nella guerra contro i regimi fascisti, facendo dell’arruolamento un gesto politico, erano oggetto di vessazioni da parte della polizia francese, che dimostrava ancora una volta l’ambiguità e l’opportunismo delle politiche immigratorie del governo Daladier.
[…] Gli immigrati politicizzati vivevano un momento di disillusione profonda, dopo la sconfitta del Fronte popolare, la ricaduta nella crisi e infine il fatale avvento della guerra. Gli antifascisti più impegnati avvertirono una rottura insanabile con la Francia, sottoposti a una vigilanza costante che li costringeva alla precarietà e all’insicurezza quotidiana. La loro risoluzione di rientrare in Italia, come vedremo, fu ferma, volta a porre fine alla sterile lotta condotta sino ad allora in esilio, per riprendere le file della cospirazione nella patria d’origine.
Per tutti gli altri transalpini il ritorno sembra essere stato perlopiù motivato da ragioni di sicurezza, avendo ormai assunto la Francia posizioni nazionaliste ed essendo contemporaneamente risorto in alcuni, per conseguenza, un certo sentimento di attaccamento alla madrepatria <60.
L’agevolazione ai rientri pianificata dalla Commissione Ciano fu sfruttata dai dirigenti del partito comunista per far entrare in Italia i cosiddetti “legali” e riallacciare i contatti con l’organizzazione clandestina in madrepatria. Inoltre, mentre il settore militare combatteva al fianco dei partisans nella Resistenza francese, l’Ufficio estero comunista si occupava di rimpatriare gli elementi più sperimentati per organizzare la Resistenza armata in Italia. Come ha studiato Gianni Perona, il Pcd’I approfittò infatti dei flussi di ritorno, più o meno spontanei, per preparare politicamente il rientro degli italiani. Una circolare della direzione ordinava infatti ai militanti di rimpatriare a qualsiasi condizione, vedendo il ritorno come il minor male di fronte alla “guerra imperialista” scatenata da Mussolini e dai suoi alleati. Si trattava principalmente di una congiuntura favorevole al rientro date le circostanze di ostilità del Paese d’accoglienza, e nel documento stesso del Pcd’I si prendevano in considerazione le ragioni economiche e sociali che motivavano il rimpatrio di lavoratori precari, privi di tutele e isolati dalle reti di sostegno costruite negli anni dell’esilio <61.
Il rientro fu pianificato da un’équipe di dirigenti sperimentati del Pcd’I. Ne erano a capo Agostino Novella, Umberto Massola e Antonio Roasio, designati a partire dal 1940, con il compito preciso di ricostituire la rete in Italia e rovesciare il regime dall’interno. Con l’occupazione tedesca e la divisione della Francia nella zona occupata al Nord e lo Stato collaborazionista di Vichy, il Centro estero si installò per ragioni di sicurezza al Sud, a Marsiglia. Da lì il Centro poté ristabilire i contatti interrotti con l’Italia e ripristinare l’invio di materiali bellici, propagandistici e informativi attraverso corrieri. Stefano Schiapparelli ricorda che i funzionari del Pcd’I rifugiati a Marsiglia dovettero affrontare una viscerale xenofobia da parte della popolazione e che persino all’interno dell’Unione popolare italiana dilagava l’anticomunismo, e gli iscritti collaboravano con la polizia francese per denunciare i comunisti transalpini <62.
Furono gli anni dell’amore tra Novella ed Egle Gualdi, compagni nella militanza a Parigi, Marsiglia e Nizza per conto del Centro estero, che poterono ritrovarsi in Italia all’indomani del conflitto, nella federazione del partito <63. Giovanni Battista Canepa, che era rimasto nel Marsigliese, a Estaque, metteva a disposizione il suo appartamento come punto di appoggio e di collegamento per i dirigenti.
