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2025-06-24

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storiearcheostorie.com/2025/06

2025-06-14

Germania / Nuove scoperte in Vestfalia: un pozzo, resti umani e tracce di vita e insediamenti tra l’etĆ  romana e la tarda antichitĆ 

Foto: @wlaktuell

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2025-06-14

Germania / Nuove scoperte in Vestfalia: un pozzo, resti umani e tracce di vita e insediamenti tra l’etĆ  romana e la tarda antichitĆ 

Elena Percivaldi

A Delbrück-Bentfeld, localitĆ  del circondario di Paderborn nel cuore della Renania Settentrionale-Vestfalia, un’équipe di archeologi ha portato alla luce un insediamento di eccezionale interesse risalente ai primi secoli dopo Cristo. I lavori, condotti da una ditta specializzata sotto la supervisione dell’ente LWL – ArchƤologie für Westfalen, sono iniziati nel novembre 2024 e si sono conclusi di recente, aprendo una finestra senza precedenti sulla vita e la morte in epoca romana e nella tarda antichitĆ  germanica.

Uno dei reperti riemersi nella fossa di cremazione. Foto: EggensteinExca/S. Knippschild

400 evidenze archeologiche e oltre 750 reperti

Nell’area della Schafbreite, destinata a diventare un nuovo quartiere residenziale, gli archeologi hanno documentato circa 400 evidenze strutturali, tra cui fondazioni di case, pozzi, fosse e due GrubenhƤuser, tipiche abitazioni seminterrate molto diffuse in area germanica. In totale sono stati recuperati 750 reperti mobili, 600 dei quali in metallo, conservati sotto uno spesso strato di terreno agricolo (Eschboden). Questo dato rivela un intenso e articolato insediamento, attivo in più fasi tra il II e il V secolo d.C.

Il recupero del legname strutturale dal pozzo. Foto: EggensteinExca/S. Knippschild

Sepoltura con armi

Tra i ritrovamenti più interessanti figura una fossa di cremazione isolata con resti della pira funeraria: carboni, frammenti ossei e oggetti bruciati. Insieme al defunto erano stati deposti una punta di lancia, due fibule, un pettine in osso frantumato, un acciarino e una fibbia decorata con un motivo a testa di animale. Proprio quest’ultima, datata al IV-V secolo, apparteneva a un cingolo militare romano: si tratta del primo ritrovamento del genere nell’intera Ostwestfalen.

Resti della cintura militare romana del IV/V secolo. Foto: EggensteinExca/S. Knippschild

Gli archeologi ipotizzano che l’individuo sepolto potesse essere un uomo di origine germanica arruolato come mercenario nelle truppe romane, una pratica molto diffusa in quel periodo. Il reperto conferma ancora una volta l’interazione tra mondo romano e popolazioni germaniche, ben documentata anche in altri siti regionali a cominciare da quello di Salzkotten-Scharmede.

Il pozzo, un unicum per la Vestfalia

A sorprendere gli archeologi ĆØ stato, negli ultimi giorni di scavo, il ritrovamento di un pozzo in legno perfettamente conservato, inizialmente scambiato per una semplice vasca per il bestiame. La struttura, di oltre un metro di diametro, era formata da tronchi cavi e incastri di legno intrecciato e presentava tracce di materiali organici straordinariamente ben conservati: cuoio, insetti e fibre vegetali. Addirittura ĆØ stato rinvenuto un frammento di trave con incisioni misteriose, forse simboliche, proveniente da un’abitazione e riutilizzato nel pozzo.

Il condotto del pozzo, composto da tre segmenti di tronco d’albero. Foto: EggensteinExca/S. Knippschild

Sopra la bocca del pozzo ĆØ stata trovata una stratigrafia ricca di carbone e piccoli frammenti ossei bruciati, probabilmente residui di cremazioni umane, insieme a vaghi di vetro trasparente, blu e verde, forse parte di corredi funebri. Questo fa supporre che il pozzo stesso possa aver ospitato un luogo di combustione funeraria, oppure che la sua dismissione sia stata simbolicamente legata al rito della cremazione.

Indagini scientifiche in corso

Ora si apre la fase delle analisi scientifiche, fondamentali per comprendere l’evoluzione dell’insediamento. La dendrocronologia e il carbonio-14 potranno datare esattamente i reperti lignei e i carboni; gli studi di antropologia sui resti ossei cercheranno di identificare sesso, etĆ  e modalitĆ  della cremazione. Infine, l’archeobotanica consentirĆ , analizzando i sedimenti del pozzo, di ricostruire l’ambiente vegetale della regione 1.600 anni fa.

Gli archeologi continueranno a indagare sul possibile significato di alcune incisioni su una parte di trave successivamente utilizzata per la costruzione del pozzo.
Foto: EggensteinExca/S. Knippschild

Come sottolinea Julia Hallenkamp-Lumpe (LWL, sede di Bielefeld), queste informazioni saranno preziose per individuare cambiamenti climatici, agricoli e insediativi tra la nascita di Cristo e la fine dell’Impero Romano d’Occidente.

Questa perla di vetro molto grande, con un diametro di 3,8 cm e striature di vetro bianco, proviene dalla fascia di carbone nero sopra al pozzo. Foto: LWL Archaeology for Westphalia/A. Madziala

Una scoperta che cambia la storia della Westfalia romana

Ā«La scoperta del pozzo con la sua stratigrafia e i resti funerari associati rappresenta una fonte eccezionale per la storia della regioneĀ», afferma Sven Spiong, direttore dell’LWL di Bielefeld. Ā«Luoghi come Bentfeld ci aiutano a capire come vivevano le popolazioni locali nel periodo del contatto e del confronto con Roma, e come questi rapporti abbiano influenzato cultura materiale, insediamenti e ritualiĀ».

