#ArcheologiaUrbana

2025-11-08

Francia | Officine romane, tombe carolingie e mura medievali: a Troyes riaffiorano 15 secoli di storia

Elena Percivaldi

Quindici secoli di storia di Troyes, dal I secolo a.C. al Medioevo, riemergono dal sottosuolo della città francese. Le scoperte sono arrivate in occasione del recente scavo condotto dall’Inrap (Institut national de recherches archéologiques préventives) su un’area di 500 m² in vista di un progetto edilizio al 76-78 di Mail des Charmilles.

Le tracce più antiche risalgono al periodo La Tène, testimoniando la presenza di un insediamento preromano ben organizzato. Un fossato lineare, scavato a cinque metri di profondità e datato al I secolo a.C. tramite analisi al radiocarbonio, rappresenta una delle rare testimonianze di questa fase all’interno del perimetro urbano. Potrebbe trattarsi di un’opera di drenaggio, indizio dei primi tentativi di rendere abitabile un’area soggetta alle esondazioni della Senna: un segnale precoce dell’importanza strategica del sito.

Veduta generale dello scavo durante lo scavo dei livelli di La Tène e del fossato.© Tristan Verschuère, Inrap

Un quartiere artigianale con 9 fornaci

Con la fondazione di Augustobona Tricassium, nome romano di Troyes, l’area divenne parte di un vivace tessuto urbano. Lo scavo ha interessato un isolato adiacente a un decumano e ha restituito quattro fasi di occupazione comprese tra la fine del I secolo a.C. e il III d.C.

Sorprendentemente, la zona sembra aver ospitato un quartiere artigianale specializzato nella metallurgia. In meno di 40 m² sono state individuate ben 9 fornaci, un dato eccezionale che testimonia un’intensa attività produttiva. Tra i reperti figurano scorie di lavorazione e ossa animali, forse usate come ossidanti nei processi di forgiatura. Questi indizi rivelano una comunità di artigiani attiva e dinamica, integrata nella vita economica della città romana.

Fotogrammetria dell’antico isolotto occupato tra il I e ​​il III secolo e delle fosse funerarie carolingie. © Tristan Verschuère, Inrap

Nonostante l’estensione limitata dell’area indagata, i risultati, confrontati con scavi precedenti condotti nel 2018, contribuiranno a delineare un quadro più ampio dell’artigianato urbano di Troyes in età imperiale.

Dalle officine alle tombe: la necropoli carolingia

Dopo secoli di abbandono, l’area tornò a essere frequentata tra il VII e il IX secolo, nel pieno dell’età carolingia. Sopra gli strati dell’antico quartiere romano si sviluppò infatti una necropoli ricca di inumazioni.

Tombe carolingie installate sugli antichi livelli di abbandono. © Nathalie Daviaud, Inrap

Sono state identificate una quarantina di sepolture prive di corredo, semplici ma ordinate, a testimonianza di un luogo di sepoltura comunitario. Un individuo è stato rinvenuto deposto in posizione flessa sul fianco, una caratteristica piuttosto rara per l’epoca.

Sepoltura carolingia: inumato in posizione flessa su un fianco.© Nathalie Daviaud, Inrap

Complessivamente, tra le indagini condotte dal 2018 al 2023, oltre cinquanta tombe carolingie sono state scoperte in questa parte della città, confermando l’esistenza di un vasto cimitero medievale sorto ai margini nord-orientali delle mura urbane.

Il fossato monumentale e le (possibili) mura del XIII secolo

L’ultima fase documentata dallo scavo risale al XIII secolo. A ovest dell’area è stato individuato un grande fossato dalle pareti svasate, probabilmente collegato alla cinta muraria medievale di Troyes.

Sezione trasversale del fossato potenzialmente associato alla cinta muraria di Troyes nel XIII secolo . © Emilie Jouhet, Inrap

Sebbene manchino fonti cartografiche o scritte a conferma, le sue dimensioni e la posizione coincidono con il tracciato noto delle difese cittadine. Non si esclude tuttavia che la struttura fosse in relazione con un antico ramo della Senna, che scorre a pochi metri dal sito.

Un palinsesto urbano di straordinaria continuità

I risultati dello scavo al Mail des Charmilles offrono un’inedita prospettiva sulla continuità di occupazione di Troyes, città che ha saputo reinventarsi nei secoli senza perdere la propria centralità.