Nel corso dell’anno si ristabilirono i contatti con tutto il Sud-Est della Francia, da Tolosa a Nizza e fino a Lione, e si riuscirono a raggiungere i compagni internati nel Vernet, mobilitando tutta un’importante base operativa rimasta fedele al partito <64. Giuliano Pajetta ricorda nel suo diario che dopo la sua evasione dal campo francese dei Milles, il Centro estero fu spostato prima nel Var e poi nelle Alpi Marittime, dove egli si occupava della formazione dei giovani militanti comunisti cresciuti in Francia, che dovevano essere “italianizzati”, acculturati alla causa della liberazione del popolo italiano dalla dittatura fascista <65.
Nel 1942 il Centro estero riuscì ad aprire la ricercata via clandestina per l’Italia attraverso le Alpi, il “passaggio tutto nostro” <66 attraverso il quale stabilirono un primo recapito del partito a Milano. Mazzetti si occupò di reclutare i cosiddetti “legali”, ovvero giovani leve educate all’antifascismo in terra di Francia, che potevano essere rimpatriati per riallacciare i contatti con l’organizzazione interna, andandone e costituire i nuovi quadri; erano cosiddetti “legali” poiché potevano varcare la frontiera legalmente, dal momento che non erano stati schedati quando emigrarono per la prima volta in Francia, o perché erano nati all’estero da genitori antifascisti e quindi erano ancora incensurati in Italia.
Fu Amerigo Clocchiatti <67 a tracciare la strada del ritorno dei “politici” nell’ottobre del ‘42, un passaggio a più di 3000 m di altitudine, che partiva da Roquebillière e giungeva attraverso le Alpi a Vernante, nel Cuneese; questa via impervia fu scoperta da Domenico Tomat, un militante che avrebbe giocato un ruolo di rilievo nella Resistenza italiana per poi ritornare in Francia dopo la guerra, seguendo un iter percorso da pochi antifascisti, soprattutto comunisti. Il varco fra le Alpi avrebbe ricondotto uno ad uno i dirigenti del Centro estero del Pcd’I in patria, pronti ad essere operativi all’alba del 25 luglio.
Nell’organizzazione dei rientri era stata coinvolta dal Centro estero anche un’altra emigrata ligure, Emilia Belviso, che durante l’occupazione era stata inviata da Parigi a Marsiglia per assicurare il passaggio dei “legali” da Vernante. Accogliendo i compagni di partito nella propria casa, la Belviso offriva loro un alloggio sicuro per affrontare l’ultima tappa prima del rimpatrio clandestino. Nel ’43 fu mandata a Nizza e inserita nel “Comitato di Liberazione Nazionale delle Alpi Marittime”; sarebbe rientrata tra gli ultimi in Italia, per integrarsi nel movimento femminile <68.
[NOTE]
60 Blanc-Chaléard, «Les Mouvements d’Italiens entre la France et l’étranger», in Exils et migrations cit., pp. 71-75.
61 Foutrier, 1940-1943… cit., pp. 98-99.
62 Cfr. Schiapparelli, Ricordi di un fuoriuscito cit.
63 Simonelli, Agostino Novella cit., pp. 74-79.
64 Fg: fondo biografie, memorie, testimonianze: b. Stefano Schiapparelli: f. anni Quaranta.
65 Cfr. Pajetta, Douce France cit.; Foutrier, 1940-1943: Retours volontaires et/ou forcés cit., p. 79.
66 Fg: fondo biografie, memorie, testimonianze: b. Stefano Schiapparelli: f. anni Quaranta
67 Amerigo Clocchiatti, Cammina frut, Vangelista, Milano 1972.
68 Martini, Il sindaco cit., p. 46. Cfr. Schiapparelli, Ricordi di un fuoriuscito cit.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista dalla Liguria alla Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015