Ora che gli scavi sono terminati, inizieranno i lavori per il nuovo quartiere. Ma il sindaco Werner Peitz ha voluto sottolineare quanto sia stato importante «documentare in modo professionale un sito di importanza sovraregionale», assicurando la conservazione e la valorizzazione del patrimonio archeologico della comunità.

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2025-06-02
2025-05-29

Israele, ecco lo spettacolare mosaico bizantino scoperto nel Negev: 55 medaglioni raccontano la vita quotidiana di 1.600 anni fa [LE FOTO | VIDEO]

Elena Percivaldi

Dopo 35 anni dalla sua scoperta nei pressi del Kibbutz Urim, a pochi chilometri dalla Striscia di Gaza, un mosaico bizantino di 1.600 anni ĆØ stato finalmente restaurato e reso accessibile al pubblico nel complesso del Consiglio Regionale di Merhavim, nel Negev occidentale. L’opera, tra le più straordinarie mai rinvenute nel sud di Israele, presenta 55 medaglioni riccamente decorati con scene di caccia, animali esotici, personaggi mitologici e frammenti di vita quotidiana.

Il mosaico dopo il restauro (foto Emil Aladjem IAA)

Il mosaico fu scoperto nel 1990 nell’area agricola a sud del Kibbutz Urim, al margine del sito di Khirbat Be’er Shema. A dirigere gli scavi c’erano Dan Gazit e Shaike Lender per l’IAA – AutoritĆ  Israeliana per le AntichitĆ . Subito dopo fu ricoperto per conservarne l’integritĆ . Ora, grazie al progetto ā€œAntiquities Right at Homeā€ del Ministero del Patrimonio di Israele e dell’IAA, il capolavoro ĆØ stato restaurato e trasferito in un sito protetto per poterlo esporre in via permanente.

Il mosaico dopo la sua scoperta negli scavi del 1990 condotti dall’IAA (Foto Nachshon Sneh – IAA

Un’opera d’arte e una testimonianza storica unica

Secondo gli archeologi, il mosaico ornava il pavimento di un grande edificio bizantino legato alla produzione vinicola: nei pressi sono stati rinvenuti un grande torchio per l’uva e magazzini con tanto di giare per la conservazione del vino. Il sito si trovava lungo l’antica Via delle Spezie Nabatea-Romana, che collegava la cittĆ  di Halutza al porto di Gaza, fungendo da punto di sosta sicuro per i viaggiatori.

Il mosaico dopo il restauro (Foto Emil Aladjem IAA)

ā€œL’opera ĆØ composta da minuscole tessere in pietra, vetro e ceramica,ā€ ha spiegato Shaike Lender. ā€œĆˆ chiaramente frutto del lavoro di un artista esperto, capace di fondere dettagli raffinati con materiali preziosi per ottenere effetti cromatici straordinari.ā€

Restauro del mosaico (Foto Emil Aladjem IAA)

Il restauro e la valorizzazione del mosaico bizantino

Con il passare del tempo, l’esposizione agli agenti atmosferici aveva danneggiato gravemente la superficie del mosaico. ƈ quindi intervenuto il team di conservazione dell’IAA, guidato da Ami Shahar, che ha reinterrato l’opera trattandola, consolidandola e infine spostandola in un ambiente protetto.

Un particolare del mosaico

ā€œOra il pubblico può finalmente ammirare una delle più belle opere d’arte bizantine scoperte nel sud di Israele,ā€ ha affermato il direttore dell’IAA Eli Escusido durante la cerimonia d’inaugurazione del 25 maggio.

Un altro particolare del mosaico

Un nuovo polo per il turismo culturale

Il sito sarĆ  integrato in un parco archeologico pubblico, con cartelli esplicativi, aree di sosta e percorsi accessibili. ā€œIl mosaico, testimone di vita e cultura di 1.600 anni fa, diventerĆ  un’attrazione per visitatori, studenti e turistiā€, ha dichiarato Shai Hajaj, capo del consiglio regionale . ā€œĆˆ un tassello fondamentale nel racconto del nostro territorio, che unisce passato, presente e futuro.ā€

Ancora, un particolare del mosaico

L’iniziativa rientra in una più ampia strategia di valorizzazione culturale del Negev occidentale.

Guarda il video (con sottotitoli in inglese)

https://youtu.be/2dgHgY7lnk8

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2025-05-26

Inghilterra / Scoperto a Leeds un raro pendente sassone a forma di croce: un tesoro altomedievale racconta il passato della cittĆ 

Elena Percivaldi

ƈ un piccolo gioiello, rimasto sepolto per oltre 1.200 anni in un campo nei pressi di Leeds, nel nord dell’Inghilterra. Ma si sta rivelando una testimonianza preziosa, quasi unica, della vita nell’antico regno sassone di Northumbria.

La croce d’oro, simbolo di fede e potere nell’Alto Medioevo

Si tratta di una croce pettorale in argento massiccio, ricoperta da una sottile lamina d’oro e decorata su entrambi i lati con motivi ornamentali a intreccio tipici dell’arte sassone. Nonostante un braccio sia spezzato e la pietra che campeggiava nel castone centrale sia andata perduta, il reperto ĆØ di grande fascino. E conserva, intatti, tutta la sua bellezza e il suo eccezionale valore storico.