Fosso di La Tène risalente al I secolo a.C. © Tristan Verschuère

Dal fossato del I secolo a.C. alle officine romane, dalla necropoli carolingia fino alle fortificazioni medievali, la ricerca dell’Inrap restituisce un racconto complesso e affascinante, dove la storia urbana si intreccia con la memoria materiale di chi ha abitato questo luogo per più di 1500 anni.

Dati e immagini © Inrap / Tristan Verschuère, Nathalie Daviaud, Emilie Jouhet

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Troyes scavi
2025-11-04

Camerino, l’antica chiesa di San Michele (demolita nel 1938) riemerge dagli scavi

Elena Percivaldi

Importanti scoperte a Camerino (Macerata), dove le indagini archeologiche in corso nel centro storico stanno restituendo testimonianze di straordinario rilievo. Nell’area compresa tra l’ex Albergo Roma e il Cinema Teatro Ugo Betti, oggetto di demolizione dopo i danni del sisma del 2016, gli archeologi hanno riportato alla luce i resti dell’antica chiesa di San Michele Arcangelo, un edificio di grande importanza religiosa e artistica demolito nel 1938, noto dalle fonti storiche.

Le ricerche, dirette scientificamente dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata e condotte dalle società SAMA e Archeolab Soc. Coop., stanno offrendo una nuova e preziosa chiave di lettura per comprendere la storia urbana di Camerino, città ducale e antica sede vescovile.

La riscoperta della chiesa perduta

I sondaggi preliminari hanno evidenziato che, sebbene la demolizione del 1938 avesse cancellato le strutture in elevato, le fondazioni e le murature perimetrali dell’edificio sacro erano rimaste intatte nel sottosuolo, insieme a diverse strutture funerarie ipogee.

Foto: ©SABAP AP-FM-MC

Gli scavi successivi hanno consentito di ricostruire la planimetria completa della chiesa, individuando ambienti sotterranei voltati e intonacati con decorazioni pittoriche, forse pertinenti a una cripta o ad aree liturgiche di particolare pregio. Le analisi stratigrafiche hanno inoltre documentato più fasi edilizie, segno di una lunga e complessa evoluzione dell’edificio e dell’area circostante.

Una stratificazione millenaria

Le indagini non si fermano al periodo medievale. I livelli più profondi, ancora in corso di esplorazione, mostrano tracce di frequentazioni romane e preromane, con pavimentazioni in cocciopesto, ceramiche attiche e intonaci dipinti già emersi nei vicini scavi di Piazza Garibaldi.
Secondo la dott.ssa Federica Erbacci della Soprintendenza, “le nuove scoperte rappresentano un tassello fondamentale per la ricostruzione della storia urbana di Camerino”. Le indagini si inseriscono infatti nel più ampio quadro delle ricerche archeologiche condotte in Piazza Garibaldi, dove in precedenza erano già stati rinvenuti muri in pietra, pavimenti in cocciopesto, ceramiche attiche e frammenti di intonaci dipinti, databili dall’età preromana a quella tardoantica, a ulteriore conferma della straordinaria stratificazione storica del cuore urbano di Camerino.

Una città che rinasce dalla memoria

Il Soprintendente Giovanni Issini sottolinea come “le strutture che stanno emergendo nell’area dell’ex Albergo Roma non solo confermano le conoscenze già delineate sul sito, ma forniscono nuovi elementi per comprendere lo sviluppo urbano di Camerino. Le scoperte dimostrano la ricchezza delle stratificazioni insediative e architettoniche del centro storico, che meritano la massima tutela e valorizzazione”.

Foto: ©SABAP AP-FM-MC

Anche il Commissario Straordinario per la ricostruzione post-sisma 2016, Guido Castelli, ha evidenziato il valore simbolico della scoperta: “Questo rinvenimento unisce la ricostruzione materiale con un percorso di identità e memoria, restituendoci frammenti preziosi della storia della comunità camerte”.

Sinergia tra istituzioni e ricerca

Le indagini rientrano nel quadro dell’Ordinanza Speciale emanata per la ricostruzione dell’aggregato edilizio danneggiato dal sisma. L’Ufficio Speciale Ricostruzione Marche (USR), soggetto attuatore dell’intervento, ha garantito il coordinamento operativo e il rispetto delle prescrizioni archeologiche.
Come spiega l’ingegnere Cesare Trovarelli, direttore dell’USR, “l’obiettivo è tutelare gli interessi pubblici e, al contempo, permettere ai privati di ricostruire in modo sicuro e consapevole, integrando le nuove opere con la conoscenza del patrimonio archeologico sottostante”.