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Le pattuglie tedesche ispezionavano ogni angolo della capitale

“Attorno a questo lavorio c’era il consenso, anzi la complicità della popolazione: oneste famigliole borghesi, umili case operaie, ospitavano, sfamavano chi era costretto ogni notte a cambiar domicilio, tenevano in serbo carte pericolose; impiegati, funzionari fornivano informazioni, tessere, bolli, documenti falsi; fornai facevano il pane per gruppi di patrioti, trattorie sfamavano celatamente gente braccata, chirurghi aprivan la pancia a malati immaginari, monacelle di clausura accoglievano ebrei e renitenti alla leva, sacerdoti trasmettevano messaggi segreti in confessionale. […]. Ci accomunava l’attesa per tutti uguale, l’angoscia per tutti uguale di un male vicino, nostro o di persone care, la speranza ferma contro quel limite, il giorno della liberazione; al di là del quale non ci raffigurava nulla, solo una gran luce entro cui tutto sarebbe stato facile, il pensare, l’operare, il lasciare passare gli anni” <72.
Borghesi, studenti, donne cercarono in ogni modo di contribuire con gesti di ribellione verso gli invasori e di solidarietà verso gli oppressi, correndo enormi rischi per la propria incolumità e per quella dei propri familiari. Le pattuglie tedesche ispezionavano ogni angolo della capitale, si trovavano a pochi metri l’una dalle altre, con fucili spianati e camionette pronte a caricare gli oppositori, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, e come ci è stato raccontato dai protagonisti di quegli anni drammatici. Il coprifuoco fu istituito alle ore 17, le retate divennero più frequenti, così come le ruberie: eppure, clandestinamente, la rete di aiuto divenne sempre più fitta. Si cercava di procurare una maggiore quantità di materie prime, come ad esempio ortaggi o animali, per sfamare i fuggitivi, i ripostigli delle case vennero dotati di nascondigli improvvisati. Frequente divenne l’uso della loro carta annonaria <73, di cui i clandestini erano ovviamente privi, per poter prendere razioni di cibo da condividere con loro: esibendo questo documento nominale era possibile rivolgersi a venditori autorizzati e acquistare prodotti alimentari. I fuggiaschi iniziarono ad affluire in numero sempre più considerevole anche dalle campagne, in primis da quelle abruzzesi e ciociare. La situazione divenne ancora più critica: non c’erano più ferrovie, ed erano saltate tutte le linee di comunicazione, gas e luce, le riserve di cibo erano sempre più scarse e i prezzi degli alimenti era salito in maniera esorbitante, soprattutto pane, pasta, farina e olio. Nessuno pensava di fare qualcosa di speciale, tutti si rimboccavano le mani per rendere meno arduo il sopravvivere quotidiano, come abbiamo visto. Portare medicine ai feriti, ospitare fuggiaschi, ricercati ed ebrei, condividere cibo: ciascuno nel proprio (grande) piccolo, trascorse i mesi dell’occupazione attuando una forma di resistenza, armata e non. La Roma di quei mesi è stata sempre più spesso descritta con tre parole: fame, freddo, paura.
Fame, problema quotidiano a cui cercavano di provvedere le donne, spesso iniziando una fila interminabile all’alba, per poter almeno comprare le razioni di cibo utili a sfamare la propria famiglia. e quante volte, all’arrivo del proprio turno, i forni si scoprivano vuoti: nacquero da questa situazione gli assalti, con immediate fucilazioni per le donne che se ne erano rese protagoniste. Il freddo accompagnò tutto il periodo dell’occupazione, senza contare che i continui furti dei tedeschi negavano alla popolazione non solo di poter sfruttare le proprie risorse alimentari, ma anche l’uso di stufette e beni di prima necessità, per sopravvivere alle intemperie. Paura. Ma su questo non credo sia necessario spendere parole per spiegarne il perché.