La croce vista da vicino (foto ©Leeds City Museum)

Secondo gli esperti, il pendente risalirebbe all’VIII secolo e potrebbe essere appartenuto a una figura influente nella locale comunitĆ  sassone. Forse un alto prelato, oppure un importante funzionario laico. A scoprirlo, lo scorso anno, un appassionato armato di metal detector, che poi lo ha prontamente consegnato alle autoritĆ  attraverso il Portable Antiquities Scheme.

Una testimonianza importante della Leeds medievale

Il pendente ĆØ stato recentemente acquisito dalle collezioni pubbliche del Leeds Museums and Galleries, grazie al sostegno di finanziamenti provenienti da enti culturali nazionali e locali. SarĆ  esposto al pubblico entro la fine dell’anno presso il Leeds City Museum.

Ancora un’immagine del reperto (foto Ā©Leeds City Museum)

ā€œLa croce era probabilmente portata al collo e rappresentava un segno visibile dell’identitĆ  religiosa e dell’alto rango sociale di chi la indossavaā€, spiega Kat Baxter, archeologa presso il museo.
ā€œĆˆ stata realizzata in un’epoca in cui Leeds faceva parte del regno di Northumbria e si aggiunge a una serie di reperti che ci aiutano a ricostruire il profilo delle persone che abitavano qui all’epocaā€.

Scoperte che riscrivono la storia locale

Negli ultimi anni, il territorio attorno a Leeds ha restituito importanti tracce del suo passato sassone e romano. Nel 2022, durante uno scavo a Garforth, gli archeologi hanno rinvenuto una bara in piombo di 1.600 anni fa, contenente lo scheletro di una donna di 25-35 anni sepolta con gioielli come un bracciale, una collana di perle di vetro e un anello.

La bara di piombo, di epoca romana (foto ©Leeds City Museum)

Ancora prima, nel 2012, il museo ha acquisito uno straordinario Tesoro, il West Yorkshire Hoard: sette oggetti datati tra il VII e l’XI secolo, tra i quali gioielli d’oro di altissima qualitĆ , indossati da membri dell’élite sassone.

ā€œTutti questi ritrovamenti indicano la presenza di un tessuto sociale ricco e complesso, in cui Leeds era abitata da persone potenti e benestantiā€, aggiunge Baxter. ā€œPurtroppo, gli oggetti delle classi meno abbienti sono più rari da trovare, ma ogni nuovo reperto contribuisce a completare il puzzle del nostro passatoā€.

Il tesoro riemerso nel West Yorkshire (foto ©Leeds City Museum)

La storia che riaffiora dal sottosuolo

Il pendente ĆØ stato acquisito grazie al contributo dell’Arts Council England/V&A Purchase Grant Fund, della Leeds Philosophical and Literary Society e degli Amici dei Musei di Leeds, ed ĆØ stato dichiarato un ā€œtesoroā€ ai sensi del Treasure Act del 1996.

Salma Arif, assessore comunale alla cultura di Leeds, ha commentato:

ā€œQuesta scoperta ĆØ un bellissimo esempio di quanto il nostro passato sia ancora presente attorno a noi. Siamo felici di poter arricchire le nostre collezioni e di continuare a raccontare la storia della cittĆ  con oggetti di cosƬ grande valore.ā€

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croce d'oro
2025-05-22

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#archeologia #gela #scoperte #scavi #caltanissetta

storiearcheostorie.com/2025/05

2025-05-19

Eccezionale a Vienna, scoperta una fossa comune con 150 legionari romani caduti in battaglia: nuova luce su Vindobona [FOTO | VIDEO]

Elena Percivaldi

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Scoperta eccezionale a Vienna. Durante i lavori di ristrutturazione dell’impianto sportivo Ostbahn-XI, in Hasenleitengasse 49, nel distretto di Simmering, gli operai si sono imbattuti in una fossa comune romana, la più grande mai ritrovata nell’Europa centrale. Al suo interno, almeno 129 scheletri intatti e altre ossa sparse di ulteriori individui, per un totale stimato di oltre 150 uomini. Il ritrovamento, senza precedenti, fornisce nuovi, decisivi elementi per ricostruire la storia e le origini di Vindobona romana.

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Lo scavo in corso nella fossa comune (Foto: Reiner Riedler, Wien Museum)

L’intervento ĆØ stato immediatamente preso in carico dal Servizio archeologico della cittĆ  di Vienna in collaborazione con Novetus, societĆ  specializzata in archeologia. ā€œDopo 25 anni di ricerca su Vindobona, credevo che niente potesse più sorprendermi. E invece ĆØ arrivata questa scopertaā€, ha dichiarato entusiasta Michaela Kronberger, del Museo di Vienna.

Sepolti in fretta e furia e alla rinfusa

Gli scheletri appartengono tutti a individui di sesso maschile. Non c’è alcun ordine nĆ© orientamento nelle sepolture, nessuna traccia di riti funebri. E’ come se i corpi fossero stati gettati nella fossa frettolosamente e alla rinfusa. Alcuni erano in posizione supina, altri proni, altri ancora girati di lato. Spesso, gli arti di un corpo si erano intrecciati a quelli di un altro, in un groviglio macabro e caotico. Gli archeologi ne sono certi: quella non ĆØ una fossa comune legata a un vicino ospedale o a un’epidemia. Ma chi erano quegli uomini? Quando morirono e perchĆ© erano stati seppelliti cosƬ alla svelta?

