La pellegrina cristiana, il nobile Tristram e il re armeno: nel Cenacolo di Gerusalemme scoperti centinaia di graffiti lasciati dai visitatori medievali
Elena Percivaldi
Gerusalemme, si sa, è la Città Santa per eccellenza. Ogni via, ogni strada, ogni pietra racconta una storia ed è letteralmente intrisa di spiritualità, essendo la città un punto di riferimento assoluto e ineludibile per tutte e tre le religioni monoteistiche. Ma oltre al Santo Sepolcro e agli altri luoghi legati alla morte e alla Passione di Cristo, Gerusalemme custodisce anche il luogo che, secondo i cristiani, fu teatro dell’Ultima Cena, durante la quale Gesù condivise il pane e il vino con gli Apostoli celebrando la prima Eucaristia della storia. Si trova sul monte Sion, appena fuori le mura della Città Vecchia. Secondo la tradizione ebraica e musulmana, nel piano inferiore ci sarebbe la cosiddetta “Tomba di re Davide“. Sopra, i crociati costruirono, nel XII secolo, una sala che chiamarono suggestivamente “Coenacolum“ (Cenacolo).
La Sala del Coenaculum sul Monte Sion (foto: © Heritage Conservation Jerusalem Pikiwiki Israel)
Le testimonianze dei pellegrini medievali
Inglobato nel tardo Medioevo in un monastero francescano, il Cenacolo ha attirato per secoli legioni di pellegrini da tutto il mondo. Del loro passaggio custodisce una palpitante testimonianza: centinaia e centinaia di graffiti medievali, incisi da chi transitava per una rapida visita oppure per sostare a lungo in preghiera.
Questo eccezionale tesoro “nascosto” è ora sotto la lente d’ingrandimento di un team internazionale di studiosi appartenenti, tra gli altri, all’Accademia Austriaca delle Scienze (ÖAW) e all’Autorità Israeliana per le Antichità (IAA). Gli esperti sono riusciti a documentare e a decifrare centinaia di graffiti, iscrizioni, stemmi e disegni presenti sulle pareti del Cenacolo e finora sconosciuti.
Rappresentazione dell’Ultima Cena sull’altare di Klosterneuburg. L’altare, completato nel 1181 dal maestro Nicola di Verdun, risale allo stesso secolo in cui prese forma il Cenacolo di Gerusalemme. (foto: Peter Böttcher – Università di Salisburgo / © Stiftsmuseum Klosterneuburg)
Tra questi figura la rarissima testimonianza di una pellegrina cristiana di lingua araba, proveniente da Aleppo, e una breve iscrizione armena del 1300 che sembra aver risolto un mistero durato oltre sette secoli.
Veduta generale del Cenacolo sul Monte Sion. Nell’angolo opposto è possibile vedere un’iscrizione araba (©Joshua Faudem / – Israel Antiquities Authority).
Molti graffiti, resi ormai quasi invisibili dal tempo, sono stati riportati alla luce e analizzati nel laboratorio della Leon Levy Digital Library of the Dead Sea Scrolls. I risultati, pubblicati su Liber Annuus (74, 2024) – l’annuario dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme -, ci regalano un’immagine vivida della mobilità e della diversità culturale dei pellegrini medievali.
Lo stemma a carboncino del nobile Tristram von Teuffenbach
Uno dei ritrovamenti più sorprendenti è lo stemma della famiglia Teuffenbach, proveniente dalla regione di Murau, in Stiria. Nel 1436 un certo Tristram von Teuffenbach, nobile stiriano, accompagnò l’arciduca Federico d’Asburgo – e futuro imperatore del Sacro Romano Impero, Federico III – in un pellegrinaggio a Gerusalemme, insieme a un seguito di circa un centinaio di aristocratici austriaci.
Stemma dei baroni di Teuffenbach-Mairhofen del 1563. Già nel XV secolo elementi araldici simili erano presenti anche negli stemmi di alcune famiglie vicine del distretto di Murau in Stiria. (Johann Siebmacher, Wappenbuch (Libro degli Stemmi, 1605), Tav 22. PD)
Durante la visita, Tristram incise il suo stemma, probabilmente a carboncino, sulle pareti del Cenacolo: una specie di firma, che lo storico Ilya Berkovich, coautore dello studio, interpreta come un “segno di presenza” simile ai graffiti spesso lasciati sui monumenti (aggiungiamo, sciaguratamente) dai turisti di oggi. L’identificazione dello stemma è stata confermata grazie al progetto Corpus Vitrearum dell’ÖAW, dedicato alle vetrate medievali e ai suoi simboli araldici.
“Natale 1300”: un re armeno vittorioso?
Una delle scoperte storicamente più significative è però una scritta in armeno all’apparenza semplice: tradotta recita infatti “Natale 1300”. Incisa in alto su una parete, secondo lo stile tipico dell’epigrafia nobiliare armena, potrebbe risolvere un mistero durato oltre 700 anni.