[…] Dopo 272 giorni di sofferenze, violenze e privazioni, il 4 giugno 1944 Roma venne liberata dagli Alleati. Ma, nel mese di maggio, visse forse la fase più drammatica della sua occupazione: i tedeschi intensificarono i controlli e i divieti divennero più stringenti, con l’obiettivo di intimorire le bande partigiane, mettendole nella condizione di rinunciare a qualsiasi rappresaglia, evitando così l’insurrezione. Così non fu, Roma continuò a essere divisa in zone controllate militarmente da gruppi del Cnl. Coordinati fino a quel momento da una giunta con a capo Giorgio Amendola, Sandro Pertini e Riccardo Bauer e organizzati con radio, staffette e pattuglie, i partigiani compirono vere e proprie azioni militari per reagire all’occupazione. In quei giorni di maggio tutti questi gruppi vennero posti sotto il comando del capitano Roberto Bencivenga, in contatto con i comandi alleati che fornivano armi e organizzavano azioni di disturbo alle colonne tedesche, sabotaggi ai mezzi e alle linee di trasporto e alle vie di comunicazione più usate: strade e telefoni in primis. Inoltre, divenne più attiva la partecipazione della popolazione, turbata dall’eccidio delle Fosse Ardeatine, dopo la deportazione degli ebrei nell’ottobre precedente.
Nel frattempo, gli eserciti alleati si avvicinarono a Roma, dopo aver rotto la linea Gustav, un sistema di fortificazioni eretto dai tedeschi verso il fronte abruzzese, e aver superato le montagne di Gaeta e Terracina. Anzio e la Casilina furono le prime zone in cui giunsero e immediatamente partì l’ordine del generale Albert Kesselring di battere in ritirata, per attirare gli Alleati lungo la linea gotica (il sistema di fortificazioni costruito nella parte settentrionale della penisola), e cercando nel frattempo di limitare le perdite tra i propri uomini. Il 27 maggio iniziò la ritirata, con i tedeschi che comunque difesero le vie di Roma, per consentire a tutti i militari di attraversare la città e dirigersi verso nord. Sulla Casilina si ebbe lo scontro più duro, con i tedeschi che resistettero per cinque giorni, salvo poi dover cedere agli attacchi degli angloamericani, che si aprirono così la strada per Roma il 1° giugno. Strada che, come abbiamo visto, era ormai priva delle principali linee di comunicazione: si chiese quindi ai romani di fare uno sforzo per cercare di rendere praticabili i pochi impianti non andati distrutti. Squadre armate di cittadini risposero all’appello mettendosi a lavoro: la collaborazione con gli Alleati divenne sempre più simbiotica.
Il 3 giugno i tedeschi abbandonarono definitivamente la capitale; il pomeriggio del 4, la Quinta divisione dell’esercito americano, guidata dal generale Mark Clarck entrò a Roma attraverso le strade provenienti da sud. Ma i tedeschi, prima di abbandonare definitivamente la città, compirono un’ultima strage, l’eccidio de la Storta, una località sulla via Cassia, in cui vennero trucidati gli ultimi prigionieri di via Tasso: 14 persone, 12 italiani, un inglese e un polacco, tra cui sindacalisti, partigiani ed ex ufficiali. Roma comunque era ufficialmente di nuovo libera: gli angloamericani furono accolti con giubilo, mentre Ivanoe Bonomi venne convocato in Campidoglio e nominato nuovo Presidente del Consiglio, a seguito di un incontro con i rappresentanti delle Nazioni Unite. Persone di ogni fede e partito si recarono sotto la finestra di papa Pio XII in piazza San Pietro, inneggiando al suo nome e ringraziandolo per quanto fatto nei lunghi mesi di occupazione. Il re Vittorio Emanuele III mantenne fede ai patti stipulati nei mesi precedenti con la corrente antifascista, ritirandosi a vita privata: la questione monarchica venne rimandata al dopoguerra, nel frattempo il figlio Umberto ottenne la luogotenenza.
Pochi mesi dopo i fatti raccontati, si procedette all’apertura delle cave sull’Ardeatina, e a una prima identificazione dei cadaveri sepolti nella fossa comune. Un’immagine che rimanda a ciò che era a quel punto Roma: libera dagli occupanti, ma non dai propri fantasmi. E con un futuro da (ri)costruire con una parola d’ordine: libertà.
[NOTE]
72 Monelli, Roma 1943, cit., p. 339.
73 Ribattezzata dai romani come “tessera della fame”.
Cristiana Di Cocco, L’occupazione tedesca di Roma. Il diario di Giulio Di Legge, Roma TrePress, 2023

