Eccoci giunti al Capitolo 365. Sapete che significa? Che se iniziaste a leggere questa rubrica una volta al giorno, capitolo dopo capitolo, avreste materiale per un anno intero! Una Vita da Cinefilo, come potete vedere, ha ritinteggiato le pareti, si è rimesso a nuovo in vista di un 2024 che potrebbe regalare diverse novità, ma non voglio spoilerare nulla. Torniamo dunque a noi: quanto cinema in questo lunghissimo mese di dicembre. Cinque film del passato, addirittura quattro del 2023 (segno inconfondibile dei classici “recuperoni” di fine anno), nessun rewatch, nonostante ci siano montagne di film che mi piacerebbe rivedere. In tutto questo si avvicinano le vacanze di Natale, che per me significano viaggi in giro per l’Italia da una famiglia (i suoceri) all’altra (gli amici), ma soprattutto una drastica riduzione del tempo disponibile per vedere nuovi film. Farò scorpacciate prima del 24, poi prevedo dosi di cinema molto più umane fino alla Befana… In tutto ciò nei giorni scorsi sono approdato anche su Threads, il nuovo social testuale che riprende in tutto e per tutto quello che era il Twitter di una volta, ma con il seguito di Instagram. Se ci siete, battete un colpo, l’account è quello del progetto Film People.
L’Uomo Senza Passato (2002): Continua il mio viaggio nel cinema di Aki Kaurismaki e, anche stavolta, non sarà l’unico suo film che troverete in questo capitolo. Gran Prix Speciale della Giuria a Cannes 2002 (e premio per la migliore attrice Kati Outinen), racconta la storia di un operaio che, dopo esser stato aggredito, si risveglia dal coma senza ricordare nulla di se, né come si chiama, né da dove viene. L’uomo deve così reinventarsi: va a vivere in un container e cerca di costruirsi una nuova vita, circondandosi di umanità come nella migliore tradizione del regista finnico (che qui realizza uno dei suoi film più belli e indimenticabili, a dispetto del suo protagonista senza memoria). Fotografia stupenda come sempre, personaggi meravigliosi, film bellissimo. Lo trovate su Mubi.
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Paper Moon (1973): Ogni tanto, tra i miei contatti di Twitter, esce fuori qualcuno che posta immagini di film bellissimi che non ho mai visto (e talvolta neanche ho mai sentito). Quando accade, di solito faccio una breve ricerca e, se mi sembra una lacuna che va colmata, trovo il modo di guardarmi al più presto il titolo in questione. Quello di Peter Bogdanovich, che arriva due anni dopo quello splendore de L’Ultimo Spettacolo, è il classico filmone scoperto navigando sui social (e poi dicono che non servono a niente!). Ryan O’Neal, in seguito a un equivoco, viene incaricato di portare una piccola orfana (sua figlia Tatum nella vita reale) dagli zii in Missouri. L’uomo è una canaglia, vive di piccoli raggiri e truffe da quattro soldi, e lungo la strada si ferma spesso a strappare qualche soldo da alcune vedove. La bimba si dimostra sin da subito una complice straordinaria e sveglissima e i due cominciano una fruttuosa collaborazione, affezionandosi l’uno all’altra. Tatum O’Neal con questo film vinse l’Oscar e resta ancora oggi la più giovane vincitrice di sempre della statuetta più prestigiosa. La cosa più incredibile però è che appena finito il film sono venuto a conoscenza della scomparsa di Ryan O’Neal e devo ammettere che la cosa mi ha lasciato un po’ interdetto. Film comunque bellissimo.
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Passages (2023): Tra i recuperi di fine anno, avendolo trovato in alcune classifiche di riviste che seguo, c’è stato anche questo film di Ira Sachs. Franz Rogowski (il Joaquin Phoenix tedesco, come dico sempre!) è sposato con un altro uomo, ma si innamora di Adèle Exarchopoulos, con cui inizia un’intensa relazione. Il protagonista è un accentratore, un egoista che coinvolge nei suoi casini interiori tutti i personaggi che vi entrano a contatto (l’ex marito, il nuovo amante di lui, la partner…). Quello di Rogowski è un personaggio complesso e per questo interessante, ma crea troppa distanza con lo spettatore: in generale si fa fatica a empatizzare con i personaggi e, nonostante una scena finale davvero molto bella, non sono mai riuscito a entrare nel film. Peccato. Se volete dargli una chance lo potete vedere su Mubi.