Lo scavo (video still Ā© Pavel Cuzuioc)

Le analisi svelano il mistero: ā€œCaddero in battagliaā€

A svelare l’arcano sono state le accurate analisi effettuate sugli scheletri dagli esperti di Novetus. Almeno un terzo degli individui sepolti nella fossa erano giovani, di etĆ  compresa tra i 20 e i 30 anni, robusti e alti: oltre 1,70 m, sopra la media del tempo. Sulle ossa i segni inequivocabili di una morte violenta: colpi di lancia, pugnale, spada e dardi di ferro. Ciascuno di loro aveva almeno una ferita.

Cranio con ferita da taglio (Foto: Ā© S. Strang / Novetus)Vertebre lombari con trauma da dardo di ferro (Foto: Ā© S. Strang / Novetus)
Osso pelvico con trauma da punta di lancia (Foto: Ā© S. Strang / Novetus)

Data la differenza delle armi impiegate, non poteva trattarsi di un’esecuzione di massa. Inevitabile la conclusione: quei resti sepolti in fretta e furia e alla rinfusa appartengono ai caduti di una battaglia feroce e violenta, conclusasi con una catastrofica disfatta. Ma quando e quale?

Il video della scoperta

https://youtu.be/aRX0uOhvNlE

Una data cruciale: i resti risalgono al I-II secolo

Le analisi al carbonio-14 datano i resti a un periodo compreso tra l’80 e il 230 d.C., all’epoca cioĆØ in cui a Vienna, allora Vindobona, erano presenti le legioni romane. A circoscrivere ancora di più la datazione, assegnandola tra la metĆ  del I e l’inizio del II secolo d.C., sono stati gli oggetti trovati insieme ai corpi. C’era un pugnale simile a un pugnale con ancora alcune parti del fodero, decorato – come hanno rivelato le radiografie – con intarsi in filo d’argento.

Il pugnale romano trovato nella fossa (Foto: L. Hilzensauer, Wien Museum) e, sotto, la radiografia che mostra le decorazioni (foto: TimTom, Wien)

C’erano moltissimi chiodi come quelli che rinforzavano le suole delle caligae, le tipiche calzature militari in cuoio indossate dai legionari.

Chiodi da caligae trovati nella fossa (Foto: L. Hilzensauer, Wien Museum)

C’era anche un paraguancia, tipico di specifiche tipologie di elmi romani di quell’epoca.

Paraguancia di un elmo romano (foto: L. Hilzensauer, Wien Museum)

Tra gli altri reperti, spiccano una punta di lancia e alcune scaglie appartenenti a una corazza (lorica).

Punta di lancia (foto: L. Hilzensauer, Wien Museum)Le scaglie di una lorica (Foto: L. Hilzensauer, Wien Museum)

Non c’erano dubbi: quella fossa comune aveva accolto i corpi dei soldati romani caduti durante una delle tante battaglie combattute, sul Danubio, contro le popolazioni germaniche. Sappiamo infatti dalle fonti scritte che l’imperatore Domiziano (81-96) intraprese una serie di spedizioni militari sul Danubio.

Ubicazione della fossa comune nel Limes romano del Danubio, mappa: Martin Mosser, StadtarchƤologie

Una battaglia decisiva, forse nel 92 a.C.

Nel 92 d.C. alcune tribù varcarono il limes danubiano e annientarono un’intera legione: un evento traumatico che spinse l’imperatore Traiano (98–117) a rafforzare ulteriormente la difesa del confine. Potrebbe essere questa la battaglia in questione?

Stabilirlo con certezza ĆØ difficile. Solo ulteriori e più approfonditi studi – tra cui l’analisi del Dna e degli isotopi sui resti, le analisi dei pollini e i rilievi geofisici condotti nell’area intorno alla fossa – potranno, forse, dare una risposta precisa. Se cosƬ fosse, il ritrovamento rappresenterebbe una prova concreta dell’evoluzione di Vindobona. Proprio la pesante sconfitta subƬta dalle truppe romane, di cui quei morti sono l’eloquente e drammatica testimonianza, potrebbe aver segnato la storia dell’insediamento, avviandone la trasformazione da piccola base militare sul Danubio a grande accampamento legionario, uno dei principali presƬdi fortificati a difesa del limes dalle incursioni ā€œbarbaricheā€.

Foto in apertura: Lo scavo in Hasenleitengasse (foto: A. Slonek, Novetus)

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2025-05-17

Ninive, dallo scavo riemerge un inedito bassorilievo assiro con il re Assurbanipal e le divinitĆ  Ashur e Ishtar

Elena Percivaldi

Importante scoperta archeologica nella cittĆ  di Ninive, che sorgeva nei pressi della moderna Mosul, in Iraq. Dallo scavo in corso ĆØ riemerso un imponente bassorilievo raffigurante – ed ĆØ per la prima volta – le divinitĆ  principali del pantheon assiro, scolpite su una lastra di pietra di 5,5 metri di lunghezza, 3 metri di altezza e ben 12 tonnellate di peso.

A rivelarlo ĆØ il team dell’UniversitĆ  di Heidelberg, guidato da Aaron Schmitt, che dal 2022 lavora nel cuore del Palazzo Nord di Ninive, costruito dal re Assurbanipal, l’ultimo grande sovrano dell’impero assiro. ā€œTra le immagini in rilievo ad oggi note nei palazzi assiri non vi sono raffigurazioni di divinitĆ  principali. Ecco perchĆ© secondo noi la scoperta ĆØ straordinariaā€, spiega Schmitt.

Una scena sacra scolpita nella pietra

Il bassorilievo, probabilmente collocato in origine davanti all’ingresso principale della sala del trono, rappresenta una scena di forte significato religioso e politico: il re Assurbanipal in posizione centrale, accompagnato da Ashur, il dio supremo degli Assiri, e da Ishtar, dea della guerra e dell’amore, protettrice di Ninive.