Camerino tra passato e futuro

Il Sindaco Roberto Lucarelli ha espresso grande soddisfazione per i risultati: “Gli scavi stanno riportando alla luce importanti testimonianze della storicità e della bellezza di Camerino. Approfondiremo ulteriormente le indagini per comprendere pienamente l’entità della scoperta e definire insieme il percorso più adeguato per valorizzarla”.

Le ricerche proseguiranno nei prossimi mesi, con l’obiettivo di completare la documentazione delle fasi più antiche e integrare i nuovi dati nel progetto di rinascita culturale e urbana della città ducale, simbolo della resilienza dell’Appennino centrale dopo il sisma.

Fonte: SABAP AP-FM-MC

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Fondazione circolare di pietra scoperta durante gli scavi archeologici a Camerino, con una striscia di misurazione in primo piano.Dettaglio dei resti archeologici con tracce di decorazioni pittoriche e fondazioni della chiesa di San Michele Arcangelo, emersi durante gli scavi a Camerino.
2025-09-28

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storiearcheostorie.com/2025/09

2025-08-09

Scavi Metro C a Roma: sotto piazza Venezia riaffiorano insulae romane e fornaci medievali

Elena Percivaldi

La realizzazione della stazione della Metro C continua a restituire frammenti preziosi del passato. Gli ultimi scavi, condotti sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Speciale di Roma in Piazza Venezia, hanno portato alla luce strutture di età romana e medievale che gettano nuova luce sulla topografia storica dell’area.

Lo scavo visto dal drone (foto ©Soprintendenza Speciale Roma)

L’insula romana

Tra i ritrovamenti più rilevanti figura un complesso edilizio a più piani di epoca tardo-repubblicana e primo imperiale, probabilmente una insula – ovvero un edificio abitativo destinato alle classi popolari della Roma antica, spesso con botteghe al pianterreno e appartamenti ai piani superiori. Questa tipologia architettonica, ricorrente nella Roma imperiale, testimonia la densità abitativa e la vitalità commerciale della zona, situata a ridosso dell’antica via Flaminia.

Muro romano del I secolo a.C. (foto ©Soprintendenza Speciale Roma)

La via Flaminia nel Medioevo

Proprio del tracciato medievale della Flaminia è stata rinvenuta una significativa porzione. A differenza del consueto basolato romano, la strada si presenta come una successione di strati di terra battuta, sovrapposti nel tempo per ovviare al degrado progressivo del manto stradale. È un segno tangibile della continuità d’uso dell’area nei secoli, sebbene con tecniche e materiali diversi.

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Tratto della via Flaminia medievale (foto ©Soprintendenza Speciale Roma)

Dal marmo alla calce viva: le calcare medievali

Ancora più suggestivo è il ritrovamento di alcune calcare medievali, rudimentali fornaci utilizzate per trasformare il marmo in calce viva. Questi impianti artigianali, posizionati strategicamente lungo la via per facilitare il trasporto dei blocchi lapidei, rivelano pratiche di riuso edilizio tipiche del medioevo, quando i resti degli antichi monumenti romani venivano sistematicamente spogliati per ricavarne materiali da costruzione.

Le fornaci medievaliUna calcara

Come sottolinea l’archeologa Marta Baumgartner, responsabile scientifica dello scavo, il ritrovamento di abitazioni di età imperiale offre un’occasione unica per approfondire la rete insediativa che circondava i grandi monumenti romani. L’area di Piazza Venezia, infatti, si configura sempre più come un palinsesto urbano in cui si sovrappongono edifici di diverse epoche – dagli antichi insediamenti ai palazzi moderni demoliti tra Ottocento e Novecento.

Presto lo studio dei reperti

La complessità stratigrafica dell’area impone cautela nell’interpretazione dei dati. Solo attraverso la prosecuzione degli scavi e lo studio approfondito dei reperti sarà possibile ricostruire in modo esaustivo l’evoluzione urbana della zona e, soprattutto, valorizzare i resti nell’ambito della futura stazione della Metro C.

Sezione della stratigrafia della via Flaminia medievale (foto ©Soprintendenza Speciale Roma)

Un intervento che, ancora una volta, dimostra come il sottosuolo romano continui a riservare sorprese archeologiche di straordinaria importanza.

Fonte: Soprintendenza Speciale Roma

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2025-07-29

🏺 𝗟𝗮 𝗦𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮。。。 𝘀𝗼𝘁𝘁𝗼 𝗶 𝗽𝗶𝗲𝗱𝗶!