Immagine multispettrale in bianco e nero rielaborata digitalmente dello stemma “Teuffenbach” della Stiria. Subito sotto si può vedere l’inizio di una data “14” semi-cancellata. Sulla destra si trovano due iscrizioni: la monumentale iscrizione natalizia armena e un’altra iscrizione serba, “Akakius”. (foto: © Shai Halevi – Israel Antiquities Authority)
Nel 1299 Het’um II, sovrano del Regno di Cilicia, guidò una campagna militare, insieme agli alleati Mongoli e Georgiani, contro i Mamelucchi, riconquistando diversi territori. Tra il 22 e il 23 dicembre di quell’anno affrontò i nemici a Wādī al-Khaznadār, in Siria. Lo scontro, noto anche come terza battaglia di Homs, si concluse con la (momentanea) vittoria dell’esercito dei Mongoli, rinforzato da contingenti armeni e georgiani, sui Mamelucchi.
Gli storici si sono sempre chiesti se il sovrano, deposte le armi, si fosse mai recato in visita a Gerusalemme, come pellegrino o conquistatore. L’iscrizione, sottolineano gli autori dello studio, supporta questa ipotesi, offrendo una prova tangibile della presenza armena nella Città santa e nella regione, come testimoniato da chiese e monasteri ancora attivi.
La pellegrina di Aleppo
Di grandissima importanza appare anche il frammento di un’iscrizione araba. Poche parola, “…ya al-Ḥalabīya”, che rappresentano il (raro) “lascito” di una pellegrina cristiana proveniente da Aleppo, in Siria. La doppia desinenza femminile “ya” indica infatti che l’autrice era una donna, un dettaglio eccezionale in un’epoca in cui il pellegrinaggio era dominato per lo più da uomini.
Il graffito della pellegrina di Aleppo. La sua iscrizione [rosso] incrocia un altro graffito arabo [blu] che non è stato ancora decifrato. (foto: © Shai Halevi – Israel Antiquities Authority)
La scoperta, come nota Berkovich, amplia la prospettiva sulla partecipazione femminile al pellegrinaggio in epoca premoderna, confermando ancora una volta la diversità sociale e culturale dei visitatori che affollavano il Cenacolo.
Voci e “firme” di tanti secoli fa
Tra le iscrizioni figurano anche le “firme” di personaggi noti, come Johannes Poloner di Ratisbona, che lasciò un ampio resoconto del suo viaggio a Gerusalemme compiuto nel 1421-22. È poi riapparso un disegno a carboncino dello stemma di un’importante famiglia patrizia di Berna, i von Rümlingen.
Sui muri del Cenacolo sono riaffiorate testimonianze lasciate da pellegrini provenienti da ogni dove: oltre all’Armenia, alla Siria e alle aree germanofone, vi sono tracce di viaggiatori in arrivo dai territori oggi appartenenti alla Serbia e alla Boemia, così come dei tanti cristiani di lingua araba partiti dall’Oriente. Si tratta di documenti eccezionali, che forniscono informazioni in “presa diretta” e di prima mano, preziosissime fonti storiche dalla straordinaria varietà geografica. “Questi graffiti rivelano la dimensione globale del pellegrinaggio medievale, andando oltre la narrativa eurocentrica”, spiega ancora Berkovich.
Stemma intagliato con la firma “Altbach”. L’immagine è quasi identica allo stemma della città moderna (Germania meridionale). (foto: © Shai Halevi – Israel Antiquities Authority)
Tra i ritrovamenti spicca anche lo stemma della città di Altbach, in Germania, probabilmente inciso da un cavaliere insieme a simboli legati all’Ultima Cena, un calice e una pagnotta rotonda. Questi graffiti, incisi con utensili affilati come i coltelli o disegnati con un pezzo di carbone, riflettono il desiderio dei pellegrini di lasciare un segno tangibile della loro presenza, e della loro devozione, in un luogo ritenuto da tutti sacro.
Il graffito e l’iscrizione dello sceicco
Su un muro è stata individuata anche l’iscrizione, accompagnata da un disegno che rappresenta uno scorpione, realizzata in onore dello sceicco sufi Aḥmad al-ʿAjmī. Lo sceicco ha svolto un ruolo importante nella storia del Cenacolo. Fu lui, infatti, a chiedere nel 1523 al sultano Solimano il Magnifico di espellere i francescani dal luogo per poi trasformare la sala in una moschea.
L’iscrizione e il disegno realizzati per lo sceicco Aḥmad al-ʿAjmī (foto: © Shai Halevi – Israel Antiquities Authority)
Nuove tecnologie permettono nuove scoperte
La scoperta è stata possibile grazie a tecniche all’avanguardia. La fotografia multispettrale, che cattura lunghezze d’onda invisibili all’occhio umano, e l’RTI, che analizza le superfici attraverso variazioni di luce, hanno reso leggibili iscrizioni quasi cancellate.
Le immagini, elaborate nel laboratorio della Leon Levy Digital Library, hanno permesso di identificare dettagli minuscoli e quasi invisibili, come la data “14” sotto lo stemma disegnato da Teuffenbach, probabilmente l’inizio di “1436”.
Un lavoro di squadra
Il progetto, frutto di una collaborazione tra l’ÖAW, l’Israel Antiquities Authority (IAA) e studiosi armeni, conferma ancora una volta l’importanza della ricerca interdisciplinare per ricostruire capitoli dimenticati della nostra storia.
Per saperne di più:
- Shai Halevi, Ilya Berkovich, Michael Chernin, Samvel Grigoryan, Arsen Harutyunyan, The Holy Compound on Mount Sion – An Epigraphic Heraldic Corpus (Part 1): The Walls of the Cenacle‘, Liber Annuus 74 (2024), S. 331–74.
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