Dietro di loro, un genio pesce, figura apotropaica spesso legata alla saggezza e alla protezione, e una figura con le braccia sollevate che potrebbe essere interpretata come un uomo-scorpione, ulteriore elemento mitologico a completare la narrazione sacra. I segni sulla pietra suggeriscono che in origine la composizione fosse sormontata da un grande disco solare alato, simbolo della divinitĆ  e del potere regale.

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https://storiearcheostorie.com/2025/03/26/a-udine-la-copia-di-un-bassorilievo-assiro/

Il bassorilievo assiro, un tesoro sepolto da oltre duemila anni

Il rilievo ĆØ stato rinvenuto in frammenti all’interno di una fossa colmata di terra, dietro la nicchia dove in origine era collocato. Secondo gli studiosi, fu probabilmente rimosso e interrato durante il periodo ellenistico, nel III o II secolo a.C.

Frammento del rilievo (foto credit: Aaron Schmitt)

Questo spiegherebbe perchƩ gli archeologi britannici, attivi nella zona giƠ nel XIX secolo, non lo avessero mai individuato, nonostante le importanti scoperte fatte in altri ambienti del palazzo e oggi conservate al British Museum.

Un progetto internazionale per la valorizzazione

La scoperta ĆØ frutto del progetto ā€œHeidelberg Ninevehā€, avviato nel 2018 sotto la direzione di Stefan Maul del Dipartimento di Lingue e Culture del Vicino Oriente dell’UniversitĆ  di Heidelberg. In collaborazione con lo Iraqi State Board of Antiquities and Heritage, l’obiettivo a medio termine ĆØ ricollocare il bassorilievo nel suo contesto originario e aprirlo al pubblico, trasformando la scoperta in un punto di riferimento per la valorizzazione del patrimonio mesopotamico.

Verso una nuova interpretazione dell’arte assira?

Nei prossimi mesi, il team tedesco analizzerĆ  nel dettaglio il rilievo e il suo contesto, con l’intento di pubblicare uno studio approfondito su rivista scientifica. Le dimensioni e la qualitĆ  dell’opera, unite alla raritĆ  del soggetto, promettono di fornire nuovi, importanti elementi per la comprensione dell’iconografia imperiale assira.

Immagine in apertura: Modello 3D del rilievo: i reperti sono evidenziati in grigio scuro, la parte in grigio chiaro rappresenta una ricostruzione basata sui reperti. Il re Assurbanipal ĆØ raffigurato al centro. (credit: Michael Rummel)

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2025-05-17

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Un monumentale rilievo in pietra del VII secolo a.C. raffigura il re Assurbanipal insieme agli dei Ashur e Ishtar. @uniheidelberg

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2025-05-15

ARCHEOLOGIA | š’šœšØš©šžš«š­šž š§šžš„ ššžš¬šžš«š­šØ ššžš„ ššžš šžšÆ ššš„šœš®š§šž š©š¢šœšœšØš„šž š¬šœš®š„š­š®š«šž šššŸš«š¢šœššš§šž šš¢ šŸ.šŸ“šŸŽšŸŽ ššš§š§š¢ šŸšš.
Erano custodite in tombe cristiane e rivelano l'ampiezza dei contatti culturali esistenti nell’antico Israele.

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storiearcheostorie.com/2025/05

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2025-05-08

ADORO IL GENIO - NON ƈ MAI

Non ĆØ mai tardi e non ĆØ mai il posto sbagliato per fare nuove scoperte!

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2025-05-02

Castelfranco Veneto (Tv): dagli scavi per la Nuova Radioterapia IOV spunta un villaggio tardoantico con capanne e tombe del IV-VII secolo

Elena Percivaldi

Importante ritrovamento archeologico a Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, durante i lavori per la costruzione del nuovo reparto di Radioterapia dell’Istituto Oncologico Veneto (IOV). Gli scavi, condotti tra giugno 2024 e gennaio 2025 sotto la direzione scientifica della Soprintendenza ABAP per l’Area Metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso, guidata dal funzionario archeologo Alessandro Asta, hanno portato alla luce i resti di un villaggio tardoantico databile tra la fine del IV e il VII secolo d.C. La scoperta, annunciata in una conferenza stampa, non ha compromesso il cronoprogramma del progetto sanitario: il nuovo reparto sarĆ  operativo entro ottobre 2025, con tecnologie all’avanguardia e un investimento di quasi 30 milioni di euro.

Inquadramento dell’area di scavo e sviluppo delle evidenze (Archivio SABAP VE MET)

ā€œStraordinario unicum per la ricerca in Venetoā€

L’area di scavo, estesa su circa 4.500 m², ha rivelato un contesto archeologico di rara importanza. Le indagini, coordinate dalla Ditta Diego Malvestio & C. con la direzione tecnica di Simone Colucciello, hanno identificato numerose buche di palo, pozzi-silos, focolari, ceramiche grezze e alcune sepolture ad inumazione. Questi elementi suggeriscono la presenza di un villaggio strutturato, con almeno una ventina di capanne, riconducibili a forme abitative di tradizione protostorica.