Nel cuore di Gela nasce un museo a cielo aperto: una necropoli greca del VI secolo a.C. scoperta per caso durante lavori in fibra ottica si trasforma in un affascinante percorso urbano tra tombe infantili, anfore antiche e simboli millenari.

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storiearcheostorie.com/2025/07

2025-07-17

Trieste, la Basilica paleocristiana riaffiora sotto la scuola di via Tigor: scoperti nuovi mosaici e un possibile battistero

Elena Percivaldi

Trieste continua a sorprendere con le sue stratificazioni millenarie. Nel corso dei lavori di rinforzo antisismico della scuola di via Tigor, parte dell’Istituto Comprensivo Dante Alighieri, sono emersi nuovi e significativi reperti legati alla Basilica Paleocristiana di via Madonna del Mare, uno dei siti più antichi e affascinanti della città.

L’area, già nota agli archeologi dagli anni Sessanta, si arricchisce ora di nuove scoperte che permettono di approfondire la conoscenza della prima comunità cristiana di Tergeste, nome romano di Trieste. A presentare i risultati degli scavi sono stati, in una conferenza stampa, l’assessore alle Politiche del Patrimonio Immobiliare e dello Sport Elisa Lodi, la soprintendente Valentina Minosi e l’archeologo Roberto Micheli.

Un mosaico tardoantico perfettamente conservato

Gli scavi, condotti a circa 3 metri di profondità sotto la palestra della scuola, hanno riportato in luce il muro perimetrale della navata della basilica paleocristiana. Una struttura in elevato, ben conservata, caratterizzata da paraste (pilastri addossati al muro) e da un ricco pavimento musivo della seconda fase costruttiva, databile ai primi decenni del VI secolo d.C.

Il mosaico policromo, protetto proprio dal muro della navata, presenta una raffinata decorazione: una cornice a treccia delimita una sequenza di medaglioni circolari intrecciati, al cui interno si riconoscono simboli della prima cristianità come il nodo, la croce e il delfino, animale caro all’iconografia paleocristiana per il suo valore simbolico di salvezza.

Questo tappeto musivo si sovrappone a uno strato precedente più semplice, risalente alla fine del IV o inizio del V secolo, decorato con motivi geometrici in bianco e nero. In questa seconda fase si riconosce un’evoluzione nello stile e nei materiali, con l’uso di tessere policrome (rosse, gialle e nere).

Un battistero e le sepolture infantili

Lo scavo all’esterno del muro perimetrale della basilica ha inoltre individuato, nei pressi del transetto, una zona delimitata da un basso muro, probabilmente un portico. In quest’area è emersa la struttura di un possibile battistero, successivamente abbandonato e trasformato in uno spazio funerario.

Qui sono state rinvenute almeno dodici sepolture, databili tra il V e il VI secolo d.C., in larga parte di infanti o bambini. Si tratta di un dato di rilievo, che arricchisce le informazioni sul ruolo della basilica non solo come luogo di culto, ma anche come spazio legato ai rituali di passaggio e alla memoria dei defunti.

Simbolo della Trieste cristiana

La basilica paleocristiana di via Madonna del Mare rappresenta uno dei primi luoghi di culto cristiano sorti a Trieste, all’epoca situata fuori dalle mura tardoantiche, in un’area cimiteriale utilizzata già in epoca romana.

La pianta della basilica

L’edificio aveva una pianta a croce latina con abside poligonale, aula rettangolare e bracci laterali. Il presbiterio, contenente diverse tombe e dotato di loculo per reliquie posto probabilmente sotto l’altare, e l’abside erano sopraelevati rispetto alla navata. L’archeologia ha restituito testimonianze di almeno due fasi costruttive – fine IV – inizi V secolo e VI secolo -, interrotte da un evento distruttivo: sul mosaico policromo sono state rilevate tracce di incendio, che fanno ipotizzare una fine catastrofica tra il VI e il IX secolo. Dopo quel periodo, infatti, l’area sembra essere stata abbandonata.

Sopra la basilica sorse, nel Medioevo, la chiesa di Santa Maria del Mare, citata per la prima volta nel 1298. L’edificio religioso subì numerose distruzioni e ricostruzioni fino alla sua definitiva demolizione nel 1786, dopo l’editto di soppressione degli ordini religiosi emanato da Giuseppe II d’Austria.

Verso un’area archeologica visitabile

Dell’antica basilica sono già riemersi, come accennato, diversi mosaici, due dei quali contenenti i nomi di diversi donatori che offrirono parte dello stesso pavimento musivo, tra cui spicca quello di un funzionario imperiale di origine orientale, Barsaina, che si qualifica come capo del collegio degli ispettori delle bilance (primicerius pensorum).