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Il Cielo Brucia (2023): Sempre per quella storia che a dicembre devo recuperare i film più interessanti usciti durante l’anno in vista della classifica del 2023, dopo aver letto ottime recensioni ho trovato doveroso vedere questo film di Christian Petzold, un regista che comunque stimo molto. Due ragazzi si recano nella residenza di famiglia di uno dei due, nel nord della Germania, per trovare la pace necessaria a completare i propri incarichi: uno deve sviluppare un portfolio fotografico per essere ammesso alla scuola d’arte, mentre il protagonista, scrittore, deve finire il suo romanzo. Nella casa però trovano una bella ragazza che cambierà gli equilibri in gioco, mentre nella regione intorno a loro la foresta va a fuoco a causa di un terribile incendio. Il film mi è piaciuto da morire, è ironico, drammatico, divertente, con un protagonista eccezionale: quante volte anche noi ci siamo sentiti a disagio mentre tutti gli altri intorno sembrano vivere la giornata in allegria e leggerezza? Sorpresa totale, da non perdere (credo che sia ancora in qualche cinema).
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Kes (1969): La settimana scorsa, mentre ero a cena a casa di amici, parlando di Ken Loach è uscito fuori questo titolo che non avevo mai visto. Dopodiché la trafila è stata praticamente uguale a quella citata prima per Paper Moon, con la differenza che in questo caso invece dei social c’era di mezzo una cena con amici in carne ed ossa, che è un po’ meglio. Il 15enne Billy ha una vita difficile, sia a casa che a scuola: si mette continuamente nei guai, spesso non per colpa sua. Appassionato di uccelli, un giorno trova un piccolo gheppio (un rapace, una sorta di falchetto) e se lo porta a casa per accudirlo e addestrarlo. La falconeria diventa la sua passione più grande, ma la battaglia con una quotidianità difficile continua ad essere pesante. I 400 Colpi (uscito esattamente dieci anni prima) incontra Febbre da Cavallo (scherzo eh, ma se avete visto il film capirete la battuta…): Ken Loach racconta come sempre la società britannica dal punto di vista dei più deboli, dei fragili, con un’intensità emotiva fuori dall’ordinario e un protagonista meraviglioso, in uno dei film più belli della sua filmografia (e ce ne sono tanti). Inoltre c’è una scena in cui assistiamo a una delle partite di calcio più belle della storia del cinema, con il professore di educazione fisica più assurdo mai visto sullo schermo. Un grandissimo film, da recuperare.
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Perfect Days (2023): Il nuovo film di Wim Wenders, di cui ho parlato già ampiamente nella recensione completa, uscirà in sala il prossimo 4 gennaio e credo di poter già dire che si tratta del film più bello in uscita il prossimo anno (lo so, è uno spoiler enorme sulla classifica del 2024, ma tanto fino ad allora lo avrete già dimenticato!). La routine impeccabile di un uomo solitario, che è riuscito a mettere in equilibrio le piccole cose della vita per trovare una parvenza di felicità, nonostante i dolori del passato. Tra Ozu e Akerman, Wenders ha realizzato un gioiello prezioso. Non vedo l’ora di vederlo di nuovo.