ā€œil lungo e complesso intervento di scavo archeologico ha conseguito importantissimi risultati per una delle epoche meno note della storia veneta ed europea in generale. Quella dei ā€œsecoli oscuriā€, che vedono la definitiva dissoluzione dell’Impero Romano e la discesa in Italia delle prime orde barbariche. Pochi e rarefatti sono i rinvenimenti archeologici che illuminano altrove questa oscuritĆ ā€, ha dichiarato il Soprintendente Vincenzo TinĆ©. ā€œL’ampia ā€œfinestra stratigraficaā€ offerta dagli scavi di Castelfranco sulle modalitĆ  abitative e funerarie di queste genti, in quello che sembra essere un caratteristico villaggio di capanne di tradizione protostorica e tombe sparse, rappresenta uno straordinario unicum della ricerca recente nella nostra regione con ampie ricadute di interesse storico e scientificoā€, ha concluso il Soprintendente.

Le prime evidenze erano emerse giĆ  nel 2021, durante le verifiche preliminari di interesse archeologico, che avevano segnalato tracce di frequentazione romana e tardo-romana. Tuttavia, la natura frammentaria di quei ritrovamenti, probabilmente alterati da attivitĆ  agricole, non aveva permesso di comprenderne l’estensione. Solo con l’apertura del cantiere nel 2024, l’indagine sistematica ha restituito un quadro stratigrafico coerente, grazie al lavoro di squadre di archeologi professionisti che hanno bilanciato l’urgenza dei lavori pubblici con la necessitĆ  di preservare il patrimonio.

Sepolture ad inumazione (Archivio SABAP VE MET)

Un investimento per la salute e la storia

Nonostante un breve rallentamento per consentire gli scavi, il progetto della nuova Radioterapia IOV procede secondo i tempi previsti. La finanziato con 29,6 milioni di euro da fondi aziendali IOV, il progetto prevede una struttura di 3.150 m² con un volume di 15.280 m³. La struttura includerĆ  quattro bunker, di cui due operativi, ciascuno di 93 m², equipaggiati con un acceleratore lineare Linac-RM e un ulteriore acceleratore. Saranno presenti anche una risonanza magnetica da 1,5 tesla, una sala TC, ambulatori e aree dedicate a radioterapisti, fisici, tecnici e infermieri. La costruzione sarĆ  completata entro luglio 2025, con l’installazione delle attrezzature entro ottobre, garantendo l’apertura del reparto entro la fine dell’anno.

Da sinistra, Buca di palo e fornace (Archivio SABAP VE MET)

ā€œCastelfranco si conferma un crocevia tra storia e futuroā€, ha dichiarato il sindaco Stefano Marcon. ā€œQuesti ritrovamenti arricchiscono il nostro patrimonio, mentre il nuovo reparto porterĆ  servizi sanitari d’eccellenza.ā€ Maria Giuseppina Bonavina, direttrice generale IOV, ha sottolineato l’importanza dell’integrazione tra le sedi di Padova, Schiavonia e Castelfranco, con apparecchiature di ultima generazione che miglioreranno la complessitĆ  dei trattamenti per oltre 3.000 pazienti annui.

Reperti ceramici in corso di scavo e fondo di ciotola in ceramica grezza con marchio (Archivio SABAP VE MET)

Un ponte tra passato e futuro

Questa scoperta archeologica segna dunque un contributo alla storia del Veneto e costituisce un ulteriore esempio di come sviluppo e tutela del patrimonio possano coesistere. Le metodologie archeologiche impiegate, come l’analisi stratigrafica e lo studio dei reperti, proseguiranno per approfondire la conoscenza del villaggio tardoantico. Nel frattempo, Castelfranco Veneto pensa a inaugurare una struttura sanitaria all’avanguardia, rafforzando il suo ruolo nella rete regionale della salute pubblica.

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2025-04-30

šŸŗ Scoperta straordinaria nel Wadi Rum!
I cartigli di Ramesse III rivelano le spedizioni egizie oltre confine šŸŒ.
Un tuffo nella storia!

Approfondisci > arteitaliana.blogspot.com/2025

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2025-04-29

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Durante i lavori per la realizzazione di un nuovo collettore fognario sono emerse due sepolture a cassa di tufo, una delle due completa di corredo funerario.
@soprintendenzadinapoli_areamet

#campania #scavi #scoperte

storiearcheostorie.com/2025/04

2025-04-29

Acerra (Napoli), nuovi dati sulla Campania preromana: dallo scavo di via degli Etruschi spuntano due tombe del IV-III secolo a.C.

Elena Percivaldi

Durante i lavori per la realizzazione di un collettore fognario in via degli Etruschi, ad Acerra, un comune alle porte di Napoli ricco di storia antica, gli archeologi hanno portato alla luce due sepolture a cassa di tufo databili alla fine del IV secolo a.C. Una delle tombe, in particolare, ha restituito un corredo funerario di straordinaria rilevanza, composto da vasi in ceramica a vernice nera e a figure rosse. Annunciata dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli, questa scoperta illumina il passato pre-romano del territorio acerrano, offrendo nuovi indizi su una comunitĆ  campana che abitava l’area tra il IV e il III secolo a.C. Le tombe, con il loro orientamento e la qualitĆ  dei materiali, suggeriscono l’esistenza di un insediamento strutturato, arricchendo il quadro delle conoscenze sul popolamento antico della Campania interna.

I reperti, attualmente in fase di restauro e studio, saranno presto valorizzati attraverso iniziative di divulgazione, con l’obiettivo di restituire alla cittadinanza un frammento significativo della storia di Acerra. Questa scoperta non solo conferma l’importanza archeologica del territorio, ma sottolinea anche il ruolo cruciale delle indagini preventive durante i lavori pubblici, secondo un modello che continua a rivelare tesori nascosti sotto le cittĆ  moderne.