Al termine degli scavi e dei lavori di consolidamento, verrà realizzata una struttura sotterranea che consentirà la visita ai resti della basilica. Il nuovo spazio sarà collegato all’attuale area archeologica già gestita dalla Soprintendenza ABAP FVG, creando un percorso di valorizzazione che permetterà di ammirare i mosaici e le strutture antiche sotto la scuola, senza interferire con le attività scolastiche quotidiane.

Come sottolineato dall’assessore Elisa Lodi, l’intervento rappresenta un importante esempio di collaborazione tra enti pubblici, che unisce la tutela del patrimonio archeologico alla fruizione da parte della comunità locale e dei visitatori.

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2025-06-25

Pompei, nuovi scavi nella Villa dei Misteri: abbattuto l’edificio abusivo, riemerge l’antico ingresso [VIDEO-INTERVISTA]

Elena Percivaldi

Nuovo e importante capitolo per uno degli edifici simbolo di Pompei, la Villa dei Misteri, celebre per il suo straordinario fregio misterico. Questa mattina, il Direttore del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel, e il Procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso, hanno annunciato l’avvio del nuovo cantiere di scavo nel settore nord-ovest della villa, reso possibile dopo la demolizione di un edificio abusivo che per decenni ne aveva impedito l’indagine archeologica.

Le nuove indagini nella villa

Scavata parzialmente nel 1909-1910 e poi sistematicamente nel 1929-1930 dal celebre soprintendente Amedeo Maiuri, la Villa dei Misteri non era mai stata completamente esplorata. Un settore rimase infatti fuori dagli interventi, poiché occupato da una costruzione privata, cresciuta abusivamente nel tempo. Grazie al protocollo d’intesa tra la Procura e il Parco archeologico, oggi si può finalmente intervenire su quell’area, finora segnata da scavi clandestini e cunicoli illegali che minacciavano l’integrità del sito.

Il nuovo scavo mira non solo a ricostruire i danni causati dai saccheggiatori, ma soprattutto a completare l’opera iniziata da Maiuri. “Stiamo lavorando per portare alla luce l’ingresso principale e una parte del quartiere servile della villa – spiega Zuchtriegel – e i primi risultati sono molto promettenti: alcune strutture del piano superiore sono rimaste intatte, il che ci fa sperare anche per i livelli inferiori.”

Tornano alla luce strade e ambienti perduti

Tra le scoperte più rilevanti c’è l’antico ingresso monumentale della villa, affacciato sulla cosiddetta via Superior, un tratto viario esterno che conduceva al complesso. A fianco della strada è stata individuata una cisterna rettangolare con volta a botte, mentre dal lato opposto emergono le strutture murarie del terrapieno orientale. Maggiori dettagli sono contenuti nell’articolo di approfondimento pubblicato sull’ E-journal del Parco archeologico di Pompei a questo link

Il ritrovamento offre una nuova visione topografica della villa e delle sue connessioni con il paesaggio urbano e rurale di Pompei, aprendo scenari inediti sul funzionamento degli spazi servili e sulla vita quotidiana della villa romana.

Un modello di collaborazione contro l’abusivismo

Il successo dell’operazione è il frutto di una collaborazione istituzionale strutturata, che ha visto la Procura e il Parco archeologico firmare due protocolli fondamentali: uno per contrastare il traffico illecito di reperti archeologici, l’altro per combattere l’abusivismo edilizio in aree vincolate. In base a quest’ultimo, è il Parco a finanziare le demolizioni degli edifici abusivi, acquisendo poi le aree liberate al demanio, in vista della loro riqualificazione culturale.

La demolizione dell’edificio e l’avvio del nuovo scavo sono il risultato di una sinergia concreta ed efficace”, ha sottolineato il Procuratore Fragliasso, ricordando anche l’abbattimento recente di una struttura abusiva destinata alla ristorazione, realizzata proprio di fronte alla villa.

Le nuove scoperte nel settore nord-ovest non solo restituiscono porzioni inedite del complesso, ma testimoniano anche la possibilità di riqualificare aree compromesse dall’abusivismo, trasformandole in risorse per la ricerca scientifica e il turismo sostenibile.

Guarda il video – Zuchtriegel: “Questo è solo un primo passo, ora stiamo cercando i fondi per portarlo a termine”.

https://youtu.be/CWjU4TXvdqU

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