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Davide Tommasin ዳቪድnagaye@sociale.network
2023-12-29

🖤Agitu Ideo Gudeta veniva uccisa barbaramente a martellate il 29 dicembre del 2020‼️
Però per gli italiani l'unico vero #femminicidio è quello di Giulia 🤡
Agitu Ideo Gudeta non aveva il colore della pelle come gli italiani.
Agitu Ideo Gudeta non era di origini italiane.
Agitu Ideo Gudeta proveniva dall' #Etiopia, dall' #Africa che molti italiani non sanno nemmeno cosa sia, ma gli viene insegnato ad averne paura perché da li arrivano i "#clandestini" "brutti cattivi e pericolosi".

Davide Tommasin ዳቪድnagaye@sociale.network
2023-10-30

⚠️#Pakistan 🇵🇰 la scadenza si avvicina sempre più per i #rifugiati afghani 🇦🇫 I rimpatri accelerano, gli stranieri #clandestini attraversano in massa il confine‼️ #confini #Afghanistan #CrisiDimenticate
tribune.com.pk/story/2443743/d

Ma dove andiamo? :verified:madovevado@mastodon.uno
2023-08-18

"La libertà di fare politica «non può essere equivalente, o addirittura prevalente, sul rispetto della dignità personale degli individui".
E adesso la #Lega e #Salvini rischiano. I #richiedentiasilo non possono essere definiti #clandestini.
Amen.

avvenire.it/attualita/pagine/l

Davide Tommasin ዳቪድnagaye@sociale.network
2023-07-19

‼️⚠️La politica del gov. #Meloni propaganda in ricerca di consenso e governa attraverso la paura dell'invasione da parte degli africani che invece di chiamare #migranti li chiama falsamente TUTTI #clandestini, mentre i media mainstream politicizzati fanno scoop con lacrime di coccodrillo per le costanti morti in mare di adulti e bambini... poi però STRUMENTALMENTE la #narrazione politica e mediatica in Italia si dimenticano di raccontare dei milioni di #sfollati ancora imprigionati in #Africa‼️

Davide Tommasin ዳቪድnagaye@sociale.network
2022-11-16

#migranti, #clandestini, #rifugiati, #accoglienza...
Molti parlano a sproposito con termini errati.
Ecco che cosa si intende per migranti irregolari, richiedenti asilo o rifugiati. openpolis.it/parole/che-cosa-s

2022-08-07

.@PatrickPav hai visto questo spezzone di Cremona violenta davanti alla stazione?
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RT @OrlandoStier68
Elettori del #Pd #risorse #savana #clandestini #elezionipolitiche2022
twitter.com/OrlandoStier68/sta

2020-05-08

Donna aggredita a Napoli - "Il Primato Nazionale" è stato l'unico quotidiano ad aver dichiarato la clandestinità del senegalese violentatore

#Immigrati #Clandestini #politics #ItalianPolitcs #Violence

ilprimatonazionale.it/cronaca/

Dinamo Press - Rss Botdinamopress@mastodon.bida.im
2019-09-26
leodurruti account di riservaleodurruti@mastodon.bida.im
2019-07-10

La notizia è che a #Salvini gli piacciono tanto i finanziamenti illegali e #clandestini (i quali, essendo passati attraverso l'#ENI, potrebbero configurarsi come «tangenti», o no?).

#buzzfeed #Lega #tangenti #Russia

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