©SABAP Napoli

Le sepolture: struttura e contesto

Le due tombe, scavate nel tufo – materiale ampiamente utilizzato nell’architettura funeraria campana per la sua lavorabilitĆ  e resistenza – sono state rinvenute a pochi metri di profonditĆ  durante gli scavi per il collettore fognario. La tomba 1, priva di corredo, presenta una struttura semplice, composta da lastre di tufo disposte a formare una cassa rettangolare. La tomba 2, invece, si distingue per la presenza di un ricco corredo funerario, che include vasi in ceramica a vernice nera e a figure rosse, tipici della produzione campana del tardo IV secolo a.C. L’orientamento delle sepolture, allineate lungo un asse est-ovest, e la cura nella loro realizzazione suggeriscono che appartenessero a individui di un certo rango all’interno di una comunitĆ  ben organizzata.

Il tufo, estratto probabilmente dalle cave locali, era un materiale comune nelle necropoli campane di etĆ  arcaica e classica, come dimostrano i siti di Cuma, Capua e Pontecagnano. La scelta di questo materiale, insieme alla presenza di un corredo di pregio, indica una continuitĆ  culturale con le tradizioni funerarie delle Ć©lite campane, che utilizzavano le tombe per esprimere status sociale e identitĆ  collettiva. La datazione proposta, fine del IV secolo a.C., colloca le sepolture in un periodo di transizione nella Campania antica, segnato dal declino dell’influenza etrusca e dall’ascesa delle popolazioni sannitiche, prima dell’espansione romana.

©SABAP Napoli

Il corredo funerario: tesori della ceramica campana

Il corredo della tomba 2 rappresenta il cuore della scoperta, offrendo indizi preziosi sulla cultura materiale e sull’organizzazione sociale della comunitĆ  acerrana. I vasi a vernice nera, caratterizzati da una finitura lucida e da forme eleganti come kylix (coppe da vino) o oinochoai (brocche), erano oggetti d’uso comune nei banchetti e nei riti funerari, ma la loro qualitĆ  suggerisce una produzione destinata a ceti elevati. Ancora più significativi sono i vasi a figure rosse, una tecnica importata dalla Grecia e perfezionata in Campania tra il V e il IV secolo a.C. Questi vasi, decorati con scene mitologiche, rituali o della vita quotidiana, erano simboli di prestigio e spesso riservati alle Ć©lite.

Le ceramiche a figure rosse campane, come quelle rinvenute ad Acerra, sono note per la loro vivacitĆ  cromatica e per la rappresentazione di figure come divinitĆ , eroi o scene di simposio, che riflettono l’influenza della cultura greca e il ruolo della Campania come crocevia mediterraneo. L’analisi stilistica e iconografica dei vasi, attualmente in corso, potrĆ  chiarire se siano stati prodotti localmente, forse in officine di Capua o Cuma, o importati da altri centri. Inoltre, i frammenti ceramici offriranno dati sulla cronologia e sulle reti commerciali dell’epoca, collegando Acerra a circuiti economici più ampi che coinvolgevano la Magna Grecia e l’Etruria.

©SABAP Napoli

Acerra nel IV secolo a.C.: una comunitĆ  campana in ascesa

La scoperta delle tombe arricchisce la comprensione del ruolo di Acerra nel panorama della Campania pre-romana. Situata in una fertile pianura attraversata dal fiume Clanis (oggi Regi Lagni), Acerra era un nodo strategico per il controllo delle vie di comunicazione tra la costa e l’interno. Le fonti storiche, a partire da Livio (Ab Urbe Condita, libro VIII), descrivono Acerra come un centro campano significativo, alleato di Roma durante le guerre sannitiche del IV secolo a.C. La presenza di sepolture di pregio in via degli Etruschi suggerisce che l’area ospitasse un insediamento strutturato, forse una comunitĆ  di agricoltori e commercianti con Ć©lite locali in grado di accedere a beni di lusso.

Il nome stesso della moderna via dove sono state scoperte le tombe, ā€œdegli Etruschiā€, richiama l’influenza etrusca che caratterizzò la Campania tra il VII e il V secolo a.C., visibile in siti come Cuma e Nola. Tuttavia, nel IV secolo a.C., l’area era dominata da popolazioni campane, un mix etnico di origine osco-sannitica con forti influssi greci ed etruschi. Le sepolture di Acerra riflettono questa complessitĆ  culturale: l’uso del tufo e la struttura delle tombe richiamano tradizioni etrusco-campane, mentre il corredo ceramico testimonia contatti con il mondo greco. La comunitĆ  acerrana del tardo IV secolo a.C. appare dunque come un centro dinamico, capace di integrare influenze diverse in un’identitĆ  locale distinta.

Metodi di scavo e prospettive di studio

Le tombe sono state scoperte durante scavi preventivi condotti sotto la supervisione della Soprintendenza, un esempio virtuoso di come le infrastrutture moderne possano convivere con la tutela del patrimonio. Gli archeologi hanno utilizzato tecniche di documentazione avanzate, come la fotogrammetria e il rilievo 3D, per registrare la posizione dei reperti e la struttura delle tombe prima della loro rimozione. I materiali del corredo, attualmente in laboratorio, saranno sottoposti a restauro per preservare la ceramica e analizzati per determinarne la composizione chimica, la provenienza e le tecniche di produzione.

©SABAP Napoli

Gli studi futuri potrebbero concentrarsi su molti aspetti: l’analisi antropologica dei resti ossei, se presenti, potrebbe rivelare informazioni su etĆ , sesso, dieta e stato di salute degli individui sepolti; l’esame iconografico dei vasi a figure rosse chiarirĆ  i temi rappresentati e il loro significato culturale; infine, la datazione al radiocarbonio di eventuali materiali organici, come resti di legno o tessuti, affinerĆ  la cronologia delle tombe. Questi dati, combinati con le fonti storiche e i confronti con altre necropoli campane, come quelle di Suessula o Nola, permetteranno di ricostruire il contesto sociale ed economico di Acerra nel IV secolo a.C.