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Perfect Blue (1997): Ancora un “Perfect” film, ancora ambientato in Giappone. Questo non ricordo più da quale ricerca fosse uscito, forse l’ho pescato da qualche parte su Letterboxd, fatto sta che mi ha incuriosito molto, anche perché trovo molto interessanti i film d’animazione “per adulti” (non in quel senso eh). Una celebre pop star, parte di un trio adorato dalle folle, decide di staccarsi dalla band per intraprendere la carriera d’attrice. L’equilibrio psicologico della ragazza comincia a vacillare dopo aver girato alcuni ciak dove il suo personaggio subisce una violenza sessuale e anche i suoi fan, tra cui un inquietante stalker, sembrano delusi dalla nuova immagine pubblica della giovane, passata da essere un simbolo di purezza e innocenza a modella per servizi fotografici senza veli. Fatto sta che alcuni personaggi, rei di aver corrotto l’animo della ragazza, cominciano ad essere uccisi uno dopo l’altro. Inoltre c’è un sito internet che pubblica informazioni private sulla routine della protagonista. Scene formidabili, una riflessione acuta sulla popolarità e sulla celebrità (ma anche sulla tossicità di alcuni fan), oltre ad una storia raccontata su diversi livelli, in cui è facile confondersi tra la realtà e il film che stanno girando, a metà strada tra il futuro Cigno Nero di Aronosfky (che ha ammesso di aver omaggiato questo film in alcune scene di Requiem for a Dream) e il cinema di David Lynch. Dietro la macchina da presa di questa splendida opera del cinema d’animazione c’è quel gran maestro di Satoshi Kon, da recuperare.
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Foglie al Vento (2023): Ancora Kaurismaki, come promesso. Sarete stufi di sentir parlare di lui, ma è la mia fissa del momento e smetterei di guardare i suoi film se solo non fossero tutti molto belli! Una sorta di Ryan Gosling finnico incontra un’impiegata di supermercato: i due, dopo essersi incrociati in più occasioni, finalmente cominciano a frequentarsi, a perdersi, a ritrovarsi, quindi a rincorrersi. La trama è molto simile a quella di molti film di Kaurismaki (vedi la cosiddetta “trilogia dei perdenti”), così come l’estetica, la fotografia, i temi affrontati, ma qui è tutto molto “più”: più maturo, più divertente, più tenero, più umano, più musicale, più cinefilo (i due vanno al cinema a vedere I Morti Non Muoiono di Jarmusch e tutto il film è disseminato di locandine di film, da Rocco e i suoi fratelli a Pierrot Le Fou). Il film uscirà giovedì prossimo al cinema ed è una perla, ideale per abbracciare un po’ di calore umano durante le feste natalizie. Il problema è che ora non riesco più a togliermi dalla testa la canzone Syntynyt suruun ja puettu pettymyksin della band finlandese Maustetytöt, che vediamo in una scena del film. Non perdetevelo assolutamente.
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Sinister (2012): Ethan Hawke è uno scrittore di libri di cronaca nera e sta attraversando una crisi creativa (ed economica). Ha bisogno di rilanciare la carriera con un nuovo grande libro ed è per questo che prende armi, bagagli e famigliola per trasferirsi in una casa dove è stata allegramente impiccata la famiglia che ci abitava in precedenza. Mentre lavora al suo nuovo libro viene a conoscenza di altre famiglie uccise negli anni in diverse città degli Stati Uniti, grazie ad alcuni raccapriccianti film in super8 ritrovati ovviamente in soffitta (o là o in cantina, se no che horror sarebbe?). Come spesso accade con il cinema horror statunitense, i film partono bene, l’indagine come in questo caso ha anche un suo perché, però poi, esaurite le idee iniziali, si concludono un po’ in vacca. Questo film di Scott Derrickson (già regista del buonissimo L’Esorcismo di Emily Rose) non cade nel ridicolo come altri titoli del filone, ma senza dubbio deraglia un po’ rispetto alle premesse iniziali. La scena più surreale non riguarda le apparizioni del cosiddetto Mr. Boogie, ma lo scambio di battute tra Ethan Hawke e Juliet Rylance, con quest’ultima (sua moglie nel film) che accusa l’uomo di aver portato la famiglia in una casa dove sono state uccise delle persone: “In casa non è morto nessuno, le hanno impiccate in giardino!”, la risposta di lui. Ora ditemi come è possibile non fracassare di legnate uno che ti risponde in questo modo. Al di là di questo, il film si porta a casa la sufficienza, ma non di più.
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https://unavitadacinefilo.com/2023/12/18/capitolo-365-film-al-vento/
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