I reperti di Acerra saranno valorizzati

La Soprintendenza ha annunciato l’intenzione di valorizzare i ritrovamenti per restituire alla comunitĆ  di Acerra un pezzo della sua storia più antica. La scoperta potrebbe diventare un catalizzatore per il turismo culturale, integrandosi con altri siti archeologici della zona, come la necropoli di Suessula o i resti romani di Atella.

L’importanza della scoperta va oltre i confini locali. Le tombe di via degli Etruschi testimoniano la vitalitĆ  delle culture pre-romane in Campania, un mosaico di tradizioni che ha contribuito alla formazione dell’identitĆ  romana. Inoltre, il ritrovamento sottolinea l’urgenza di proteggere il patrimonio archeologico durante i lavori urbanistici, un tema cruciale in un’area densamente abitata come l’hinterland napoletano. Progetti di archeologia preventiva, come quello di Acerra, dimostrano che ĆØ possibile conciliare sviluppo e conservazione. Trasformando i tesori emersi dagli scavi infrastrutturali in opportunitĆ  di conoscenza.

#Acerra #archeologia #Campania #notizie #scaviArcheologici #scoperte

scavi Acerrascavi Acerra
2025-04-22

Scoperta a Scandicci: dagli scavi di Badia di Settimo emerge una capanna altomedievale

Elena Percivaldi

Importante scoperta a Scandicci (Firenze), dove gli scavi in corso presso la Badia di Settimo, da poco conclusi, hanno riportato in luce i resti di una capanna di epoca altomedievale.

Il ritrovamento ĆØ stato effettuato dagli archeologi della Soprintendenza ABAP di Firenze nel corso delle indagini che accompagnano i restauri della Badia, portati avanti dalla Fondazione Opera della Badia di Settimo. Seppur ostacolata varie volte dai ripetuti allagamenti, l’indagine ha giĆ  portato a numerose scoperte, che forniscono nuovi dati e dettagli sulla storia del complesso monastico, intitolato a San Salvatore e San Lorenzo. In questo caso, però, ad essere illuminate sono le vicende anteriori alla sua fondazione, avvenuta intorno all’anno Mille.

L’Abbazia dei Santi Salvatore e Lorenzo a Settimo (Wikimedia Commons / Sailko – CC BY 3.0)

I resti di una Grubenhaus sotto il chiostro

Nel corso degli scavi per la sistemazione del trecentesco Chiostro dei Melaranci gli archeologi hanno infatti trovato per la prima volta resti di strutture precedenti alla Badia di Settimo, risalenti all’epoca altomedievale. Una di queste, a pianta circolare, si trova a una profonditĆ  di circa due metri rispetto all’attuale piano del chiostro. L’ipotesi ĆØ che si tratti di una ā€œGrubenhausā€, una capanna seminterrata, con il fondo scavato direttamente nel terreno.

I resti della Grubenhaus, trovati sotto il chiostro

Strutture del genere, sorrette da pali e caratterizzate da semplici pareti in legno e terra e da una copertura vegetale, sono comuni nell’alto Medioevo in Europa centrale e orientale. In Italia appaiono più rare ma sono in ogni caso ben documentate archeologicamente: citiamo ad esempio i casi di Collegno (TO), Frascaro (AL) e soprattutto quello, molto noto, di Siena1.

Ricostruzione di una Grubenhaus, simile a quella trovata a Scandicci

Datazione tra l’VIII ed IX secolo d.C.

I materiali ceramici trovati in corrispondenza della capanna, ossia recipienti per la cucina – olle, testi, teglie – e per la tavola – boccali e recipienti per liquidi – e un manico in osso decorato, suggeriscono secondo gli archeologi una datazione tra l’VIII ed IX secolo d.C. Un rinvenimento molto significativo ā€œperchĆ© attesta lo stanziamento, in questo punto della pianura di Settimo, di una piccola comunitĆ  o nucleo rurale giĆ  diversi secoli prima della fondazione dell’abbaziaā€.

Un manico in osso decorato, databile all’VIII-IX secolo d.C.

Informazioni più approfondite arriveranno, naturalmente, dal sistematico studio dei materiali, che avverrà nelle prossime settimane via via che i dati emersi dallo scavo saranno riordinati e catalogati.

  1. Marco Valenti, I villaggi altomedievali in Italia [A stampa in The archaeology of early medieval villages in Europe, a cura di Juan Antonio Quirós Castillo, Bilbao 2009 (Documentos de ArqueologĆ­a e Historia), pp. 29-55 Ā© dell’autore – Distribuito in formato digitale da ā€œReti Medievaliā€, http://www.retimedievali.it]. ā†©ļøŽ

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Badia di Settimo
2025-04-22

ARCHEOLOGIA | š’šœšØš©šžš«š­šš šš š’šœššš§šš¢šœšœš¢: šššš š„š¢ š¬šœšššÆš¢ šš¢ ššššš¢šš šš¢ š’šžš­š­š¢š¦šØ šžš¦šžš«š šž š®š§šš šœššš©ššš§š§šš ššš„š­šØš¦šžšš¢šžšÆššš„šž

I materiali la datano tra l’VIII ed IX secolo d.C. testimoniando la presenza di una comunitĆ  (o un nucleo rurale) precedente l'abbazia, fondata intorno all'anno Mille.

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